Consiglio di Stato Sez. IV n. 10675 del 11 dicembre 2023
Rifiuti.Subappaltatore e intermediario negli appalti per lo smaltimento di rifiuti

L’art. 183, comma 1, lett. d), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, definisce intermediario qualsiasi impresa che dispone il recupero o lo smaltimento dei rifiuti per conto di terzi, compresi gli intermediari che non acquisiscono la materiale disponibilità dei rifiuti. L’art. 105 del decreto legislativo 1° aprile 2016, n. 50 definisce il subappalto alla stregua di un contratto, con il quale l'appaltatore affida a terzi l'esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto ed avente ad oggetto attività ovunque espletate che richiedono l'impiego di manodopera, quali le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo superiore al 2 per cento dell'importo delle prestazioni affidate o di importo superiore a 100.000 euro. L’art. 119 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 ha mantenuto ferma la definizione del contratto di subappalto, specificando soltanto ciò che, comunque, si desumeva dal sistema costituito dal fatto che il subappaltatore si caratterizza per avere una propria organizzazione con assunzione del rischio imprenditoriale relativamente alla parte dell’appalto che esegue. In coerenza con quanto previsto per alcuni figure contrattuali nell’ambito del diritto civile, elemento imprescindibile del subappalto è costituito dall’autorizzazione da parte della stazione appaltante. (Nella fattispecie in esame, inerente un appalto di smaltimento/recupero finale dei rifiuti presso impianti terzi autorizzati, la sezione considera diversi elementi probatori ai fini dell’integrazione di un subappalto)

Pubblicato il 11/12/2023

N. 10675/2023REG.PROV.COLL.

N. 04372/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4372 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Daf Costruzioni Stradali s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 92363740F3, rappresentato e difeso dagli avvocati Roberto Invernizzi, Giovanni Corbyons, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giovanni Corbyons in Roma, via Cicerone, 44;

contro

Cap Holding s.p.a., Alfa s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato Giorgio Lezzi, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza D'Ara Coeli, 1;

nei confronti

Ecology System S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Monica Bertolini, Paolo Colombo, Raffaele Sperati, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;

per la riforma

del dispositivo di sentenza16 maggio 2023, n. 1137 e della sentenza 12 giugno 2023, n. 1451 del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, Sezione Prima;

Visti il ricorso in appello, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Cap Holding s.p.a. e di Alfa s.r.l. e di Ecology System s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2023 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti gli avvocati viste le conclusioni delle parti come da verbale.


FATTO

1.- La Cap Holding s.p.a, con bando del 16 maggio 2022, ha indetto una procedura aperta per l’affidamento del «servizio di nolo cassoni, prelievo, trasporto, smaltimento/recupero presso terzi di sabbie derivanti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane», gestiti dalla Alfa s.r.l., da aggiudicarsi con il criterio del minor prezzo, per la durata di diciotto mesi, con possibilità di proroga per un periodo non superiore a tre mesi, o comunque fino all’esaurimento dell’importo contrattuale.

Alla gara hanno partecipato due operatori economici, la Daf Costruzioni stradali s.r.l. e la Ecology System s.r.l.

La stazione appaltante: i) con nota del 21 giugno 2022, ha comunicato alla Daf Costruzioni stradali s.r.l. l’aggiudicazione del servizio, per un importo contrattuale netto pari ad euro 809.523,00, ribassato del 31,42% rispetto al valore stimato di euro 1.179.000,00; ii) con nota del 21 dicembre 2022 ha comunicato alla Daf Costruzioni stradali s.r.l. l’avvio del procedimento per la revoca dell’aggiudicazione poiché, a seguito all’acquisizione dei formulari di identificazione dei rifiuti (Fir), era risultato il coinvolgimento nell’esecuzione delle prestazioni oggetto dell’appalto di un soggetto, la Smaltiamo.it s.r.l. (d’ora innanzi solo “Smaltiamo”), non comunicato né autorizzato dalla stazione appaltante, alla quale ultima risultava che la sola titolare dell’impianto di smaltimento fosse Trattamenti ecologici Doria s.r.l.; iii) con provvedimento del 16 gennaio 2023 ha revocato l’aggiudicazione del servizio alla Daf per le motivazioni ivi indicate con contestuale scorrimento della graduatoria in favore della seconda classificata Ecology System s.r.l.

