Consiglio di Stato Sez. VI n. 10033 del 22 novembre 2023
Urbanistica.Ingiunzione alla demolizione ed irrilevanza del sequestro penale

La pendenza del sequestro è irrilevante ai fini della legittimità dell’ordine di demolizione e della sua eseguibilità e, quindi, della validità dei conseguenti provvedimenti sanzionatori emanati secondo il procedimento stabilito dall’art. 31 D.P.R. 380/01 - ordine di demolizione, accertamento dell’inottemperanza, acquisizione gratuita del sedime e delle opere. Invero, la misura cautelare reale penale non costituisce un impedimento assoluto (alla stregua del caso fortuito o della forza maggiore) all’attuazione dell’ingiunzione stante la possibilità, per il destinatario dell’ordine, di ottenere il dissequestro del bene, ai sensi dell’art. 85 disp. att. c.p.p., per cui, quando sono state sequestrate cose che possono essere restituite previa esecuzione di specifiche prescrizioni, l'autorità giudiziaria, se l'interessato consente, ne ordina la restituzione impartendo le prescrizioni del caso e imponendo una idonea cauzione a garanzia della esecuzione delle prescrizioni nel termine stabilito, disposizione costantemente interpretata dalla Cassazione penale come volta a consentire di superare il vincolo rappresentato dal sequestro e di procedere, nonostante la presenza dello stesso, alla demolizione

Pubblicato il 22/11/2023

N. 10033/2023REG.PROV.COLL.

N. 01438/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1438 del 2019, proposto da
Gestioni Immobiliari Ristrutturazioni Locazioni S.r.l. (G.I.R.L S.r.l.), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Marruco ed Alessandro Bovari, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Arturo De Amicis in Roma, Muzio Scevola, n. 60;

contro

Comune di Castel Gandolfo, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 7033/2018.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 13 novembre 2023 il Cons. Giordano Lamberti e uditi per le parti gli avvocati Giuseppe Marruco e Alessandro Bovari in collegamento da remoto attraverso videoconferenza, con l'utilizzo della piattaforma "Microsoft Teams”;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 - La società appellante è proprietaria di un immobile destinato ad attività alberghiera e di ricezione turistica (Resort “Villa Dewi”), edificato negli anni '30 del secolo scorso e formato da un corpo principale con annessi e pertinenze (piccola cappella, fontana decorativa, serre ad altre strutture in lega leggera), sito a ridosso delle pendici del lago di Castel Gandolfo (RM), in via dei Laghi, n. 4.

2 - In data 24.01.2008, la Polizia giudiziaria del Parco dei Castelli Romani contestava alla ricorrente la realizzazione di opere in assenza di titolo e di nulla osta preventivo dell’Ente Parco, disponendo sequestro preventivo dell’area ex art. 321 c.p.c. Quindi, l’Amministrazione comunale si determinava ad emettere ordinanza di demolizione delle pretese opere abusive, con provvedimento n. 7 del 29.01.2008 avente ad oggetto i seguenti interventi:

“PIANO QUOTA TERRA:

1. sistemazione di un cancello carrabile fossato a due colonne di accesso all’unità immobiliare;

2. struttura in muratura adibita a chiesetta delle dimensioni di mt. 02.75x04.64 e altezza media di mt. 02.50 ca;

3. rispetto all’edificio principale risulta realizzato un avancorpo in cls chiuso su tutti i lati con infissi in lega leggera e vetri con sovrastante terrazzo praticabile delle dimensioni di mt. 11,65x05,65 più altro piccolo avancorpo adiacente di mt. 03,13x01,50 di altezza media di mt. 02,80 ca;

4. struttura realizzata in lega leggera e vetri a pianta trapezoidale ancorata all’unità principale, delle dimensioni di mt. 01,50x e.6.40 (basi) e mt. 13,60 con altezza di crica mt. 03.10;

PIANO QUOTA INFERIORE (terrazzamento versante lago):

