Consiglio di Stato Sez. IV n. 2186 del 17 marzo 2025  
Rifiuti.Bonifica e principi comunitari

La natura meramente ripristinatoria e non punitiva-sanzionatoria della bonifica esclude l’applicabilità dell’art. 7 CEDU, mentre la tutela della proprietà di cui all’art 1 prot. 1 CEDU non esime dall’obbligo di riparazione del danno ambientale cagionato nello svolgimento dell’attività economica, secondo l’ordinario criterio di imputazione previsto dagli artt. 2043 e 2050 c.c.; il principio “chi inquina paga” impone di addossare a chi esercita un’attività economica inquinante le esternalità negative della medesima, trasformando il danno ambientale cagionato in un costo per l’impresa (non immediatamente traslabile sul prezzo finale) e incentivandone, per tale via, il contenimento o l’eliminazione. La ratio del principio verrebbe, all’evidenza, frustrata se l’esternalità negativa rimanesse a carico della collettività in contrasto con l’art. 191 TFUE e con la stessa giurisprudenza della Corte di giustizia richiamata dall’appellante; i principi di legittimo affidamento e di certezza del diritto - da valutarsi alla luce del criterio dell’operatore prudente e accorto - non possono esimere l’operatore professionale che svolge un’attività ad alto rischio di contaminazione, quale la trivellazione per la ricerca di idrocarburi, di porre rimedio alla contaminazione ambientale cagionata dall’omessa adozione delle necessarie cautele.



Pubblicato il 17/03/2025

N. 02186/2025REG.PROV.COLL.

N. 01582/2022 REG.RIC.

N. 02044/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1582 del 2022, proposto da Edison s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giovanni Crisostomo Sciacca e Wladimiro Francesco Troise Mangoni, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia;

contro

Regione Toscana e Arpat, rispettivamente in persona del presidente della giunta regionale pro tempore e del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dall’avvocato Barbara Mancino, con domicilio eletto presso lo studio Sergio Fienga in Roma, piazzale delle Belle Arti 8;
Comune di Barberino di Mugello, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Antonella Vergine, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia;

nei confronti

Immobiliare Pallereto s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Gilberto Giusti, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia;
Hce Costruzioni s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Leopoldo De' Medici, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia;


sul ricorso numero di registro generale 2044 del 2022, proposto dal
Comune di Barberino di Mugello, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Antonella Vergine, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Regione Toscana e Arpat, rispettivamente in persona del presidente della giunta regionale pro tempore e del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dall’avvocato Barbara Mancino, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio Sergio Fienga in Roma, piazzale delle Belle Arti 8;
Immobiliare Pallereto s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Gilberto Giusti, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia;
Hce Costruzioni s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Leopoldo De' Medici, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia;
Edison s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giovanni Crisostomo Sciacca e Wladimiro Francesco Troise Mangoni, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sezione prima, n. 1137/2021, resa tra le parti.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visto l’appello incidentale della Regione Toscana;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Toscana, Comune di Barberino di Mugello, Immobiliare Pallereto s.r.l., Hce Costruzioni s.p.a., Arpat ed Edison s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm.;

Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 5 marzo 2025 il Cons. Carmelina Addesso e uditi per le parti gli avvocati Alberto Buonfino - su delega dell’avvocato Wladimiro Troise Mangoni -, Barbara Mancino, Antonella Vergine, Leopoldo De' Medici e Chiara Canovaro - su delega dall'avvocato Gilberto Giusti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Oggetto del giudizio sono:

a) la determinazione del responsabile del settore tecnico del Comune di Barberino di Mugello prot. n. 405 del 7 luglio 2020, avente ad oggetto “Bonifica Siti inquinati – Sito Codice SISBON FI 1220 Località Pallereto – Approvazione risultanze Conferenza dei Servizi del 25 giugno 2020”;

b) il provvedimento prot. n. 12645 del 4 settembre 2017, avente ad oggetto “Chiusura del procedimento avviato ai sensi dell'art. 245 del D.Lgs n. 152/06 e smi, nonchè ai sensi degli artt. 7 e 8 L. n. 241/90 e smi finalizzato all'identificazione del Soggetto Responsabile della potenziale contaminazione”;

c) la relazione ARPAT n. 57465 del 14 agosto 2017, avente ad oggetto “Esito verifiche richieste con nota RT «A1 Milano-Napoli. Adeguamento tratto appenninico Sasso Marconi-Barberino di Mugello Lotto 11 Area deposito mezzi e materiali c/o Pallereto”;

d) il provvedimento prot. n. 14210 del 2 ottobre 2017, avente ad oggetto “Decreto di adozione del provvedimento ai sensi dell'art. 244 comma 2 del D.Lgs. 152/06 nei confronti del responsabile della contaminazione del sito FI-1220 “Area A1 Milano/Napoli - Adeguamento del tratto appenninico tra Sasso Marconi e Barberino di Mugello – Lotto 11. Area deposito mezzi e materiali c/o Pallereto”;

e) i provvedimenti del Comune di Barberino di Mugello prot. nn. 5408 del 26 marzo 2019 e 8226 del 9 maggio 2019, aventi ad oggetto le comunicazioni in merito ai risultati della caratterizzazione e alle risultanze delle verifiche relative al piano di caratterizzazione, unitamente alle note ARPAT del 14 marzo 2019 e 18 aprile 2019.

2. I provvedimenti sopra indicati hanno ad oggetto la bonifica di un’area denominata “Pallereto”, sita nel Comune di Barberino del Mugello, utilizzata tra il 1985 e il 1987 da SELM s.p.a. (ora Edison s.p.a.) per la ricerca di idrocarburi.

