Consiglio di Stato Sez. VI n. 9655 del 3 novembre 2022
Urbanistica.Valutazione globale delle opere abusive

Al fine di valutare l'incidenza sull'assetto del territorio di un intervento edilizio consistente in una pluralità di opere, occorre compiere una valutazione globale delle opere medesime, mentre non possono essere presi in considerazione i singoli interventi in modo “atomistico”, come se fossero del tutto slegati l’uno dall’altro. La valutazione dell'abuso edilizio richiede una visione complessiva e non atomistica delle opere realizzate, sicché non è dato scomporne una parte per negare l'assoggettabilità ad una determinata sanzione demolitoria, in quanto il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio deriva non da ciascun intervento ma dall'insieme delle opere nel loro contestuale impatto edilizio e nelle reciproche interazioni.


Pubblicato il 03/11/2022

N. 09655/2022REG.PROV.COLL.

N. 06547/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6547 del 2016, proposto da
Partenomac S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Francesco Di Lorenzo, con domicilio eletto presso lo studio Giancarlo Viglione in Roma, Lungotevere dei Mellini, 17;

contro

Comune di Napoli, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Andreottola, Fabio Maria Ferrari, Giacomo Pizza, con domicilio eletto presso lo studio Nicola Laurenti in Roma, via F. Denza, 50/A;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Quarta) n. 00090/2016, resa tra le parti, concernente ordine di ripristino dello stato dei luoghi.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Napoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 ottobre 2022 il Cons. Oreste Mario Caputo e uditi per le parti gli avvocati Francesco Di Lorenzo e Fabio Garella in sostituzione dell'avv. Giacomo Pizza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.È appellata la sentenza del Tribunale Amministrativo della Regione Campania n. 90/2016, resa ai sensi dell’art. 74 c.p.a., di reiezione del ricorso proposto da Partenomac s.r.l. avverso l’ordinanza di demolizione e ripristino dei luoghi (n. 263/A del 27.06.2015) del Comune di Napoli, avente ad oggetto la realizzazione di soppalco all’interno del capannone di proprietà.

2. La società ricorrente ha dedotto nei motivi d’impugnazione la violazione dell’art. 3, co. 1, lett. b) d.P.R. 380/01, come modificato dall'art. 17, comma 1, lett. a), nn. 1) e 2), d.l.12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla l. 11 novembre 2014, n. 164.

Per effetto della riforma del 2014, i soppalchi, secondo al prospettazione della ricorrente, sarebbero assentibili anche se incidono sul carico urbanistico, e, rientrando negli interventi di cui all’art. 6 t.u.ed. realizzabili senza il previo rilascio del permesso di costruire; per quanto concerne i piccoli vani wc, anche la loro realizzazione rientrerebbe negli interventi di manutenzione straordinaria, con applicabilità della disciplina sopra ricordata.

Inoltre passati oltre trent’anni dalla realizzazione delle opere sanzionate, la demolizione non sarebbe stata giustificata.

3. Il Tar ha respinto il ricorso.

La normativa richiamata dalla ricorrente (i.e. la riforma di cui al d.l. n. 133/2014, convertito in legge n. 164/2014), secondo i giudici di prime cure, non è applicabile ratione temporis perché entrata in vigore dopo la realizzazione delle opere abusive contestate; e, in ogni caso, la realizzazione di un soppalco non rientra tra gli interventi di manutenzione straordinaria ai sensi dell’art. 3 comma 1 lett. b) d.P.R. 380/2001 neppure dopo le modifiche normative introdotte nel 2014.

S’è aggiunto in sentenza che la realizzare di un soppalco è subordinata alla presentazione della SCIA, mancante nel caso di specie; e l’attività di repressione degli abusi edilizi, non soggetta a termini di decadenza o di prescrizione, deve essere esercitata anche a notevole distanza di tempo dalla commissione dell’abuso.

4. Appella la sentenza Partenomac s.r.l.. Resiste in giudizio il Comune di Napoli.

5. Alla pubblica udienza del 6 ottobre 2022 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.

6. Con il primo motivo d’appello, la società Partenomac s.r.l. lamenta la violazione dell’art. 7 della CEDU, per aver il Giudice ritenuto non applicabile alla fattispecie la normativa più favorevole entrata in vigore nel 2014.

A sostegno della propria tesi, l’appellante richiama la sentenza del TAR Lazio, Roma, sez. I, 20/04/2015, (ud. 25/03/2015, dep. 20/04/2015), n.5759.

