Consiglio di Stato Sez. VII n. 5307 del 30 maggio 2023
Elettrosmog.Autorizzazione per installazione di impianti fissi di telefonia mobile e normativa regionale
 
E' inibito al legislatore regionale introdurre ragioni di appesantimento del procedimento di SCIA disciplinato dall’art. 87 bis del d.lgs. n. 259 del 2003, quand’anche esse rispondano, in linea di principio, ad interessi intestabili all’autonomia territoriale, posto che la massima celerità del procedimento stesso costituisce principio fondamentale della materia oggetto di riparto concorrente della potestà legislativa. Conseguentemente, ad una disposizione regionale che prescrive la necessaria acquisizione del parere sia dell’ARTA sia dell’ASL per l’autorizzazione all’installazione degli impianti fissi di telefonia mobile deve darsi una interpretazione costituzionalmente orientata, affermando che la stessa debba essere interpretata nel senso di attribuire al parere dell’ASL ivi previsto, valenza di mero atto endoprocedimentale, non vincolante, la cui mancanza o contrarietà in nessun caso può determinare né un arresto procedimentale né il superamento del termine di trenta giorni decorso il quale, in mancanza di provvedimento negativo del Comune o dell’ARTA, la SCIA si consolida.

Pubblicato il 30/05/2023

N. 05307/2023REG.PROV.COLL.

N. 09354/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9354 del 2018, proposto da:
Wind Tre s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Giuseppe Sartorio, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Tommaso Gulli, 11;

contro

Azienda sanitaria locale 02 – Lanciano –Vasto- Chieti, Dipartimento di prevenzione servizio igiene, Comune di Torrevecchia Teatina, Sportello unico attività produttive, Associazione comuni patto territoriale chietino-ortonese, Regione Abruzzo, Agenzia regionale per la tutela dell'ambiente, Provincia di Chieti, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo, sezione staccata di Pescara, n. 238/2018.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il Cons. Laura Marzano;

Nessuno presente per le parti nell'udienza straordinaria del giorno 22 marzo 2023;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La società Wind Tre s.p.a., nata dalla fusione di due ulteriori società, la H3G s.p.a. e Wind Telecomunicazioni s.p.a, per effetto di tale incorporazione è subentrata in tutti i rapporti attivi e passivi di queste ultime. È divenuta, dunque, titolare anche della licenza illo tempore rilasciata alla incorporata Wind per l’impianto sito in Torrevecchia Teatina, presso il Cimitero comunale, su area censita in catasto al fg. 11 p.lla 7, realizzato in forza di concessione n. 15 del 5 marzo 2001 rilasciata dal Comune di Torrevecchia Teatina con il parere favorevole dell’ASL.

Dovendo realizzare l’adeguamento tecnologico dell’impianto, in data 20 maggio 2017 la società presentava una SCIA presso lo Sportello unico per le attività produttive (SUAP) Chietino – Ortonese, ai sensi dell’art. 87 bis del d.lgs. n. 259 del 1 agosto 2003.

Tale segnalazione, tramite lo SUAP, giungeva all’Agenzia regionale per la tutela dell’ambiente (ARTA) allo scopo del rilascio del parere radioprotezionistico, per la verifica della conformità dell’impianto ai valori limite di cui al DPCM 8 luglio 2003 nonché, ai sensi dell’art. 11, comma 3, legge regionale n. 45/2004, alla ASL 02 Lanciano-Vasto-Chieti per l’acquisizione del parere sanitario.

La ASL rifiutava di rendere il parere ex art. 11, della legge regionale n. 45/2004, avendo rilevato la non conformità alla normativa nazionale, regionale e regolamentare, della localizzazione dell’impianto, così paralizzando gli effetti della SCIA e ritornando sulla originaria conformità della localizzazione dell’impianto.

La società impugnava tale provvedimento dinanzi al TAR Abruzzo, sede di Pescara, il quale, con sentenza n. 238 del 18 luglio 2018, accoglieva il ricorso rilevando che, trattandosi di ristrutturazione volta a rendere possibile un’implementazione delle tecnologie LTE di un impianto già autorizzato (e, dunque, già destinatario di un parere positivo da parte della ASL), il parere impugnato è viziato avendo la ASL travalicato i limiti delle attribuzioni riconosciutele dalla normativa di settore: la richiesta di adeguamento tecnologico, infatti, non può rappresentare l’occasione per rimettere in discussione la conformità normativa della localizzazione già assentita.

