Tribunale di Latina sent. 2058 del 30 dicembre 2008
Pres. Di Nicola Est. Di Nicola Imp.Cyna
Acque. Danneggiamento

Sentenza in tema di danneggiamento aggravato conseguente a scarico da impianto di depurazione
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto emesso il 10/3/2008 Cyna Bernard veniva citato davanti al Tribunale di Latina, in composizione monocratica, per rispondere del reato di danneggiamento aggravato. All’udienza del 17/6/2008, nella contumacia dell’imputato, si costituiva parte civile il Comune di Aprilia ed erano ammesse le prove. Il 2/10/2008 venivano esaminati i testi presenti ed acquisiti i documenti prodotti. All’udienza dell’11/11/2008 sentite le conclusioni delle parti riportate in epigrafe il Giudice decideva come da dispositivo di cui dava pubblica lettura.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

Il fatto accertato

La vicenda oggetto del presente processo prende le mosse da un sopralluogo del Corpo Forestale dello Stato in prossimità del canale Acque Alte – posto alla foce del fiume che immette nel mare di Latina -, avvenuto in data 3/11/2004, a seguito della segnalazione di una morìa di pesci e di un colore scuro dell’acqua, peraltro schiumosa.

Giunti sul posto gli operanti avevano rilevato effettivamente quelle anomalie, ma data l’ora tarda avevano deciso di rinviare l’accertamento, cosicchè il giorno successivo, vista una striscia d’acqua scura nel mare di circa 200-300 metri, avevano ripercorso a piedi il canale, a ritroso, per una decina di chilometri, fino al depuratore di Aprilia.

Lungo la strada, secondo la testimonianza del Sovraintendente del Corpo Forestale, Pasquarello Alfonso, gli operanti avevano verificato che:

-                                         dal Canale Acque Alte fino al Fosso Ficoccia, prima  del depuratore, vi erano gli scarichi di impianti industriali relativi a una società vinicola (Coprovi) e a una società chimica (Palmolive) che al momento del sopralluogo risultavano inattivi nel senso che non scaricavano acqua;

-                                         dal tubo dell’impianto di depurazione del Comune di Aprilia di Via del Campo fuoriusciva acqua di colore scuro che non passava per la fase di biofiltrazione ma scaricava direttamente nel canale detto Fosso Ficoccia;

-                                         a monte di quello scarico l’acqua cambiava colore ed era visibilmente più chiara;

-                                         presso il depuratore era stato trovato Mandrone Maurizio che aveva consegnato agli operanti una domanda di autorizzazione allo scarico in cui si rappresentava il mancato funzionamento dell’impianto di biofiltrazione oltre che altra documentazione attestante questo dato come già noto alle autorità;

-                                         dai due prelievi eseguiti dall’ARPA Lazio presso il depuratore erano risultati livelli altissimi di inquinamento microbiologico.

Sebbene gli operanti avessero richiesto alla Procura della Repubblica il sequestro dell’impianto, proprio in considerazione dell’utilizzo per l’irrigazione di acqua così fortemente inquinata, lo stesso non era stato disposto; cosicchè ci si era limitati ad elevare una sanzione amministrativa nei confronti della società che gestiva il depuratore.

Dopo questo accertamento e i risultati delle preoccupanti analisi delle acque il Corpo Forestale non era stato più delegato a compiere alcun tipo di verifica né sul depuratore di Aprilia, né sull’intero corso d’acqua utilizzato a scopi irrigui.

 

Risultati delle analisi dell’ARPA Lazio

Dai due verbali di sopralluogo eseguiti dall’ARPA LAZIO, sede di Latina, alla presenza di Mandrone Maurizio - qualificatosi come Capo impianto -, è risultato che erano stati compiuti due prelievi: uno nello “sfioro a valle del chiarificatore primario” del depuratore di Aprilia di Via del Campo e uno nello scarico del canale.

Da entrambi i verbali di prelievoemerge che:

-il punto di scarico indicato come fiscale “non è utilizzato in quanto il ciclo della depurazione è mancante della biofiltrazione”;

- l’effluente si immette sull’allacciante Astura (facente parte del reticolo dei canali di bonifica del Consorzio Pontino);

-lo scarico è del tipo continuo;

-i reflui, prima di essere scaricati, sono sottoposti al seguente processo di depurazione : “sgrigliatura fine 3 mm disoleazione e sedimentazione primaria”;

-vi è una nota in cui il Mandrone rappresenta che l’ATO4 al momento della consegna dell’impianto di depurazione alla società Acqua Latina, avvenuta nel luglio 2004, aveva segnalato il parziale mancato funzionamento e la società si era immediatamente attivata per risolverlo.  

