Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 5633, del 26 novembre 2013
Urbanistica.Disapplicazione regolamento comunale in contrasto con D.M. n. 1444/68

Non può costituire esenzione dall’obbligo del rispetto della distanza dei dieci metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, la normativa di tipo derogatorio recata dalle NTA del Comune. Dovendosi qui ancora una volta sottolineare come, stante il carattere tassativo e inderogabile del limite di distanza in controversia, non è ammessa deroga alla disposizioni recate dal D.M. n. 1444/68 e, conseguentemente ogni previsione regolamentare in contrasto con l’anzidetto limite va disapplicata, stante la sua automatica sostituzione con la clausola legale della fonte normativa sovraordinata costituita appunto dall’art. 9 del D.M. citato. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).

N. 05633/2013REG.PROV.COLL.

N. 09266/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9266 del 2012, proposto da: 
Hotel Victoria S.r.l. rappresentata e difesa dall'avv. Gianluigi Pellegrino, con domicilio eletto presso il medesimo, in Roma, corso Rinascimento n.11;

contro

Anna Maria Cosi, rappresentata e difesa dall'avv. Raffaele Bifulco, con domicilio eletto presso il medesimo, in Roma, Lungotevere dei Mellini, 24; 
Comune di Gallipoli;

nei confronti di

Regione Puglia, Eco Costruzioni Di Georges Samaha;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZIONE III n. 01624/2012, resa tra le parti, concernente permesso di costruire



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Anna Maria Cosi;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 giugno 2013 il Cons. Andrea Migliozzi e uditi per le parti gli avvocati Raffaele Bifulco e Giovanni Pellegrino ( quest’ultimo, per conto dell’avv. Gianluigi Pellegrino);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

La sig.ra Anna Maria Cosi, proprietaria in Comune di Gallipoli di un fabbricato composto da tre appartamenti siti rispettivamente al piano terra , al primo e al secondo piano nonché di un box posto al piano terra, impugnava innanzi al Tar della Puglia Sezione di Lecce gli assensi comunali rilasciati per la realizzazione di una struttura alberghiera denominata Hotel Victoria posta a confine con la sua proprietà, tra cui il permesso di costruire del 23 settembre 2011 prot. n.0045021 ( pratica edilizia n.148/2011 ) che autorizzava l’ampliamento di detto albergo a mezzo della realizzazione di un manufatto realizzato in aderenza al suddetto box.

L’adito Tribunale amministrativo con sentenza n.1624/2012 dichiarava irricevibile il ricorso relativamente alla impugnativa proposta avverso i presupposti permessi di realizzazione dell’albergo, mentre, dopo aver respinto l’eccezione di tardività, accoglieva il gravame relativamente all’ impugnativa del permesso di ampliamento, ritenendo sussistente in capo a tale ultima autorizzazione il dedotto vizio di violazione dell’art.9 del D.M. 2 aprile 1968 n.1444 , per mancato rispetto delle distanze legali tra edifici fissate dalla suddetta norma.

Avverso tale decisum è insorta la Società proprietaria dell’albergo , deducendo a sostegno del proposto appello i seguenti motivi:

1) erroneità della statuizione con cui è stata respinta l’eccezione di non tempestività del ricorso di prime cure, posto che la vicina aveva avuto da tempo conoscenza della entità e portata dell’intervento edilizio autorizzato, attivandosi però giudizialmente dopo il termine decadenziale di impugnazione.

2) erroneità delle statuizioni di merito assunte dal primo giudice laddove ben poteva l’appellante realizzare un ampliamento anche in altezza del proprio fabbricato rispetto a quello posto in aderenza di proprietà della sig.ra Cosi, senza che siano state violate le distanze legali e tenuto altresì conto che il giudicante ha erroneamente disapplicato la norma di tipo derogatorio recata dall’art.49 delle NTA del Comune di Gallipoli.

Si è costituita in giudizio la controinteressata sig.ra Cosi che contestato la fondatezza dei motivi d’appello di cui ha chiesto la reiezione.