La società, pur vittoriosa in primo grado, ha tuttavia impugnato la sentenza nella parte in cui il TAR, discostandosi da altro precedente concernente un caso analogo (sentenza n. 222/2018), non ha ribadito che il parere dell’ASL si pone come un inutile doppione di quello dell’ARTA.

Il TAR avrebbe implicitamente ritenuto necessario, anche per gli impianti di telecomunicazione e per i relativi interventi di ammodernamento, oltre al parere dell’ARTA anche quello della ASL: ciò comporterebbe per l’appellante la necessità di attendere comunque il parere della suddetta Azienda sanitaria, nel rispetto dell’art. 11, comma 3, delle legge regionale n. 45/2004, in aggiunta a quello ARTA, nonostante la pronuncia favorevole del TAR, senza poter dare corso all’ammodernamento e alla conseguente attivazione dell’impianto. Tale previsione sarebbe in contrasto con il Codice delle comunicazioni di cui al d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259, improntato al principio di semplificazione del procedimento amministrativo.

L’Azienda sanitaria locale 02 Lanciano-Vasto-Chieti non si è costituita nel presente grado di giudizio.

In vista della trattazione del ricorso la parte appellante ha depositato memoria conclusiva e successivamente ha depositato nota con cui ha chiesto la decisione della causa sugli scritti.

All’udienza straordinaria del 22 marzo 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

Con ordinanza n. 3071 del 24 marzo 2023, rilevata la sussistenza di dubbi in ordine alla ammissibilità dell’appello, in quanto proposto dalla parte vittoriosa in primo grado, è stato assegnato alle parti un termine per presentare memorie vertenti su quest'unica questione.

La sola parte appellante ha depositato, in data 12 aprile 2023, memoria con cui ha esplicitato le ragioni per le quali, a suo dire, non sussisterebbe la rilevata inammissibilità.

All’esito di riconvocazione della camera di consiglio in data 24 maggio 2023, la causa è stata decisa.

2. L’appello è affidato ai seguenti motivi.

I) “Error in iudicando - violazione di legge – violazione e falsa applicazione del d.lgs. 1.8.2003 n.259 (codice delle comunicazioni elettroniche) – violazione e falsa applicazione della legge 22.2.2001 n.36 (legge quadro sulla protezione delle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici) – violazione del D.P.C.M. 8.7.2003 - violazione del giusto procedimento – illegittimità derivata – eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento di fatti.”.

Il parere della ASL sarebbe superfluo essendo tale ente incompetente in ambito di inquinamento elettromagnetico.

La LR n. 45/2004, all’art. 11, comma 3, prescrive la necessaria acquisizione del parere sia dell’ARTA sia dell’ASL per l’autorizzazione all’installazione degli impianti fissi di telefonia mobile. La legge regionale 29 luglio 1998, n. 64, infatti, nel disciplinare il coordinamento tra l’ARTA e l’ASL, nell’ambito della funzione di prevenzione e controllo ambientale attribuita all’Agenzia territoriale, pone in capo all’ASL la necessaria espressione di un parere igienico sanitario.

Tale disposizione, tuttavia, si discosterebbe dalla disciplina statale in materia, di cui alla “Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici” del 22 febbraio 2001, n. 36, che tutela gli interessi sanitari e ambientali in materia di inquinamento elettromagnetico. Del pari, la disciplina regionale si discosterebbe dalla normativa elaborata in tema di realizzazione di infrastrutture di telefonia mobile di cui al d.lgs. n. 259 del 1 agosto 2003.

La prima fra le due discipline, infatti, all’art. 87 bis, oggi abrogato dal d.lgs. 8 novembre 2021, n. 207, ma applicabile ratione temporis, si riferisce al parere dell’organismo competente di cui all’art. 14 della legge n. 36/2001, e tale è l’ARPA (nel caso di specie ARTA). Dal combinato disposto di tali due articolati normativi, dunque, emergerebbe la superfluità del parere della ASL per la disciplina statale.

L’appellante ha richiesto, dunque, la disapplicazione della normativa regionale per contrasto con la disciplina nazionale e comunitaria in materia di telecomunicazioni, nell’ottica di una visione integrata e unitaria del sistema giuridico nazionale e di quello eurounitario. Di conseguenza, a dire dell’appellante, sulla richiesta di adeguamento tecnologico, si sarebbe formato il silenzio assenso.