 

Dal rapporto di prova del prelievo eseguito sullo scarico nel canale erano risultati i seguenti dati:

 
Sostanze

unità di
misura

Scarico in
acque superficiali

 
 
 
 
 
 
 
 
 
Colore
 
Torbido
 
 
 
 
 

Azoto ammoniacale (come NH4) (2)

mg/L

48 anziché 15

 
 
 
Solidi sospesi totali
mg/L
165 anziché 80
 
BOD
mg/L
187 anziché 40
 
COD
mg/L
308 anziché 160
 

Coliformi totali

 
26.000.000
 

Coliformi Fecali

 
6.000.000
 

Escherichia coli

 
4.500.000
 

Streptococchi Fecali

 
1.900.000
 

Salmonella spp

 
Presenza
 
 

Nella nota redatta dal responsabile dell’ARPA a conclusione dei dati rilevati nel rapporto di prova si legge testualmente: “Elevatissimo inquinamento microbiologico. La concentrazione di E.coli supera vistosamente il limite consigliato nella nota 4 della Tab. 3 dell’All. 5 al D. Lgs. 152/99. Si segnala inoltre la presenza di specie batteriche potenzialmente patogene per l’uomo (Salmonella spp).”

Dati analoghi sono emersi nel rapporto di prova relativo al prelievo avvenuto nello sfioro a valle del chiarificatore primario.

 

La qualificazione dello scarico inquinante come danneggiamento aggravato

Sulla base di questi elementi si deve concludere per la sussistenza del reato contestato di danneggiamento aggravato del canale Acque Alte in conseguenza della immissione, da parte del depuratore comunale di Via del Campo, concernente un grande agglomerato urbano come Aprilia, di acque aventi un gravissimo tasso di inquinamento e di pericolosità per la salute pubblica in considerazione del loro prelievo a scopo irriguo di colture agrarie.

E’ di tutta evidenza che il significativo, massiccio e quotidiano apporto inquinato dal depuratore al Canale ha sfalsato e compromesso gli equilibri chimici e biologici dell’ecosistema fluviale alla base di una buona funzionalità dei corsi d'acqua e tale da provocare una serie di alterazioni e compromissioni a cascata.

Basta al riguardo rileggere i parametri caratterizzanti liquami di origine civile (BOD5, COD, solidi sedimentabili, ecc.) e connotanti il cd inquinamento microbiologico, che dalle analisi sono risultati in una misura talvolta pari a oltre 4 volte il limite consentito; dati da soli idonei a costituire la prova del danneggiamento alla luce non solo del colore torbido dell’acqua, ma anche della morìa di pesci accertata a ben 10 km di distanza da quello scarico.

Se a ciò si aggiunge la presenza di concentrazioni massicce anche di coliformi fecali, streptococchi e addirittura salmonella patogena per l’uomo, in un’area popolosissima, sarebbero stati addirittura configurabili, con una attenta e approfondita attività di indagine, ben più gravi delitti contro la salute pubblica. Infatti è un dato di comune esperienza che i coliformi sono a loro volta possibili indicatori della presenza di batteri patogeni e di inquinamento di tipo fecale capaci di pericolose cariche virali, tanto che la nota 4 alla Tabella 3 dell’allegato 5 del D. Lgs. 152/1999 espressamente stabilisce:

“ 4) In sede di autorizzazione allo scarico dell'impianto per il trattamento di acque reflue urbane, da parte dell'autorità competente andrà fissato il limite più opportuno in relazione alla situazione ambientale e igienico sanitaria del corpo idrico recettore e agli usi esistenti. Si consiglia un limite non superiore ai 5000 UFC/100 mL”.

Nel caso in esame, come riportato nella tabella che precede e riassuntiva del rapporto di prova dell’ARPA, i coliformi totali erano pari a 26.000.000 su 100 ml, i coliformi fecali erano pari a 6.000.000 su 100 ml, gli streptococchi fecali erano 1.900.000 su 100 ml.

Addirittura i limiti della Delibera del Comitato Interministeriale del 4/2/77 dal punto di vista microbiologico stabiliva il vincolo di non superare concentrazioni di Coli totali di 2/100 ml (utilizzando la tecnica dell’”MPN” e considerando valori medi di misure per 7 giorni consecutivi) per prodotti da consumarsi crudi e di 20 coli/100 ml per prodotti da consumare dopo trattamento chimico-fisico o nel caso di irrigazione di pascoli o di zone non accessibili al pubblico.

La presenza rilevantissima di indicatori colimetrici deve essere dunque interpretata come indicativa di inquinamento di tipo fecale tale da fare ritenere che la riserva idrica o il punto in cui vengono identificati è affetto da gravi problemi igienico sanitari per i suoi utenti.

