Consiglio di Stato Sez.VII n. 9302 del 30 ottobre 2023
Urbanistica.Vincolo cimiteriale

La salvaguardia dell’area di rispetto cimiteriale di 200 m. prevista dall’art. 338 T.U. 27 luglio 1934 n° 1265 si pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità, che non consente in alcun modo l’allocazione sia di edifici che di opere, anche pertinenziali incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici e rilevanti interessi pubblici che tale fascia intende tutelare, quali, anzitutto, le esigenze di natura igienico sanitaria e la salvaguardia della sacralità e del sentimento religioso che connota i luoghi destinati all’inumazione e alla sepoltura dei defunti

Pubblicato il 30/10/2023

N. 09302/2023REG.PROV.COLL.

N. 08602/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8602 del 2019, proposto dal signor Giammarco Cappuzzo, rappresentato e difeso dagli avvocati Marcello Cecchetti e Gian Luca Conti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Marcello Cecchetti in Roma, piazza Barberini, n 12;

contro

il Comune di Firenze, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Annalisa Minucci e Antonella Pisapia, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giuseppe Lepore in Roma, via Polibio, n. 15;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione Terza, n. 284/2019.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Firenze;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 87, comma 4-bis, c.p.a.;

Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 6 ottobre 2023 il Cons. Rosaria Maria Castorina e uditi gli avvocati Lorenzo Corsi su delega dell’avvocato Gian Luca Conti, per parte appellante, e Antonella Pisapia per parte appellata;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I precedenti proprietari dell’immobile, dante causa dell’appellante, depositavano SCIA n. 5768/2014 per opere di sistemazione esterna, con inserimento di una piscina, di un compendio immobiliare in area sottoposta a vincolo paesaggistico e cimiteriale, composto da una porzione dell’edificio ivi esistente e da un adiacente appezzamento di terreno.

In precedenza il Comune di Firenze aveva rilasciato l’autorizzazione paesaggistica n. 1020 del 9 giugno 2014 a seguito dei pareri favorevoli della Commissione per il paesaggio n. 410 del 30 aprile 2014 e della Soprintendenza n. 11105 del 30 maggio 2014.

In data 20 agosto 2014, il Dirigente adottava l’ordinanza n. 625 di divieto di prosecuzione degli interventi di cui alla SCIA 5768/2014, ai sensi dell’art. 86 comma 6 della LRT 1/2005, per il riscontrato contrasto con la disciplina urbanistico-edilizia dettata per le fasce di rispetto cimiteriale (artt. 56 delle NTA del PRG ed art. 46 del Regolamento Urbanistico adottato), in quanto il progetto“... prevede la realizzazione di una piscina pertinenziale con opere che comportano la permanente alterazione dello stato dei luoghi a livello interrato”. L’ordinanza di sospensione veniva notificata ai comproprietari ed al tecnico incaricato nel domicilio telematico eletto (ossia all’indirizzo di posta elettronica certificata del professionista) in data 20 agosto 2014.

Con nota del 17 settembre 2014, il tecnico delle parti private presentava istanza di riesame in autotutela.

Valutata l’istanza, con nota prot. 240799 del 7 ottobre 2014, il responsabile del procedimento, confermava quanto già disposto con l’ordinanza n.625/14 e comunicava, al contempo, l’avvio del procedimento di inefficacia della SCIA n. 5768/14 in quanto: - “Il Piano di settore Cimiteriale approvato con DCC 1629/99 ha inserito il cimitero del Pino fra quelli da ampliare” - “...l’area di intervento ricade all'interno della fascia di rispetto cimiteriale (cimitero del Pino), come definito dal vigente PRG, con la relativa disciplina (art. 56 delle NTA del PRG ed art. 46 del Regolamento Urbanistico adottato)” - “l’intervento in esame si pone in contrasto con tale disciplina in quanto prevede la realizzazione di una piscina interrata che comporta una permanente alterazione dei luoghi a livello interrato in contrasto con l’art.338 del Testo Unico Leggi Sanitarie approvato con R.D. 1265 del 1934 (vincolo cimiteriale)” .Anche tale comunicazione veniva notificata in data 8 ottobre 2014, ai comproprietari ed al tecnico incaricato, nel domicilio telematico eletto.

Con ricorso notificato in data 13 novembre 2014, il ricorrente – divenuto medio tempore proprietario dell’immobile - impugnava l’ordinanza di sospensione dei lavori e la comunicazione di avvio del procedimento di inefficacia della SCIA; con motivi aggiunti, notificati in data 2 febbraio 2015, impugnava anche l’ordinanza di inefficacia della SCIA.