II) “Violazione e falsa applicazione della l. Reg. Abruzzo n. 45/2004, art. 9 comma 1 e 11 comma 3 – omessa ed erronea applicazione della l.r. 64/1998 – incompetenza della A.S.L. - violazione per contrasto con il d.lgs.1.8.2003 n.259 - eccezione di incostituzionalità – questione di legittimità costituzionale degli art. 9 comma 1 e 11 comma 3, l. Reg. Abruzzo n. 45/2004, per violazione degli artt. 117, comma 1, 3, art. 41 e 3 Cost.”.

In subordine l’appellante sostiene che la disposizione regionale sarebbe da disapplicare per contrasto con la disciplina sulle telecomunicazioni.

Il d.lgs. n. 259/2003 è stato introdotto con lo scopo di riordinare e riorganizzare l’assetto della disciplina in materia di comunicazioni elettroniche, informandola ai principi di liberalizzazione del settore, semplificazione e trasparenza. La previsione di un parere dell’ASL in aggiunta a quello dell’ARPA, come previsto dalla legge regionale in assenza di analoga previsione in seno alla disciplina nazionale, determinerebbe un inutile aggravio dei procedimenti amministrativi in materia. La legge regionale si porrebbe in contrasto con i criteri di delega di cui all’art. 41 della legge 1 agosto 2002, n. 166 oltre che con le direttive comunitarie in materia.

III) “Violazione e falsa applicazione della l. Reg. Abruzzo n. 45/2004, art. 9 comma 1 e 11 comma 3 – omessa ed erronea applicazione della l.r. 64/1998 – incompetenza della asl - violazione per contrasto con il d. Lgs.1.8.2003 n.259 - eccezione di incostituzionalità – questione di legittimità costituzionale degli art. 9 comma 1 e 11 comma 3, l. Reg. Abruzzo n. 45/2004, per violazione degli artt. 117, comma 1, 3, art. 41 e 3 Cost.”.

L’appellante prospetta l’incompatibilità costituzionale della disposizione regionale per violazione degli artt. 3, 41 e 117, comma 2 lett. e) e 3, cost..

La circostanza che la sola Regione Abruzzo prescriva il doppio parere creerebbe, sul territorio italiano, disparità di trattamento tra gestori di linee di telecomunicazione, in violazione dell’art. 3 della costituzione, in ragione della zona di stabilizzazione. Del pari, si creerebbero ostacoli alla piena esplicazione della libera iniziativa economica privata, tutelata all’art. 41 della carta costituzionale. Ciò inficerebbe, altresì, l’omogenea tutela della concorrenza sull’intero territorio nazionale, riservata alla esclusiva competenza legislativa statuale, ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. e), cost., con oneri economici ulteriori, altresì in violazione dell’art. 117, comma 3, cost..

2. Preliminarmente deve osservarsi che il provvedimento impugnato è stato annullato dal TAR con statuizione non contestata e, dunque, passata in giudicato.

Ciò posto il Collegio, come preannunciato nell’ordinanza del 24 marzo 2023, dubita che sussista, allo stato, un interesse concreto ed attuale della parte appellante a far valere il contrasto della norma regionale che prevede il parere della ASL con la normativa statale che non lo prevede.

Invero non risulta che la ASL si sia nuovamente espressa sulla SCIA per cui è causa, o che il Comune o l’ARPA abbiano adottato provvedimenti inibitori dell’efficacia della SCIA, sicché la questione prospettata non pare rilevante, rischiando di tradursi in una richiesta al giudice di pronunciarsi su poteri dell’amministrazione nel caso di specie non ancora esercitati.

L’impugnazione, dunque, sotto tale profilo, parrebbe inammissibile.

3. In ogni caso il Collegio, per completezza e al fine di rendere la tutela giurisdizionale quanto più possibile effettiva, osserva quanto segue.

3.1. L’art. 87 bis del decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, rubricato “Procedure semplificate per determinate tipologie di impianti” nel testo applicabile ratione temporis dispone: «Al fine di accelerare la realizzazione degli investimenti per il completamento della rete di banda larga mobile, nel caso di installazione di apparati con tecnologia UMTS, sue evoluzioni o altre tecnologie su infrastrutture per impianti radioelettrici preesistenti o di modifica delle caratteristiche trasmissive, fermo restando il rispetto dei limiti, dei valori e degli obiettivi di cui all'articolo 87 nonchè di quanto disposto al comma 3 bis del medesimo articolo, è sufficiente la segnalazione certificata di inizio attività, conforme ai modelli predisposti dagli enti locali e, ove non predisposti, al modello B di cui all'allegato n. 13. Qualora entro trenta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda sia stato comunicato un provvedimento di diniego da parte dell'ente locale o un parere negativo da parte dell'organismo competente di cui all'articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, la denuncia è priva di effetti».