2.1. A seguito della cessazione dell’attività di ricerca, avvenuta nell’anno 1987, la proprietà del sito mutava più volte finché lo stesso veniva concesso in locazione e utilizzato come piazzale di cantiere, nell’ambito dei lavori del tratto appenninico tra Sasso Marconi e Barberino di Mugello dell’Autostrada A1, da Todini s.p.a., a cui succedeva HCE s.p.a.

2.2. Al fine di procedere alla restituzione dell’area alla proprietà, quest’ultima società eseguiva nel corso del 2016 un piano di investigazione, approvato dal Comune di Barberino di Mugello, all’esito del quale emergeva il superamento delle soglie di contaminazione per idrocarburi e ad altri metalli.

2.3. Le controanalisi svolte da ARPAT sui campioni prelevati confermavano il superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) per i parametri idrocarburi e arsenico.

2.4. La Regione Toscana, su richiesta del Comune, comunicava a Edison l’avvio del procedimento volto all’individuazione del soggetto responsabile della contaminazione, ai sensi degli artt. 7 e 8, l. 7 agosto 1990, n. 241.

2.5. Il procedimento si concludeva con l’imposizione ad Edison, quale soggetto responsabile, dell’obbligo di bonifica.

3. Con ricorsi di primo grado r.g. 1005 del 2020 e r.g. 1519 del 2017, integrati da successivi motivi aggiunti, Edison chiedeva l’annullamento dei provvedimenti sopra indicati.

4. Il T.a.r. per la Toscana, sez. I, con sentenza n. 1137 del 6 agosto 2021:

a) respingeva le eccezioni di inammissibilità e di improcedibilità del ricorso e dei motivi aggiunti formulati dalle amministrazioni resistenti;

b) respingeva il primo e secondo motivo di ricorso introduttivo relativi all’applicabilità dell’ordine di bonifica per un inquinamento antecedente all’entrata in vigore del d. lgs 22/97 e al superamento dei parametri legali di contaminazione;

c) accoglieva il terzo motivo di ricorso introduttivo, relativo all’avvenuta applicazione dei parametri di contaminazione previsti per i siti a destinazione a verde pubblico o residenziale, tenuto conto che l’utilizzo effettivo dell’area è sempre stato di natura industriale;

d) accoglieva il primo dei motivi aggiunti relativo all’ordine del Comune di Barberino del Mugello di procedere alla bonifica, in quanto viziato dall’arrotondamento in eccesso di alcuni parametri in asserita applicazione del principio dell’incertezza di misura previsto dai protocolli internazionali e derivante dal più generale canone di precauzione;

e) accoglieva il secondo ricorso per motivi aggiunti, relativo alla dichiarazione di “non approvabile” del piano di analisi dei rischi presentato da Edison.

5. Edison ha interposto appello (r.g. 1582/2022), averso il capo sub b) della sentenza, articolando due autonomi motivi:

1. Erroneità della sentenza per non aver rilevato i vizi di eccesso di potere per travisamento dei fatti; eccesso di potere per difetto d’istruttoria; eccesso di potere per difetto di motivazione.

2. Erroneità della sentenza per non aver rilevato i vizi di violazione del principio di legalità; violazione dell’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale; violazione del principio di irretroattività; violazione dell’art. 7, CEDU; violazione dell’art. 1, Protocollo 1, CEDU; violazione dei princìpi della certezza del diritto e del legittimo affidamento; violazione del principio “chi inquina paga” sancito all’art. 191 del TFUE e dall’art. 3-ter del d.lgs. n. 152/2006; violazione dell’art. 117, c. 1 della Costituzione; violazione dell’art. 41 della Costituzione; falsa applicazione degli artt. 239 ss., e, in particolare, dell’art. 242, d.lgs. n. 152/2006; violazione dell’art. 1, c. 1 della legge n. 241/1990.

5.1. In data 22 febbraio 2022 la Regione Toscana ha proposto appello incidentale avverso i capi sub a), c) d) ed e) della sentenza, articolando i seguenti motivi:

I. Erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui il TAR per la Toscana ha rigettato l’eccezione di inammissibilità/improcedibilità dei gravami avversari per carenza di interesse per intervenuta acquiescenza ai provvedimenti impugnati.

II. Erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui il TAR per la Toscana ha rigettato l’eccezione di inammissibilità/improcedibilità del primo ricorso per motivi aggiunti per carenza di interesse.

III. Erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui il TAR per la Toscana ha rigettato l’eccezione di inammissibilità/improcedibilità del secondo ricorso per motivi aggiunti per carenza di interesse.

IV. Erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui il TAR per la Toscana ha accolto il terzo motivo del ricorso principale, il secondo motivo dei primi motivi aggiunti e il terzo motivo dei secondi motivi aggiunti. Violazione e/o falsa applicazione dei parametri da applicare ai sensi della tabella 1, allegato 5 al titolo V della parte IV del d.lgs. n. 152/2006. Travisamento dei fatti. Erroneità e contraddittorietà della motivazione.

V. Erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui il TAR per la Toscana ha accolto il terzo motivo dei primi motivi aggiunti e il quarto motivo dei secondi motivi aggiunti. Violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 239 e ss., in particolare dell’articolo 242 D.Lgs. 152/2006. Travisamento dei fatti. Erroneità e contraddittorietà della motivazione.

