TAR Toscana Sez. III n. 239 del 27 febbraio 2024
Ambiente in genere.Diritto di accesso civico

Il decreto legislativo 14 marzo 2013, numero 33, ha introdotto un nuovo istituto nell’ordinamento giuridico nazionale, riconoscendo e tutelando l’accesso civico, successivamente generalizzato, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali, in evidente discontinuità con l’istituto dell’accesso documentale ordinario, previsto dalla legge sul procedimento amministrativo, numero 241 del 1990, solo in quanto strumentale alla protezione di un interesse individuale. La tutela del diritto di accesso civico è talmente estesa da contemplare la possibilità di esercitare tale diritto anche dopo la scadenza del periodo di pubblicazione obbligatoria di dati, informazioni e documenti, essendo consentito a chiunque di pretendere “a posteriori” la pubblicazione di dati, informazioni o documenti che non siano stati tempestivamente pubblicati, in violazione degli obblighi di legge. La novità dell’istituto esclude la possibilità di applicazione retroattiva dello stesso, con riferimento a documenti, informazioni o dati che avrebbero dovuto essere pubblicati in epoca precedente il riconoscimento del diritto di accesso civico e non lo sono stati. Il principio di irretroattività della legge comporta che una nuova legge non possa applicarsi ai rapporti giuridici anteriori alla sua entrata in vigore, né a quelli sorti anteriormente ed ancora in essere

Pubblicato il 27/02/2024

N. 00239/2024 REG.PROV.COLL.

N. 01224/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1224 del 2023, proposto da
Massimo Grisanti, difeso in proprio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Poggibonsi, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Marco Pastorelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Costruzioni di Martino S.r.l. in liquidazione, non costituita in giudizio;

per l'annullamento di

- atto del Dirigente del Settore Gestione e Pianificazione del Territorio del 24.10.2023, protocollo n° 0040799/2023;

- atto del Dirigente del Settore Gestione e Pianificazione del Territorio del 22.09.2023, protocollo n° 0036095/2023;

per l'accertamento

- del comportamento inadempiente del Dirigente del medesimo Settore alla formazione degli elenchi delle autorizzazioni paesaggistiche ex art. 146 d.lgs. 42/2004 per gli anni dal 2004 al 2009 compresi, con conseguente condanna a provvedere alla loro formazione e pubblicazione prescritta dalla legge.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Poggibonsi;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 febbraio 2024 il dott. Antonio Andolfi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso secondo il rito speciale per l’accesso, avente ad oggetto democrazia partecipativa, istanza di accesso civico generalizzato e accesso alle informazioni ambientali, ricorso notificato il 7 novembre 2023 al Comune di Poggibonsi e ad una società di costruzioni in liquidazione, il ricorrente impugna l’atto comunale del 24 ottobre 2023 e l’atto comunale del 22 settembre 2023 di diniego dell’accesso e chiede l’accertamento dell’inadempimento dell’obbligo di formazione degli elenchi delle autorizzazioni paesaggistiche di cui all’articolo 146 del decreto legislativo 42 del 2004 relative agli anni compresi dal 2004 al 2009, con la condanna a provvedere alla loro formazione e pubblicazione.

Oggetto dell’istanza presentata dall’attuale ricorrente erano gli elenchi ex articolo 146, comma 12, decreto legislativo 42 del 2004, delle autorizzazioni paesaggistiche rilasciate negli anni dal 2004 al 2010 compresi, non pubblicati nel sito web istituzionale.

Negli atti impugnati il Comune, pur riconducendo la richiesta nell’ambito dell’accesso civico generalizzato, ha ritenuto irragionevole e sproporzionata la domanda di accesso a dati e documenti risalenti a un ventennio fa, tenuto conto dell’efficacia quinquennale delle autorizzazioni paesaggistiche. Inoltre, ad avviso del Comune, la trattazione della istanza avrebbe richiesto l’apertura di numerosi procedimenti, tanti quanti sarebbero stati i soggetti terzi controinteressati, determinandosi in tal modo un sacrificio sproporzionato, con un carico di lavoro tale da interferire con il buon funzionamento della pubblica amministrazione, per cui sarebbe configurabile un abuso del diritto. Essendo disponibili sul sito istituzionale comunale gli elenchi delle autorizzazioni paesaggistiche rilasciate a partire dal 1 gennaio 2011, il Comune ha provveduto a integrare la pagina web con gli elenchi delle autorizzazioni paesaggistiche comprese dal 1 gennaio 2010 al 31 dicembre 2010, mentre, con riferimento agli elenchi relativi al periodo compreso dal 2004 al 2009, ha comunicato che essi non esisterebbero agli atti dell’ente.

