Consiglio di Stato Sez. IV n. 2350 del 21 marzo 2025
Rifiuti.Attività di recupero

L’attività di recupero dei rifiuti deve esercitarsi su un’area urbanisticamente conforme. In particolare, la compatibilità urbanistica dell’impianto, benché non espressamente contemplata dall’art. 216 del d.lgs. 152/2006 e dal d.m. 5 febbraio 1998, in effetti, non può non costituire un presupposto per il legittimo esercizio dell’attività di recupero dei rifiuti, atteso che deve essere qualificato sicuramente pericoloso per la preservazione dell’ambiente circostante un impianto che, sebbene rispetti le specifiche tecniche del caso, si ponga in dissonanza con la destinazione urbanistica dell’area. Del resto, tale conclusione è l’unica che consente di rendere coerente la procedura semplificata di cui agli artt. 214 e ss., del d.lgs. n. 152/2006, con quella ordinaria di cui al precedente art. 208, nel quale si fa espresso riferimento all’esigenza di documentare la conformità del progetto (di impianto) alla “normativa urbanistica” ed alla valutazione, in sede di conferenza di servizi, della compatibilità dello stesso “con le esigenze ambientali e territoriali

Pubblicato il 21/03/2025

N. 02350/2025REG.PROV.COLL.

N. 09070/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9070 del 2022, proposto dal Comune di Sarno, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Michele Troisi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Cr Metalli s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Feliciana Ferrentino, Lorenzo Lentini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Provincia di Salerno, non costituita in giudizio;

per la riforma della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda) n. 02626/2022.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Cr Metalli s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2024 il Cons. Luigi Furno e uditi per le parti gli avvocati, come da verbale;


FATTO

Con il ricorso di primo grado la CR Metalli s.r.l. impugnava, chiedendone l’annullamento, previa sospensione: - il provvedimento prot. n. 45874/2022, col quale il dirigente del Settore Ambiente della Provincia di Salerno aveva vietato l’inizio dell’attività di messa in riserva (R13) e recupero (R14) di rifiuti metallici (rottami ferrosi e leghe varie) presso l’insediamento produttivo ubicato in Sarno, via Sarno – Palma, e censito in catasto al foglio 5, particella 583, sub 1, comunicato, ai sensi e per gli effetti dell’art. 216 del d.lgs. n. 152/2006, con note del 16 febbraio 2022, prot. n. PSA202200011629 e n. PSA202200011630; - il parere sfavorevole del dirigente dell’Area Tecnica del Comune di Sarno prot. n. 1551/2022; -- ove occorrente, la delibera della Giunta comunale di Sarno n. 47/2019.

Il citato provvedimento inibitorio prot. n. 45874/2022 era, segnatamente, motivato, per relationem al parere comunale sfavorevole prot. n. 1551/2022, in base al rilievo della incompatibilità urbanistica della localizzazione di un impianto di trattamento rifiuti nel territorio comunale di Sarno, siccome vietata dalla delibera della giunta comunale di Sarno n. 47/2019 (confermata da successiva delibera consiliare) e siccome confliggente con la classificazione dell’anzidetto comparto territoriale come “area satura”, giusta delibera del Consiglio provinciale di Salerno n. 20/2020;

Nell’avversare siffatta determinazione, la ricorrente in primo grado deduceva, che: a) i limiti localizzativi derivanti dalla classificazione del territorio comunale di Sarno come “area satura” sarebbero dichiarati dalla delibera del Consiglio provinciale di Salerno n. 20/2020 inapplicabili agli impianti improduttivi di emissioni odorigene, quali, appunto, quelli di recupero di rottami ferrosi; b) la delibera della giunta comunale di Sarno n. 47/2019 non avrebbe sancito alcuna prescrizione urbanistica cogente, ma si sarebbe limitata a fornire – peraltro, in difetto di istruttoria e di motivazione – un mero indirizzo, insuscettibile di integrare un divieto localizzativo di impianti di trattamento rifiuti (non recepito nella delibera del Consiglio provinciale di Salerno di Salerno n. 20/2020), che fosse vincolante per l’amministrazione provinciale, in via esclusiva competente in subiecta materia; b) la destinazione produttiva per trattamento rifiuti, già riconosciuta all’impianto de quo, giusta permesso di costruire in sanatoria n. 582/2012 ed autorizzazione provinciale n. 231044/2012, non avrebbe potuto essere legittimamente rimossa in via retroattiva mediante atti amministrativi sopravvenuti; c) in violazione dell’art. 10 bis, della l. n. 241/1990, l’adottata misura interdittiva non sarebbe stata preceduta dalla comunicazione dei motivi ostativi all’inizio dell’attività di messa in riserva e recupero di rifiuti metallici.