VI-. Erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui ha accolto il secondo motivo e il quinto motivo del secondo ricorso per motivi aggiunti. Violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 239 e ss., in particolare dell’articolo 242 D.Lgs. 152/2006; nonché violazione del principio “chi inquina paga” sancito all’art. 191 del TFUE e dall’art. 3-ter del d.lgs n.152/2006. Travisamento dei fatti. Erroneità e contraddittorietà della motivazione.

6. Con ricorso r.g. 2044/2022 il Comune di Barberino del Mugello ha appellato il capo sub c) della sentenza, articolando un unico motivo di appello relativo a:

ERRONEITÀ DELLA SENTENZA IMPUGNATA PER VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DEI PARAMETRI DA APPLICARE AI SENSI DELLA TABELLA 1, ALLEGATO 5 AL TITOLO V DELLA PARTE IV DEL D.LGS. N. 152/2006, DELL’ART. 74 DEL R.U. COMUNALE E DELLA DGRT N. 301/2010 - TRAVISAMENTO DEI FATTI - CONTRADDITTORIETÀ ED ERRONEITÀ DELLA MOTIVAZIONE.

7. Nel giudizio n. 1582/2022:

- si sono costituiti, oltre a Regione Toscana, anche Arpat-Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale Toscana, il Comune di Barberino del Mugello, Immobiliare Pallereto s.r.l. e HCE costruzioni s.p.a.;

- Edison ha: a) proposto istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia e questione di legittimità costituzionale degli artt. 242 e 243 d.lgs 152/2006 per contrasto con gli artt. 3, 41 e 117 comma 1 Cost in relazione agli artt. 1, prot. 1 e 7 Cedu (memoria del 31 gennaio 2025); b) eccepito l’inammissibilità del secondo, terzo, quinto e sesto motivo di appello incidentale della Regione (memoria del 31 gennaio 2025); c) ha eccepito l’inammissibilità parziale delle memorie depositate dalla Regione Toscana e da Arpat per superamento dei limiti dimensionali (memoria di replica del 12 febbraio 2025);

- in vista dell’udienza tutte le parti hanno depositato memorie.

8. Nel giudizio r.g. 2044/2022:

- si sono costituiti la Regione Toscana, Immobiliare Pallereto, HCE Costruzioni, Arpat ed Edison;

-in vista dell’udienza tutte le parti hanno depositato memorie.

9. All’udienza di smaltimento del 5 marzo 2025 le cause sono state trattenute in decisione.

10. In via preliminare, deve essere disposta la riunione dei giudizi, ai sensi dell’art. 96 c.p.a., in quanto proposti avverso la medesima sentenza.

11. Premesso quanto sopra, il collegio esamina, in primo luogo, l’appello r.g. 1582/2022, proposto da Edison.

12. In relazione ad esso va accolta l’eccezione di inammissibilità parziale delle memorie di Arpat e della Regione Toscana per superamento dei limiti dimensionali, formulata da Edison in memoria di replica: di esse non si terrà conto per la parte eccedente i limiti consentiti.

13. Ciò premesso, l’appello è infondato.

14. Con il primo motivo è censurato il capo della sentenza che ha respinto i motivi di ricorso relativi alla presunta responsabilità di SELM (oggi Edison) per la contaminazione rilevata nel suolo.

Ad avviso dell’appellante, sussistono indizi gravi, precisi e concordanti che riconducono la causa della contaminazione alle attività svolte sul sito in anni più recenti, atteso che:

a) la lacunosa ricostruzione svolta da Arpat nella relazione istruttoria non consente di escludere che i superamenti fossero da imputare alle attività svolte sul sito nel periodo successivo alla dismissione di SELM (nell’anno 1987) e che il residuo in profondità discenda dalla contaminazione risalente a tale periodo temporale;

b) non vi è evidenza di sversamenti avvenuti nei due anni in cui SELM ha operato sul sito;

c) è molto più probabile che la contaminazione da idrocarburi provenga da uno sversamento recente tenuto conto: c1) del naturale processo di biodegradazione degli idrocarburi che ha determinato un abbattimento della concentrazione negli strati più superficiali; c2) della presenza di contaminante anche negli strati più superficiali del suolo in corrispondenza del sondaggio P3 che è stato lasciato aperto dopo l’indagine, favorendo il dilavamento dei terreni contaminati ad opera delle acque di pioggia e il conseguente trasporto degli inquinanti (idrocarburi) in profondità; c3) della rilevata presenza di gasolio e lubrificante - sostanze impiegate per il funzionamento dei macchinari e delle attrezzature che Todini ha utilizzato sul sito negli anni 2011-2016 - sulle stesse aree utilizzate da SELM e riscontrate come contaminate; c4) della foto del sito del 2013, riportata nel piano di caratterizzazione trasmesso da Edison il 5 febbraio 2018, che evidenzia una grande varietà di mezzi e attrezzature proprio in corrispondenza delle aree in cui successivamente è stato riscontrato il superamento delle CSC per gli idrocarburi.

Lamenta, inoltre, il mancato coinvolgimento di Edison nei campionamenti eseguiti nel 2016.

