TAR Lombardia Milano, Sez. II n. 2751 del 14 novembre 2012
Urbanistica. Differenza pertinenza urbanistica e pertinenza ex art. 817 c.c.

La nozione di “pertinenza” in senso urbanistico differisce notevolmente da quella civilistica (cfr. art. 817 c.c. “Sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un'altra cosa. La destinazione può essere effettuata dal proprietario della cosa principale o da chi ha un diritto reale sulla medesima”), essendo il carattere pertinenziale in materia urbanistica circoscritto ad opere di limitatissima superficie o volume (ad esempio i volumi per il ricovero di impianti tecnologici), ma non a manufatti di ampie dimensioni . (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 02751/2012 REG.PROV.COLL.

N. 02209/2010 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2209 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Calogero Gruttad'Auria, rappresentato e difeso dall'avv. Mario Bertacco, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Milano, Corso Monforte, 39;

contro

Comune di Desio, rappresentato e difeso dall'avv. Mario Viviani, con domicilio eletto presso il medesimo in Milano, Galleria San Babila, 4/A;

per l'annullamento

quanto al ricorso principale, dell’ingiunzione di demolizione e rimessa in pristino prot. n. 23763 del 29.6.2010 a firma del direttore settore territorio, nonché di ogni atto connesso, presupposto, conseguente;

quanto ai motivi aggiunti, della deliberazione del consiglio comunale n. 35 del 2010.

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Desio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2012 il dott. Giovanni Zucchini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con provvedimento prot. 23763 del 29.6.2010, il Direttore del Settore Territorio del Comune di Desio (MB), ingiungeva al sig. Gruttad’Auria Calogero la demolizione di una serie di opere abusive realizzate in via Sabotino, sulle aree distinte catastalmente al foglio 47, mappali 15-118.

L’ingiunzione era stata notificata dopo che lo stesso Comune aveva rigettato due distinte domande di sanatoria edilizia ai sensi della legge 326/2003, presentate dall’attuale esponente.

I due provvedimenti comunali del 3.9.2007 di diniego di sanatoria erano stati anch’essi oggetto di impugnativa da parte del sig. Gruttad’Auria davanti al TAR Lombardia, che aveva però respinto il ricorso, confermando così la legittimità dei rifiuti del condono edilizio, con sentenza della II Sezione n. 2062/2009.

Contro l’ordinanza di demolizione del 2010 era proposto il ricorso principale in epigrafe, con richiesta di sospensiva, per i motivi che possono così essere sintetizzati:

1) violazione degli articoli 7 e 8 della legge 241/1990;

2) violazione del principio di buona amministrazione di cui all’art. 97 della Costituzione e del criterio di economicità dell’azione amministrativa di cui all’art. 1 della legge 241/1990;

3) eccesso di potere per difetto di motivazione sull’interesse pubblico specifico alla demolizione in pendenza di giudizi amministrativi;

4) violazione e/o erronea applicazione dell’art. 31 comma 3 del DPR 380/2001 circa la preannunciata acquisizione gratuita dei manufatti e delle aree di pertinenza.

Si costituiva in giudizio il Comune intimato, concludendo per la reiezione del gravame.

In esito all’udienza cautelare del 17.11.2010, il Collegio, con ordinanza n. 1267/2010, sospendeva temporaneamente l’ingiunzione di demolizione, vista la pendenza dell’appello cautelare davanti al Consiglio di Stato contro la sentenza del TAR Lombardia n. 2062/2009, che aveva a sua volta rigettato il ricorso contro i provvedimenti comunali di diniego di sanatoria edilizia.

Il Consiglio di Stato non accoglieva l’istanza cautelare d’appello, per cui alla successiva udienza in camera di consiglio davanti al TAR Lombardia del 5.5.2011, fissata nell’ordinanza n. 1267/2010, la domanda di sospensiva proposta nei confronti dell’ingiunzione di demolizione era definitivamente rigettata con ordinanza della II Sezione n. 754/2011.