Il riferimento a detti limiti, fissati dal citato decreto e dalla normativa in tema di acque e di scarichi (d.lgs. n.152 del 1999 integrato dal d.lgs. n.248 del 2000), è utilizzato solo per assumere un parametro oggettivo e facilmente leggibile del danno che è stato arrecato ad un’ampia porzione dell’ambiente in una zona altamente popolata, dedita in modo intensivo all’attività agricola proprio grazie allo sfruttamento del sistema irriguo dei canali e di significativo rilievo turistico.

 

Prima di verificare a chi sia imputabile la responsabilità penale del danneggiamento aggravato del Canale Acque Alte è necessario ripercorrere brevemente la successione dei soggetti pubblici e privati a cui è stata attribuita la gestione dell’impianto di depurazione di Aprilia sito in Via del Campo .

 

La gestione dell’impianto di depurazione di Via del Campo di Aprilia

Dalla scarsa documentazione in atti, per la maggior parte prodotta dalla difesa dell’imputato, oltre che dalla disciplina legislativa e regionale è risultato che in attuazione dell'articolo 10 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (cd Legge Galli) era stato istituito l'ATO (Ambito Territoriale Ottimale) 4 Lazio meridionale-Latina - al quale aderirono con atto deliberativo 38 comuni – che a propria volta decise di affidare la gestione idrica ad una società mista, formata al 51% da partecipazione pubblica e per il restante 49% da una società a partecipazione privata, l'Idrolatina s.r.l.

Il 25 luglio 2002 i soci di quest'ultima ed i 38 comuni dell'Ato4 costituirono Acqualatina S.p.a.

Con Decreto del Presidente della Giunta Regionale del Lazio n. 475/2002, in data 19.11.02, la Regione trasferì le opere e gli impianti funzionali all'esercizio del servizio idrico integrato degli acquedotti del Pontino e i servizi di distribuzione fognaria e di depurazione al Comune di Aprilia, che contestualmente li consegnò appunto ad Acqualatina S.p.A.

In particolare il depuratore di Via del Campo era stato gestito fino al 19/11/2002 dalla Progetto Ambiente spa, società di cui il comune di Aprilia deteneva la maggioranza assoluta delle azioni.

In esecuzione dell'articolo 18 bis e dell'articolo 19 della convenzione di gestione per il Servizio Idrico Integrato, il 30/6/2004, alla presenza del Comune di Aprilia e dell’Ato 4, era stato consegnato il depuratore Comunale di Via del Campo dalla Progetto Ambiente spa ad Acqualatina S.p.A.

Nel citato verbale si legge testualmente:

“Si e proceduto ad una prima ricognizione dell'impianto ed è stato accertato che al momento i liquami influenti subiscono il solo trattamento primario. 

Che sono funzionanti tutte le sezioni dell' impianto con la precisazione che la sezione di biofiltrazione risulta by-passata e fuori servizio. Tale situazione e stata riscontrata nel verbale di presa in carico dell'impianto del 26/28/30.01.1998 consegnato dalla soc. SIBA S.r.I. presenti oltre la Progetto Ambiente S.p.A., il Comune di Aprilia. Copia di tale verbale si allega al presente documento (non rinvenuto in atti) ;

Che la medesima situazione di fermo della sezione di biofiltrazione viene evidenziata nella perizia giurata relativa la situazione complessiva dell'impianto di depurazione datata 29.03.2004, prodotta dal Dott. Giorgio Cardona nella qualità di consulente della Progetto Ambiente S.p.A., anch'essa allegata al presente verbale quale allegato "2" (non rinvenuto in atti)”.

Come dichiarato da Mandrone Maurizio, teste della difesa e dipendente prima della ditta costruttrice del depuratore, poi della Progetto Ambiente e infine di Acqualatina spa, quest’ultima società aveva accettato la consegna di un depuratore sostanzialmente inservibile: “Come se una macchina dovesse camminare con due ruote….il processo depurativo senza ..l’ossidazione biologica è praticamente nullo” (pag. 41 delle trascrizioni).

Già al momento del collaudo del depuratore di Via del Campo, avvenuto alla fine del 1997, a dire del Mandrone si era tecnicamente dimostrato che “dovevamo fermare una parte dell’impianto perché non filtrava più l’acqua…(situazione perdurata) fino al 2006”. Dunque tutte le società che avevano gestito quel depuratore avevano avuto conoscenza inequivoca dei suoi difetti strutturali (come ha dichiarato il teste: “è una cosa evidentissima” a pag. 52 delle trascrizioni) tali da determinarne la sostanziale inutilità o la limitata utilità: Elcar srl (dal 1995) poi divenuta Siba srl (dal 1997), Comune di Latina e per esso Progetto Ambiente spa (dal 1998), Acqualatina spa (dal 2004).