15. Le doglianze, sostanzialmente riproduttive, di quelle proposte con il ricorso introduttivo (r.g. n.1519 del 2017) non riescono a scalfire le risultanze dell’istruttoria svolta da Arpat (cfr. relazione istruttoria e relazione di approfondimento: doc. n.ri 9 e 14 fascicolo r.g. 1519 del 2017) da cui è emerso che:

a) il sito contaminato è stato utilizzato tra il 1985 ed il 1987 dal SELM per la perforazione del pozzo denominato “Suviana 1”, profondo 7.810 m, nell’ambito del permesso di ricerca di idrocarburi denominato “Suviana”, conferito con d.m. 13.10.1981;

b) i punti campionati dove sono stati registrati i superamenti dei valori di CSC per il parametro idrocarburi pesanti sono stati realizzati proprio nella parte di cantiere “Suviana” nel quale era installata la torre di perforazione e i relativi impianti per il cui funzionamento venivano utilizzati gasolio e olio motore (durante la dismissione del cantiere, con sopralluogo del 3 aprile 1987, era stata accertata la presenza di residui oleosi nel piazzale ove si trovava la sonda di perforazione, residui della cui rimozione non vi è garanzia perché la normativa dell’epoca non prevedeva piani di investigazione con analisi di verifica);

c) in base agli elementi raccolti in fase di scavo dei sondaggi è emersa la presenza di aree di cantiere pavimentate in modo strutturalmente diverso e conforme a quanto previsto dalla planimetria di progetto acquisita da Edison (schema tipo di posizione per impianto IDECO 300), circostanza che lascia supporre che il “riporto” - costituito da strati di materiali provenienti da cava, terreno naturale di riporto e terreno naturale di riporto frammisto a materiali di origine antropica - sottostante l’attuale piano di lavoro del piazzale sia quello realizzato da SELM nel 1985;

d) il superamento dei limiti di CSC del parametro idrocarburi pesanti C>12 è stato rinvenuto (per i sondaggi P1, P2, P3, P4) in profondità, con un valore di concentrazione per i punti P1 e P3 in aumento con l’aumentare della profondità stessa;

e) Arpat ha accertato la scarsa mobilità e volatilità degli idrocarburi pesanti rinvenuti nel terreno (come peraltro riconosciuto dalla stessa Edison a pag. 5 delle osservazioni presentate in data 15.06.2017). L’attività di biodegradazione degli idrocarburi procede normalmente dagli idrocarburi più leggeri verso quelli più pesanti e in funzione della profondità nel terreno; per tale ragione, mentre le porzioni più superficiali, maggiormente ossigenate, presentano maggiore attività biotica, gli idrocarburi pesanti, quali quelli rinvenuti nell’area, sono pressoché immobili;

f) il punto di sondaggio P3 (eseguito vicino alla parete nord della vasca di deposito dei detriti e fanghi esausti di perforazione) ha rilevato una concentrazione del parametro idrocarburi pesante già consistente nell’intervallo tra -0,5 e -1 m dal piano di campagna; è stata inoltre accertata la presenza di gasolio nei campioni prelevati. Il sondaggio P3 è stato effettuato in una porzione di cantiere dove non era prevista una pavimentazione significativa (infatti è stato rinvenuto in fase di esecuzione del sondaggio solo un leggero strato di materiale di riporto in superficie);

g) dall’osservazione in campo e in base alla ricostruzione stratigrafica non vi è evidenza di un percolamento del contaminante dal piano campagna alla quota di rinvenimento.

16. Le evidenze istruttorie sopra richiamate confermano la riconducibilità eziologica della contaminazione all’attività dell’appellante alla luce del criterio del c.d. “più probabile che non”, applicato dalla giurisprudenza ai fini dell’imputazione della responsabilità dell’inquinamento (cfr., ex multis, Cons. Stato sez. IV, n. 2195 del 2020 e 10516 del 2024, entrambe rese nei confronti di Edison).

17. L’ipotesi eziologica alternativa, sostenuta dall’appellante, della riconducibilità della contaminazione all’attività posta in essere da Todini negli anni 2004-2016 (prima sulla base dell’atto di transazione intervenuto tra la proprietà Pallereto e ASPI e poi sulla base di un contratto di locazione), è stata espressamente presa in esame ed esclusa da Arpat, tenuto conto che Todini:

a) ha utilizzato indistintamente tutta l’area a sua disposizione, coincidente con quella adibita a cantiere durante lo scavo del pozzo “Suviana 1”, ad eccezione di una porzione sulla parte nord, mentre i superamenti delle CSC per il parametro idrocarburi sono stati riscontrati soltanto sulla parte di cantiere dove a suo tempo SELM aveva posizionato la torre di perforazione e gli impianti ad essa collegati;

b) ha operato sull’area del piazzale, destinandola a deposito di terre e rocce di scavo, ad area attrezzata per la caratterizzazione delle terre e rocce di scavo e a deposito di attrezzature e materiali, mentre le maggiori concentrazioni di inquinanti sono state rilevate in profondità;

c) la movimentazione dei materiali da parte della ditta è sempre avvenuto sotto il controllo di Arpat che non ha mai rilevato concentrazioni di inquinanti superiori ai limiti di legge.

18. A fronte di quanto accertato in istruttoria, l’appellante non è stata in grado di prospettare alcuna ragionevole ipotesi eziologica alternativa, e tanto meno una avente consistenza probabilistica maggiore di quella in base alla quale è stata essa stessa individuata come responsabile dell’inquinamento. Si è per contro limitata a formulare mere ipotesi, quale il possibile dilavamento dei terreni contaminati con conseguente trasporto dei terreni in profondità e la possibile riconduzione della contaminazione al primo periodo di utilizzo del sito da parte di Todini (2004-2009). Non ha tuttavia spiegato la ragione per cui il superamento di CSC sia stato rilevato solo in una parte del cantiere utilizzato da Todini, coincidente con quello di ubicazione della torre di perforazione di SELM, né l’accertata riconducibilità del “riporto” a quanto realizzato a suo tempo da SELM, anche sulla base della planimetria di impianto fornita da Edison.