1. struttura leggera e vetri chiusa su tutti i lati avente dimensioni di mt. 08,60x18,60 e altezza al colmo di mt. 03,75 e mt. 03,00 alla gronda;

2. uguale struttura di cui al punto precedente delle dimensioni di mt. 06.73x06,50 con altezza media di mt. 02,90 ca;

3. la predetta struttura risulta ancorata su di un lato ad un avancorpo all’interno del quale è stato realizzato un vano tecnico che presenta una superficie (approssimata all’esterno poiché al momento non è accessibile) di mq. 15 ca; si precisa che per accedere a detto locale è necessario entrare nella struttura descritta al punto precedente;

4. sul terrazzamento in parola risultano altresì realizzate una fontana e due rampe di scale a servizio di un altro terrazzamento posto ad un livello più basso che realizzano nel sottoscala dei locali tecnici;

5. rispetto al prospetto principale dell’edificio sul versante lago è stato realizzato un ulteriore avancorpo con copertura posta a livello del piano terra che risulta disposta su due livelli con alzata dal riferito terrazzamento posto a livello inferiore di mt. 11,60x03,90 e mt. 05,70 di altezza media.”

2.1 - Il provvedimento di demolizione era stato impugnato dalla Società davanti al TAR per il Lazio con il ricorso r.g. 3883 del 2008, il quale, tuttavia, veniva dichiarato perento con decreto n. 2738 del 2012.

3 - In concomitanza alla sanzione amministrativa del 29.01.2008, i legali rappresentanti della Società furono sottoposti a procedimento penale innanzi al Tribunale di Velletri (NRG 898/08 e NRGIP 589/08), nel corso del quale venne disposta la convalida del sequestro preventivo dell’area interessata dalle opere con decreto del GIP del 01.02.2008.

4 - La Società presentava inoltre apposita istanza di sanatoria in data 06.02.2008, istanza non accolta dall’amministrazione, a cui faceva seguito, in data 29.05.2008, una nuova istanza di accertamento di conformità delle opere.

5 - In data 19.09.2011, malgrado la pendenza del suddetto procedimento di sanatoria, l’Amministrazione procedeva all’accertamento di inottemperanza all’ordine di demolizione, mediante un verbale di cui l’appellante lamenta di non aver avuto contezza, in quanto comunicato esclusivamente all’Amministratore Giudiziario dell’area sottoposta a sequestro.

6 - L’istanza di sanatoria veniva rigettata con determinazione n. 112 del 14.06.2012, in quanto ritenuta inammissibile per la mancata integrazione documentale richiesta dalla Regione Lazio.

7 - In data 16.02.2016, alla Società appellante veniva notificata la determinazione comunale n. 28 del 11.02.2016, con la quale il Comune dichiarava l’avvenuta acquisizione gratuita, ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. 380/2001, delle opere abusive nonché l’acquisizione della relativa area di sedime e di una ulteriore area di proprietà della società.

7.1 – La società impugnava avanti il TAR per il Lazio le determinazioni adottate dal Comune n. 28 del 11.02.2016 e n. 63 del 21.03.2016, quest’ultima adottata in emendamento ad un errore materiale della prima.

7.2 – Nelle more del giudizio, l’Amministrazione comunale si determinava a “rettificare” in autotutela la determinazione n. 63 del 21.03.2016, mediante l’adozione del nuovo provvedimento di acquisizione (determinazione n. 39 del 27.02.2017).

7.3 – Quest’ultimo provvedimento era impugnato con motivi aggiunti.

8 – Il TAR adito, con la sentenza indicata in epigrafe, ha dichiarato in parte inammissibile in parte improcedibile il ricorso principale e ha respinto i motivi aggiunti.

9 – Avverso tale pronuncia ha proposto appello l’originaria ricorrente per i motivi di seguito esaminati.

9.1 - Con il primo motivo di appello si contesta la sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato le censure volte a denunciare l’indeterminatezza delle opere oggetto di acquisizione gratuita e l’illegittimità dell’acquisizione dell’ulteriore area di sedime su cui insiste il complesso immobiliare principale.

