Cass. Sez. III n. 47697 del 29 novembre 2023 (CC 2 nov. 2023)
Pres. Ramacci Est. Di Stasi Ric.Di Napoli
Urbanistica.Interventi successivi su manufatto abusivo

Non possono ritenersi lecite, ancorchè non richiedenti astrattamente autorizzazione o fornite di un formale titolo autorizzatorio, le opere che, seppur autonomamente e astrattamente qualificabili come interventi privi di rilevanza penale, siano realizzate in prosecuzione di precedenti illeciti edilizi mai previamente sanati o condonati; in tema di reati edilizi, il regime della comunicazione di inizio lavori asseverata (c.i.l.a.) non è applicabile alle opere da eseguirsi su manufatti il cui originario carattere abusivo sia stato accertato con sentenza definitiva e che non risultino essere stati oggetto di condono edilizio o di accertamento di conformità, poiché gli interventi ulteriori su immobili abusivi ripetono le caratteristiche di illegittimità dal manufatto principale, al quale ineriscono strutturalmente


RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 05/04/2023, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere rigettava l’appello cautelare proposto nell’interesse di Di Napoli Antonio, indagato per i reati di cui agli artt. 44, comma 1 lett. c) d.P.R. n. 380/2001, 1161 R.D. 327/1942, 95 e 93 d.P.R. n. 380/2001, l’ordinanza di rigetto dell’istanza di dissequestro emessa dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Napoli Nord in data 15.3.2023.