Il teste Mandrone ha precisato che i carichi inquinanti contraddistinti da COD e BOD venivano abbattuti del 50 % dal depuratore di Via del Campo, mentre l’impianto non era in grado di avere alcuna incidenza sull’azoto totale che veniva interamente sversato.

 

La gestione della società Acqualatina SPA

Da quanto riportato nel paragrafo precedente, documentato con le allegazioni delle parti e confermato dal teste della difesa, Ing. Sergio Giovannetti Direttore dell’ATO4, dal 30/6/2004 la società Acqualatina Spa aveva preso in consegna, senza riserve, il depuratore di Via Del Campo “per la gestione e manutenzione delle parti funzionanti, il ripristino funzionale e il completamento dell’impianto” con la consapevolezza che lo stesso avesse gravi problemi strutturali consistenti nel solo trattamento primario dei liquami e non anche della loro biofiltrazione in ragione dell’essere la relativa sezione fuori servizio: carenza tecnica di immediata evidenza.

Nel verbale di consegna dell’impianto si dava atto che il Comune aveva fatto redigere un progetto di ripristino della fase di biofiltrazione con la disponibilità di € 505.000 di finanziamento.

Il 3/8/2004 ai sensi del D. Lgs 152/99 la Società Acqualatina Spa aveva richiesto alla Provincia di Latina l’autorizzazione allo scarico nel corpo idrico superficiale “Ficoccia” delle acque reflue urbane provenienti dall’impianto di depurazione di Via del Campo dichiarando “che nello scarico non sono presenti sostanze pericolose come definite dall’art. 34 del D. Lgs 152/99”. Allegata alla domanda vi era una missiva, destinata sempre alla Provincia di Latina, in cui si metteva a parte l’ente pubblico preposto al controllo delle acque che “la sezione di ossidazione biologica (biofiltrazione) e le altre unità ad essa collegate sono fuori servizio e non risulta possibile attivarle senza interventi strutturali e impiantistici….

l’impianto non è tecnicamente idoneo a depurare liquami fino al raggiungimento dei limiti fissati dalla tabella 3 e dalla Tabella 1 del D. Lgs 152/99……vista la situazione di emergenza ha già provveduto alla pubblicazione del bando di gara per l’esecuzione dei lavori di ripristino e messa in esercizio della sezione di biofiltrazione”.

Sulla base di detta premessa chiedeva l’autorizzazione allo scarico in “deroga dei limiti di emissione definiti dalla Tabella 3 e dalla Tabella 1 del D. Lgs 152/99 per il periodo necessario alla realizzazione di tali interventi e alla messa in esercizio dell’impianto” (All. 3 della difesa)

Il 10/10/2004 l’Acqualatina Spa aveva pubblicato sul BUR Lazio il bando di gara per pubblico incanto dell’appalto per la realizzazione delle opere di ripristino della funzionalità dell’impianto di depurazione di Via del Campo, fissando all’art. 8 una durata dell’appalto di otto mesi dalla consegna dei lavori (All. 4 della difesa).

Il 5/4/2005 l’Acqualatina Spa aveva richiesto alle Autorità preposte di sospendere il rilascio di nuove autorizzazioni allo scarico in pubblica fognatura in attesa dell’adeguamento del depuratore.

L’8/2/2006  veniva rilasciato il certificato di ultimazione dei lavori all’Impresa Alfa spa aggiudicataria dell’appalto per la sistemazione dell’impianto di Via del Campo.   

Il 26/6/2006 veniva rilasciata dalla Provincia di Latina l’autorizzazione allo scarico nel corpo idrico superficiale “Ficoccia” delle acque reflue urbane provenienti dall’impianto di depurazione di Via del Campo.

 

La tesi difensiva

La tesi difensiva si è articolata:

a)                                         nella dimostrazione documentale che dopo anni di cattiva gestione del depuratore di Via del Campo solo l’Acqualatina spa si era concretamente attivata con tempestività per porre rimedio alle carenze strutturali dell’impianto;

b)                                         nella impossibilità di trovare soluzioni alternative allo sversamento nel canale dei reflui del depuratore;

c)                                         nella corresponsabilità nel danneggiamento ambientale accertato dagli operanti di altri impianti industriali posti a valle del depuratore comunale;

d)                                         nella mancata effettuazione di analisi sul Canale Acque Alte e sull’incidenza del suo inquinamento sui prodotti dell’agricoltura;

e)                                         nell’applicazione all’Acqualatina spa della sanzione amministrativa di cui all’Art. 54 del D. L.vo il cui presupposto è l’esclusione che “il fatto costituisca reato”.