Ad avviso del ricorrente, il rifiuto alla formazione degli elenchi delle autorizzazioni paesaggistiche rilasciate negli anni dal 2004 al 2009 non potrebbe trovare fondamento nel regime transitorio fissato dall’articolo 159 del decreto legislativo 42 del 2004 in quanto tale regime transitorio sarebbe stato applicabile esclusivamente al procedimento di rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche, giammai alla fase della pubblicazione di esse. L’articolo 159 non avrebbe reso temporaneamente inapplicabile l’articolo 146, comma 13, del codice, per cui sarebbe illegittimo il diniego all’ostensione degli elenchi che avrebbero dovuto essere formati sin dal 1 maggio 2004.

Il Comune eccepisce di non avere una competenza originaria in materia paesaggistica, trattandosi di funzione delegata, dapprima dallo Stato alle regioni e, successivamente, subdelegata dalle regioni agli enti locali. In particolare, nella regione Toscana, la funzione autorizzatoria paesaggistica sarebbe stata delegata ai comuni dall’articolo 87, comma 1, della legge regionale 1 del 2005. Tuttavia l’articolo 88 della stessa legge regionale avrebbe previsto l’esercizio della delega a decorrere dalla scadenza del termine di cui all’articolo 159, comma 1, del codice dei beni culturali e del paesaggio. L’articolo 159, comma 1, del codice dei beni culturali e del paesaggio, aveva fissato per il 31 dicembre 2009 la scadenza del periodo di regime transitorio. Pertanto, ad avviso del Comune, la subdelega ai comuni delle funzioni di autorizzazione paesaggistica sarebbe divenuta efficace soltanto a decorrere dal 1 gennaio 2010. Dunque anche l’obbligo di formazione e pubblicazione degli elenchi delle autorizzazioni paesaggistiche avrebbe avuto decorrenza necessariamente successiva al 1 gennaio 2010. L’articolo 159 del codice, pur dettando una disciplina transitoria su tutte le previsioni contenute nell’articolo 146, non avrebbe preso in considerazione l’obbligo di pubblicazione stabilito dal comma 13, per cui non avrebbe inteso anticipare l’efficacia di tale obbligo prima della scadenza del regime transitorio. Non a caso i maggiori comuni italiani avrebbero pubblicato gli elenchi delle autorizzazioni paesaggistiche a decorrere dal 2010.

Il ricorrente replica che l’obbligo, per i comuni, di formare l’elenco delle autorizzazioni paesaggistiche sarebbe stato previsto fin dalla versione originaria del codice 42 del 2004, versione vigente fino all’11 maggio 2006. Il regime transitorio previsto dall’articolo 159 del codice non avrebbe modificato la disciplina delle pubblicazioni delle autorizzazioni. Inoltre la regione Toscana, con l’articolo 88, comma 11, della legge regionale 1 del 2005 avrebbe istituito, presso ogni Comune, un elenco liberamente consultabile di tutte le autorizzazioni paesaggistiche rilasciate. Il codice sarebbe poi stato modificato dal decreto legislativo 157 del 2006, per cui, nella versione vigente dal 12 maggio 2006 al 23 maggio 2008, l’articolo 146, comma 14, avrebbe trasferito gli elenchi presso le amministrazioni competenti al rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche, coincidenti con le regioni ovvero con i comuni, qualora delegati dalle regioni stesse. Nella regione Toscana, in base al richiamato articolo 88, comma 11, della legge regionale 1 del 2005, l’obbligo di pubblicare e aggiornare gli elenchi delle autorizzazioni sarebbe rimasto a carico dei comuni. Successivamente, essendo stato modificato il codice dal decreto legislativo 63 del 2008, dovendosi fare riferimento alla versione in vigore dal 24 aprile 2008 al 12 luglio 2011, l’articolo 146, al comma 13, avrebbe confermato la tenuta degli elenchi presso le amministrazioni competenti al rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche. In seguito al secondo correttivo del codice, la regione Toscana avrebbe modificato la legge regionale 1 del 2005 con la legge regionale 62 del 2008, in tal modo delegando ai comuni, all’articolo 87, l’esercizio della funzione autorizzatoria ed eliminando, nell’articolo 88, ogni disposizione riguardante l’istituzione degli elenchi delle autorizzazioni paesaggistiche. Quindi, almeno fino all’entrata in vigore della legge regionale 62 del 2008, i comuni sarebbero stati obbligati a pubblicare gli elenchi delle autorizzazioni paesaggistiche in virtù della legge regionale. Tuttavia, fino al 31 dicembre 2009, termine massimo del periodo preso in esame dal ricorrente, l’obbligo comunale sarebbe rimasto in vigore in applicazione dell’articolo 146 del codice.