2.- Daf ha impugnato tale determinazione di revoca innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia per i motivi, successivamente riproposti in sede di appello e riportati in motivazione.

3.- Il Tribunale amministrativo, con dispositivo 16 maggio 2023, n. 1137 e successivamente con sentenza 12 giugno 2023, n. 1451, ha rigettato l’appello.

4.- La ricorrente in primo grado ha proposto appello nei confronti del dispositivo e con ricorso per motivi aggiunti ha censurato anche la motivazione della sentenza.

5.- La Sezione, con ordinanza cautelare 7 luglio 2023, n. 2806, ha sospeso l’esecutività del dispositivo e della sentenza impugnata e ha fissato l’udienza per la trattazione del merito.

6.- Le parti hanno depositato memorie difensive.

7.- La causa è stata decisa all’esito dell’udienza pubblica del 23 novembre 2023. Nel corso della discussione il difensore della società appellata ha chiesto la pubblicazione del dispositivo. Il Collegio ha pubblicato, con la presente decisione, anche la motivazione.

DIRITTO

1.- La questione all’esame della Sezione attiene alla legittimità del provvedimento di revoca dell’aggiudicazione indicato nella parte in fatto.

2.- L’appello non è fondato.

3.- Con un primo motivo si assume l’erroneità della sentenza e l’illegittimità della determinazione di revoca nella parte in cui ha ritenuto che Smaltiamo fosse un subappaltatore che ha, senza autorizzazione, svolto una parte del servizio oggetto dell’appalto. In particolare si osserva che, alla luce delle prescrizioni del disciplinare di gara: i) l’intermediazione «afferisce il solo trasporto dei rifiuti» e non rileva per il reperimento dell’impianto di terzi, che, pertanto, non può essere considerato subappalto; ii) il ruolo di Smaltiamo sarebbe «elementare e limitatissimo» (pagina 8 del ricorso in appello depositato in data 22 maggio 2023) perché non farebbe altro che «porre virtualmente a disposizione di Daf una parte della capienza di Doria, il diritto di accesso al quale la stessa Smaltiamo s’è preventivamente assicurata, con possibilità di disporne anche a favore di altri» (ancora pagina 8 dell’appello depositato in data 22 maggio 2023); Smaltiamo non svolgerebbe «alcuna delle attività materiali che l’appaltante ha affidato a Daf»” (pagina 9 dell’appello depositato in data 22 maggio 2023).

Anche qualora si ritenesse equivoca la previsione della lex specialis la stessa dovrebbe comunque essere interpretata in conformità al principio del favor partecipationis.

Con un secondo motivo, connesso al primo, si afferma che Smaltiamo, in virtù di accordi commerciali con Doria, ha solo acquistato una quota della “capienza” dell’impianto di Doria e non potrebbe, pertanto, essere considerata un subappaltatore. In particolare, si rileva che: i) mancano, in ogni caso, tutti i requisiti previsti per aversi subappalto (pagina 11 dell’appello depositato in data 22 maggio 2023); ii) Smaltiamo «gode solo di una rendita di posizione, forse lucrosa ma che non vede coinvolgimenti nell’esecuzione di prestazioni materiali che rappresentino quote del quid appaltato» (ancora pagina 11 dell’appello depositato in data 22 maggio 2023); iii) si tratterebbe di prestazione che «non è direttamente effettuata a favore dell’appaltante, ma funzionale a Daf onde questa possa eseguire il contratto d’appalto curando che le sabbie giungano ai “terzi” (Doria) preposti a smaltirle/recuperarle come vuole l’appalto de quo» (pagina 12 dell’appello depositato in data 22 maggio 2023); iv) non sussisterebbero poi i requisiti richiesti dall’art. 105 del decreto legislativo n. 50 del 2016 per configurare il rapporto quale subappalto secondo la prospettazione proposta da parte appellante perché non involge prestazioni richiedenti manodopera, non supera il 2% dell’importo dell’appalto e l’incidenza del costo della manodopera non supera il 50% (pagine 14-15 dell’appello depositato in data 22 maggio 2023).