 

Esame delle tesi difensive

Risulta documentalmente che l’Acqualatina spa dal momento della presa in consegna ha concretamente e fattivamente operato nel tentativo di affrontare e risolvere il problema della carenza strutturale dell’impianto di depurazione di Via del Campo.

Ciò non basta, però, dal punto di vista giuridico, ad escludere la responsabilità dell’Amministratore della Società per il gravissimo danneggiamento del Canale Acque Alte.

Infatti qualsiasi tecnico del settore, anche alla luce di quanto dichiarato dai testi della difesa, poteva avvedersi che l’assenza di un passaggio essenziale per la depurazione, come appunto quello della biofiltrazione, avrebbe determinato lo sversamento di acque con un altissimo potenziale inquinante in un Canale destinato a scopi irrigui.

Se a ciò si aggiunge che, come rappresentato dal teste della difesa Mandrone, nell’impianto di Aprilia “arrivano circa 12.000 metri cubi al giorno di liquame” (pag. 43 delle trascrizioni) e che come rappresentato dal Direttore dell’ATO4 il territorio di Aprilia è uno dei più disastrati anche perché conta ben 59 borgate abusive senza fognature che prelevano l’acqua direttamente da pozzi scavati senza permesso (pag. 31 delle trascrizioni), sarebbe stato evidente a chiunque, a prescindere dalle competenze tecniche, che lo sversamento diretto di una tale mole di liquami direttamente su canali irrigui avrebbe determinato, come effettivamente avvenuto, il danneggiamento del sistema ed il pericolo per la pubblica incolumità. Infatti la rete dei canali di bonifica, cui appartiene anche il Canale Acque Alte, è un sistema artificiale di corpi idrici che ha due principali scopi: l’approvvigionamento e la distribuzione di acqua per soddisfare la richiesta irrigua e la difesa idraulica del territorio. Una volta operato in questo corpo complesso l’inserimento di un continuativo scarico inquinante, compreso di salmonella (si vedano le analisi), è di tutta evidenza che si altera la qualità fisica, chimica e biologica della matrice acqua, che ha effetti sul funzionamento dei processi che vi avvengono e/o sull’uso di questa risorsa.

In detti termini dunque appare privo di pregio il rilievo difensivo (sub d) secondo cui non sarebbero state eseguite compiute e dettagliate analisi sulle acque del Canale e sulle conseguenze determinate dall’uso delle stesse per le attività agricole locali, in quanto è logicamente conseguente ad uno sversamento di 12.000 metri cubi di liquami al giorno contenenti salmonella e coliformi fecali, senza idonea depurazione, la dannosità dello stesso.

Ciononostante l’Acqualatina spa il 3/8/2004 aveva richiesto alla Provincia di Latina un’autorizzazione allo scarico in cui non solo escludeva che in esso vi fossero sostanze pericolose, ma dava atto della “situazione di emergenza” (pag. 2 dell’allegato alla richiesta di autorizzazione allo scarico) e concludeva per il rilascio dell’autorizzazione “in deroga ai limiti di emissione” previsti dalle Tabelle 1 e 3 del D. Lvo 152/99. Questo proprio a dimostrazione che dal punto di vista sostanziale la società, e per essa l’Amministratore delegato che aveva assunto la consegna del depuratore inefficiente, e pur consapevole della condizione di pericolo a cui esponeva l’intera collettività di Aprilia e dintorni, richiedeva all’ente locale di autorizzare a farlo.

Circa la necessità dello sversamento incontrollato, sostenuto dalla difesa sub b), per mancanza di diverse modalità di intervento, si ritiene che essa non sia fondata.

Infatti le alternative c’erano, ma avevano un costo economico che la società Acqualatina non intendeva sostenere perché attenta solo al perseguimento di una finalità di profitto, anche a costo di determinare un disastro ambientale e un’epidemia di salmonella. Esse erano:

1) il rifiuto della consegna dell’impianto inefficiente o la sua accettazione con riserva (così anche il teste della difesa Giovannetti a pag. 29), perdendo ovviamente la cauzione versata in sede di appalto;

2) il carico quotidiano dei liquami nelle autobotti, con trasporto in impianto adeguato, fino al momento del ripristino del depuratore (si veda l’esame del teste della difesa Mandrone a pag. 43).

Circa la corresponsabilità nel danneggiamento ambientale anche di altri impianti industriali posti a valle del depuratore comunale (sub c), si ritiene che lo stesso possa avere una sua plausibilità in quanto si tratta di attività produttive impegnative e rilevanti come quelle di un’industria chimica delle dimensioni della Palmolive e di un’azienda vinicola coma la Coprovi.

