Consiglio di Stato Sez. II n. 2443 del 24 marzo 2025
Urbanistica.Silenzio–assenso sulle domande di condono edilizio

Il silenzio – assenso sulle domande di condono edilizio (ai sensi delle leggi n. 47 del 1985 e n. 724 del 1994) non si perfeziona per il solo fatto dell’inutile decorso del termine perentorio a far data dalla presentazione della domanda di sanatoria e del pagamento dell’oblazione, se non sopravviene la risposta degli uffici comunali, occorrendo altresì l’acquisizione della prova, da parte dei predetti uffici, della sussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi stabiliti dalle specifiche disposizioni di settore, da verificarsi all’interno del relativo procedimento

 

Pubblicato il 24/03/2025

N. 02443/2025REG.PROV.COLL.

N. 05654/2021 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5654 del 2021, proposto da -OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati Stefano Ceni e Domenico Iaria, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Domenico Iaria in Roma, corso Vittorio Emanuele II n. 18;

contro

Comune di Firenze, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Annalisa Minucci, Antonella Pisapia e Matteo Romeo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Lepore in Roma, via Polibio n. 15;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza) n. 1665/2020, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Firenze;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 15 gennaio 2025 il Consigliere Annamaria Fasano e viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso proposto dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, -OMISSIS- impugnava il provvedimento di diniego della domanda di concessione in sanatoria n. 5 del 30.11.2010, emesso dalla Direzione Urbanistica del Comune di Firenze, relativamente al ‘frazionamento dell’unità immobiliare posta al piano sottotetto per la realizzazione di un appartamento per civile abitazione’, nonché del titolo abilitativo edilizio in sanatoria n. 80 del 30.11.2010, in merito alla ‘destinazione sottotetto categoria catastale C2 e privo di servizio igienico’.

La ricorrente riferiva che in data 20 ottobre 2004 aveva presentato, ai sensi e per gli effetti della L.R. Toscana n. 53 del 2004, due domande di concessione edilizia in sanatoria per il frazionamento dell’unità immobiliare sita in Firenze, via delle Porte Nuove n. 40, piano U, q1, posta al piano sottotetto, per la realizzazione di due appartamenti per civile abitazione e la copertura della terrazza di pertinenza.

In data 14 giugno 2010, i tecnici del Comune effettuavano un sopralluogo presso le suddette unità immobiliari verificando, quanto al cambio di destinazione d’uso, che: “rispetto a quanto rappresentato come stato finale nei grafici allegati alla domanda di condono A/2652 (unico vano denominato ‘monolocale’, ma privo di angolo cottura e servizio igienico) è stata realizzata una tramezzatura in cartongesso (ancora da rifinire) per delimitare un vano da adibire a bagno, denunciato con DIA 1929/07 già sospesa con Ordinanza n. 940/07; in tale vano i servizi igienici (lavabo, bidet, doccia e wc) sono semplicemente poggiati sul pavimento, privi di ogni attacco sia di carico che di scarico: l’impianto di scarico è assente (sia per le acque scure che per le acque chiare), mentre in parete sono presenti i tubi di carico accecati e un rubinetto generale di chiusura acqua; sono presenti due tubi di carico acqua accecati con relativo scarico sottostante, per il quale non è stato possibile verificarne l’effettivo allacciamento ad una rete di scarico; non risultano, invece, gli attacchi del gas per l’angolo cottura e tanto meno la delimitazione dello stesso”, pertanto “ da quanto sopra accertato e dalla documentazione agli atti della domanda di condono edilizio A/2652, è risultato che né al 31.3.2003 (termine di realizzazione delle opere abusive per poter accedere alla disciplina di cui alla L.R.T. 54/2004) né ancora oggi, l’unità immobiliare in questione è funzionalmente ultimata per l’uso di autonoma civile abitazione. Si propone, pertanto, in ragione della realizzazione del frazionamento, di definire la domanda di condono A/2652 come frazionamento di un più ampio sottotetto che ha determinato la creazione di una nuova unità immobiliare ad uso soffitta non abitabile”.

Il Comune di Firenze, con provvedimento del 20 luglio 2010, rilasciava il titolo edilizio in sanatoria relativamente alla posizione N/2651 per le opere realizzate al primo piano e per una parte del piano sottotetto, mentre, in data 27 luglio 2010, notificava alla ricorrente la comunicazione di avvio del procedimento di diniego per il cambio di destinazione da soffitta a civile abitazione, relativamente alla posizione A/2652.