Il motivo non è fondato.

Sul piano normativo, l’art. 183, comma 1, lett. d) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, definisce “intermediario” «qualsiasi impresa che dispone il recupero o lo smaltimento dei rifiuti per conto di terzi, compresi gli intermediari che non acquisiscono la materiale disponibilità dei rifiuti».

L’art. 105 del decreto legislativo 1° aprile 2016, n. 50, applicabile ratione temporis, prevede che: i) «il subappalto è il contratto con il quale l'appaltatore affida a terzi l'esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto» (comma 2, primo inciso); ii) «costituisce, comunque, subappalto qualsiasi contratto avente ad oggetto attività ovunque espletate che richiedono l'impiego di manodopera, quali le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo superiore al 2 per cento dell'importo delle prestazioni affidate o di importo superiore a 100.000 euro e qualora l'incidenza del costo della manodopera e del personale sia superiore al 50 per cento dell'importo del contratto da affidare» (comma 2, secondo inciso); iii) «l'affidatario comunica alla stazione appaltante, prima dell'inizio della prestazione, per tutti i sub-contratti che non sono subappalti, stipulati per l'esecuzione dell'appalto, il nome del sub-contraente, l'importo del sub-contratto, l'oggetto del lavoro, servizio o fornitura affidati» (comma 2, secondo inciso); iv) i soggetti affidatari dei contratti devono essere autorizzati dalla stazione appaltante e ciò può avvenire «purché a) l'affidatario del subappalto non abbia partecipato alla procedura per l'affidamento dell'appalto; b) il subappaltatore sia qualificato nella relativa categoria e non sussistano a suo carico i motivi di esclusione di cui all'articolo 80; c) all'atto dell'offerta siano stati indicati i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che si intende subappaltare» (comma 4).

La disciplina vigente è contenuta nell’art. 119 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, che ha mantenuto ferma la definizione del contratto di subappalto, specificando soltanto ciò che, comunque, si desumeva dal sistema costituto dal fatto che il subappaltatore si caratterizza per avere una propria organizzazione con assunzione del rischio imprenditoriale relativamente alla parte dell’appalto che esegue. La nuova normativa, in conformità con le prescrizioni europee, si connota per una maggiore apertura verso questo modulo contrattuale ed eliminazione di alcuni limiti imposti dalla precedente normativa. Nondimeno, in coerenza con quanto previsto per alcuni figure contrattuali nell’ambito del diritto civile, elemento imprescindibile è costituito dall’autorizzazione da parte della stazione appaltante (art. 119, comma 4).

Sul piano della legge di gara, con riguardo all’oggetto, l’art. 2 del disciplinare prevede che esso ricomprende «nolo cassoni, prelievo, caricamento, trasporto di cassoni scaricabili di sabbie, prodotte dagli impianti di depurazione delle acque reflue gestiti da Alfa s.r.l., nonché lo smaltimento/recupero finale delle stesse presso impianti terzi autorizzati». L’art. 5.3. dello stesso disciplinare, chiarisce che «è compito e responsabilità dell’appaltatore verificare l’idoneità del sistema di smaltimento adottato rispetto alle caratteristiche del rifiuto; sono, pertanto, a sua cura, e s’intende compresa nei prezzi d’offerta, l’esecuzione delle analisi dei rifiuti per le necessarie omologhe (almeno una all’anno) e tutte le eventuali ulteriori analisi che nel corso dello svolgimento del servizio fossero necessarie per disposizioni legislative o su richiesta dell’Autorità di controllo o della Committente presso gli Istituti da quest’ultima indicati».