Il Comune replica richiamando la decorrenza della subdelega all’esercizio della funzione autorizzatoria a favore dei comuni, prevista per la prima volta in Toscana dalla legge regionale 62 del 2008. Ad avviso del Comune gli obblighi di pubblicazione sarebbero stati efficaci soltanto a decorrere dal 1 gennaio 2010, data di entrata in vigore del procedimento di autorizzazione paesaggistica ordinario previsto dall’articolo 146 del codice, ciò in forza alla disciplina transitoria dettata dall’articolo 159.

Alla camera di consiglio fissata per la trattazione del ricorso, il ricorrente eccepisce l’inammissibilità della memoria di replica comunale, sul presupposto che parte ricorrente non avrebbe depositato alcuna memoria conclusionale, bensì una mera memoria di replica, in data 21 gennaio 2024, per cui la difesa comunale non sarebbe stata legittimata a replicare ulteriormente.

In esito alla discussione in camera di consiglio, la causa passa in decisione.

Preliminarmente deve essere respinta l’eccezione di parte ricorrente sulla inammissibilità della memoria di replica della difesa comunale.

Nel contraddittorio scritto precedente la trattazione del ricorso, entrambe le parti hanno depositato memorie conclusionali, il Comune in data 19 gennaio 2024 e il ricorrente in data 21 gennaio 2024.

È irrilevante la intestazione della memoria di parte ricorrente, presentata come replica, trattandosi in realtà di una memoria difensiva conclusionale depositata entro il termine dimezzato di 15 giorni liberi, precedenti la trattazione in camera di consiglio.

A tale memoria la difesa comunale aveva facoltà di replicare, entro il termine di 10 giorni liberi precedenti la trattazione del ricorso ed essa ha ritualmente replicato con la memoria depositata il 26 gennaio 2024, da ritenersi, pertanto, ammissibile.

Nel merito, si deve considerare che il decreto legislativo 14 marzo 2013, numero 33, recante il riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, ha riconosciuto, all’articolo 5, il diritto di accesso civico a dati, informazioni e documenti, stabilendo il collegamento tra l’obbligo previsto dalla normativa vigente in capo alle pubbliche amministrazioni di pubblicare documenti, informazioni o dati e il diritto di chiunque di richiedere i medesimi, nei casi in cui ne sia stata omessa la pubblicazione.

Tale diritto è stato riconosciuto allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, senza alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente.

La legge, al comma 6 del richiamato articolo 5, prevede, nel caso in cui l’istanza di accesso riguardi dati, informazioni o documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria, che l’amministrazione provveda a pubblicare sul sito i dati, le informazioni o documenti richiesti, comunicando al richiedente l’avvenuta pubblicazione degli stessi e indicandogli il relativo collegamento ipertestuale.

Con riferimento alla decorrenza e alla durata dell’obbligo di pubblicazione, l’articolo 8 (comma 1 e comma 2) stabilisce che i documenti contenenti atti oggetto di pubblicazione obbligatoria e i documenti contenenti altre informazioni e dati oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente siano pubblicati e mantenuti aggiornati ai sensi delle disposizioni del decreto legislativo in esame.