Il teste della Guardia Forestale, nel corso della testimonianza, ha precisato che al momento dell’unico accertamento compiuto non era risultato che detti impianti scaricassero sul Canale cosicchè non erano state eseguite specifiche analisi. E’ stato anche aggiunto che si trattava di insediamenti dotati all’epoca di depuratori che operano con il cd “fuori-pieno” ovverosia un sistema che scarica non in modo continuativo ma ogni due giorni circa, cioè quando il depuratore si riempie.

Poiché non è stata verificata l’efficienza di detti sistemi non si hanno elementi per valutarne l’impatto in concreto sulla morìa di pesci e sulla schiuma accertata alla foce del canale, a valle degli stessi.

Quel che è certo è il dato gravissimo emerso dalle analisi compiute sul depuratore di Via del Campo, dato idoneo di per sé a dimostrare il danneggiamento aggravato del Canale Acque Alte e compatibile con l’accertamento compiuto a valle dagli operanti.

D’altra parte l’eventuale concausa degli apporti inquinanti, non dimostrati, delle aziende poste sul percorso del Canale, a valle del depuratore di Via del Campo, non farebbe venire meno dal punto di vista giuridico la responsabilità del Cyna per le ragioni sopra esposte.  

Anche il punto f) delle argomentazioni difensive, secondo cui l’applicazione all’Acqualatina spa della sanzione amministrativa di cui all’Art. 54 del D. L.vo presupponendo che il fatto non costituisca reato renderebbe incompatibile l’imputazione successivamente mossa al Cyna, si ritiene infondato. Infatti la qualificazione giuridica di un fatto come rilevante sotto il profilo penale o amministrativo compete all’Autorità Giudiziaria sulla base degli accertamenti che vengono compiuti e non comporta nel caso di una pregressa valutazione del fatto come illecito amministrativo l’improcedibilità sotto il profilo penale. Al più potrebbe determinare per l’interessato l’impugnazione della sanzione amministrativa.

 

In conclusione

Tutta la questione fino a qui esaminata, relativa al danneggiamento ambientale determinato in quasi 10 anni continuativi (dal 1997 al 2006) di mancato funzionamento del depuratore di Via del Campo di Aprilia, riguarda la cattiva gestione ed applicazione da parte di tutte le Autorità pubbliche e dei soggetti privati o a capitale misto coinvolti – comunque concessionari di un pubblico servizio-, delle disposizioni legislative poste a presidio della tutela dall’inquinamento della risorsa idrica in Italia: la legge n° 36 (Legge Galli) del 5 gennaio 1994 e il DecretoLegislativo dell’ 11.05.99 n. 152 e successive modifiche (D. Lgs. 258, 18 agosto2000) che detta disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento e recepisce la Direttiva n. 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane, e la Direttiva n. 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole.

E’ utile ricordare che i commi 2 e 3 dell’art. 1 della citata Legge 36 prevedono:

“2. Qualsiasi uso delle acque è effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale.

3. Gli usi delle acque sono indirizzati al risparmio e al rinnovo delle risorse per non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell'ambiente, l'agricoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrologici.”

E al fine di garantire una buona qualità dei servizi erogati, l’Autorità di Ambito Territoriale Ottimale, oltre a tenere presenti parametri come la qualità delle acque potabili, il grado di copertura del servizio, le riduzioni delle perdite,l’efficienza degli impianti di trattamento, le tariffe, avrebbe dovuto operare in un’ottica di tutela della risorsa idrica in modo che gli equilibri idrologici e degli ecosistemi acquatici non fossero danneggiati. Ottica che, nella specie, l’ATO4 non ha minimamente preso in considerazione data la consapevolezza dell’inefficienza del depuratore e delle sue disastrose conseguenze.

Le finalità di dette disposizioni, come risulta evidente, sono quelle di prevenire e ridurre l’inquinamento e attuare il risanamento dei corpi idrici inquinati; conseguire il miglioramento dello stato delle acque ed adeguate protezioni di quelle destinate a particolari usi; perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorità per quelle potabili; mantenere la capacità naturale di autodepurazione dei corpi idrici nonché la capacità di sostenere comunità ampie e ben diversificate. Per fare questo il D. Lgs. 152/99 aveva previsto un trattamento secondario delle acque ovverosia un sistema che garantisse le percentuali di abbattimento di BOD, COD e solidi sospesi rispettivamente del 80%, 75% e 90% (vedi la tabella 1 dell’allegato 5); mentre, come dichiarato dal teste della difesa Mandrone, al massimo l’impianto di Via del Campo abbatteva il 50 % di BOD e COD, lasciando l’azoto totale e il resto dei liquami inalterati.