Con decisione 10 ottobre 2022, n. 2626, il T.a.r Salerno ha accolto il ricorso e, per l’effetto, ha annullato gli atti impugnati, ritenendo che: “come fondatamente dedotto da parte ricorrente, la DCP di Salerno n. 20/2020 ha espressamente dichiarato inapplicabili i limiti localizzativi derivanti dalla classificazione del territorio comunale di Sarno come “area satura” a “quelle tipologie di impianti” – come, appunto, quello programmato dalla C. – “che trattano esclusivamente rifiuti che non producono impatti odorigeni quali gli impianti di recupero di inerti da costruzione, di rottami ferrosi ed i centri di autodemolizione”;- come pure fondatamente dedotto da parte ricorrente, quello formulato dalla DGC di Sarno n. 47/2019 è – e, d’altronde, si autodefinisce come – un mero atto di indirizzo, con cui l’ente locale promanante si limita a manifestare “la propria assoluta e netta contrarietà” alla collocazione ed all’ampliamento di qualsiasi impianto di trattamento rifiuti entro il proprio ambito territoriale, ma che non figura recepito nel vigente strumento urbanistico generale di Sarno né – se non con la dianzi indicata salvezza per le strutture improduttive di emissioni odorigene – nella classificazione dei territori saturi (ossia inidonei all’insediamento di impianti di trattamento rifiuti), sancita nella DCP di Salerno n. 20/2020;- esso non avrebbe potuto, pertanto, vincolare le determinazioni spettanti alla competente amministrazione provinciale;- ciò, vieppiù, in quanto risulta sopravvenuto e, quindi, insuscettibile di rimuovere ex post la già assentita destinazione (ad attività di messa in riserva e recupero di rifiuti metallici) dell’opificio produttivo in titolarità della C.”.

Il Comune di Sarno ha proposto appello per i motivi riportati nella parte in diritto.

Nel giudizio di appello si è costituita Cr Metalli s.r.l., chiedendo di dichiarare l’infondatezza del gravame.

La causa è stata decisa all’esito dell’udienza pubblica del 5 dicembre 2024.

DIRITTO

Con il primo mezzo di gravame il Comune lamenta l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui non ha rilevato l’inammissibilità del ricorso articolato avverso la delibera della Giunta comunale di Sarno n.47/2020, posto che tale delibera consisterebbe in un atto di mero indirizzo politico, avente come destinatari i competenti uffici comunali, come tale inidoneo a ledere la posizione della società ricorrente, anche alla luce del fatto che tale atto di indirizzo non è stato recepito dalla Provincia di Salerno nel provvedimento di diniego all’avvio dell’attività industriale della società appellante.

A sostegno di questa conclusione la parte appellante assume che la successiva deliberazione del Consiglio Comunale n. 6, del 21 maggio 2020 si sarebbe limitata recepire l’indirizzo politico impresso in precedenza dalla Giunta, con la sopra menzionata delibera.

Tale motivo e infondato.

L’argomentazione della parte appellante trascura, infatti, di considerare che l’ammissibilità del ricorso di primo grado discende dal fatto che il ricorrente ha impugnato, oltre alla deliberazione della giunta comunale (che pacificamente era non impugnabile) anche due atti puntuali e concreti (e dunque immediatamente lesivi) e, precisamente i due provvedimenti dei dirigenti delle aree tecnica e ambiente, menzionati nella parte in fatto.

Con un secondo mezzo di gravame il Comune lamenta l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui non avrebbe adeguatamente considerato che la compatibilità urbanistica di un impianto di trattamento dei rifiuti, benché non sia espressamente contemplata dall'art. 216, D.lgs. n°152/2006, sarebbe, in ogni caso, un presupposto per potere legittimamente esercitare l'attività di recupero dei rifiuti.