Lo stesso articolo 8 (comma 3) prevede che dati, informazioni e documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente siano pubblicati per un periodo di cinque anni e comunque fino a che gli atti pubblicati producono i propri effetti. Decorsi detti termini, i relativi dati e documenti sono accessibili ai sensi dell’articolo 5, precedentemente richiamato.

Dall’esame della normativa applicabile si desume che il decreto legislativo 14 marzo 2013, numero 33, ha introdotto un nuovo istituto nell’ordinamento giuridico nazionale, riconoscendo e tutelando l’accesso civico, successivamente generalizzato, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali, in evidente discontinuità con l’istituto dell’accesso documentale ordinario, previsto dalla legge sul procedimento amministrativo, numero 241 del 1990, solo in quanto strumentale alla protezione di un interesse individuale.

La tutela del diritto di accesso civico è talmente estesa da contemplare la possibilità di esercitare tale diritto anche dopo la scadenza del periodo di pubblicazione obbligatoria di dati, informazioni e documenti, essendo consentito a chiunque di pretendere “a posteriori” la pubblicazione di dati, informazioni o documenti che non siano stati tempestivamente pubblicati, in violazione degli obblighi di legge.

La novità dell’istituto esclude la possibilità di applicazione retroattiva dello stesso, con riferimento a documenti, informazioni o dati che avrebbero dovuto essere pubblicati in epoca precedente il riconoscimento del diritto di accesso civico e non lo sono stati.

Il principio di irretroattività della legge comporta che una nuova legge non possa applicarsi ai rapporti giuridici anteriori alla sua entrata in vigore, né a quelli sorti anteriormente ed ancora in essere (Cons. Stato, Sez. IV, 19/12/2007, n. 6569).

Pur avendo il principio di irretroattività della legge fondamento costituzionale soltanto per quanto concerne le norme penali, esso costituisce un criterio generale cui uniformarsi in carenza di deroghe. Tale principio, infatti, costituisce un principio generale dell'ordinamento e pur se non elevato, fuori della materia penale, a dignità costituzionale, rappresenta pur sempre una regola essenziale del sistema cui, salvo un'effettiva causa giustificatrice, il legislatore deve ragionevolmente attenersi, in quanto la certezza dei rapporti costituisce un indubbio cardine della civile convivenza e della tranquillità dei cittadini. Ne consegue che può, eventualmente, porre problemi di legittimità costituzionale la scelta di derogare al principio di irretroattività, non quella di confermarlo: e ciò vale anche nel caso in cui la nuova legge introduca condizioni di maggior favore (Cons. Stato, Sez. VI, 09/10/2007, n. 5243)

La negazione del principio di irretroattività della legge, con la pretesa di applicare l’istituto dell’accesso civico a pubblicazioni omesse prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo numero 33 del 2013, quindi a una condotta omissiva consumatasi in epoca precedente il riconoscimento del diritto di accesso civico, oltre ad essere vietata, in linea di principio, dall’ordinamento giuridico, avrebbe effetti dirompenti nei confronti delle pubbliche amministrazioni, costringendo le stesse a ricostruire, in ipotesi all’infinito, vicende relative ad atti, informazioni o dati, in passato non pubblicati, che pure, astrattamente, sarebbero stati da pubblicare.

Nel caso di specie, parte ricorrente pretenderebbe di obbligare l’amministrazione comunale resistente al reperimento di tutte le autorizzazioni paesaggistiche riferite al territorio comunale rilasciate nel periodo compreso dal 2004 al 2009, formando elenchi allo stato inesistenti e provvedendo alla pubblicazione di tali elenchi.

Tale domanda deve essere respinta, consistendo in una interpretazione retroattiva della legge sul diritto di accesso civico priva di fondamento giuridico.

Di conseguenza, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese processuali, tenuto conto della novità e della complessità delle questioni dibattute, devono essere compensate tra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 8 febbraio 2024 con l'intervento dei magistrati:

Eleonora Di Santo, Presidente

Raffaello Gisondi, Consigliere

Antonio Andolfi, Consigliere, Estensore