Consiglio di Stato Sez. II n. 5831 del 7 luglio 2025
Urbanistica.Valutazione unitaria dell'abuso edilizio
In materia di abusi edilizi, questi devono valutarsi unitariamente nella loro globalità, in conformità al principio secondo cui la valutazione dell'abuso edilizio presuppone una visione complessiva e non atomistica delle opere realizzate. L'opera edilizia abusiva va infatti identificata con riferimento all'immobile o al complesso immobiliare, essendo irrilevante il frazionamento dei singoli interventi avulsi dalla loro incidenza sul contesto immobiliare unitariamente. Ed, invero, il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio o al paesaggio deriva, non da ciascun intervento in sé considerato, ma dall'insieme dei lavori nel loro contestuale impatto edilizio e paesistico e nelle reciproche interazioni
Pubblicato il 07/07/2025
N. 05831/2025REG.PROV.COLL.
N. 05928/2022 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5928 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, -OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avvocati Davide Morri, Andrea Mussoni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Rimini, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Simona Gessaroli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna - Bologna, Sez. II n. 1043/2021
Visti il ricorso in appello depositato in data 19.7.2022 da -OMISSIS- ed -OMISSIS- e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione del Comune di Rimini, depositato il 17.12.2024;
Vista la memoria del Comune di Rimini depositata il 29.5.2025.
Vista la memoria di replica depositata il 12.06.2025 dagli appellanti;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 2 luglio 2025 il Cons. Maria Grazia Vivarelli e uditi per le parti gli avvocati Simona Gessaroli e Davide Morri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. I signori -OMISSIS- proponevano ricorso straordinario al Capo dello Stato in data 10.06.2015 avverso l’ordinanza di ingiunzione alla demolizione prot. 116197 del 25.06.2014, emessa dal Settore Sportello Unico per l’Edilizia, U. O. Servizi Giuridico Amministrativi Ufficio Controlli Edilizi del Comune di Rimini, con cui si ordinava la demolizione delle opere di seguito descritte:
“a) Manufatto in muratura delle dimensioni di mt. 13,70 per mt. 11,20; b) manufatto in legno di m. 3,15 per mt. 2,00 avente altezza massima di mt. 2,50 e minima di mt. 2,15; c) manufatto in legno di m. 3,15 per m. 2,00, avente altezza massima di mt. 2,50 e minima di mt. 2,15; d) container di mt. 5,00 per mt. 2,40; e) container di mt. 2,40 per mt. 2,40; f) container di mt. 6,00 per mt. 2,40 posto al di sotto di tettoia; g) tettoia di mt. 10 per mt. 8,50 altezza massima di mt. 5,20 minima di 4,90 costituita da struttura portante in travi di ferro, con copertura ad una falda in pannelli coibentati; lateralmente la copertura è sporgente rispetto all’intelaiatura portante e dimensiona, pertanto, mt. 12,00 per mt. 8,50; h) struttura di mt. 6,40 per mt. 9,10 avente altezza massima di mt. 2,80 minima di mt. 2,60 costituita da intelaiatura di ferro, copertura in ondulato in lamiera; i) silos avente una base di mt. 2,50 per mt. 2,50; l) capanno in lamiera di mt. 5,00 per mt. 2,50; m) capanno di mt. 11,20 x 13,69 = 153,32 mq, altezza 2,80 per 3,45 mt, realizzato in muratura con copertura in eternit, destinato a deposito; n) cancellata sulla via Santa Aquilina insistente sui mappali 119-120-121”.
2. Il provvedimento veniva notificato al sig. -OMISSIS-, nella sua residenza in Ucraina, nella qualità indicata nel provvedimento stesso di soggetto “proprietario e committente”, al figlio, sig. -OMISSIS-, individuato nel provvedimento come soggetto “utilizzatore materiale del terreno”, ma non agli altri due figli ed attuali appellanti, anch’essi interessati in quanto eredi e quindi proprietari del complesso immobiliare del padre, fu -OMISSIS-.
3. -OMISSIS- ed -OMISSIS-, in qualità di eredi di -OMISSIS-, a seguito di trasposizione in sede giurisdizionale, si costituivano innanzi al TAR Bologna per la prosecuzione del giudizio.
Lamentavano che l’ordinanza in questione era stata notificata al padre, in qualità di proprietario e committente delle opere ritenute abusive (alcuni manufatti in muratura o in legno, nonché dei container, una tettoia ed altre strutture di dimensioni variabili), nonché al fratello -OMISSIS-, in qualità di utilizzatore materiale del terreno interessato, ma non nei loro confronti, benché eredi di -OMISSIS- e come tali anch’essi tenuti al ripristino.