L’Amministrazione comunale, con provvedimento n. 5 del 2010, negava la concessione edilizia in sanatoria relativamente alla copertura della terrazza e al cambio di destinazione dell’unità abitativa al piano sottotetto.

2. -OMISSIS-, con il ricorso introduttivo, lamentava eccesso di potere e contraddittorietà della motivazione del provvedimento di diniego, in quanto il Comune di Firenze aveva erroneamente affermato che le opere del cambio di destinazione non risultavano ultimate funzionalmente all’uso di autonoma civile abitazione.

In particolare, la ricorrente sosteneva che l’Amministrazione aveva erroneamente ritenuto il vano sottotetto non completato funzionalmente alla data di scadenza del termine ultimo per la presentazione dell’istanza di sanatoria, in quanto era emerso dagli accertamenti effettuati dall’Ufficio che, a quella data, erano già presenti tutti gli impianti e che mancavano soltanto gli allacci, con la conseguenza che il completamento funzionale dell’immobile aveva fatto decorrere il termine biennale per la formazione del silenzio assenso sull’istanza di sanatoria.

3. Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, con sentenza n. 1665 del 2020, respingeva il ricorso, atteso che, ai sensi dell’art. 31 d.l. n. 269 del 2003, con riferimento alle costruzioni non destinate a residenza e alle opere interne agli edifici esistenti (fattispecie applicabile al caso di specie), la nozione di ultimazione dei lavori coincideva con il completamento funzionale, che le emergenze processuali escludevano si fosse verificato. La copertura della terrazza, inoltre, non risultava comunque condonabile perché determinava un incremento della SUL e una modifica dell’aspetto esteriore del fabbricato ricadente in area tutelata da vincolo ambientale, in contrasto con la normativa sul condono e con gli strumenti urbanistico – edilizi.

Secondo il Collegio di prima istanza non si era formato neppure il silenzio - assenso, come pretendeva la ricorrente, in quanto l’art. 5, comma 5, della L.R. n. 53 del 2004 espressamente escludeva il silenzio – assenso, prevedendo la necessità di emanazione di un provvedimento finale, e ciò nella parte in cui era previsto che ‘il provvedimento finale da notificare all’interessato, è adottato entro il termine di due anni dalla data di presentazione della domanda’, con la conseguenza che l’inerzia dell’Amministrazione poteva essere considerata mero inadempimento.

Il T.A.R. riteneva, altresì, che l’infondatezza delle censure relative alla domanda di annullamento consentiva di respingere anche la richiesta di restituzione dell’oblazione, in relazione alla quale andava preliminarmente chiarito che sussisteva la giurisdizione del giudice amministrativo.

4. Con atto di appello, notificato nei termini e nelle forme di rito, -OMISSIS- ha impugnato la suddetta pronuncia, sollevando le seguenti censure: “1) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32 del d.l. n. 269 del 30 settembre 2003 convertito con legge di conversione 24 novembre 2003, n. 326; violazione e/o falsa applicazione legge 47 del 1985; violazione e/o falsa applicazione LRT 53 del 2004. Erroneità della pronuncia per non aver riconosciuto l’intervenuto mutamento di destinazione d’uso dell’unità abitativa frazionata entro il 31 marzo 2003 in evidente travisamento dei fatti desumibile dall’erroneità della motivazione; 2) Violazione e/o falsa applicazione art. 35 legge 47 del 1985. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32 del d.l. n. 269 del 30 settembre 2003 convertito con legge di conversione 24 novembre 2003, n. 326; violazione e/o falsa applicazione LRT 53 del 2005. Erroneità della sentenza per erronea motivazione e travisamento dei fatti nella parte in cui ha ritenuto la non condonabilità del mutamento di destinazione d’uso del sottotetto in abitazione quale conseguenza della non condonabilità della chiusura della terrazza; 3) Violazione e/o falsa applicazione art. 35 legge 47 del 1985. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32 del d.l. n. 269 del 30 settembre 2003 convertito con legge di conversione 24 novembre 2003, n. 326; violazione e/o falsa applicazione LRT 53 del 2004. Erroneità della sentenza nella parte in cui ha erroneamente applicato le norme in materia di condono negando la configurabilità del silenzio assenso sul mutamento di destinazione d’uso e per non aver sollevato questione di legittimità costituzionale sul punto dell’assenza della previsione contenuta nella legge statale sul condono; 4) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 del d.lgs. 104/2010. Erroneità della sentenza nella parte in cui non ha riconosciuto il diritto al rimborso alla sign.ra -OMISSIS- di quanto versato a titolo di oneri concessori”.