6.1 Il motivo è infondato.

La sentenza non è pertinente perché ha ad oggetto una sanzione amministrativa irrogata dalla AGCM, sanzione che, forza dei “criteri Engel”, ha carattere afflittivo e, pertanto, rientra nel perimetro dell’art. 7 CEDU.

Viceversa la sanzione edilizia, qui impugnata, ha natura reale, colpisce la res abusiva, avendo lo scopo di ripristinare l’assetto urbanistico ed edilizio alterato per effetto della realizzazione dell’abuso.

7. Con il secondo e terzo motivo d’appello che. in ragione dei medesimi argomenti dedotti a sostegno, possono esser trattati congiuntamente, l’appellante censura l’errore di giudizio in cui sarebbe incorso il giudice di primo grado nel ritenere che la realizzazione di un soppalco non rientra tra gli interventi di manutenzione straordinaria ai sensi dell’art. 3 c. 1 lett. b) d.P.R. 380/01.

Il TAR avrebbe dovuto considerate la modesta dimensione dell’opera, nonché l’assenza di un aggravio del carico urbanistico.

Inoltre, si lamenta la mancata applicazione dell’art. 37 d.P.R. 380/2001: posto che la realizzazione del soppalco è subordinata alla presentazione della SCIA, il Tar avrebbe dovuto, in ogni caso, annullare il provvedimento demolitorio per applicare la sanzione pecuniaria prevista specificatamente dall’art. 37 t.u.ed. per gli interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività.

7.1 Il motivo, ancor prima che in diritto, è infondato in fatto.

Il soppalco ha infatti notevoli dimensioni estendendosi per oltre 140 mq e precisamente per 150 mq.

Sotto il profilo della qualificazione giuridica, l’intervento abusivo realizzato dalla società ricorrente s’inscrive nel novero degli interventi, ex art. 10 comma 1, lett. c) t.u.ed., di “ristrutturazione che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente” espressamente esclusi, ai sensi del combinato disposto degli artt. 37 e 22 commi 1 e 2 , t.u. ed., dall’applicazione della sanzione pecuniaria in luogo di quella ripristinatoria prescritta dall’art. 31 t.u.ed.

8. Con il quarto motivo d’appello, Partenomac s.r.l. lamenta l’omissione di pronuncia con riferimento al motivo di ricorso riguardante la realizzazione dei “piccoli vani w.c.”. Questi ultimi sarebbero pienamente conformi alla disciplina urbanistico-edilizia e pertanto non poteva essere qualificati quali opere abusive.

8.1 Il motivo è infondato.

Al fine di valutare l'incidenza sull'assetto del territorio di un intervento edilizio consistente in una pluralità di opere, occorre compiere una valutazione globale delle opere medesime, mentre non possono essere presi in considerazione i singoli interventi in modo “atomistico”, come se fossero del tutto slegati l’uno dall’altro. La valutazione dell'abuso edilizio richiede una visione complessiva e non atomistica delle opere realizzate, sicché non è dato scomporne una parte per negare l'assoggettabilità ad una determinata sanzione demolitoria, in quanto il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio deriva non da ciascun intervento ma dall'insieme delle opere nel loro contestuale impatto edilizio e nelle reciproche interazioni.

9. Con il quinto motivo d’appello, l’appellante lamenta che il TAR avrebbe dovuto considerato il legittimo affidamento maturato per effetto del considerevole lasso di tempo tra la commissione dell’illecito e la sua repressione.

9.1 Il motivo è infondato.

In materia di abusivismo edilizio non può essere invocato il legittimo affidamento del privato e la necessaria presenza di particolari ragioni di pubblico interesse alla demolizione: il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse – diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata – che impongono la rimozione dell’abuso.

Il principio non ammette deroghe neanche nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione (cfr., Cons. stato., ad plen n. 7 del 2017).

10. Conclusivamente l’appello deve essere respinto.

Sussistono giustificati motivi, individuabili nella particolarità della situazione di fatto dedotta in causa, per compensare le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese del grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2022 con l'intervento dei magistrati:

Giancarlo Montedoro, Presidente

Alessandro Maggio, Consigliere

Oreste Mario Caputo, Consigliere, Estensore

Giordano Lamberti, Consigliere

Lorenzo Cordi', Consigliere