L’art. 11, comma 3, della legge regionale dell’Abruzzo 13 dicembre 2004, n. 45 (che, per inciso, non è l’unica legge regionale a prevedere il censurato parere della ASL) rubricato “Autorizzazione degli impianti fissi di telefonia mobile” dispone: «Il Comune, acquisito il parere dell'ARTA e dell'ASL con le modalità previste dalla LR 64/98, autorizza l'installazione degli impianti previsti nel Programma o parte di essi nel rispetto dei limiti di esposizione ai campi elettromagnetici individuati agli articoli 3 e 4 del DM n. 381 del 1998, del DPCM 8 luglio 2003 relativo a campi magnetici ad alta frequenza e delle disposizioni di cui all'art. 11 e tenuto conto delle esigenze di copertura del servizio sul territorio».

Come si evince dal raffronto fra le due norme riportate, la normativa statale prevede che gli effetti della SCIA possano essere inibiti soltanto da un diniego dell'ente locale o dell’ARPA. Non è invece, attribuito a nessun’altra autorità un potere inibitorio né è previsto il rilascio di altri pareri.

La disciplina recata dal Codice delle comunicazioni elettroniche (decreto legislativo del 1 agosto 2003, n. 259) rappresenta la riorganizzazione di normativa in gran parte dettata da direttive comunitarie: la direttiva 2002/19/CE del 7 marzo 2002, relativa all'accesso alle reti di comunicazione elettronica e alle risorse correlate, e all'interconnessione delle medesime (direttiva accesso); la direttiva 2002/20/CE del 7 marzo 2002, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva autorizzazioni); la direttiva 2002/21/CE del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro); la direttiva 2002/22/CE del 7 marzo 2002, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio universale); la direttiva 2002/77/CE del 16 settembre 2002, relativa alla concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica.

L’art. 4 del Codice, rubricato “Obiettivi generali della disciplina di reti e servizi di comunicazione elettronica” al comma 2, stabilisce che «La disciplina delle reti e servizi di comunicazione elettronica è volta altresì a: a) promuovere la semplificazione dei procedimenti amministrativi e la partecipazione ad essi dei soggetti interessati, attraverso l'adozione di procedure tempestive, non discriminatorie e trasparenti nei confronti delle imprese che forniscono reti e servizi di comunicazione elettronica».

Osserva il Collegio che la disciplina statale, di diretta derivazione europea, è improntata alla massima semplificazione e celerità.

Ne discende che la previsione contenuta nella disposizione della legge regionale Abruzzo, laddove prevede l’acquisizione di un parere dell’ASL, non previsto dalla normativa nazionale, nella misura in cui rischia di vanificare la prescritta esigenza di celerità e di semplificazione, dovrebbe in linea di principio essere disapplicata per contrasto con la normativa europea.

Invero costituisce jus receptum che una norma interna contrastante con il diritto comunitario debba essere disapplicata da parte del giudice interno.

Il principio della preminenza del diritto comunitario impone, dunque, non solo al giudice, ma allo stesso Stato membro in tutte le sue articolazioni (e quindi a tutte le amministrazioni) di dare piena effettività alla norma comunitaria e, in caso di contrasto, di disapplicare la norma interna (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 23 maggio 2006, n. 3072).

3.2. La suindicata disapplicazione può essere evitata soltanto se alla disposizione in rassegna si riconosce una sorta di neutralità, nel senso di non ritenerla idonea a vanificare la richiamata esigenza di celerità e di semplificazione.

La giurisprudenza costituzionale ha avuto modo di pronunciarsi sull’assetto delle competenze normative in tema di installazione di impianti di telecomunicazioni a più riprese.

3.2.1. La sentenza n. 265 del 2006 ha chiarito che «l'art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003, nel dare attuazione alla delega legislativa contenuta nell'art. 41, comma 2, lettera a), della legge n. 166 del 2002, ha dettato, in linea con le prescrizioni comunitarie, una disciplina volta a promuovere la semplificazione dei procedimenti attraverso l'adozione di procedure che siano, tra l'altro, uniformi e tempestive, anche al fine di garantire l'attuazione delle regole della concorrenza (sentenza n. 336 del 2005).