19. La tesi sostenuta dal perito di parte, secondo cui la maggiore concentrazione di contaminate in profondità è stata determinata dal processo di biodegradazione negli strati più superficiali e dal percolamento in quelli più profondi, non spiega: a) la concentrazione del contaminante proprio nella zona ove era ubicata la trivella di perforazione e i relativi impianti; b) la compatibilità dell’asserita natura aliena contaminazione (id est, l’attività di Tondini) con i consistenti spessori di materiali di riporto ormai compattati e le platee in cemento, rinvenute tra il piano di lavoro e il terreno sottostante, tranne che per il sondaggio P3, effettuato in una porzione di cantiere dove la planimetria di impianto non prevedeva una pavimentazione significativa.

20. Quanto al mancato coinvolgimento di Edison nei campionamenti eseguiti nel 2016, vanno condivise le osservazioni del giudice di primo grado in ordine alla natura meramente formale della doglianza, per non avere la società dimostrato nemmeno in giudizio l’effettiva utilità dell’invocata partecipazione procedimentale.

21. A ciò si aggiunge l’ulteriore considerazione che, all’epoca del campionamento, Edison non era stata individuata come soggetto responsabile né era ancora individuabile come tale: sono stati proprio gli esiti degli rilievi sui campioni prelevati, da cui è emersa una contaminazione di idrocarburi pesanti in profondità, a consentire di ricondurre la contaminazione all’attività posta in essere, tra il 1985 e il 1987, da SELM e, a seguito della ricostruzione delle vicende societarie che hanno interessato la società, all’individuazione di Edison quale soggetto responsabile.

22. Il primo motivo di appello deve, quindi, essere respinto.

23. Con il secondo motivo di appello, Edison ripropone il primo motivo di ricorso introduttivo relativo all’inapplicabilità dell’obbligo di bonifica a fenomeni di inquinamento avvenuti prima dell’entrata in vigore della disciplina che quell’obbligo ha imposto.

Rileva che l’orientamento espresso dall’Adunanza Plenaria n. 10/2019, cui ha aderito la sentenza di primo grado, meriti una rivisitazione alla luce del principio di irretroattività sancito dall’art. 7, par. 1 CEDU, del principio “nulla poena sine lege”, della tutela della proprietà di cui all’art. 1 del Prot. 1 CEDU, della tutela dell’affidamento, della valenza preventiva del principio chi inquina paga e della natura non retroattiva delle disposizioni sul danno ambientale.

24. Il motivo è infondato.

25. Il collegio condivide i principi espressi dall’Adunanza Plenaria n. 10/2019 e ribaditi a più riprese dalla giurisprudenza (Cons. Stato, sez. VI, 10 settembre 2015, n. 4225; sez. IV, 8 ottobre 2018, n. 5761; sez. IV, 7 maggio 2019, n. 2926) in ordine all’applicabilità degli obblighi di bonifica anche alle condotte di contaminazione realizzate prima dell’entrata in vigore della normativa (art. 17 d.lgs 22/1997 e art. 239 d.lgs 152/2006) che quegli obblighi ha imposto, in quanto conformi alle disposizioni e ai principi, di promanazione nazionale e sovranazionale, invocati dalla ricorrente.

26. Giova richiamare, sul punto, quanto statuito dalla quarta sezione di questo Consiglio di Stato nelle sentenze n.ri 2195 del 2020 e 10516 del 2024 che, in una fattispecie analoga a quella per cui è causa, ha respinto censure di tenore analogo proposte da Edison, osservando che:

a) le norme in materia di obblighi di bonifica non sanzionano ora per allora, la (risalente) condotta di inquinamento, ma pongono attuale rimedio alla (perdurante) condizione di contaminazione dei luoghi, per cui l’epoca di verificazione della contaminazione è, ai fini in discorso, del tutto indifferente. E’ da ritenersi manifestamente infondata la prospettata questione di legittimità costituzionale, in ragione della natura non sanzionatoria, ma riparatoria che l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato (nella cit. sentenza n. 10 del 2019) ha attribuito ai doveri di bonifica;

b) su un piano più generale risulta ragionevole porre l’obbligo di eseguire le opere di bonifica a carico del soggetto che tale contaminazione ebbe in passato a cagionare, avendo questi beneficiato, di converso, dei corrispondenti vantaggi economici (sub specie, in particolare, dell’omissione delle spese necessarie per eliminare o, quanto meno, arginare l’immissione nell’ambiente di sostanze inquinanti).

d) il rilascio nell’ambiente di sostanze inquinanti nell’esercizio di attività industriali configurava già all’epoca un illecito: il consapevole svolgimento di un’attività per sua natura pericolosa, quale la produzione su scala industriale di prodotti di tipo chimico (art. 2050 c.c.), rende, infatti, il relativo autore responsabile della lesione, compromissione, degradazione o, comunque, messa in pericolo del bene ambiente che ne sia conseguita, salva la prova liberatoria di aver, già all’epoca, posto in essere ogni esigibile accorgimento idoneo a prevenire in radice tale contaminazione.

