Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente
Nell'area dedicata alla rivista è scaricabile l'ultimo fascicolo pubblicato
Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente
Nell'area dedicata alla rivista è scaricabile l'ultimo fascicolo pubblicato
Consiglio di Stato Sez. IV n. 8885 del 6 novembre 2024
Urbanistica.Titolo abilitativo e diritto di accesso agli atti
L’articolo 20 del d.p.r. n. 380/2001 (c.d. testo unico edilizia) dispone che “dell'avvenuto rilascio di un titolo edilizio va dato avviso all'albo pretorio”. Il successivo articolo 27, stabilisce, al comma 1, che “Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale esercita, anche secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell'ente, la vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia nel territorio comunale per assicurarne la rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi”; al comma 2, che la “inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità di cui al comma 1” può essere “constatata, dai competenti uffici comunali d’ufficio o su denuncia dei cittadini”; infine, al comma 4 che “Gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, ove nei luoghi in cui vengono realizzate le opere non sia esibito il permesso di costruire, ovvero non sia apposto il prescritto cartello, ovvero in tutti gli altri casi di presunta violazione urbanistico-edilizia, ne danno immediata comunicazione all'autorità giudiziaria, al competente organo regionale e al dirigente del competente ufficio comunale, il quale verifica entro trenta giorni la regolarità delle opere e dispone gli atti conseguenti”. Dal combinato disposto delle prefate norme si evince un obbligo di pubblicazione dei titoli edilizi e un dovere di controllo sull’attività edilizia, anche su sollecitazione del privato cittadino. Tali disposizione non possono che essere interpretata nel senso che tale onere di pubblicazione è funzionale a consentire a qualsiasi soggetto interessato di visionare gli atti del procedimento, in ragione di quel controllo "diffuso" sull'attività edilizia che il legislatore ha inteso garantire. I titoli edilizi sono, infatti, atti pubblici, perciò chi esegue le opere neppure può opporre un diritto di riservatezza. Peraltro queste conclusioni non possono essere diverse nemmeno in relazione alla tipologia del titolo edilizio utilizzato, permesso di costruire, Scia o Cila, trattandosi soltanto di una diversa modalità dell’esercizio del diritto dominicale all’utilizzo edificatorio del fondo.
Cass. Sez. III n. 42384 del 19 novembre 2024 (CC 23 ott 2024)
Pres. Ramacci Rel. Bucca Ric. D'Angelo
Urbanistica.Ordine di demolizione e inerzia del condannato
Con il passaggio in giudicato della sentenza contenente l’ordine di demolizione di cui all’art. 31 comma 9 d.P.R. 380/2001, il destinatario, qualora nel possesso del bene, è immediatamente tenuto a darvi esecuzione. Per cui, essendo stato il procedimento di esecuzione determinato dalla prolungata inerzia della condannata, è da escludere che la stessa possa dolersi del tempo trascorso dal passaggio in giudicato della sentenza
Consiglio di Stato Sez. V n. 8718 del 4 novembre 2024
Ambiente in genere.Attività di cava
L'attività estrattiva di cava, pur non essendo assoggettata al previo rilascio del permesso di costruire, coinvolge interessi super individuali e valori costituzionali (ambiente, paesaggio, territorio, salute, iniziativa economica), incidendo sul governo del territorio sia per il suo rilevante impatto ambientale che per le esigenze economiche proprie dell'impresa esercente connesse allo sfruttamento delle sempre più scarse risorse naturali disponibili, con la conseguenza che, al pari dell'attività edilizia, non è mai completamente libera, ma deve inserirsi in un contesto di interventi pianificati. Dalla natura programmatica dell'intervento pubblicistico e dai valori costituzionali in gioco ne discende che in sede di approvazione del piano delle cave, in applicazione della norma sancita dall'art. 3, l. n. 241/1990, le scelte riguardanti le singole aree non abbisognano di una specifica motivazione in considerazione dell'elevato numero di destinatari e dell'interdipendenza reciproca delle varie previsioni, specie se poste a tutela dell'ambiente e del paesaggio. Il piano cave, in quanto atto di pianificazione generale, non necessita di una particolare motivazione, tranne nel caso in cui tale piano si discosti dai pareri obbligatori resi in seno al procedimento, onde evitare possibili arbitri. Quindi l'imposizione di vincoli peculiari, volti a circoscrivere le