Il TAR Toscana con la sentenza n. 284/2019 respingeva il ricorso ed i motivi aggiunti condannando alle spese di giudizio (€ 2.500,00).

Appellata ritualmente la sentenza resisteva il Comune di Firenze.

Nel corso del giudizio entrambe le parti depositavano rispettive memorie insistendo per le rispettive conclusioni.

All’udienza di smaltimento, in collegamento da remoto, del 6 ottobre 2023 la causa passava in decisione.

DIRITTO

1. Con il primo motivo di censura l’appellante deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 19, 21 quinquies e 21 nonies della legge n. 241/1990 anche in relazione agli artt. 84 e 84-bis della L.R. n. 1/2005 e all’art. 23 del d.P.R. n. 380/2001. Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo del difetto di istruttoria, illogicità, difetto dei presupposti e difetto di motivazione. Erronea indicazione delle norme di legge.

Evidenzia che con i primi tre motivi di ricorso, aveva evidenziato che l’Amministrazione, con il provvedimento di sospensione, non aveva esercitato il potere inibitorio di cui all’art. 23 comma 6 del d.P.R 380/2001 per inammissibilità dell’intervento, che invece risultava esercitato solo con la nota del 7 ottobre 2014, cioè ben oltre i 30 giorni previsti dall’art. 23, comma 6.

Lamenta che il mancato richiamo dell’art. 23, comma 6 del d.P.R. n. 380/2001 nella parte dispositiva non poteva essere derubricato a vizio formale o una mera irregolarità poiché aveva determinato una lesione dell’affidamento del privato nella ammissibilità dell’intervento condizionatamente alle integrazioni documentali richieste (schema delle condotte di scarico e illustrazione dei riferimenti utilizzati nella perizia giurata). Ribadiva che la Direzione Urbanistica avrebbe agito oltre i 30 giorni prescritti per legge, adottando peraltro una ordinanza (la n. 625/2014) viziata perché contenente il solo richiamo al comma 1 dell’art. 23 del DPR. n. 380/2001 e non il comma 6.

2. Con il secondo motivo di appello l’appellante deduce la violazione e comunque falsa applicazione degli artt. 19, comma 3 della legge n. 241/1990 anche in relazione agli artt. 84 e 84-bis della L.R. n. 1/2005. Violazione del principio di buona fede e correttezza dell’azione amministrativa e del legittimo affidamento.

Evidenzia che il Comune di Firenze, nell’ordinanza n. 625/2014, non solo aveva richiamato meramente l’art. 84, comma 6 della L.R. n. 1/2005, ma aveva anche comunicato al ricorrente la possibilità di integrare la documentazione ai sensi dell’art. 84, comma 7 della L.R. n. 1/2005, informandolo che “la mancata regolarizzazione della S.C.I.A. in riferimento alle carenze riscontrate e nei termini assegnati, comporterà: la dichiarazione di inefficacia delle S.C.I.A., e l’avvio del procedimento in materia di vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia ai sensi dell’art. 129 della L.R. 1/05”.

Sottolinea, a tal riguardo, che non avrebbe avuto alcun senso chiedere l’integrazione documentale e che la comunicazione non faceva alcun riferimento a un intervento ritenuto radicalmente inammissibile per contrasto con la disciplina di zona e i vincoli sovraordinati anche alla luce di interventi analoghi presenti in zona.

Le censure, suscettibili di trattazione congiunta, non sono fondate.

L’intervento di cui alla S.C.I.A insisteva nella fascia di rispetto dei 200 mt dal Cimitero del Pino e all’interno della fascia dei 50 metri dalla cinta perimetrale del medesimo cimitero, fascia - quest’ultima - non permeabile neppure per la realizzazione di opere pubbliche e/o per l’attuazione di interventi urbanistici di interesse pubblico (art. 338/IV comma TULS).

L’Amministrazione ha tempestivamente esercitato i poteri inibitorio-repressivi previsti dalla legislazione nazionale e regionale. L’ordinanza recante l’ordine di interruzione degli interventi di cui alla SCIA del 22 luglio 2014, infatti, è stata adottata e notificata agli interessati in data 20 agosto 2014, nel domicilio telematico eletto dai richiedenti (alla casella PEC del tecnico incaricato), entro il termine di 30 giorni dalla data di presentazione della SCIA secondo quanto previsto dall’art. 84 comma 6 della L.R.T. n. 1/2005 vigente all’epoca dei fatti.