e) l’ambiente è oggetto di protezione costituzionale diretta (art. 9) ed indiretta (art. 32), in virtù di norme non meramente programmatiche, ma precettive, che, pertanto, impongono l’ascrizione all’area dell’illecito giuridico di ogni condotta lesiva del bene protetto, tanto più se posta in essere nello svolgimento di attività già per loro natura intrinsecamente pericolose e nell’ambito di un’iniziativa imprenditoriale, che, in quanto costituzionalmente conformata dal canone del rispetto della “utilità sociale” (art. 41), è inter alia vincolata alla salvaguardia della salubrità dell’ambiente;

f) il danno all’ambiente (inteso quale diminuzione della relativa integrità, anche mediante l’immissione, il rilascio o l’abbandono di sostanze non bio-degradabili) era ab imis ed ab origine ingiusto, tenuto conto del carattere “aperto” della responsabilità civile che non sanziona fattispecie tassative di illecito;

h) in senso contrario non rilevano: i) il fatto che le direttive europee in materia di obblighi di bonifica disciplinino solo fatti commessi dopo la rispettiva entrata in vigore, in quanto il diritto dell’Unione non esclude la possibilità per i legislatori nazionali di introdurre regimi di maggior tutela dell’ambiente, correlando obblighi di bonifica anche a contaminazioni storiche; ii) i principi di irretroattività del reato e della pena, posto che gli obblighi di bonifica previsti dal Titolo IV del Codice dell’ambiente non hanno finalità sanzionatoria di una condotta pregressa, bensì natura riparatoria e ripristinatoria in relazione ad una situazione di (ancora) attuale inquinamento (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 4 dicembre 2017, n. 5668); iv) né il generale principio di tutela dell’affidamento, che, invero, è da riferirsi all’affidamento incolpevole, chiaramente non predicabile con riferimento al soggetto che, a suo tempo, abbia consapevolmente posto in essere, nell’esercizio di attività giuridicamente qualificabili come pericolose, condotte che a prescindere da specifiche disposizioni di settore all’epoca in vigore avevano un’oggettiva, intrinseca ed evidente capacità, quanto meno potenziale, di determinare, aggravare o, comunque, agevolare la contaminazione dell’ambiente;

i) la Corte di Giustizia (sentenza 4 marzo 2015, causa C-534/13, par. 40) ha sottolineato che dal momento che l’art. 191, par. 2, TFUE - che contiene il principio “chi inquina paga” - è rivolto all’azione dell’Unione, detta disposizione non può essere invocata in quanto tale dai privati al fine di escludere l’applicazione di una normativa nazionale emanata in una materia rientrante nella politica ambientale, quando non sia applicabile nessuna normativa dell’Unione adottata in base all’art. 192 TFUE che disciplini specificamente una determinata ipotesi.

27. Le considerazioni sopra richiamate, che il collegio condivide, vanno ribadite anche in questa sede.

28. Con specifico riferimento alle doglianze formulate parte appellante, occorre aggiungere che:

a) la natura meramente ripristinatoria e non punitiva-sanzionatoria della bonifica esclude l’applicabilità dell’art. 7 CEDU, mentre la tutela della proprietà di cui all’art 1 prot. 1 CEDU non esime dall’obbligo di riparazione del danno ambientale cagionato nello svolgimento dell’attività economica, secondo l’ordinario criterio di imputazione previsto dagli artt. 2043 e 2050 c.c.;

b) il principio “chi inquina paga” impone di addossare a chi esercita un’attività economica inquinante le esternalità negative della medesima, trasformando il danno ambientale cagionato in un costo per l’impresa (non immediatamente traslabile sul prezzo finale) e incentivandone, per tale via, il contenimento o l’eliminazione. La ratio del principio verrebbe, all’evidenza, frustrata se l’esternalità negativa rimanesse a carico della collettività in contrasto con l’art. 191 TFUE e con la stessa giurisprudenza della Corte di giustizia richiamata dall’appellante (CGUE, C-129/16, 13 luglio 2017, Túrkevei Tejtermelő Kft);

c) i principi di legittimo affidamento e di certezza del diritto - da valutarsi alla luce del criterio dell’operatore prudente e accorto (Corte giustizia UE sez. X sentenza 11/07/2019, n. 180, Agrenergy Srl e Fusignano Due, C‑180/18, C‑286/18; sez V 15 aprile 2021 Federazione nazionale delle imprese elettrotecniche ed elettroniche-Anie e Athesia Energy Srl C‑798/18 e C‑799/18) - non possono esimere l’operatore professionale che svolge un’attività ad alto rischio di contaminazione, quale la trivellazione per la ricerca di idrocarburi, di porre rimedio alla contaminazione ambientale cagionata dall’omessa adozione delle necessarie cautele.

29. Di qui l’infondatezza dei dubbi di compatibilità comunitaria della disciplina in questione poiché il principio chi inquina paga, come costantemente interpretato dalla Corte di giustizia, non osta all’applicazione dell’obbligo di bonifica anche alle c.d. contaminazioni storiche, né un tale divieto si rinviene nella direttiva 2004/35/CE.

30. La disciplina comunitaria è, quindi, sufficientemente chiara nel supportare un’interpretazione esattamente opposta a quella sostenuta dall’appellante (cfr. Corte di Giustizia, Grande sezione, 6 ottobre 2021, Catania multiservizi s.p.a. in causa 561/2019, punti 33 e 57).

31. Quanto ai dubbi di legittimità costituzionale, si osserva che è proprio l’interpretazione propugnata dall’appellante a porsi in contrasto con i parametri di costituzionalità invocati poiché: a) esclude irragionevolmente dall’obbligo di ripristino alcuni danni ambientali; b) ammette l’esercizio dell’attività di impresa in contrasto con l’ambiente e l’utilità sociale; c) rende irreversibile il pregiudizio all’ambiente in ragione del mero lasso temporale intercorso tra attività dannosa ed emersione del danno.