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione Di Napoli Antonio, a mezzo del difensore di fiducia, articolando un unico motivo, con il quale deduce motivazione apparente e violazione di legge per erronea applicazione dell’art. 44 d.P.R. n. 380/2001 in relazione alla disciplina di cui all’art. 149 del d.lgs 42/2003, art 2, comma 1, d.P.R. n. 31/2017 e inosservanza dell’art. 12, comma 3, cod.proc.pen.
Argomenta che il Tribunale aveva confermato il provvedimento di dissequestro con motivazione viziata ed omettendo di valutare le deduzioni difensive in ordine a nuovi significativi elementi (sentenza del TAR del 18.11.2022 che riconosceva piena legittimità alla SCIA del 25.3.2022 per manutenzione straordinaria di tipo conservativo avente ad oggetto le opere in contestazione ed annullava il provvedimento inibitorio emesso dal Comune di Giugliano che aveva stabilito il divieto di prosecuzione dell’attività edilizia motivato sull’assenza di provvedimenti del Comune in ordine alle domande di condono presentate; due consulenze di parte), dai quali emergeva che si trattava di opere di conservazione, da ritenersi legittime in presenza di pendenza di domanda di condono; il Tribunale, con motivazione apparente e comunque illogica, si era limitato ad affermato che le opere non apparivano di tipo strettamente conservativo, senza valutate compiutamente le allegazioni difensive; del pari apparente era la motivazione relativa alla questione del giudicato formatosi in ordine alla legittimità della realizzazione della piscina pure oggetto di sequestro, in ordine alla quale era stata emessa la sentenza n. 2405/2021 dal Tribunale di Napoli Nord.
Chiede, pertanto, l’annullamento della ordinanza impugnata.
3. Il difensore dell’imputato ha chiesto la trattazione orale del ricorso. Il Pg ha depositato memoria ex art. 611 cod.proc.pen., nella quale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Va ricordato che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Rv. 239692 Sez. 5, n. 43068 del 13.10.2009, Rv. 245093; Sez. 6, n. 6589 del 10.1.2013, Rv. 254893).
Il ricorso per cassazione per violazione di legge, a norma dell'art. 325, comma 1 cod. proc. pen., quindi, può essere proposto solo per mancanza fisica della motivazione o per la presenza di motivazione apparente, ma non per mero vizio logico della stessa; il vizio logico, infatti, va distinto dalla motivazione meramente apparente essendo il primo configurabile solo in relazione ad una motivazione presente (Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini, Rv. 248129; Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Rv. 226710).
2. Nella specie, il ricorrente articola motivo che si sostanzia in censure di merito afferenti la motivazione esposta dal Tribunale a fondamento del provvedimento di rigetto dell’appello cautelare.
Il Collegio cautelare, nel disattendere le censure difensive qui riproposte, ha ampiamente e congruamente argomentato in relazione alla circostanza che le opere realizzate non potevano considerarsi legittime perché insistevano su opera già abusiva in area appartenente al demanio regionale, escludendone la natura conservativa.
Le censure mosse in questa sede dal ricorrente sono, pertanto, inammissibili, risolvendosi essenzialmente nella formulazione di rilievi in fatto concernenti la motivazione del provvedimento impugnato che, alla luce dei principi di diritto suesposti, non è consentito proporre in questa sede.
Appare, comunque, opportuno ricordare che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, si configura la violazione dell’art. 44 d.P.R. 380 del 2001 per ogni intervento (anche di manutenzione ordinaria) su un immobile illegittimo, in quanto, qualsiasi intervento effettuato su una costruzione realizzata abusivamente, ancorché l’abuso non sia stato represso, costituisce una ripresa dell’attività criminosa originaria, che integra un nuovo reato, anche se consista in un intervento di manutenzione ordinaria, perché anche tale categoria di interventi edilizi presuppone che l'edificio sul quale si interviene sia stato costruito legittimamente (Sez.3, n. 30673 del 24/06/2021, Rv.282162 - 01 Sez. 3 - n. 48026 del 10/10/2019 Rv. 277349 – 01; Sez. 3, n.38495 del 19/05/2016, Rv. 267582 – 01) e si è anche chiarito che non possono ritenersi lecite, ancorchè non richiedenti astrattamente autorizzazione o fornite di un formale titolo autorizzatorio, le opere che, seppur autonomamente e astrattamente qualificabili come interventi privi di rilevanza penale, siano realizzate in prosecuzione di precedenti illeciti edilizi mai previamente sanati o condonati. (Sez. 3, n. 18199 del 07/04/2005 Rv. 231527 - 0; Sez. 3, n. 41079 del 20/09/2011 Rv. 251290 - 01, Sez. 3, n. 9130 del 06/07/2000 Rv. 217215 - 01); e si è precisato che in tema di reati edilizi, il regime della comunicazione di inizio lavori asseverata (c.i.l.a.) non è applicabile alle opere da eseguirsi su manufatti il cui originario carattere abusivo sia stato accertato con sentenza definitiva e che non risultino essere stati oggetto di condono edilizio o di accertamento di conformità, poiché gli interventi ulteriori su immobili abusivi ripetono le caratteristiche di illegittimità dal manufatto principale, al quale ineriscono strutturalmente. (Sez. 3 - n. 41105 del 12/07/2018 Rv. 274063 - 01; e ancora, con riguardo a interventi ricondotti astrattamente al regime di denuncia di inizio attività (DIA), o di Scia, rispettivamente, sez. 3, n. 51427 del 16/10/2014 Rv. 261330 - 01; Sez. 3, n. 30168 del 24/05/2017 Rv. 270252 - 01).
4. Quanto alla questione del giudicato formatosi in ordine alla legittimità della realizzazione della piscina pure oggetto di sequestro, essa, come rimarcato dal Tribunale, non era stata dedotta in sede di richiesta di sequestro (ove, invece, come si evince dal provvedimento del Giudice per le indagini preliminari, si era chiesto il dissequestro del Lido del Sole allo scopo di consentire all’indagato la rimozione della piscina). Va ricordato che secondo la pacifica giurisprudenza di questa Corte, in tema di appello cautelare, stante la natura devolutiva del giudizio, la cognizione del giudice é circoscritta entro il limite segnato non solo dai motivi dedotti dall'impugnante, ma anche dal decisum del provvedimento gravato, sicché con l'appello non possono proporsi motivi nuovi rispetto a quelli avanzati nell'istanza sottoposta al giudice di primo grado, né al giudice ad quem é attribuito il potere di estendere d'ufficio la sua cognizione a questioni non prese in esame dal giudice a quo (ex multis, Sez. 3, n. 30483 del 28/05/2015, Loffredo e altro, Rv. 264818).
5. Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
6. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende
Così deciso il 02/11/2023