Pertanto, i ricorrenti si dolevano dell’illegittimità dell’eventuale successivo provvedimento di acquisizione dell’area nei loro confronti in caso di inottemperanza dell’ordine demolitorio da parte dei destinatari dell’ordinanza di demolizione, non essendo stato tale ultimo provvedimento notificato anche nei confronti dei ricorrenti, rimasti pertanto formalmente estranei alla vicenda.
Nel merito, i ricorrenti deducevano la violazione di legge ed eccesso di potere in quanto le opere contestate non sarebbero manufatti stabili, bensì opere precarie ed amovibili, come tali non richiedenti alcun titolo edilizio o comunque non sanzionabili mediante demolizione, bensì in via solo pecuniaria; inoltre, vi sarebbe difetto di motivazione sull’interesse pubblico perseguito.
4. Con sentenza n. 1043/2021, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna – Bologna, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 786/2015, lo respingeva, condannando parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore della resistente e le liquidava in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00).
4.1. In particolare, il giudice di prime cure riteneva sufficiente la notifica ad un solo comproprietario, osservando comunque che i ricorrenti ne avevano avuto piena conoscenza.
Precisava che gli eredi subentrano in toto nei diritti e doveri del de cuius, compreso l’onere di riportare il sito allo stato precedente, anche se non artefici diretti dell’abuso.
4.2. Nel merito, le censure sollevate, già respinte nella sentenza TAR n. 140/2021, venivano integralmente richiamate e confermate. In particolare, precisava il giudice di prime cure che l’origine dell’azione faceva capo a una segnalazione del Corpo Forestale (24.2.2009) per deposito abusivo di rifiuti e materiali in zona agricola vincolata. Gli accertamenti (2011-2012) hanno qualificato le opere come “nuova costruzione” ai sensi dell’Allegato L.R. 31/2002 (lett. g1 e g5) e dell’art. 3 e 7 del D.P.R. 380/2001. Pertanto, l’ordine ripristinatorio è stato emesso valutando l’insieme degli abusi riscontrati, ritenuti complessivamente idonei a determinare una trasformazione urbanistico/edilizia dei luoghi che avrebbe necessitato il previo rilascio di idoneo titolo edilizio, sicché l’atto adottato non avrebbe potuto avere contenuto diverso, atteso che ex art. 3, lett. e.7, del D.P.R. n. 380/2001 anche i depositi di merce, qualora comportanti trasformazione permanente del suolo inedificato, costituiscono interventi di nuova costruzione.
In particolare, i manufatti – depositi permanenti non temporanei – trasformavano stabilmente il suolo inedificato, richiedendo titolo edilizio preventivo.
Non era necessaria, dunque, una motivazione aggiuntiva sulla sanzione in quanto l’abusività di per sé impone il ripristino, a tutela dell’interesse pubblico.
Infine, essendo l’abuso realizzato consapevolmente, non sussisteva alcun affidamento legittimo nella conservazione delle opere.
5. I signori -OMISSIS- ed -OMISSIS- proponevano appello avverso la predetta sentenza.
6. Si costituiva il Comune di Rimini, con atto depositato il 17.12.2024, cui seguiva una memoria difensiva depositata il 29.5.2025, con cui l’amministrazione insisteva per il rigetto dell’appello con vittoria di spese.
7. Replicavano gli appellanti con memoria depositata il 12.6.2025.
8. Nella pubblica udienza del 2 luglio 2025, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Preliminarmente, deducono gli appellanti vizi della sentenza impugnata per contrasto tra chiesto e pronunciato in quanto, contrariamente a quanto dedotto in ricorso ed erroneamente considerato dai giudici di prime cure, i signori -OMISSIS- non si sarebbero doluti della mancata notifica nei loro confronti dell’ordinanza ingiunzione – ciò essendo stato evidenziato solo ai fini di legittimare la loro impugnazione nei termini che decorrevano dalla effettiva conoscenza del provvedimento stesso - , ma della loro estraneità agli abusi contestati che si rifletterebbe sulla illegittimità di un eventuale atto di acquisizione gratuita al patrimonio del Comune.
La censura è inammissibile in quanto l’atto di acquisizione gratuita al patrimonio del Comune non è mai stato adottato dall’amministrazione e, pertanto, non è nemmeno oggetto del contendere.
2. Nel merito, deducono erroneità della sentenza nella parte in cui conferma la legittimità dell’ordinanza ingiunzione volta alla demolizione di opere che sarebbero mobili ed amovibili, difetto di istruttoria e carenza di motivazione; erroneità della pronuncia nella parte in cui ritiene che possa ordinarsi la demolizione di manufatti che potrebbero erigersi mediante segnalazione certificata di inizio attività.