A sostegno di questa conclusione viene invocata la decisione del Consiglio di Stato, Sezione III, 24 settembre 2013, n. 4689, con la quale si è chiarito che “la compatibilità urbanistica dell’impianto, benché non espressamente contemplata dall’art. 216 del d.lgs. 152/2006 e dal d.m. 5 febbraio 1998, non può non costituire presupposto per il legittimo esercizio dell’attività di recupero dei rifiuti, atteso che deve essere qualificato sicuramente pericoloso per la preservazione dell’ambiente circostante un impianto che, sebbene rispetti le specifiche tecniche del caso, si ponga in dissonanza con la destinazione urbanistica dell’area; tale interpretazione, d’altronde, è l’unica possibile per rendere coerente la procedura semplificata di cui agli artt. 214 e ss. del d.lgs. n. 152/2006 con quella ordinaria di cui al precedente art. 208, nel quale si fa espresso riferimento all’esigenza di documentare la conformità del progetto (di impianto) alla “normativa urbanistica” ed alla valutazione, in sede di conferenza di servizi, della compatibilità dello stesso “con le esigenze ambientali e territoriali”.

Il motivo è infondato.

Il Collegio certamente condivide le ragioni indicate dal precedente del Consiglio di Stato invocato nel motivo di appello in esame.

Non vi è dubbio, infatti, che l’attività di recupero dei rifiuti deve esercitarsi su un’area urbanisticamente conforme. In particolare, la compatibilità urbanistica dell’impianto, benché non espressamente contemplata dall’art. 216 del d.lgs. 152/2006 e dal d.m. 5 febbraio 1998, in effetti, non può non costituire un presupposto per il legittimo esercizio dell’attività di recupero dei rifiuti, atteso che deve essere qualificato sicuramente pericoloso per la preservazione dell’ambiente circostante un impianto che, sebbene rispetti le specifiche tecniche del caso, si ponga in dissonanza con la destinazione urbanistica dell’area.

Del resto, tale conclusione è l’unica che consente di rendere coerente la procedura semplificata di cui agli artt. 214 e ss., del d.lgs. n. 152/2006, con quella ordinaria di cui al precedente art. 208, nel quale si fa espresso riferimento all’esigenza di documentare la conformità del progetto (di impianto) alla “normativa urbanistica” ed alla valutazione, in sede di conferenza di servizi, della compatibilità dello stesso “con le esigenze ambientali e territoriali

Reputa, nondimeno, il Collegio che tale condivisibile principio diritto non possa trovare applicazione nel caso di specie.

Nella fattispecie in esame, infatti, il contrasto urbanistico con il PUC è solo apoditticamente affermato e non comprovato, non avendo il Comune di Sarno indicato le specifiche ragioni per cui l’attività di recupero dei rifiuti contrasterebbe con le prescrizioni urbanistiche, essendosi il Comune limitato ad ancorare l’asserito contrasto unicamente al divieto localizzativo imposto dagli atti comunali di indirizzo, che, tuttavia, come riconosce lo stesso Comune, non sono vincolanti.

Né, ad avviso del Collegio, può essere sufficiente a comprovare tale incompatibilità la delibera di Consiglio Provinciale n. 20/2020,che ha dichiarato il Comune di Sarno “area satura” e come tale non idonea all’insediamento di impianti rifiuti, posto che la medesima delibera ha, al contempo, espressamente previsto la disapplicazione del limite localizzatorio, derivante dalla classificazione del Comune di Sarno come “Area Satura” per quelle tipologie di impianti, che, come quello dell’odierna società appellata, trattano esclusivamente rifiuti che non producono impatti odorigeni, quali sono gli impianti di recupero di inerti da costruzioni, di rottami ferrosi ed i centri di autodemolizione.

In conclusione, per le ragioni esposte, l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza appellata.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge nei sensi di cui in motivazione.

Condanna la parte appellante alla rifusione delle spese di lite che liquida in complessivi € 5000,00 (cinquemila), oltre accessori di legge, in favore di Cr Metalli s.r.l.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2024 con l'intervento dei magistrati:

Vincenzo Neri, Presidente

Giuseppe Rotondo, Consigliere

Michele Conforti, Consigliere

Luca Monteferrante, Consigliere

Luigi Furno, Consigliere, Estensore