In particolare, parte appellante ritiene che le opere oggetto dell’ordinanza di acquisizione rappresentino un unicum inscindibile con l’immobile principale, che è pacificamente conforme alle disposizioni urbanistico-edilizie e non è mai stato oggetto di contestazione da parte dell’amministrazione, sicché la loro acquisizione avrebbe dovuto essere esclusa dal Comune. La sanzione dell’acquisizione dell’area ulteriore rispetto a quella di sedime, dettata dagli artt. 31 D.P.R. 380/2001 e 15 della L.R. Lazio n. 15/2008, non è infatti applicabile alle ipotesi in cui ad essere considerata illegittima sia unicamente una porzione limitata delle opere di proprietà del privato, per l’altra parte assolutamente conformi.

In secondo luogo, le opere oggetto di acquisizione, così come l’ulteriore area da acquisire al patrimonio comunale, non sarebbero identificate con sufficiente chiarezza nel provvedimento impugnato. Ciò sarebbe dimostrato anche dalla nota comunale del 05.04.2017, che rimanda per la identificazione delle aree da acquisire ad un generico “frazionamento in contraddittorio tra le parti” - in concreto mai avvenuto – a dimostrazione dell’assenza di una previa istruttoria sul punto.

Al riguardo, la sentenza impugnata avrebbe errato nel ritenere sufficiente il mero richiamo compiuto dal provvedimento ablatorio al “previo frazionamento” delle opere e delle aree interessate, e avrebbe altresì omesso di pronunciarsi in ordine alla violazione dell’art. 15, comma 3, della L.R. Lazio n. 15/2008, che ad avviso di parte appellante impone il frazionamento catastale delle opere e delle aree interessate prima dell’adozione del provvedimento ablatorio.

9.2 – La censura è infondata.

Non è in discussione il principio per cui l’acquisizione dell’area ulteriore non può coinvolgere beni legittimamente realizzati.

In punto di fatto deve invece rilevarsi quanto segue.

Nel provvedimento del 27.02.2017 si determina di “acquisire l’area di mq 1.563,00 come sopra descritta, previo frazionamento delle aree di proprietà ricadenti in catasto al foglio 1 particelle 14 e 15, nonché le porzioni di fabbricato principale oggetto della demolizione, previo frazionamento dell’immobile (…)”.

Con la successiva nota del 05.04.2017, l’amministrazione ha precisato che “si rende necessario provvedere al frazionamento sia delle aree che dei fabbricati, per garantire l’accesso da parte di entrambi i soggetti proprietari (il Comune per un’area di mq 1.563,00 e per le porzioni dei corpi di fabbrica abusivi, la soc. Girl per un’area di mq 766 e per le porzioni di immobili regolari). Si dovrà pertanto procedere al frazionamento in contraddittorio fra le parti al fine di garantire e salvaguardare i diritti di ognuno. Per tali motivazioni non è stato possibile, nella determinazione n. 39, indicare l’acquisizione di particelle intere già individuate catastalmente”.

Ne deriva che il Comune ha acquisito le opere abusive identificandole con le porzioni del fabbricato principale oggetto della demolizione, “previo frazionamento”; ha poi acquisito la area di sedime di tali opere (quantificata in 312,60 metri quadri), nonché l’area ulteriore quantificata in 1250,40 metri quadri, in applicazione dell’art. 7 delle N.T.A. che prescrive che la superficie coperta sia un quarto dell’area totale, “previo frazionamento delle aree di proprietà”.

La già citata nota del 05.04. 2017 ha inoltre precisato che il frazionamento sarà effettuato in contraddittorio con le parti interessate (società ricorrente e Comune), facendo espresso riferimento alla proprietà comunale (acquisita) per 1.563,00 metri quadri, oltre alle porzioni dei corpi di fabbrica abusivi e alla proprietà residua della società GIRL di 766,00 metri quadri oltre alle porzioni di immobili regolari.