5. Il Comune di Firenze si è costituito in resistenza, concludendo per il rigetto dell’appello e rilevando che la richiesta di condanna dell’appellante alla restituzione di quanto versato a titolo di oblazione è inammissibile, in quanto azione antitetica alla domanda di annullamento del diniego di condono. Secondo l’Ente municipale, inoltre, sarebbe intervenuta la prescrizione delle somme per le quali è stata richiesta la condanna a mente di quanto previsto dall’art. 32, comma 36, d.l. 269 del 2003, essendo decorso il termine di trentasei mesi dalla data da cui risulta effettuato il pagamento.

6. Le parti, con memorie, hanno precisato le proprie difese.

7. All’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del 15 gennaio 2025, la causa è stata assunta in decisione.

DIRITTO

8. Con il primo motivo di appello, -OMISSIS- censura la sentenza impugnata nella parte in cui il T.A.R. ha condiviso le conclusioni a cui sono giunti gli uffici comunali circa il mancato completamento funzionale alla data ultima di scadenza del condono. Secondo la ricorrente, la tesi sostenuta dall’Amministrazione sarebbe basata su una omessa valutazione degli elementi istruttori offerti dalla ricorrente.

8.1. La critica non può trovare accoglimento.

Va premesso che l’istanza di condono ha riguardato un intervento definito dall’istante di ‘ristrutturazione edilizia’ e ‘parzialmente ultimato’, volto alla trasformazione di ‘un vano sottotetto avente accesso autonomo dalle scale condominiali, posto al piano secondo sul retro, composto da un vano unico ed una terrazza coperta’, destinato alla trasformazione in civile abitazione.

Ai sensi dell’art. 31 del d.l. n. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003, la sanabilità degli abusi edilizi, ultimati entro il 31 marzo 2003, si distingue a seconda che trattasi di opere destinate a residenza, opere non destinate a residenza, e opere interne agli edifici esistenti.

Con riferimento alle opere destinate a residenza, la nozione di ultimazione dei lavori coincide con la realizzazione del rustico, mentre per le altre due tipologie di opere rileva il ‘completamento funzionale’.

La nozione di ‘completamento funzionale’ implica uno stato di avanzamento nella realizzazione dei lavori tale da consentire potenzialmente, e salve le sole finiture, la fruizione dell’immobile.

In altri termini, l’organismo edilizio, non soltanto deve avere assunto una sua forma stabile nella consistenza planivolumetrica, ma anche una sua riconducibile e inequivoca identità funzionale che ne connoti con assoluta chiarezza la destinazione d’uso.

In difetto di tali prove, resta integro il potere dell’Amministrazione di negare la sanatoria dell’abuso e il suo dovere di irrogare la sanzione demolitoria (Cons. Stato, n. 7590 del 2023; id. n. 1492 del 2025).

In sostanza, il completamento funzionale, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza di legittimità, è una nozione che deve essere riferita, in generale, alla realizzazione di un intervento del quale sia possibile riconoscere le caratteristiche tipologiche, in quanto siano presenti quegli aspetti essenziali che ne individuano la funzione e ne consentono l’utilizzo.

Nel caso di specie, le emergenze processuali hanno consentito di accertare l’assenza di tale presupposto.

In particolare, come rilevato dal Tribunale adito: “il Comune ha desunto l’assenza, nel monolocale derivante dal frazionamento del sottotetto, di un servizio igienico e angolo cottura, non solo sulla base degli allegati all’istanza di condono, ma anche attraverso l’analisi della DIA n. 1929/10 e, non ultimo, attraverso apposito sopralluogo”.

A tale riguardo, ai fini della prova, appare dirimente non solo la planimetria allegata, ma anche la stessa perizia giurata del tecnico nella parte in cui si precisa che: ‘detto piccolo vano, residuo di un locale sottotetto più ampio, di fatto non è stato completato nelle opere per la sua trasformazione in civile abitazione, infatti è mancante del bagno e dell’angolo cottura, come invece è stato realizzato e completato nella parte restante del locale’.