Le parti hanno quindi ulteriormente sviluppato le loro tesi con apposite memorie difensive.

All’udienza pubblica del 18 giugno 2013 la causa è stata introitata per la decisione.

DIRITTO

L’appello è infondato con riferimento ad entrambi i mezzi di gravame ivi dedotti, meritando l’impugnata sentenza integrale conferma.

Col primo motivo parte appellante eccepisce, relativamente al permesso di costruire n.45021 del 23 settembre 2011 ( quello che ha autorizzato l’ampliamento della struttura alberghiera ), la irricevibilità del ricorso di prime cure per tardività, essendo stato l’atto introduttivo del giudizio notificato il 27 dicembre 2011 allorché, ad avviso dell’appellante Società, era scaduto il termine decadenziale di sessanta giorni per proporre l’impugnativa.

L’assunto è privo di pregio.

Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, pienamente condivisibile, in tema di impugnazione di titoli abilitativi edilizi da parte del terzo, il momento da cui far decorrere il dies a quo ai fini del rispetto del termine decadenziale d’impugnazione di cui all’art.21 della legge n.1034/1971 è quello in cui si concretizza l’apprezzamento della reale consistenza e portata dell’intervento edilizio autorizzato, di solito coincidente con il completamento dei lavori ( Cons. Stato Ad. Pl. 29 luglio 2011 n.15; Cons. Stato Sez. IV 29 maggio 2009 n.3358; idem 10 dicembre 2010 n.8705 ).

Al riguardo si è osservato che può esserci una conoscenza anticipata dell’esistenza delle violazioni urbanistico- edilizie da parte del terzo interessato, senonché tale circostanza non può essere dedotta in via presuntiva ma va adeguatamente dimostrata, sussistendo in capo a chi formula l’eccezione di tardività l’onere particolarmente rigoroso di fornire elementi di giudizio idonei ad evidenziare detta anticipata conoscenza. Nella specie tali condizioni derogatorie della regula iuris sancita in giurisprudenza non sussistono, non essendo stato fornito un principio di prova in ordine all’avvenuta conoscenza del permesso di costruire in parola da parte della sig.ra Cosi in epoca antecedente allo spatium temporis dei sessanta giorni messi a disposizione della parte interessata per proporre ricorso giurisdizionale.

In particolare , al di là del fatto che l’inizio dei lavori risulta essere stato comunicato proprio il 27 ottobre 2011, non può invocare parte appellante come indizio di anticipata conoscenza l’esposto con cui il marito dell’attuale appellata e originaria ricorrente ( sig. Angelo Perone ) in data 21 ottobre 2011 inoltrava alla Polizia Municipale di Gallipoli istanza di sopralluogo all’Hotel Vittoria in ragione dell’”avvenuta chiusura dell’area di sua appartenenza” .

A prescindere dal fatto che la conoscenza dell’atto lesivo deve essere personale e diretta , senza che possa essere decisiva al riguardo il rapporto di coniugio (Cons. Stato Sez. IV 4/12/200 n.6486) , la nota estremamente sintetica fatta pervenire al Comune non vale certo a mettere in evidenza l’avvenuta piena conoscenza del contenuto dell’atto che ha autorizzato l’ampliamento in questione, in ordine alla natura, dimensioni , forma e consistenza di un realizzando manufatto a ridosso del proprio confine. Non si può quindi da ciò inferire la piena conoscenza dell’atto ritenuto lesivo sì che neppure si può validamente sostenere la tardività della connessa impugnativa.

Le considerazioni di fatto e di diritto sin qui esposte inducono ragionevolmente a considerare tempestivo il gravame di primo grado proposto dalla sig.ra Cosi.

Passando alle doglianze relative al merito della controversia all’esame, le critiche rivolte alle osservazioni e statuizioni rese dal primo giudice non colgono nel segno.