Nel provvedimento è stato chiaramente evidenziato che la realizzazione della piscina non risultava conforme agli strumenti urbanistici approvati (art. 56 delle NTA del PRG) e con quelli adottati (art. 46 del regolamento Urbanistico adottato) e comportava, altresì, una permanente alterazione dello stato dei luoghi, in zona interessata da vincolo di inedificabilità assoluta ex art. 338 del TULPS, perché ricadente in fascia di rispetto cimiteriale.

La risposta del tecnico di parte avanzata in data 17 settembre 2014 evidenzia con chiarezza che non c’era stato alcun equivoco dei contenuti dell’ordinanza e che l’amministrazione aveva esercitato i propri poteri inibitorio-repressivi.

Privo di rilevanza è, dunque, il mancato richiamo all’art. 23 comma 6 del DPR n. 380/2001 che non integra certamente un vizio di legittimità del provvedimento, né rappresenta elemento alla stregua del quale valutare la natura del potere esercitato correttamente dall’Amministrazione.

Quanto all’esistenza di interventi analoghi, presenti in zona, la giurisprudenza è unanime nell’affermare che “A sostegno della dedotta illegittimità, come già riconosciuto dalla più recente giurisprudenza, non è sufficiente allegare l'assoluta identità fra la situazione oggetto del giudizio e le altre che si prendono come termine di paragone (elemento in ogni caso imprescindibile e da comprovare) ma occorre, altresì, "la dimostrazione che quanto si è fatto a favore dei terzi sia legittimo, non potendo certo essere invocata per chiedere l'estensione al proprio caso di un abuso commesso per favorire altri: (così per tutte C.d.S. sez. VI 1 settembre 2017 n. 4162 e 5 marzo 2013 n. 1298" (Cons. Stato. Sez. IV, 28 febbraio 2023, n. 2039)” (così, ex multis, Cons. Stato sez. VI, 11 luglio 2023, n.6793; in termini Cons. Stato sez. VI, 17 marzo 2016, n.1098).

3. Con il terzo motivo l’appellante deduce la violazione e, comunque, falsa applicazione degli art. 19 della legge n. 241/1990 nonché degli artt. 84-bis e 129 della L.R. n. 1/2005 in relazione all’art. 338 del R.D. n. 1265/1934, all’art. 56.6 delle N.T.A. del Piano Regolatore Generale del Comune di Firenze, all’art. 46 delle N.T.A. del Regolamento Urbanistico del Comune di Firenze adottato con deliberazione n. 2014/C/00013 del 25 marzo 2014 nonché all’art. 23 del Regolamento Edilizio del Comune di Firenze, approvato con delibera C.C. n. 14 del 25/03/2014. Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo del difetto di motivazione, difetto di istruttoria e contraddittorietà.

Evidenzia come la realizzazione di una piscina pertinenziale non si configura come intervento di “nuova edificazione, ampliamento e ristrutturazione urbanistica” vietato dall’art. 56.6.6 delle N.T.A. del P.R.G. vigente né è vietato ai sensi della normativa di cui al d.P.R. n. 380/2001, né che le prescrizioni urbanistiche di zona vietino qualunque intervento all’interno della fascia di rispetto cimiteriale né che escludano la configurabilità di un vincolo di pertinenzialità tra l’abitazione e la piscina.

Le censure non sono fondate.

Il Tar ha correttamente evidenziato che il vincolo imposto dall’art. 338 R.D. n. 1265/1934 e dall’art. 57 d.P.R. n. 285/1990 determina una situazione di inedificabilità ex lege che non necessita di essere recepito dagli strumenti urbanistici e, anzi, si impone ad essi operando come limite legale nei confronti delle previsioni urbanistiche locali eventualmente incompatibili. “Il vincolo a carattere assoluto non consente l'allocazione di edifici o costruzioni all'interno della fascia di rispetto, a tutela dei molteplici interessi pubblici cui quest'ultima presiede e che vanno dalle esigenze di natura igienico sanitaria, alla salvaguardia della peculiare sacralità dei luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, al mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale. Ed ancora, “a escludere linee edificabilità non rilevano la tipologia del fabbricato o la natura pertinenziale della costruzione, e gli unici interventi assentibili all'interno della fascia di rispetto sono quelli indicati dal settimo comma dell'articolo 338 cit. sugli edifici esistenti, con il limite della funzionalità all'utilizzo degli edifici stessi, mentre è attivabile nel solo interesse pubblico la procedura di riduzione della fascia inedificabile a non meno di cinquanta metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale (…)”.

Le prescrizioni di zona escludono la realizzazione di ogni intervento edilizio anche di tipo pertinenziale, posto che l’art. 56.6 delle NTA del PRG vieta espressamente la realizzazione di nuovi edifici e, per quelli esistenti, inibisce espressamente “nuova edificazione, ampliamento e ristrutturazione urbanistica”.