Le circostanze emerse dalle indagini istruttorie hanno consentito di accertare che: ‘né alla data del 31.3.2003 né ancora oggi, l’unità immobiliare in questione è funzionalmente ultimata per l’uso di autonoma civile abitazione’. Invero, come precisato dal T.A.R., l’assenza, alla data del sopralluogo effettuato dai tecnici del Comune, di ogni attacco sia di carico che di scarico, nonché dell’impianto di scarico sia delle acque scure che delle acque chiare, oltre che gli attacchi del gas per l’angolo cottura, consente di ritenere che il monolocale, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, era stato meramente frazionato rispetto al vano sottotetto di maggiori dimensioni, ma non era dotato dei requisiti minimi per il suo separato utilizzo come unità abitativa.

Va, inoltre, osservato che, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, non sussiste difetto di motivazione del provvedimento impugnato con riferimento all’omesso riscontro delle osservazioni dedotte da -OMISSIS- nel corso del procedimento, tenuto conto che nel diniego viene dato atto: “Visto le memorie presentate dalla Sig.ra -OMISSIS- in data 5.08.2020, nelle quali non si rilevano motivi che permettano il rilascio della concessione”; e comunque il dovere di esame delle memorie prodotte dall’interessato, a seguito della comunicazione di avvio del procedimento e/o del preavviso di rigetto, non comporta l’obbligo di confutazione analitica delle allegazioni presentate, purché il provvedimento finale sia corredato da una motivazione che renda, nella sostanza, percepibili le ragioni in base alle quali l’Amministrazione procedente ha ritenuto di non poterle accogliere (Cons. Stato, n. 3140 del 2023; id. n. 6378 del 2020; id. n. 3396 del 2018).

Nella specie, la motivazione resa nel provvedimento ha consentito alla ricorrente di comprendere le ragioni del diniego, tanto che la stessa è stata in grado di articolare compiutamente nel presente giudizio le proprie difese, e di argomentare puntualmente sulle ragioni del diniego riportate nel provvedimento impugnato, ritenute in contrasto con le proprie deduzioni endoprocedimentali.

9. Con il secondo motivo di appello, la ricorrente lamenta che il Tribunale amministrativo adito, nel capo 1.7 della sentenza, relativo al contrasto dell’intervento di copertura della terrazza pertinenziale con la normativa urbanistica, avrebbe errato ‘nel ritenere diretta conseguenza della non condonabilità della chiusura della terrazza anche la non condonabilità del mutamento di destinazione d’uso, posto che il Comune avrebbe ben potuto condonare il frazionamento e l’intervenuto mutamento di destinazione d’uso abitativa della nuova unità abitativa e non condonare esclusivamente la chiusura della terrazza per il ritenuto aumento della SUL’. Secondo l’appellante il capo della sentenza risulterebbe erroneo in quanto il condono A/2652 ha formato oggetto di diniego parziale, essendo originariamente relativo alla richiesta di ‘1. Frazionamento dell’unità immobiliare posta al piano sottotetto da una originaria di maggior consistenza posta al piano primo; 2. Copertura di terrazza pertinenziale’. Pertanto, ad avviso di -OMISSIS-, il Comune di Firenze avrebbe potuto negare la parte di condono relativa alla chiusura della terrazza, ma provvedere con separato atto al rilascio del condono sia per il frazionamento, come pure è avvenuto con il provvedimento 80/2010, sia per il mutamento di destinazione d’uso.

9.1. La censura va respinta.

Come si è detto, l’istante ha definito l’intervento di ristrutturazione edilizia, qualificandolo ‘parzialmente ultimato’, e volto alla trasformazione di ‘un vano sottotetto avente accesso autonomo dalle scale condominiali, posto al piano secondo sul retro, composto da un vano unico ed una terrazza coperta’, destinato alla trasformazione in civile abitazione.

Trattasi, pertanto, di un intervento edilizio unitario, che non può essere parcellizzato ai fini del condono.

Invero, con riferimento alla terrazza pertinenziale, il Comune, nel respingere la richiesta di sanatoria, ha evidenziato il contrasto con la normativa urbanistico edilizia in relazione all’art. 20 delle NTA del PRG, che sugli edifici dell’ambito vincolato ‘A3 – centro storico fuori le mura’ consente solo interventi tesi al recupero del patrimonio edilizio esistente fino al risanamento conservativo, senza incrementi di superficie lorda e di volume, con conseguente esclusione della sanatoria ai sensi dell’art. 32, comma 27, lett. d) del d.l. n. 269 del 2003 ed art. 2, comma 5, lettera a) della L.R. n. 53 del 2004.