2.1. Ritiene il Collegio che i giudici di primo grado, nel respingere le censure qui riproposte, correttamente hanno affermato che “nel caso in discussione l’ordine ripristinatorio è stato emesso valutando l’insieme degli abusi riscontrati, ritenuti complessivamente idonei a determinare una trasformazione urbanistico/edilizia dei luoghi che avrebbe necessitato il previo rilascio di idoneo titolo edilizio (vedi tar Bologna, sentenza n. 173 del 2019, Tar Toscana, sentenza n. 1621 del 2020, Consiglio di Stato, sentenza n. 7601 del 2019), sicché l’atto adottato non avrebbe potuto avere contenuto diverso, atteso che ex art. 3 lett. e.7 del D.P.R. n. 380/2001 anche i depositi di merce, qualora comportanti trasformazione permanente del suolo inedificato, costituiscono interventi di nuova costruzione (vedi Tar Campania, sez. VII, n. 1518 del 25.3.2008; Cass. Pen. Sez. III, n. 10708 del 28.1.2009; Cons. di Stato sez. VI, n. 520/2014)”.
Come noto, la giurisprudenza è orientata sulla necessarietà di un apprezzamento unitario e complessivo degli abusi realizzati, peraltro, in area sottoposta a vincolo di tutela paesaggistico – ambientale. In materia di abusi edilizi, infatti, questi devono valutarsi unitariamente nella loro globalità, in conformità al principio secondo cui la valutazione dell'abuso edilizio presuppone una visione complessiva e non atomistica delle opere realizzate. L'opera edilizia abusiva va infatti identificata con riferimento all'immobile o al complesso immobiliare, essendo irrilevante il frazionamento dei singoli interventi avulsi dalla loro incidenza sul contesto immobiliare unitariamente. Ed, invero, il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio o al paesaggio deriva, non da ciascun intervento in sé considerato, ma dall'insieme dei lavori nel loro contestuale impatto edilizio e paesistico e nelle reciproche interazioni (in tal senso T.A.R. Liguria Genova, Sez. II, 26/04/2025, n. 490; Cons. Stato, Sez. VI, Sentenza, 18/11/2024, n. 9240: “In presenza di una pluralità di abusi edilizi, non è possibile parcellizzare gli illeciti. È necessario un apprezzamento globale delle opere per valutarne l'incidenza sull'assetto del territorio, in quanto una considerazione atomistica non consente di comprendere in modo adeguato l'impatto complessivo”.).
Né è possibile accedere alla tesi degli appellanti sulla qualificazione delle opere come amovibili e quindi non necessitanti titolo edilizio, in quanto, non tutte le opere oggetto di ordinanza sono amovibili e, inoltre, anche quelle leggere rientrano nell’allegato alla L.R. 31/2002, lett. g) "interventi di nuova costruzione", ove per tali si intendono gli interventi di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti. Sono comunque da considerarsi tali: g.1) la costruzione di manufatti edilizi fuori terra interrati, ovvero l'ampliamento di quelli esistenti all'esterno della sagoma esistente, fermo restando per gli interventi pertinenziali, quanto previsto al punto g.6); g.5) l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee.
3. Deducono, poi, erroneità della sentenza, difetto di motivazione, omessa pronuncia, in ordine alla ritenuta fondatezza del provvedimento di demolizione opposto nella parte in cui tocca un manufatto ante legge ponte. Lamentano gli appellanti che il provvedimento impugnato colpisce anche, al n. 11 dell’elenco delle opere abusive, il “capanno di mt. 11,20x13,69=153,32 mq, altezza 2,80 x 3,45mt, realizzato in muratura con copertura in eternit, destinato a deposito”, che sarebbe assentibile in quanto, nella sua parte originaria, era stato edificato in epoca risalente alla Legge Ponte n. 765/1967 e pertanto non necessitava né necessita tuttora di titolo edilizio.
3.1. Come eccepisce fondatamente il Comune resistente, trattasi di un motivo nuovo dedotto per la prima volta in appello e, quindi, inammissibile.
4. Conclusivamente, l’appello va respinto in quanto infondato.
5. Le spese del grado, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna gli appellanti, in solido, al pagamento delle spese di lite liquidate in E. 4.000,00, oltre accessori.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare gli appellanti.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2025, tenutasi da remoto, con l'intervento dei magistrati:
Fabio Franconiero, Presidente FF
Davide Ponte, Consigliere
Maria Grazia Vivarelli, Consigliere, Estensore
Francesca Picardi, Consigliere
Roberto Michele Palmieri, Consigliere