Vero è che l’art. 23 primo comma del Regolamento Edilizio annovera, al primo comma, le piscine tra le opere di sistemazione delle aree scoperte di pertinenza degli edifici, tuttavia, al secondo comma precisa che, “dette opere sono attuabili ... ferme restando le limitazioni e prescrizioni del vigente strumento urbanistico e del Regolamento Edilizio” che nella specie vietano interventi anche di tipo pertinenziale.

4. Con il quarto motivo l’appellante deduce la violazione e comunque falsa applicazione degli artt. 19, 21 quinquies e 21 nonies della legge n. 241/1990 anche in relazione agli artt. 84 e 84-bis della L.R. n. 1/2005 e all’art. 23 del d.P.R. n. 380/2001. Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo del difetto di istruttoria, illogicità, difetto dei presupposti e difetto di motivazione. Omessa pronuncia.

Evidenzia che la sentenza impugnata, ai fini del rigetto del ricorso introduttivo, affermava erroneamente che il vincolo imposto dall'art. 338, r.d. n. 1265/1934 e dall’art. 57 d.P.R. n. 285/1990 determina una situazione di inedificabilità ex lege che non necessita di essere recepito dagli strumenti urbanistici, e anzi, si impone ad essi operando come limite legale nei confronti delle previsioni urbanistiche locali eventualmente incompatibili. Il vincolo cimiteriale costituisce un vincolo assoluto d’inedificabilità, ma tale vincolo riguarda esclusivamente le nuove costruzioni e non riguarda invece le opere di sistemazione esterna a natura pertinenziale che non possono essere considerate nuove costruzioni conformemente a quanto previsto nel regolamento edilizio del Comune di Firenze.

La censura deve essere disattesa.

La salvaguardia dell’area di rispetto cimiteriale di 200 m. prevista dall’art. 338 T.U. 27 luglio 1934 n° 1265 si pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità, che non consente in alcun modo l’allocazione sia di edifici che di opere, anche pertinenziali incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici e rilevanti interessi pubblici che tale fascia intende tutelare, quali, anzitutto, le esigenze di natura igienico sanitaria e la salvaguardia della sacralità e del sentimento religioso che connota i luoghi destinati all’inumazione e alla sepoltura dei defunti ( così C.d.S. Sez. IV 27 gennaio 2011 n. 609; si vedano anche, ex multis C.d.S. Sez. IV 10 agosto 2007 n. 4415, C.d.S. Sez. V 3 maggio 2007 n° 1933;; Cass. Civ. Sez. I 29.11.2006 n. 25364).

5. Con il quinto motivo di censura l’appellante deduce la violazione e, comunque, falsa applicazione dell’art. 26 c.p.a. Difetto di motivazione.

Lamenta l’ingiustizia della condanna alle spese di lite che non teneva in adeguato conto: (i) dell’esercizio equivoco del potere di inibitoria da parte del Comune di Firenze ai sensi dell’art. 84, comma 6 della L.R. n. 1/2005, anziché ai sensi dell’art. 23, comma 6 del d.P.R. n. 380/2001; (ii) dell’esercizio contraddittorio del potere inibitorio da parte del Comune di Firenze, con il quale ha lasciato intendere la sanabilità e, quindi, la sostanziale ammissibilità dell’intervento proposto con la SCIA poi dichiarata inefficace; (iii) della qualificazione – quantomeno – perplessa dell’intervento proposto come intervento avente “natura pertinenziale” – e come tale ammissibile - che discende direttamente dalle stesse norme contenute nel Regolamento Edilizio del Comune di Firenze; (iv) del fatto che lo stesso Regolamento Urbanistico del Comune di Firenze “censisce” altre quattro piscine nella fascia di rispetto del Cimitero del Pino di cui è causa.

La censura non è fondata.

Il giudice di primo grado ha fatto corretta applicazione del principio di soccombenza.

La pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata sotto il profilo della mancanza di motivazione poiché il principio di soccombenza, esplicato nell’art. 91 codice di procedura civile, esprime una regola destinata ad operare per l’attribuzione del carico delle spese di lite e cioè alla parte le cui richieste siano state disattese dal giudice.

L’appello deve essere, pertanto respinto.

Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento, in favore del Comune di Firenze, delle spese di grado che liquida in € 4000,00 oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in collegamento da remoto nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2023 con l'intervento dei magistrati:

Giovanni Sabbato, Presidente FF

Giovanni Tulumello, Consigliere

Laura Marzano, Consigliere

Rosaria Maria Castorina, Consigliere, Estensore

Brunella Bruno, Consigliere