Appare pertanto evidente come non sussista alcuna volontà di procedere all’acquisizione di porzioni legittimamente edificate, restando così destituita di ogni riscontro la doglianza di parte appellante.

Quanto alla necessità del previo frazionamento, questo Consiglio di Stato ha avuto modo di precisare che il previo frazionamento catastale non è necessario affinché l’acquisizione in proprietà comunale del bene si produca, ma è richiesto solo per la successiva trascrizione (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 27/02/2018, n. 1168).

10 – Con il secondo motivo, l’appellante censura la sentenza di primo grado per aver respinto il quinto motivo del ricorso per motivi aggiunti, con il quale era stata dedotta l’impossibilità di adempiere all’ordine di demolizione, in quanto l’area era sottoposta a sequestro penale. Tale circostanza determinerebbe l’illegittimità del provvedimento di acquisizione gratuita per mancanza di uno dei requisiti per la sua adozione, ossia la colpevole inottemperanza all’ordine di demolizione. L’assenza di colpa emergerebbe anche dalla condotta tenuta dall’appellante durante la pendenza del sequestro, consistente nella presentazione di tre istanze di dissequestro respinte dall’autorità giudiziaria.

10.1 – La censura è infondata.

In base alla giurisprudenza di questo Consiglio, la pendenza del sequestro è irrilevante ai fini della legittimità dell’ordine di demolizione e della sua eseguibilità e, quindi, della validità dei conseguenti provvedimenti sanzionatori emanati secondo il procedimento stabilito dall’art. 31 D.P.R. 380/01 - ordine di demolizione, accertamento dell’inottemperanza, acquisizione gratuita del sedime e delle opere (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 27/07/2017, n. 3728; 28/11/2016, n. 5008; 14/07/2014, n. 3415).

Invero, la misura cautelare reale penale non costituisce un impedimento assoluto (alla stregua del caso fortuito o della forza maggiore) all’attuazione dell’ingiunzione stante la possibilità, per il destinatario dell’ordine, di ottenere il dissequestro del bene, ai sensi dell’art. 85 disp. att. c.p.p., per cui, “quando sono state sequestrate cose che possono essere restituite previa esecuzione di specifiche prescrizioni, l'autorità giudiziaria, se l'interessato consente, ne ordina la restituzione impartendo le prescrizioni del caso e imponendo una idonea cauzione a garanzia della esecuzione delle prescrizioni nel termine stabilito”, disposizione costantemente interpretata dalla Cassazione penale come volta a consentire di superare il vincolo rappresentato dal sequestro e di procedere, nonostante la presenza dello stesso, alla demolizione (cfr. Cass. pen., sez. III, 21/03/2017, n. 13653).

In riferimento alla fattispecie in esame, il TAR ha correttamente rilevato come, dal 14 giugno 2012 (data del provvedimento di rigetto della domanda di sanatoria), non siano state inoltrate richieste di dissequestro al fine di ottemperare alla predetta ordinanza (inerzia protrattasi per diversi anni, sino a quando, con verbale del sopralluogo del 30 gennaio 2016, la Polizia municipale ha costatato la perdurante inottemperanza).

11 – Con il terzo motivo d’appello si deduce l’erroneità della sentenza impugnata per aver dichiarato inammissibile il motivo di ricorso di primo grado relativo alla mancata notifica del verbale di inottemperanza del 19.09.2011. Parte appellante sostiene che nel caso di specie il verbale di inottemperanza costituiva l’unico atto di accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione a demolire, e pertanto avrebbe dovuto essere notificato ai proprietari delle opere - e non sono all’amministratore giudiziario - come previsto dall’art l’art. 31 comma 4 del D.P.R. 380/2001e dall’art. 15 comma 3 della L.R. Lazio 15/2008.

11.1 – La censura è infondata.

L’acquisizione gratuita costituisce un’autonoma sanzione (cfr. Corte Costituzionale, 15/02/1991, n. 82; Corte Costituzionale, 15/07/1991, n. 345) che segue l’inottemperanza all’ingiunzione a demolire.