32. La questione di legittimità costituzionale deve, pertanto, essere respinta in quanto manifestamente infondata.

33. Per tali ragioni, anche il secondo motivo di appello deve essere respinto.

34. L’appello proposto da Edison deve, in conclusione, essere respinto, con conseguente conferma del capo sub b) della sentenza di primo grado.

35. Passando all’esame dell’appello incidentale della Regione Toscana, va, in primo luogo, disattesa l’eccezione di inammissibilità del secondo, terzo, quinto e sesto motivo di appello incidentale, formulata da Edison con memoria del 31 gennaio 2025: la Regione Toscana è stata parte del giudizio di primo grado ed è, di conseguenza, legittimata ad appellare tutti i capi della sentenza in relazione ai quali è risultata soccombente, ai sensi dell’art. 102 c.p.a., sebbene relativi ad atti adottati da altra amministrazione.

36. Premesso quanto sopra, l’appello incidentale è fondato con riguardo ai motivi quarto, quinto e sesto con cui sono stati impugnati i capi sub c), d) ed e) della sentenza di primo grado.

37. Siffatti motivi vanno, quindi, esaminati con priorità rispetto a quelli afferenti ai capi della sentenza che hanno disatteso le eccezioni di rito, conformemente al criterio della c.d. ragione più liquida e non avendo la Regione indicato una precisa tassonomia nell’esame delle censure (Ad. Plen. 5/2015).

38. Con il quarto motivo dell’appello incidentale la Regione ha impugnato il capo sub c) della sentenza con cui sono stati accolti il terzo motivo del ricorso principale, il secondo motivo dei primi motivi aggiunti e il terzo motivo dei secondi motivi aggiunti relativi all’illegittimità dei provvedimenti impugnati nella parte in cui hanno assunto, quale parametro per la valutazione del superamento delle CSC, i limiti previsti per i siti ad uso verde pubblico, privato e residenziale (indicati nella colonna A della tabella 1, allegato 5 al titolo V parte IV d.lgs 152/2006) e non invece i diversi limiti previsti per le aree ad uso industriale (colonna B).

39. Il motivo è fondato.

40. L’art. 74 punto 5 lett. a) delle NTA del regolamento urbanistico del Comune di Barberino del Mugello (“aree di recupero e/o restauro ambientale”) classifica l’area in questione tra le aree interessate da fenomeni di degrado antropico in quanto “destinata temporaneamente ad attività di cantiere subordinate a grandi opere infrastrutturali”, per le quali “la destinazione produttiva decade al momento della cessazione dell’attività di cantiere”.

41. Alla data di autorizzazione della bonifica l’attività di cantiere di Todini era cessata e l’area aveva riacquistato la destinazione d’uso di area agricola, come puntualizzato dal comune con nota prot. 12157 del 12 luglio 2017.

42. L’attività di bonifica è volta a recuperare l’area alla sua destinazione legale al tempo in cui la bonifica viene autorizzata e non a quella che aveva al tempo dell’inquinamento. Un simile approccio salvaguarda la condizione dinamica del territorio ed è diretta conseguenza della natura permanente dell’illecito ambientale.

42.1. Solo il ripristino della destinazione attuale consente di restituire il sito contaminato e successivamente bonificato alla fruizione della collettività.

43. L’art. 240 d.lgs. 152/2006 definisce, infatti, interventi di ripristino ambientale “gli interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica, anche costituenti complemento degli interventi di bonifica o messa in sicurezza permanente, che consentono di recuperare il sito alla effettiva e definitiva fruibilità per la destinazione d'uso conforme agli strumenti urbanistici”.

43.1. Allo stesso modo, l’art. 2, comma 1, del d.m. 25 ottobre 1999, n. 471 (regolamento recante criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati) precisa che: “Ai fini dell'applicazione del presente decreto si intende per:…h - Ripristino ambientale: gli interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica, costituenti complemento degli interventi di bonifica nei casi in cui sia richiesto, che consentono di recuperare il sito alla effettiva e definitiva fruibilità per la destinazione d'uso conforme agli strumenti urbanistici in vigore, assicurando la salvaguardia della qualità delle matrici ambientali.”.

43.2. In definitiva, l’attività in questione deve assicurare l’utilizzo attuale del bene secondo le vocazioni che esprime al tempo in cui gli interventi di eliminazione dell’inquinamento vengono attuati (Con. Stato, sez. V, n. 1054 del 2016).

44. Ne discende che, per rendere effettivo il rispristino ambientale dell’area contaminata, occorre fare riferimento alla destinazione urbanistica della medesima al momento della bonifica e non a quella esistente all’epoca dell’attività inquinante che non consentirebbe il recupero nella sua attuale fruibilità: l’area contaminata, una volta bonificata, non deve risultare avulsa dal contesto territoriale nel quale si va a reinserire.

45. Al momento dell’attività di bonifica è pacifico che il sito non aveva destinazione d’uso industriale o commerciale, ma era zona agricola e, quindi, assimilabile alle aree a verde pubblico privato e residenziale, con conseguente applicabilità dei limiti previsti alla tabella 1 Colonna A.

46. Tale interpretazione, lungi dal porsi in contrasto con gli artt. 23 e 41 Cost. e art. 1 prot. CEDU, come sostenuto dall’appellante, costituisce logico precipitato del criterio di allocazione dei danni cagionati dall’attività di impresa di cui all’art. 2050 c.c. e della natura permanente dell’illecito.

47. Il motivo deve, quindi, essere accolto.

48. Con il quinto motivo di appello la Regione censura il capo sub d) della sentenza che ha accolto i motivi aggiunti, relativi all’illegittima applicazione della regola dell’incertezza nella determinazione della soglia di contaminazione.