attività (nella specie estrattive), anche già in atto, che, per la loro oggettiva incidenza negativa sull'ambiente che si è inteso proteggere, trova supporto, a livello costituzionale, tra i principi fondamentali della Carta costituzionale e, in particolare, in quelli desumibili dall'art. 9, comma secondo, sulla tutela del paesaggio e per altro verso, non confligge con quelli - comunque recessivi rispetto al primo - di cui agli artt. 41, 42 e 43 Cost., in quanto i vincoli paesaggistici, per la loro natura conformativa del territorio, ben possono incidere, anche significativamente, su attività produttive anche già ivi esistenti, quali le cave. Quella di cava è, infatti, un'attività di lunga durata, destinata, quindi, a pregiudicare l'ambiente in modo prolungato, progressivo ed espansivo, con la conseguenza che correttamente l'imposizione del vincolo può impedirne la prosecuzione. Non sono configurabili diritti quesiti essendo l'attività di cava, comunque, attività oggetto di autorizzazione da parte della p.a., revocabile, quindi, tutte le volte in cui subentrino elementi impeditivi della stessa, quale certamente è l'inclusione del bacino di cava in un'area protetta a fini di tutela ambientale. Né, trattandosi di atto di carattere generale, le scelte al riguardo operate dall'amministrazione, allorché non ritenga di salvaguardare le attività in corso, necessitano di specifica motivazione
Cass. Sez. III n. 42600 del 21 novembre 2024 (UP 12 set 2024)
Pres. Ramacci Rel. Zunica Ric. Federico
Rifiuti.Gestione non autorizzata
In tema di gestione non autorizzata dei rifiuti, il reato di cui all’art. 256 del d. lgs. n. 152 del 2006 è configurabile anche in relazione alle condotte di raccolta e trasporto esercitate in forma ambulante, salva l’applicabilità della deroga di cui all’art. 266, comma quinto, del predetto decreto, per la cui operatività occorre tuttavia non solo che l’agente sia in possesso del titolo abilitativo previsto per il commercio ambulante dal d. lgs. 31 marzo 1998, n. 114, ma anche che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio ma non sono riconducibili, per le loro peculiarità, a categorie autonomamente disciplinate. La natura di rifiuto pericoloso di un veicolo fuori uso (ma lo stesso discorso vale anche per le sue batterie) non necessita di particolari accertamenti, quando risulti, anche solo per le modalità di raccolta e deposito, che lo stesso non è stato sottoposto ad alcuna operazione finalizzata alla rimozione dei liquidi o delle altre componenti pericolose, non avendo peraltro il ricorrente fornito alcun concreto elemento in tal senso.
Consiglio di Stato Sez. III n. 8764 del 4 novembre 2024
Urbanistica.Titoli abilitativi e poteri delle regioni
La materia urbanistica, in cui è compresa anche quella relativa ai titoli abilitativi ad edificare (cfr. Corte cost. 25 settembre 2003, n. 303), rientra nella materia della legislazione concorrente ex art. 117, comma 3, della costituzione. L’art. 2 del d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380 stabilisce infatti che «1. Le regioni esercitano la potestà legislativa concorrente in materia edilizia nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale desumibili dalle disposizioni contenute nel testo unico. … 4. I comuni, nell'ambito della propria autonomia statutaria e normativa di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, disciplinano l'attività edilizia». Il successivo art. 10, comma 1, individua e suddivide in quattro categorie gli interventi che, in quanto idonei a determinare una trasformazione del territorio comunale dal punto di vista urbanistico ed edilizio, richiedono il previo rilascio del permesso di costruire, avendo cura di precisare, nei successivi commi 2 e 3, che le regioni hanno la possibilità di stabilire con proprie leggi, nell’esercizio della potestà legislativa concorrente ad esse riconosciuta dall’art. 117 cost. nella funzione di governo del territorio, e con il solo limite del rispetto dei principi fondamentali riservati alla legislazione statale: a) quali mutamenti dell’uso di immobili o di loro parti, connessi o no a trasformazioni fisiche, e quindi influenti solo sulla destinazione d’uso degli stessi, sono subordinati a permesso di costruire ovvero a denuncia di inizio di attività; b) quali interventi, ulteriori a quelli già elencati nel precedente comma 1, possono essere sottoposti al previo rilascio del permesso di costruire in ragione della loro incidenza sul territorio e sul carico urbanistico.
Contenzioso climatico e giurisdizione
di Giuliano SCARSELLI
Pagina 3 di 603