In altre parole, l’acquisizione gratuita rappresenta una sanzione autonoma, avente come presupposto un illecito diverso dall’abuso edilizio, che consiste nella mancata ottemperanza all’ordine di demolizione in precedenza emesso dall’amministrazione.

Presupposto essenziale affinché possa configurarsi l’acquisizione gratuita è la mancata ottemperanza all’ordine di demolizione dell’immobile abusivo entro il termine di novanta giorni fissato dalla legge.

Ai fini del presente giudizio, va rilevato che l’effetto traslativo della proprietà avviene ipso iure e costituisce l’effetto automatico della mancata ottemperanza all’ingiunzione a demolire. In coerenza con tale assunto, secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza, il provvedimento di acquisizione, salvo determinate eccezioni, presenta una natura meramente dichiarativa, non implicando alcuna valutazione discrezionale (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 07/07/2014, n. 3415, cfr. da ultimo Cons. St., Ad Plen., n. 16/2023).

Alla luce di tali considerazioni non può inficiare la legittimità del provvedimento impugnato la mancata notifica del verbale che accerti l’inottemperanza all’ordine di demolizione, specie nel caso in cui, come quello in esame, tale inottemperanza sia pacifica.

Tenuto conto dei principi espressi a proposito della natura dell’atto di acquisizione, deve ritenersi non necessaria la notifica del verbale di accertamento di inottemperanza all’ordinanza di demolizione, proprio in forza della natura automatica dell’acquisto da parte dell’amministrazione, a fronte dell’inadempimento del privato; inadempimento neppure messo in discussione in questa sede.

In altri termini, il verbale di accertamento non assume portata lesiva degli interessi del privato; ne consegue la non impugnabilità di tale verbale e la sostanziale irrilevanza della sua notificazione (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 17/06/2014, n. 3097).

Tali conclusioni risultano conformi alla giurisprudenza di questo Consiglio, secondo cui “il verbale di accertamento di inottemperanza redatto dalla Polizia Municipale non è atto suscettibile di autonoma impugnazione, poiché, limitandosi a rappresentare l'attuale stato dei luoghi rispetto all'ingiunzione precedentemente spedita, costituisce un atto endoprocedimentale avente contenuto di accertamento ed esplicante una funzione meramente preparatoria e strumentale, occorrendo che la competente autorità amministrativa ne faccia proprio l'esito attraverso un formale atto produttivo degli effetti previsti dall'art. 31, comma 4, d.P.R. n. 380 del 2001” (Consiglio di Stato, sez. IV, 26/06/2018, n. 4248). Ne consegue che ogni doglianza avverso l’oggetto stesso dell’acquisizione – comprendendovi la sua materiale possibilità – ed i confini dell’acquisto della proprietà in capo all’Ente pubblico debbono essere fatti valere nei confronti del successivo atto dell’Autorità che, facendo proprio l’esito dell’accertamento, ne fa discendere gli effetti di legge.

Per altro verso, gli effetti dell’atto acquisitivo escludono che possano aver rilevanza i fatti successivi al maturarsi dell’effetto acquisitivo dedotti dall’appellante nella memoria depositata in data 13 ottobre 2023 (cfr. Cons. St., Ad Plen, n. 16/2023: “l’inottemperanza all’ordinanza di demolizione comporta la novazione oggettiva dell’obbligo del responsabile o del suo avente causa di ripristinare la legalità violata, poiché, a seguito dell’acquisto del bene da parte dell’Amministrazione, egli non può più demolire il manufatto abusivo e deve rimborsare all’Amministrazione le spese da essa sostenute per effettuare la demolizione d’ufficio, salva la possibilità che essa consenta anche in seguito che la demolizione venga posta in essere dal privato”).