Fatta questa premessa sistematica e accertato quali erano gli oneri e gli obbiettivi funzionali posti a carico dei soggetti deputati alla gestione e al controllo di un bene primario come l’acqua, è di tutta evidenza che nessuno di essi vi si è attenuto, al contrario ciascuno di essi li ha palesemente, consapevolmente ed irresponsabilmente violati con le prevedibili conseguenze sulla distruzione di un delicato equilibrio ambientale come quello dei canali e di un salutare utilizzo dell’acqua da parte della collettività.

All’epoca dei fatti (dal 19/12/2003 al 24/7/2005) e comunque alla data dell’accertamento avvenuto nel novembre del 2004, Amministratore delegato dell’Acqualatina spa era Cyna Bernard, i cui poteri, come risulta dai punti B13 e B14 della visura della Camera di Commercio di Latina, oltre che dalla sua sottoscrizione del verbale di consegna dell’impianto oggetto del processo, erano tali da consentirgli di avere la diretta ed inequivoca consapevolezza della pericolosità per l’incolumità pubblica degli sversamenti compiuti dal depuratore di cui aveva acquisito la gestione.

 

La pena

Da ciò consegue che Cyna Bernard va dichiarato responsabile del reato di danneggiamento aggravato così come contestatogli.

Visti gli artt. 133 e 133 bis cp, con particolare riguardo alla gravità del fatto e al danno ambientale arrecato come sopra descritto in un’area di significativa presenza demografica, e ritenute concedibili le attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante in considerazione sia del comportamento tenuto dal Cyna per addivenire ad un successivo corretto funzionamento dell’impianto e sia del relativamente breve periodo di gestione, si stima equo irrogare la pena di sei mesi di reclusione (pb sull’art. 635 comma 1, previa concessione delle attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante), oltre al pagamento delle spese processuali.

 

Il risarcimento del danno della parte civile

Nel presente processo il Comune di Aprilia, in persona del Sindaco pro-tempore, si è costituito parte civile sostenendo che il comportamento illecito tenuto dal Cyna ha determinato “gravi danni materiali e morali” (così nel sintetico atto di costituzione).

Sulla base degli accertamenti compiuti in sede di indagini e successivamente provati in dibattimento si puo’ ritenere dimostrato che la collettività di Aprilia, il cui ente esponenziale è costituito proprio dal Comune nella persona del Sindaco, ha subìto dalla condotta illecita del Cyna un ingentissimo danno sia all’integrità del proprio territorio, sia alla salubrità del proprio sistema idrico e di irrigazione, sia all’equilibrio dell’habitat naturale costituito dai canali, sia alla salute pubblica (si vedano la salmonella e i coliformi fecali presenti in modo rilevante nelle acque sversate).

Nessuna valenza assume, dal punto di vista giuridico, la circostanza che il Comune di Aprilia, e per esso i suoi Amministratori che nel tempo avevano avallato una gestione irresponsabile, propria o di altri, di un sistema di depurazione, inefficiente ed inesistente, con danno per la collettività da essi rappresentata, abbia potuto concorrere con il Cyna nella commissione del reato. Infatti, a prescindere dal fatto che di questo accertamento dovrà occuparsi la Procura della Repubblica di Latina a cui gli atti vengono trasmessi per competenza, si ritiene che il danno patìto dalla collettività possa essere riconosciuto solo all’ente esponenziale ed impersonale di quella collettività ovverosia il Comune. Altra questione riguarda i profili di responsabilità penale concernente il singolo Amministratore di quell’ente esponenziale che, a prescindere dal principio dell’immedesimazione organica, stante l’art. 27 della Costituzione riguarda la persona e non puo’ coinvolgere l’istituzione pubblica in quanto tale.

L’incalcolabile entità del danno e di tutti i profili di cui questo è costituito nella specie (danno alla salute, danno ambientale, danno all’immagine, ecc.) comporta che lo stesso venga quantificato nella separata sede civile, ma ai sensi degli artt. 539 e 540 cpp viene corrisposta una provvisionale equitativamente determinata nella misura di € 100.000,00 da ritenersi per legge immediatamente esecutiva.

Dall’accoglimento della domanda risarcitoria consegue anche, ai sensi degli artt. 538 e ss cpp, la condanna dell’imputato al pagamento delle spese di costituzione della parte civile che liquida, vista la modesta attività in concreto espletata dal difensore, in complessivi € 1500 oltre Iva e Cpa come per legge.

