Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente
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Cass. Sez. III n. 11832 del 21 marzo 2024 (CC 8 feb 2024)
Pres. Aceto Est. Galanti Ric. PM in proc. Esposito
Urbanistica.Demolizione
Nell'ipotesi in cui la contravvenzione urbanistica concerne un'opera in totale difformità dalla concessione e riguarda una parte di un organismo con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile ovvero attiene ad un organismo edilizio costituito da un piano, integralmente diverso per caratteristiche di utilizzazione da quello assentito, in modo da determinare un maggiore volume oppure consiste in variazioni essenziali di parametri urbanistici edilizi - qual è la volumetria - il giudice deve ordinare la demolizione e, attesa la funzione di reintegrazione dell'interesse urbanistico leso ad un regolare assetto del territorio, deve riferirsi a tutti gli interventi, che hanno comportato detta difforme utilizzazione ovvero l'alterazione sostanziale e rilevante della cubatura. Nel caso di difformità per diversa utilizzazione (nella specie raddoppio della superficie di un futuro esercizio commerciale attraverso lavori di modificazione al piano interrato), la demolizione deve essere limitata ai soli interventi, che hanno determinato tale conseguenza e non all'intera struttura.
La giurisprudenza amministrativa in materia di abusivismo e tutela del demanio marittimo
di Fabio TAORMINA
Pubblicazione dell'Ufficio Studi della GIustizia Amministrativa
Consiglio di Stato Sez. IV n. 2395 del 12 marzo 2024
Acqua.Destinazione a bonifica ed irrigazione e competenze
L’uso e lo sfruttamento del corso d’acqua, a fini di bonifica ed irrigazione, non può mai comportare l’attrazione della competenza, altresì, sulla manutenzione ordinaria e straordinaria del corpo idrico stesso; ne consegue che la manutenzione ordinaria e straordinaria (c.d. “sistemazione idraulica”) degli alvei e dei corpi idrici naturali e artificiali più in generale nonché delle opere strettamente idrauliche (dunque non direttamente afferenti alla bonifica) spetta alla Regione e non ai Consorzi di bonifica (cui compete la cura, gestione e conservazione delle sole opere di bonifica ed irrigazione).
Cass. Sez. III n. 11617 del 20 marzo 2024 (CC 6 mar 2024)
Pres. Ramacci Est. Galanti Ric. Ventrone
Ecodelitti.Profitto e sequestro a fine di confisca nel delitto di cui all'art. 452-quaterdecies c.p.
La nozione di profitto del reato di cui all’articolo 452-quaterdecies cod. pen. non può essere ridotta al solo «utile netto», dovendosi invece ritenere, in conformità con la natura «riequilibratrice» di tale confisca (ed a differenza di quella dello «strumento del reato»), riferita a tutto ciò che consegue in via immediata e diretta al reato, senza considerare gli eventuali costi sostenuti, la cui detrazione sottrarrebbe il colpevole al rischio economico del reato. In tema di sequestro finalizzato alla confisca del profitto del delitto di cui all’articolo 452-quaterdecies cod. pen., ove la natura della fattispecie concreta e dei rapporti economici ad essa sottostanti non consenta d’individuare la quota di profitto concretamente attribuibile a ciascun concorrente, o la sua esatta quantificazione, il sequestro preventivo deve essere disposto per l’intero importo del profitto nei confronti di ciascuno, pur senza alcuna duplicazione e nel rispetto dei canoni della solidarietà interna tra i concorrenti.
Il “modello” italiano per la circolazione internazionale dei beni culturali: stato attuale e possibili riforme
di Francesco GRASSI
Pubblicazione dell'Ufficio Studi della Giustzia Amministrativa
Consiglio di Stato Sez. III n. 2373 del 12 marzo 2024
Rifiuti.Interdittiva antimafia e delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti
E' infondata la tesi secondo cui, ai fini del diniego d’iscrizione nella white list, occorrerebbe il concorso di entrambe le condizioni previste dall’art. 84 del Codice antimafia, ossia la condanna per un reato “spia” e, comunque, cumulativamente ad essa, anche la sussistenza di “tentativi di infiltrazione” tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi dell’impresa interessata. Il testo dell’art. 2, secondo periodo, del D.P.C.M. 18 aprile 2013, così come sostituito dal D.P.C.M. 24 novembre 2016 (secondo il quale “L’iscrizione nell’elenco è soggetta alle seguenti condizioni : a) l’assenza di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’art. 67 del Codice antimafia; b) l’assenza di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi dell’impresa, di cui all’art. 84, comma 3, del Codice antimafia”) nulla dice circa la necessaria compresenza, ai fini del diniego di iscrizione, di entrambi i suindicati presupposti, diversamente da quanto sostenuto dalla società ricorrente. La disposizione si limita a prevedere due condizioni negative che devono entrambe sussistere ai fini dell’iscrizione nella white list (l’assenza di misure di prevenzione impeditive e l’assenza di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa), essendo evidente che la presenza anche solo di una delle due evenienze negative giustifica di per sé l’esclusione dalla lista. Ciò non implica, pertanto, che, ai fini del diniego di iscrizione, il Prefetto debba dimostrare il concorso di entrambe le condizioni impeditive. D’altra parte, a voler dare seguito a tale tesi si arriverebbe all’esito paradossale, e certamente non assentibile, per cui la sola sussistenza di una prognosi di infiltrazione di cui alla lettera b), non accompagnata anche da una condanna o da altro pregiudizio rientrante nella lettera a), consentirebbe l’iscrizione nella white list.
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