12 – Con il quarto motivo d’appello si contesta la sentenza impugnata nella parte in cui ha dichiarato inammissibili le censure relative alla qualificazione giuridica degli abusi, ritenendo che le stesse avrebbero dovuto essere avanzate tramite impugnazione dell’ordinanza di demolizione.

Ad avviso dell’appellante, tali censure sono state correttamente rivolte avverso il provvedimento di acquisizione gratuita in quanto volte a contestare l’applicazione del regime sanzionatorio di cui all’art. 31, comma 3, del D.P.R. 380 del 2001.

In particolare tutti gli interventi contestati rientrerebbero nelle categorie della manutenzione ordinaria, del restauro e risanamento conservativo, e della ristrutturazione, abusi in relazione ai quali non risulta applicabile la sanzione dell’acquisizione gratuita al patrimonio comunale di cui all’art 31 comma 3 D.P.R. 380/01. La circostanza che l’ordinanza di demolizione contenga una qualificazione errata degli abusi, dunque, non potrebbe impedire all’appellante di denunciare l’illegittimità di tale sanzione, anche perché l’ordine di demolizione non faceva alcun riferimento alla sanzione applicabile in caso di inottemperanza.

12.1 - Con il medesimo motivo di appello si deduce l’erroneità della sentenza gravata, per aver dichiarato inammissibile il motivo di ricorso relativo all’omessa valutazione da parte dell’Amministrazione del pericolo per la staticità dell’intero immobile in caso di demolizione. Parte appellante sostiene che la perenzione del giudizio relativo all’ordine di demolizione non osti alla contestazione di tale profilo di illegittimità, in quanto prima di procedere all’acquisizione gratuita l’Amministrazione avrebbe dovuto verificare la possibilità di procedere in tal senso senza arrecare danni all’edificio principale. Nel merito, i rischi per la stabilità dell’edificio – già segnalati all’amministrazione nel corso del procedimento amministrativo - emergerebbero dalla perizia depositata nel corso del giudizio di primo grado.

12.1 – Le censure sono infondate.

In primo luogo, valgono le considerazioni già svolte innanzi circa la natura dell’atto di acquisizione; ne deriva che, a fronte del consolidarsi dell’effetto dell’ordinanza di demolizione, divenuta inoppugnabile a seguito della perenzione del relativo ricorso, il provvedimento di acquisizione gratuita può essere impugnato per i vizi propri e non per ragioni legate alla natura abusiva delle opere.

In proposito la giurisprudenza ha precisato che “il provvedimento di accertamento dell'inottemperanza all'ordine di demolizione e quello successivo di acquisizione gratuita delle opere abusive e dell'area di sedime debbono considerarsi consequenziali, connessi e conseguenti all'ordine di demolizione delle opere e ripristino dello stato primitivo dei luoghi, con la conseguenza che non sono autonomamente impugnabili, in mancanza di impugnazione dell'atto con cui si ingiunge la demolizione o di irricevibilità dell'impugnazione tardivamente proposta avverso tale atto” (Consiglio di Stato, Sez. V, 10 gennaio 2007, n. 40).

Quanto al secondo aspetto, per quel che consta, non risulta che l’appellante, una volta ricevuto l’ordine di demolizione, abbia mai rivolto all’amministrazione una specifica istanza volta ad escludere il ripristino a causa del potenziale pericolo per la staticità delle parti legalmente edificate.

Tale deduzione solo attraverso l’impugnazione dell’atto di acquisizione risulta dunque tardiva ed inammissibile come statuito dal TAR (cfr. Consiglio di Stato sez. IV, 10/05/2018, n. 2799: “Atteso che il provvedimento di accertamento dell'inottemperanza all'ingiunzione di demolizione è normativamente configurato alla stregua di un atto ad efficacia meramente dichiarativa che si limita a formalizzare l'effetto (acquisizione gratuita del bene al patrimonio comunale) già verificatosi alla scadenza del termine assegnato con l'ingiunzione stessa, la prospettata impossibilità di demolire le opere abusive senza pregiudizio della parte costruita legittimamente può al più impedire l'esecuzione in danno dell'ordine demolitorio, ma non anche l'effetto acquisitivo dell'area di sedime siccome contemplato come automatico dalla normativa in materia; né in senso ostativo all'effetto acquisitivo può assumere rilevanza l'assenza di motivazione specifica sulle ragioni d'interesse pubblico perseguite mediante l'acquisizione, essendo in re ipsa l'interesse all'adozione della misura, stante la natura interamente vincolata del provvedimento”).