L’esponente proponeva a questo punto motivi aggiunti, con nuova istanza cautelare, contro la deliberazione di consiglio comunale n. 35 del 13.5.2010, di individuazione dell’area da acquisire al patrimonio comunale, ai sensi dell’art. 31 del DPR 380/2001, in caso di inottemperanza dell’ingiunzione di demolizione.

Questi, in sintesi, i motivi aggiunti:

1) violazione dell’art. 31, comma 3, del DPR 380/2001;

2) eccesso di potere per indeterminatezza, illogicità e ingiustizia manifesta, violazione dell’art. 31, comma 3, del DPR 380/2001.

L’Amministrazione intimata si costituiva anche nel ricorso per motivi aggiunti, insistendo per la sua reiezione.

In esito all’udienza cautelare del 28.7.2011, la domanda di sospensiva era parzialmente accolta con ordinanza n. 1237/2011, per il prevalente profilo del periculum in mora connesso alla paventata acquisizione gratuita dell’area di cortile.

Alla pubblica udienza del 25.10.2012, la causa era trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. In via preliminare, reputa il Collegio che non sia possibile accogliere l’istanza di rinvio della discussione, presentata dal ricorrente peraltro pochi giorni prima dell’udienza pubblica.

Tale istanza – alla quale il difensore del Comune non ha aderito – viene giustificata sia dalla circostanza che sarebbe in corso la demolizione spontanea di parte dei manufatti abusivi sia dalla presentazione all’Amministrazione di Desio in data 16.10.2012, da parte dell’esponente, di una domanda per ottenere dal Comune la conversione in sanzione pecuniaria della demolizione riferita ad uno degli abusi accertati, vale a dire la pavimentazione dell’area esterna.

Questi elementi, ad avviso del Tribunale, non possono giustificare il rinvio della decisione di una causa pendente da ormai tre anni, ferma restando l’eventuale prosecuzione della parziale demolizione da parte del ricorrente e salva ogni determinazione del Comune sulla domanda presentata dal sig. Gruttad’Auria lo scorso 16 ottobre.

2.1 Il primo motivo del ricorso principale è volto a denunciare la presunta mancanza di comunicazione dell’avviso di avvio del procedimento poi sfociato nell’ordinanza di demolizione ivi impugnata.

La censura è smentita in fatto: con nota prot. 38719 del 9.11.2009, fu infatti comunicato all’esponente l’avvio del procedimento di demolizione e la nota fu ritirata dalla figlia convivente Ilaria Gruttad’Auria in data 10.11.2009 (cfr. il doc. 26 del resistente, vale a dire la copia autentica della citata comunicazione con l’annessa relazione di notificazione).

La sig.na Ilaria Gruttad’Auria, nata il 12.2.1994, aveva allora quindici anni (cfr. il doc. 27 del resistente, vale a dire il certificato dello stato civile) ed era pertanto pienamente capace di ritirare l’atto notificato, ai sensi dell’art. 139, comma 2°, del codice di procedura civile (per il quale la copia dell’atto può essere ritirata da persona <<non minore di anni quattordici o non palesemente incapace>>).

Il primo motivo deve quindi respingersi.

2.2 I motivi n. 2 e 3 possono essere trattati congiuntamente, vista la loro omogeneità: negli stessi il ricorrente lamenta - infatti - che l’Amministrazione ha disposto la demolizione, conseguente ai dinieghi di condono edilizio, nonostante la pendenza dell’appello al Consiglio di Stato contro la sentenza del TAR Lombardia n. 2062 del 2009, che aveva a sua volta rigettato il ricorso dello stesso sig. Gruttad’Auria contro i provvedimenti di rigetto di sanatoria edilizia.

Le censure non sfuggono in primo luogo ad una declaratoria di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, visto che la citata sentenza n. 2062/2009 è ormai passata in giudicato, dopo che lo stesso ricorrente ha rinunciato all’appello (cfr. il doc. 25 del resistente, vale a dire la sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, 27.4.2012, n. 2465, che dà atto della rinuncia all’impugnazione).