Le suddette esigenze di celerità e la conseguente riduzione dei termini per l'autorizzazione all'installazione delle infrastrutture di comunicazione elettronica costituiscono, per finalità di tutela di istanze unitarie, "principi fondamentali" operanti nelle materie di competenza ripartita ("ordinamento della comunicazione", "governo del territorio", "tutela della salute": sentenza n. 336 del 2005), che, unitamente ad altri ambiti materiali di esclusiva spettanza statale, rappresentano i titoli di legittimazione ad intervenire nel settore in esame».

In precedenza, la sentenza n. 129 del 2006 aveva stabilito che «la previsione di un ulteriore procedimento finalizzato al rilascio del permesso di costruire, che si sovrappone ai controlli da effettuarsi a cura dello stesso ente locale nell'ambito del procedimento unificato, costituisce un inutile appesantimento dell'iter autorizzatorio per l'installazione di torri e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e di ripetitori per i servizi di telecomunicazione, in contrasto con le esigenze di tempestività e di contenimento dei termini, da ritenersi, con riferimento a questo tipo di costruzioni, principi fondamentali di governo del territorio. Da ciò consegue l'illegittimità costituzionale delle norme regionali impugnate per violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost.».

3.2.2. Dalla giurisprudenza costituzionale appena citata si deduce, perciò, che è inibito al legislatore regionale introdurre ragioni di appesantimento del procedimento di SCIA disciplinato dall’art. 87 bis del d.lgs. n. 259 del 2003, quand’anche esse rispondano, in linea di principio, ad interessi intestabili all’autonomia territoriale, posto che la massima celerità del procedimento stesso costituisce principio fondamentale della materia oggetto di riparto concorrente della potestà legislativa.

La giurisprudenza ha più volte affermato che «per opinione consolidata in tale ipotesi l'Amministrazione non può esigere documenti diversi da quelli di cui all'allegato 13, modello B, del D.lgs. n. 259/2003 attese le finalità acceleratorie e semplificatorie del procedimento di cui agli artt. 87 e 87 bis D.lgs. n. 259/2003; tale modello corrisponde all'esigenza di far confluire in un procedimento unitario le valutazioni sia radioprotezionistiche che di compatibilità urbanistica ed edilizia dell'intervento, anche al fine di riduzione dei tempi per la conclusione dei procedimenti amministrativi; tale istanza non può dunque essere oggetto di aggravamento procedimentale da parte del Comune, tramite richiesta di ulteriore documentazione non prevista dalla normativa» (TAR Lazio, Sez. II, 8 luglio 2020, n. 7853 che richiama il principio fondamentale di divieto di aggravio del procedimento relativo alla SCIA già affermato da questo Consiglio di Stato: Sez. VI, 26 gennaio 2009, n. 355; id. 28 marzo 2007, n. 1431).

Quanto precede adombrerebbe un possibile contrasto della norma regionale in rassegna con la disciplina statale.

3.2.3. Ciò posto, va ricordato che «in linea di principio, le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perché è possibile darne interpretazioni incostituzionali (e qualche giudice ritenga di darne), ma perché è impossibile darne interpretazioni costituzionali» (principio inaugurato dalla sentenza 22 ottobre 1996, n. 356 e ribadito dalla sentenza 24 febbraio 2017, n. 42): il che comporta per il giudice l’onere di verificare se, della disposizione sospettata di contrasto con la carta costituzionale, sia possibile dare una interpretazione costituzionalmente orientata.

Il Collegio ritiene che della disposizione regionale impugnata possa darsi una interpretazione costituzionalmente orientata, affermando che la stessa debba essere interpretata nel senso di attribuire al parere dell’ASL ivi previsto, valenza di mero atto endoprocedimentale, non vincolante, la cui mancanza o contrarietà in nessun caso può determinare né un arresto procedimentale né il superamento del termine di trenta giorni decorso il quale, in mancanza di provvedimento negativo del Comune o dell’ARTA, la SCIA si consolida.

Così interpretata, la norma regionale non presenta profili di contrasto né con la carta costituzionale né con la normativa eurounitaria.

4. Conclusivamente, per quanto precede, l’appello deve essere respinto e la sentenza impugnata deve essere confermata con motivazione parzialmente diversa.

5. Nulla deve disporsi per le spese del presente grado di giudizio stante la mancata costituzione della parte appellata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Settima, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge confermando la sentenza impugnata con parziale diversa motivazione.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 24 maggio 2023, con l'intervento dei magistrati:

Marco Lipari, Presidente

Fabio Franconiero, Consigliere

Raffaello Sestini, Consigliere

Giovanni Tulumello, Consigliere

Laura Marzano, Consigliere, Estensore