Con riferimento al requisito di idoneità, il punto 8.1. del disciplinare di gara dispone che è richiesta l’iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali nella categoria 4 (raccolta e trasporto dei rifiuti speciali non pericolosi prodotti da terzi) classe D o superiore, con la specificazione che «qualora il concorrente non ne sia in possesso, dovrà dichiarare di voler concedere in subappalto le relative attività a un soggetto in possesso del requisito in oggetto». In alternativa è richiesta «l’iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali nella categoria 8 (intermediazione e commercio rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi) classe D o superiore».

Con riferimento al requisito di capacità tecnico e professionale, il punto 8.2. del disciplinare di gara richiede, quale requisito di capacità tecnico e professionale, «la titolarità da parte del dell’operatore economico dell’autorizzazione di almeno un impianto di trattamento e recupero per i rifiuti oggetto dell’appalto con capacità complessiva minima non inferiore a quella di previsto conferimento, relativo al quantitativo annuale ovvero dichiarazione dell’operatore relativa alla sua piena disponibilità di uno (o più) impianti di trattamento e recupero/smaltimento per i rifiuti oggetto dell’appalto con capacità complessiva minima pari a 1,5 volte a quella di previsto conferimento, relativo al quantitativo annuale».

Alla luce di quanto esposto, avuto riguardo alla documentazione in atti, risulta, da un lato, che Daf ha partecipato alla gara in veste di “intermediario” non avendo la disponibilità dell’impianto di smaltimento, dall’altro lato, che Smaltiamo fosse un subappaltatore, in quanto, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, le prestazioni che ha posto in essere avrebbero dovuto essere poste in essere da Daf e devono ritenersi parte dell’esecuzione delle prestazioni oggetto delle obbligazioni assunte con la stipulazione del contratto di appalto. Infatti, come sopra riportato, l’appalto ricomprendeva anche lo «smaltimento/recupero finale» dei rifiuti «presso impianti terzi autorizzati», con il compito di verificare anche l’idoneità del sistema di smaltimento.

Gli elementi probatori che consentono di ritenere che l’attività di Smaltiamo integrasse gli estremi di un subappalto sono i seguenti.

In primo luogo, dal contenuto dei messaggi di posta elettronica inviata da Daf alla stazione appaltante - richiamati nel provvedimento impugnato e non oggetto di contestazione - risulta che Smaltiamo decideva l’intera programmazione della fase finale di smaltimento dei rifiuti, indicando giorni di disponibilità e anche i quantitativi di cassoni. Non può, pertanto, ritenersi che l’aggiudicatario avesse, come richiesto dal lex specialis, la «piena disponibilità» dell’impianto, in quanto risulta che questa “parte” finale e rilevante delle prestazioni oggetto dell’appalto fosse gestita in autonomia, con assunzione di rischio imprenditoriale, da Smaltiamo.

In secondo luogo, l’importo elevato del contratto stipulato tra l’appellante e Smaltiamo, pari ad euro 135 mila, costituisce un ulteriore elemento che conduce a ritenere che il ruolo della società in questione è stato importante nella fase esecutiva del rapporto.

Né, per pervenire ad un diverso esito, assume rilevanza l’affermata mancanza di tutti i requisiti indicati dall’art. 105, in quanto è sufficiente dimostrare, ai sensi del primo inciso dello stesso art. 105, che, come nella specie, è stata affidata a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni oggetto del contratto di appalto. Più precisamente dalla piana lettura del citato art. 105 del d.lgs. n. 50 del 2016 risulta, come già sottolineato, che «il subappalto è il contratto con il quale l'appaltatore affida a terzi l'esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto». I requisiti indicati dall’appellante – importo superiore al 2% delle prestazioni affidate o superiore a 100.000 € e incidenza del costo della manodopera e del personale superiore al 50% –- non sono richiesti per aversi subappalto ma costituiscono ulteriori ipotesi in cui v’è subappalto, come emerge chiaramente dall’utilizzo della locuzione «costituisce, comunque, subappalto».