Lo stesso giudice amministrativo d’appello, peraltro, aveva precedentemente respinto la domanda di sospensione della sentenza n. 2062/2009, con ordinanza della sezione IV, n. 5798 del 18.12.2010 (cfr. doc. 19 del resistente).

Ciò premesso, occorre rimarcare come i due dinieghi di sanatoria (cfr. docc. 10 e 16 del resistente), siano sempre stati pienamente efficaci – quantomeno dopo il deposito della sentenza n. 2062/2009 - sicché l’adozione del successivo provvedimento di demolizione costituiva attività vincolata per il Comune di Desio.

Di conseguenza, devono rigettarsi anche i motivi 2 e 3 del ricorso principale.

2.3 Nel quarto motivo si sostiene, in primo luogo, che due delle opere oggetto dell’ordinanza impugnata (manufatto ad uso ufficio ed abitazione di custodia), sarebbero insuscettibili di autonomo utilizzo e prive di accesso all’area pubblica, il che escluderebbe la legittimità della loro demolizione.

L’asserzione difensiva è palesemente infondata, visto che le opere di cui sopra non assumono certo un oggettivo carattere pertinenziale o di servizio, tenuto conto della loro dimensione e della loro autonomia sotto il profilo urbanistico-edilizio: a tale proposito è sufficiente l’esame dell’ingiunzione di demolizione e dei suoi allegati (cfr. doc. 1 del ricorrente e doc. 1 del resistente), per comprendere che tutti i fabbricati abusivi (cfr. la pianta degli edifici e la documentazione fotografica di cui al doc. 1 del Comune), hanno superfici e volumi tali da escluderne ogni carattere pertinenziale.

Sul punto, si ricordi ancora che la nozione di “pertinenza” in senso urbanistico differisce notevolmente da quella civilistica (cfr. per quest’ultima, l’art. 817 del codice civile), essendo il carattere pertinenziale in materia urbanistica circoscritto ad opere di limitatissima superficie o volume (ad esempio i volumi per il ricovero di impianti tecnologici), ma non a manufatti di ampie dimensioni (cfr. tra le tante, TAR Toscana, sez. III, 27.9.2012, n. 1568; si ricordi che nel caso di specie il manufatto abusivo contraddistinto con il n. 1 nell’ingiunzione impugnata ha una superficie di metri 4 x 7 ed un’altezza di metri 2,9; mentre il manufatto n. 2 ha superficie di metri 11,4 x 8,2 ed altezza di metri 4,25).

Nella seconda parte del quarto motivo, viene asserito che l’area di pertinenza volumetrica coinciderebbe con l’area di deposito e movimentazione rottami, che sarebbe legittimamente utilizzata per l’attività commerciale.

Anche tale argomento difensivo è palesemente privo di pregio.

Innanzi tutto, occorre premettere che l’intera area dove il ricorrente asserisce di esercitare “legittimamente” la propria attività, ha attualmente destinazione in parte agricola ed in parte di sede stradale, per effetto del Piano di Governo del Territorio (PGT), approvato con deliberazione consiliare n. 29 del 20.4.2009 (cfr. doc. 2 del resistente, certificato di destinazione urbanistica); mentre la pregressa destinazione era quella di area “a standard” (cfr. doc. 16 del resistente).

L’esponente – e di ciò è dato atto a pag. 4 del proprio atto introduttivo – ha impugnato il PGT davanti al TAR Lombardia, lamentando la destinazione agricola dell’area, ma il ricorso (RG 2352/2009), è stato respinto con sentenza della II Sezione n. 1277 dell’8.5.2012.

Vista, quindi, la destinazione attuale e quella pregressa dell’area dove insiste l’attività imprenditoriale dell’esponente, appare prima di tutto legittima l’ingiunzione di demolizione con riguardo non solo ai manufatti indicati con i numeri 1, 2 e 3 nel provvedimento impugnato, ma anche all’abuso contraddistinto con il numero 4 e consistente nella pavimentazione, realizzata in parte in cemento e per l’altra parte in bitume, dell’area di pertinenza degli edifici, per una superficie complessiva di 380 + 785 = 1.165 metri quadrati (cfr. doc. 1 del resistente).