 

Concessione della sospensione condizionale della pena subordinatamente al pagamento della provvisionale

 

Visti gli artt. 163 e 165 C.P. e stante la sua incensuratezza, si concede al Cyna di beneficiare della sospensione condizionale della pena inflitta, subordinatamente al pagamento della sopra liquidata provvisionale al Comune di Aprilia, entro 90 giorni dal passaggio in giudicato della sentenza, trattandosi di una misura riparatoria a danno avvenuto, collegata ad una precisa ipotesi di reato (Cass. Sez. 3^, n. 9924 del 12-3-2001, Di Francesco, rv. 218710;Conf.199811315e212412).
La ragione giuridica di fondo è che il danno ambientale è divenuto una categoria giuridica generale ex art. 18 legge 349/86, sicché le applicazioni puntuali espressamente previste, non escludono l'operatività del principio nel sistema legale ambientale. Una riprova sta nell'art. 58 D.lg.vo 152/99 nel senso che è fatto salvo il diritto ad ottenere il risarcimento del danno ambientale non eliminabile con la bonifica ed il ripristino.
L’inciso contenuto nell’art.165 cod. pen."salvo che la legge disponga altrimenti" va inteso nel senso che non vi sia un divieto esplicito o implicito della legge: il giudice tuttavia non potrà indicare modalità di adempimento diverse da quelle tipizzate dal legislatore ove previste (v. artt.
17 e 51 bis D.lg.vo 22/97). Negli altri casi, come quello in esame, potrà adeguare l'adempimento alla natura del reato e delle sue conseguenze (Così Cass. Sez. III, Sentenzan.48061 del 2004).

D’altra parte, in materia di danno ambientale, i costi sostenuti per riparare o rimborsare tale danno sono a carico di chi lo causa, in virtù del principio «chi inquina paga», sancito dall’art. 174 del Trattato dell’Unione europea recepito, in forza degli obblighi dello stato italiano verso la comunità, come principio di diritto interno.

 

Atti al PM in sede

Tutti gli atti processuali devono, infine, essere trasmessi alla Procura della Repubblica in sede sia per l’espletamento di idonei e approfonditi accertamenti per il comportamento assunto dal Sindaco pro-tempore ovvero dall’Assessore competente del Comune di Aprilia all’epoca dei fatti che ben conoscevano la situazione e non hanno apprestato alcuno strumento utile per arginarla, prevenirla, bloccarla; nonché, per gli stessi motivi, dei legali rappresentati delle società che avevano gestito l’impianto di depurazione d Via del Campo di Aprilia prima di Acqualatina spa (Elcar srl dal 1995, poi divenuta Siba srl dal 1997; Comune di Latina e per esso Progetto Ambiente spa dal 1998).

Inoltre, il reato di danneggiamento aggravato è risultato essere proseguito dalla data dell’accertamento sino all’effettivo funzionamento del depuratore di Via del Campo e al rilascio della relativa autorizzazione, cioè fino al 2006.

Poiché dagli atti è anche emerso che nessun tipo di prelievo, accertamento o controllo è stato più eseguito in prossimità del citato depuratore dal 2004 ad oggi, né si è verificata la capacità depurativa degli impianti della Palmolive, della Coprovi e di tutte le aziende che sversano sul Canale Acque Alte e possono avere inciso sulla morìa di pesci trovata sul mare, si trasmettono gli atti alla Procura della Repubblica di Latina anche in ordine all’accertamento dell’eventuale prosecuzione del reato sino ad oggi.

Motivazione in 60 giorni.
 
P.Q.M.
 

Visti gli artt. 533 e 535 C.P.P.

DICHIARA

CYNA BERNARD colpevole del reato ascrittogli e concesse le attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante lo condanna alla pena di sei mesi di reclusione oltre che al pagamento delle spese processuali.

 

Visti gli artt. 538 e ss cpp,

CONDANNA

il CYNA al risarcimento dei danni in favore del Comune di Aprilia, in persona del sindaco pro-tempore, da liquidarsi in separata sede nonché al pagamento delle spese di costituzione che liquida in complessivi € 1500 oltre Iva e Cpa come per legge

 

Visti gli artt. 539 e 540 cpp

CONDANNA

CYNA BERNARD al pagamento in favore del Comune di Aprilia, in persona del sindaco pro-tempore, di una provvisionale di € 100.000,00 immediatamente esecutiva

 

Visti gli artt. 163 e 165 cp

CONCEDE
 

all’imputato il beneficio della sospensione condizionale della pena subordinatamente al pagamento della disposta provvisionale, entro 90 giorni dal passaggio in giudicato della sentenza.

 
DISPONE
 

la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero in sede in relazione alle responsabilità concorrenti del Sindaco pro-tempore ovvero dell’Assessore competente del Comune di Aprilia all’epoca dei fatti; nonché dei legali rappresentati delle società che avevano gestito l’impianto di depurazione d Via del Campo di Aprilia prima di Acqualatina spa.

 
DISPONE

trasmettersi gli atti al Pubblico Ministero in sede anche in ordine all’eventuale ulteriore permanenza del reato.

Motivi in 60 giorni

Latina, 11/11/2008

                                           IL GIUDICE

                                          Paola Di Nicola