In questo quadro normativo risulta inconferente il richiamo al principio della massima partecipazione, avendo l’amministrazione accertato la violazione delle regole della procedura di gara.

Si tenga conto, infine, che, anche a volere prescindere dalla riportata qualificazione di Smaltiamo come subappaltatrice, costituisce dato incontestato che Daf ha violato l’obbligo di comunicare alla stazione appaltante l’avvenuta stipulazione del contratto con Smaltiamo, comunicazione questa che non può ritenersi adempiuta con la mera “introduzione” di “Smaltiamo.it nelle comunicazioni con l’Area conduzione di Alfa” (pagina 17).

Il rigetto del primo e del secondo motivo di appello, come sopra esposti, consente di assorbire le censure ulteriormente articolate nel primo ricorso in appello del 22 maggio 2023, rubricate con numerazione non coerente come paragrafo “2”, incentrate sull’incostante svolgimento del servizio (pagina 16) e sulla qualifica di Smaltiamo come intermediario (pagina 18), essendo tale qualificazione del tutto irrilevante ai fini della configurazione del subappalto.

Le considerazioni già svolte poi giustificano il rigetto del primo e del secondo motivo proposti col ricorso in appello per motivi aggiunti del 22 giugno 2023, rubricati da parte appellante come terzo e quarto motivo (pagine 8- 16 del ricorso per motivi aggiunti del 22 giugno 2023).

4.- Con altro motivo – rubricato come paragrafo “3” (pagina 19) nel ricorso del 22 maggio 2023 e come quinto nel ricorso del 22 giugno 2023 – si assume l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha rilevato la violazione delle regole del contraddittorio, in quanto, da un lato, l’audizione è avvenuta e le note sono state depositate prima dell’avvio del procedimento, dall’altro lato, non sarebbe vero che Daf si sarebbe limitata nel procedimento a chiedere l’accesso ai documenti ma avrebbe depositato note che danno ampio spazio alle proprie ragioni difensive.

Il motivo non è fondato.

Gli artt. 7 e 8 della legge n. 241 del 1990 prevedono l’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento amministrativo per assicurare il rispetto del contraddittorio procedimentale in chiave difensiva e collaborativa. Il secondo comma dell’art. 21-octies della stessa legge n. 241 dispone che «il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato».

La giurisprudenza di questo Consiglio ha già avuto modo di affermare che, venendo in rilievo elementi conoscitivi nella disponibilità del privato, spetta a quest’ultimo indicare quali elementi avrebbe introdotto nel procedimento ove avesse ricevuto la comunicazione. Solo dopo che la parte ha adempiuto a questo onere l’amministrazione «sarà gravata dal ben più consistente onere di dimostrare che, anche ove quegli elementi fossero stati valutati, il contenuto dispositivo del provvedimento non sarebbe mutato» (Cons. Stato, sez. III, 2 novembre 2020, n. 6755; Cons. stato, sez. VI, 4 marzo 2015, n. 1060; Cons. Stato, sez. V, 18 aprile 2012, n. 2257; Cons. Stato, sez. VI, 29 luglio 2008, n. 3786).

Nella specie, risulta che tale comunicazione vi è stata e la parte ha avuto la possibilità di esporre le proprie ragioni sia prima dell’avvio del procedimento sia, come riconosce la parte stessa, nel corso del procedimento. A ciò si aggiunga come, in ogni caso, la parte non ha indicato alcun elemento probatorio idoneo a dimostrare che la sua ulteriore partecipazione, nella configurazione prospettata dall’appellante, avrebbe condotto ad un esito diverso.