Infatti, la giurisprudenza della scrivente Sezione ha affermato la necessità di un titolo edilizio per le opere di asfaltatura di ampie porzioni di terreno, che hanno rilevanza urbanistica quanto meno in termini di incremento di superficie (cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. II, 22.11.2010, n. 7306, con la giurisprudenza ivi richiamata).

In ogni caso, la copertura con bitume e cemento era finalizzata al mutamento abusivo della pregressa destinazione d’uso (standard per attrezzature di interesse generale, secondo il previgente PRG), per realizzare una illegittima destinazione produttiva, per cui anche sotto tale profilo l’intervento non poteva sottrarsi all’obbligo di titolo edilizio (cfr. la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, n. 2450/2012, citata correttamente da parte della difesa del Comune).

Deve quindi escludersi l’illegittimità dell’ingiunzione di demolizione della copertura in cemento e bitume, con conseguente legittimità dell’acquisizione gratuita in caso di inottemperanza all’ordine di rimozione della copertura stessa.

In conclusione, l’intero ricorso principale deve essere rigettato.

3. Quanto ai motivi aggiunti, il Collegio ritiene di prescindere dall’esame dell’eccezione di tardività, sollevata dalla difesa comunale, attesa la loro infondatezza, per le seguenti ragioni.

3.1 Nel primo motivo aggiunto, si sostiene l’illegittimità della delibera consiliare n. 35/2010, laddove include nella superficie da acquisire di diritto al patrimonio comunale ai sensi dell’art. 31 del DPR 380/2001, l’area di 1.165 metri quadrati coperta con cemento e bitume.

La censura è da respingersi, per le considerazioni già sopra svolte al punto 2.3 della presente narrativa in diritto, alle quali il Collegio si permette di rinviare, per evidenti ragioni di economia espositiva.

3.2 Con il secondo motivo aggiunto, viene dapprima lamentata la presunta erroneità dell’atto di acquisizione, per avere individuato la superficie da acquisire con un valore approssimativo (<<mq 2002 circa>>) e non assoluto (cfr. doc. 22 del resistente, punto 1 del dispositivo della delibera).

La censura è infondata, in quanto la delibera consiliare individua in ogni caso con chiarezza i criteri per l’esatta determinazione della superficie da acquisire, operazione questa che potrà essere effettuata dopo il definitivo accertamento dell’inottemperanza dell’ingiunzione di demolizione.

In particolare, secondo il provvedimento impugnato, si dovrà tenere conto della superficie dei manufatti privi di titolo e di quella coperta con cemento e bitume, cui dovrà essere sottratta la superficie dell’edificio insistente sull’area ed oggetto di un precedente condono edilizio del 1997.

Si tratta, a ben vedere, di criteri sufficientemente determinati per la quantificazione della superficie da acquisire di diritto in caso di inottemperanza.

Ancora nel secondo motivo aggiunto, è denunciata la presunta illegittimità della delibera circa l’acquisizione gratuita, in quanto il Comune non avrebbe tenuto conto della “pertinenza urbanistica” connessa all’edificio condonato nel 1997 e non oggetto di demolizione.

La doglianza non merita però condivisione, visto che l’opera condonata nel 1997 e rappresentata nell’allegato “A” all’ingiunzione di demolizione (cfr. doc. 1 oppure anche doc. 28 del resistente), non comprende alcuna “pertinenza urbanistica”, atteso il significato restrittivo che deve essere assegnato a tale espressione, come già sopra diffusamente indicato al punto 2.3 della presente narrativa in diritto.

Ciò premesso, devono rigettarsi anche i motivi aggiunti.

4. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento a favore del Comune di Desio delle spese di causa, che liquida in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge (IVA e CPA).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 25 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Angelo De Zotti, Presidente

Giovanni Zucchini, Primo Referendario, Estensore

Gaia Palmieri, Referendario

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 14/11/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)