Nella specie è accaduto che il permesso in contestazione consente la realizzazione di un manufatto lungo il confine della proprietà Cosi, in aderenza con il box costruito a pianterreno e soprattutto, (circostanza, questa , decisiva) detto manufatto è in sopraelevazione nel senso che supera in altezza il piano di copertura così come ne supera la dimensione in lunghezza., fronteggiando il fabbricato dell’appellata ad una distanza inferiore a metri dieci, dandosi qui atto che tale ultimo dato non risulta essere stato smentito nella sua esistenza fisiologica.

Rimane altresì il fatto che la parete del fabbricato di proprietà Cosi ( quello posto a ridosso del box e che si eleva per due piani fuori terra ), nei confronti della quale si erge la parete del manufatto in ampliamento dell’Albergo Victoria, è contrassegnata ( come evidenziato nella documentazione agli atti) dalla presenza di finestre, di guisa che viene a concretizzarsi la violazione della disposizione di cui all’art.9 comma 1 n.2 del D.M. 2 aprile 1968 n.1444 che fissa inderogabilmente la distanza di 10 metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti.

La prescrizione in questione, avuto riguardo alle finalità di salvaguardia di esigenze igienico sanitarie dalla stessa perseguite è tassativa ed inderogabile ( ex plurimis Cons. Stato Sez. IV 12 giugno 2007 n.3094; idem 9 maggio 2011 n.2749 e 27 ottobre 2011 n. 5759) e nella specie le caratteristiche tipologiche degli immobili coinvolti impongono senz’altro l’applicazione del divieto di autorizzare una costruzione quale il manufatto in ampliamento dell’albergo de quo ad una distanza inferiore a quella stabilita dal citato art.9, come in concreto, invece, avvenuto.

Parte appellante deduce a giustificazione della legittimità del posizionamento dell’erigendo manufatto, due circostanze, a suo avviso di carattere derogatorio, ebbene:

a) quanto alla circostanza per cui il box della controinteressata sarebbe stato realizzato sul confine e a meno di 5 metri di distanza , l’esimente può valere solo per una costruzione in parallelo al box che però sia omologa al medesimo in quanto ad altezza e lunghezza , ma non fa venir meno lo standard fissato dal D.M. n.1444/68 laddove come nel caso di specie il manufatto successivamente autorizzato sopravanza il piano di copertura del preesistente box , ponendosi a meno di 10 metri dalla parete finestrata del fabbricato posto di fronte.

b) il fatto che l’art.9 non si applichi ad interventi di mera ristrutturazione, come si qualificherebbe l’intervento in ampliamento, ma solo a nuove costruzioni, neppure appare configurabile come causa giustificativa di esenzione dall’obbligo de quo, ove si rilevi che l’ampliamento autorizzato costituisce sicuramente “nuova costruzione”, esattamente coincidente con la tipologia edilizia sancita dalla norma de qua, non potendosi certo qualificare come modesto ampliamento o intervento di ristrutturazione o risanamento il manufatto da realizzarsi di fronte alla proprietà Cosi.

Infine non può costituire esenzione dall’ obbligo del rispetto della distanza dei dieci metri la normativa di tipo derogatorio recata dalle NTA del Comune di Gallipoli, dovendosi qui ancora una volta sottolineare come, stante il carattere tassativo e inderogabile del limite di distanza in controversia, non è ammessa deroga alla disposizioni recate dal D.M. n.1444/68 e, conseguentemente ogni previsione regolamentare in contrasto con l’anzidetto limite va disapplicata, stante la sua automatica sostituzione con la clausola legale della fonte normativa sovraordinata costituita appunto dall’art.9 citato ( Cons. Stato, Sez. IV 12 febbraio 2013 n.844).

Per quanto sopra esposto, l’appello, in quanto infondato, va respinto.

Le spese e competenze del presente grado del giudizio seguono la regola della soccombenza, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo Rigetta.

Condanna la parte appellante al pagamento delle spese e competenze del presente grado del giudizio che si liquidano complessivamente in euro 3.000,00 ( tremila//00 ) oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:

Giorgio Giaccardi, Presidente

Sergio De Felice, Consigliere

Raffaele Potenza, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere, Estensore

Oberdan Forlenza, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 26/11/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)