5.- Con altro motivo – rubricato come sesto nell’appello per motivi aggiunti del 22 giugno 2023 e come paragrafo “4” del ricorso del 22 maggio 2023 (pagine 21-22) – si assume l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha affermato il difetto di interesse ad impugnare l’atto di aggiudicazione in quanto non aveva «titolo a partecipare alla procedura di gara» mentre l’appellante aveva titolo a partecipare e la illegittimità dell’atto di revoca inciderebbe anche sull’atto di aggiudicazione.

Il motivo non è fondato.

L’infondatezza delle censure rivolte all’atto di revoca dell’aggiudicazione di Daf, lascia fermo il successivo atto di aggiudicazione disposto dalla stazione appaltante in quanto non potrebbe essere illegittimo per vizi derivati e non sono stati prospettati in questa sede vizi propri con indicazione dell’interesse a farli valere.

6.- Nell’ultima parte del ricorso di appello per motivi aggiunti depositato in data 22 giugno 2023 si riportano testualmente i motivi indicati nell’atto di appello avverso il solo dispositivo.

Tali motivi sono già stati esaminati nei punti precedenti e in ogni caso, come eccepito anche dalle parti resistenti, sarebbero inammissibili.

L'art. 119, comma 6, prima parte, cod. proc. amm. dispone testualmente: «la parte può chiedere al Consiglio di Stato la sospensione dell'esecutività del dispositivo, proponendo appello entro trenta giorni dalla relativa pubblicazione, con riserva dei motivi da proporre entro trenta giorni dalla notificazione della sentenza ovvero entro tre mesi dalla sua pubblicazione».

Questo Consiglio ha già avuto modo di affermare che «la funzione dell'appello anticipato non si arresta al mero momento cautelare, in quanto il relativo ricorso, testualmente qualificato come "appello", non si può risolvere in una mera istanza di sospensione dell'esecutività del dispositivo, ma, quale ricorso in appello, deve contenere tutti i requisiti previsti dall'art. 101 cod. proc. amm. (applicabile anche al rito speciale in virtù della norma di rinvio di cui all'art. 38, comma 1, cod. proc. amm.), ad eccezione dei "motivi riservati', per definizione proponibili solo dopo il deposito della motivazione della sentenza, e funge pertanto come mezzo rivolto al riesame della causa ad opera del giudice d'appello, pur essendo differita l'individuazione, puntuale e specifica, dei limiti oggettivi dell'effetto devolutivo» (Cons. Stato, sez. VI, 17 dicembre 2013, n. 6036).

Nel caso di specie, la parte appellante si è limitata a riproporre testualmente i motivi indicati nel ricorso in appello avverso il dispositivo senza indicare in modo preciso quali sono i motivi “originari” e “non riservati” del primo atto di appello che mantengono la loro autonomia e valenza anche dopo la pubblicazione della motivazione. Non rientra tra le funzioni d’ufficio del giudice “mettere a confronto” i motivi dei due ricorsi in appello per valutare punti in comune ed eventuali differenze.

7. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in complessivi euro 4.000 in favore di Ecology System s.r.l. e ulteriori euro 4.000, pro quota, in favore di CAP Holding s.p.a e Alfa s.r.l., oltre I.V.A. e accessori come per legge.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando rigetta l’appello proposto con il ricorso indicato in epigrafe.

Condanna parte appellante alla rifusione delle spese di questo grado di giudizio che si liquidano in euro 4. 000 in favore di Ecology System s.r.l. e ulteriori euro 4.000, pro quota, in favore di CAP Holding s.p.a e Alfa s.r.l., oltre I.V.A. e accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 novembre 2023 con l'intervento dei magistrati:

Vincenzo Neri, Presidente

Vincenzo Lopilato, Consigliere, Estensore

Silvia Martino, Consigliere

Giuseppe Rotondo, Consigliere

Luigi Furno, Consigliere