13 – Con il quinto motivo d’appello di deduce l’erroneità della sentenza impugnata per non aver rilevato l’illegittimità del provvedimento acquisitivo a causa della sopravvenuta inefficacia della presupposta ordinanza di demolizione. In particolare, si sostiene che l’ordinanza di demolizione avrebbe perso efficacia a seguito della successiva presentazione di una domanda di accertamento di conformità, respinta con provvedimento del 14.06.2012.

L’orientamento giurisprudenziale in base al quale la presentazione di un’istanza di accertamento di conformità non comporta l’inefficacia dell’ordine di demolizione non sarebbe applicabile al caso di specie, in cui nel corso dell’istruttoria procedimentale era già stato acquisito il nulla osta per ristrutturazione edilizia a sanatoria, rilasciato con provvedimento prot. 3489 del 5.6.2008, ove si legge che “le suddette opere sono conformi alle norme di attuazione del PRG” e che “dall'esame istruttorio eseguito dall'Ufficio Tecnico dell'Ente è risultato che le opere previste in detto progetto, per il loro carattere, possono ritenersi compatibili con il contesto ambientale”. Ed invero, alla luce delle valutazioni effettivamente compiute dal Comune di Castel Gandolfo in ordine alla sostanziale sanabilità delle opere in questione, nonché del lungo lasso di tempo trascorso tra l’adozione dell’ordinanza di demolizione e la conclusione del procedimento di sanatoria, nel caso di specie, dovrebbe ritenersi che i presupposti su cui l’ordine di demolizione si fondava erano venuti meno.

13.1 – La censura è infondata.

È pacifico che, nonostante i pareri favorevoli citati da parte appellante, l’istanza di sanatoria è stata rigettata.

Tanto precisato, è sufficiente richiamare il costante orientamento della Sezione in base al quale la presentazione di una istanza di accertamento di conformità non rende inefficace il provvedimento sanzionatorio pregresso.

Per i principi di legalità e di tipicità del provvedimento amministrativo e dei suoi effetti, soltanto nei casi previsti dalla legge una successiva iniziativa procedimentale del destinatario dell’atto può essere idonea a determinare ipso iure la cessazione della sua efficacia.

In materia edilizia, la legge n. 47 del 1985 (per come richiamata dalle successive leggi sul condono del 1994 e del 2003) ha previsto che la presentazione della domanda di condono – nei casi ivi previsti ed in presenza dei relativi presupposti – determina la cessazione degli effetti dei precedenti atti sanzionatori.

Quando è proposta una domanda di accertamento di conformità, ai sensi dell’art. 36 del testo unico n. 380 del 2001, si verifica invece una sospensione dell’efficacia dell’ordine di demolizione (nel senso che questo non può essere portato ad esecuzione, finché non vi sia stata la definizione della domanda, con atto espresso o mediante il silenzio-rigetto), sicché nel caso di rigetto dell’istanza di accertamento di conformità l’ordine di demolizione riacquista la sua efficacia (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 06/06/2018, n. 3417; Consiglio di Stato sez. VI, 05/06/2017, n. 2681).

14 – Per le ragioni esposte, l’appello va respinto.

Non è necessario pronunciarsi sulle spese stante la mancata costituzione del Comune di Castel Gandolfo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla sulle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 novembre 2023 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Massimiliano Tarantino, Presidente FF

Giordano Lamberti, Consigliere, Estensore

Raffaello Sestini, Consigliere

Davide Ponte, Consigliere

Ugo De Carlo, Consigliere