49. Al riguardo, va, in primo luogo, disattesa l’eccezione di inammissibilità del motivo per difetto di interesse (cfr. memoria Edison del 31 gennaio 2025) poiché, sebbene l’analisi del rischio formulata da Edison sia stata approvata con delibera n. 656/2020, il T.a.r. ha comunque ravvisato l’illegittimità in parte qua degli atti impugnati, respingendo l’eccezione di improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse proposta dalla Regione.

50. Il motivo è fondato.

51. In assenza una metodologia legislativamente predeterminata, quella adottata da Arpat che prevede l’applicazione del c.d. valore dell’incertezza nelle misurazioni ambientali - per cui il risultato della misura (R) è non conforme quando risulta maggiore del valore soglia VL con una probabilità maggiore del 95% - non appare manifestamente arbitraria o irragionevole in quanto conforme sia al principio di precauzione, sia alle linee guida dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale n. 52/2009, sia alle direttive europee che prevedono la valutazione dell’incertezza di misura per i metodi di prova relativi a parametri in matrici alimentari e ambientali, oltre la convalida dei metodi di misura (Reg. CE 333/2007 e Reg. CE 1883/2006).

52. In presenza di una pluralità di metodiche di misurazione è rimessa alla discrezionalità tecnica dell’operatore la scelta di quella da adottare, salvo l’incongruità scientifica o tecnica della medesima che nella specie Edison non ha dimostrato.

53. Il motivo deve, pertanto, essere accolto con conseguente riforma del capo sub d) della sentenza.

54. Con il sesto motivo di appello la Regione censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto, da un lato, procedibili e, dall’altro lato, fondati il secondo e il quinto motivo del secondo ricorso per motivi aggiunti, relativi all’illegittimità della determina comunale n. 405 del luglio 2020, del verbale della conferenza di servizi e degli allegati pareri di Arpat e Regione, laddove tali provvedimenti avevano ritenuto inizialmente non approvabile l’Analisi di Rischio presentata da Edison.

55. Il motivo, contrariamente a quanto sostenuto da Edison, reca censure specifiche alla sentenza la quale, ad avviso dell’appellante incidentale, sarebbe incorsa in errore nella parte in cui ha ravvisato un vizio dei provvedimenti impugnati per aver dichiarato non approvabile il piano di analisi dei rischi presentato da Edison per il fatto di non aver tenuto in considerazione tutti i campioni che presentano concentrazioni superiori alle CSC, indicati nella nota di ARPAT prot. 30877 del 18 aprile 2019 in verde e in celeste.

56. Il motivo è fondato.

57. L’analisi dei rischi presentata da Edison è stata successivamente approvata con la determina n. 656 del 21 ottobre 2020.

58. Nella delibera l’amministrazione ha precisato che “per quanto riguarda i superamenti di metalli riscontrati nei suoli, si prende atto di quanto ribadito da Edison Spa in merito all’oggetto del presente procedimento che deve ritenersi riferito alla sola contaminazione da Idrocarburi riscontrata nel sito” e che “il presente procedimento riguarda solamente la contaminazione da idrocarburi già imputata a Edison nonché il monitoraggio delle acque sotterranee proposto dalla stessa …”.

59. Con l’approvazione dell’analisi dei rischi l’amministrazione ha, quindi, accolto i rilievi di Edison, circoscrivendo il procedimento ai soli inquinati imputati alla responsabilità della società, sicché difettava l’interesse all’accoglimento della relativa doglianza.

60. Anche il motivo in esame deve, quindi, essere accolto con conseguente riforma del capo sub e) della sentenza.

61. L’accoglimento dei motivi di merito determina l’assorbimento dei primi tre motivi di appello con cui l’appellante incidentale censura il capo sub a) della sentenza che ha respinto le eccezioni di inammissibilità e improcedibilità proposte dalla Regione.

62. L’appello incidentale della Regione Toscana deve, pertanto, essere accolto.

63. Quanto all’appello r.g. 2044/2022, proposto dal Comune di Barberino del Mugello, l’accoglimento del medesimo discende da quanto più sopra osservato in sede di esame del quarto motivo di ricorso incidentale (§ 40 e ss.) in quanto reca censure di identico tenore con riguardo al capo sub c) della sentenza.

64. In conclusione, l’appello principale r.g. 1582/2022 di Edison deve essere respinto, mentre l’appello incidentale della Regione Toscana e l’appello r.g. 2044/2022 del Comune di Barberino del Mugello devono essere accolti e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, devono essere integralmente respinti i ricorsi di primo grado.

65. La complessità della controversia giustifica la compensazione delle spese del doppio grado giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, così dispone:

-riunisce gli appelli;

-respinge l’appello r.g. n. 1582/2022 proposto da Edison s.p.a. e accoglie l’appello incidentale della Regione Toscana;

-accoglie l’appello r.g. n. 2044/2022 proposto dal Comune di Barberino del Mugello;

-per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge i ricorsi (r.g. n. 1005 del 2020 e r.g. n. 1519 del 2017) e i motivi aggiunti proposti in primo grado.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso nella camera di consiglio del giorno 5 marzo 2025 tenuta da remoto ai sensi dell’art. 17, comma 6, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, con l'intervento dei magistrati:

Fabio Franconiero, Presidente FF

Davide Ponte, Consigliere

Carmelina Addesso, Consigliere, Estensore

Giovanni Tulumello, Consigliere

Ugo De Carlo, Consigliere