Nella fattispecie, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, si è verificata una modifica dell’aspetto esteriore del fabbricato ricadente in area tutelata da vincolo ambientale, in contrasto con la normativa sul condono e con gli strumenti urbanistico - edilizi.

Pertanto, correttamente, il Collegio di prima istanza, stante la non condonabilità della chiusura della terrazza, in uno con la non condonabilità della modifica di destinazione d’uso, ha concluso per la legittimità del provvedimento di diniego impugnato.

Né si può predicare l’autonomia delle due tipologie di opere soggette a condono, in quanto relative alla medesima unità immobiliare, dovendosi rilevare che non è possibile ottenere una valutazione frazionata dell’abuso, posto che il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio deriva non da ciascun intervento a sé stante, bensì dall’insieme delle opere nel loro contestuale impatto edilizio e nelle reciproche interazioni. La conformità urbanistica di un immobile va valutata nella sua interezza, non già parcellizzando le singole opere fino al punto di esaminarle singolarmente come avulse dall’impatto complessivo che esse effettivamente determinano sul fabbricato, e, di conseguenza, sull’assetto urbanistico e paesaggistico preesistente.

10. Con la terza censura si denuncia l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha applicato le norme in materia di condono negando la configurabilità del silenzio - assenso sul mutamento di destinazione d’uso, non ritenendo di sollevare questione di legittimità costituzionale della legge regionale sul punto, per l’assenza di una specifica previsione rispetto alla legge statale riguardante la disciplina del condono.

10.1. La censura va respinta.

Come precisato dal T.A.R., l’art. 5, comma 5, della L.R. n. 53 del 2004, in tema di condono, prevede la necessità di un provvedimento finale espresso sulla relativa richiesta, pertanto non ha inteso attribuire alcun significato provvedimentale al silenzio serbato dall’Amministrazione, anche in considerazione dalla mancanza, nella fattispecie, di tutti i requisiti sostanziali previsti dalla normativa sul condono, come sopra ampiamente dedotto. Per costante giurisprudenza, la maturazione del silenzio assenso presuppone la completezza della documentazione da allegare alla domanda (Cons. Stato, n. 1910 del 2006) e la dimostrazione dei presupposti per il condono relativi al tempo di ultimazione dei lavori, all’ubicazione, alla consistenza delle opere e ad ogni altro elemento rilevante affinché possano essere utilmente esercitati i poteri di verifica dell’amministrazione comunale.

Nel caso in esame, nell’ipotesi in cui si voglia attribuire al silenzio serbato dall’Amministrazione uno specifico significato, si potrebbe ritenere configurato un silenzio – inadempimento, con la conseguenza che il procedimento avrebbe potuto ritenersi favorevolmente concluso per il privato solo allorquando vi sia stato un provvedimento espresso dell’Amministrazione procedente.

Va condiviso l’indirizzo della giurisprudenza secondo cui il silenzio – assenso sulle domande di condono edilizio (ai sensi delle leggi n. 47 del 1985 e n. 724 del 1994) non si perfeziona per il solo fatto dell’inutile decorso del termine perentorio a far data dalla presentazione della domanda di sanatoria e del pagamento dell’oblazione, se non sopravviene la risposta degli uffici comunali, occorrendo altresì l’acquisizione della prova, da parte dei predetti uffici, della sussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi stabiliti dalle specifiche disposizioni di settore, da verificarsi all’interno del relativo procedimento (Cons. Stato, n. 87 del 2014).

È, altresì, infondata, la questione di illegittimità costituzionale della legge regionale sopra richiamata per contrasto con gli artt. 117, commi 2 e 3 della Costituzione, che l’appellante riconduce al fatto che il proprietario di beni immobili siti nella regione Toscana non può giovarsi dell’istituto dell’assenso per silentium, posto che, come ha avuto di affermare la Corte costituzionale proprio con riferimento alla L.R. n. 53 del 2004, si deve ‘riconoscere in materia al legislatore regionale un ampio potere discrezionale nella possibilità di definire i confini entro cui modulare gli effetti sul piano amministrativo del condono edilizio straordinario’ (Corte cost. n. 49 del 2006).

Né si può predicare che la disposizione regionale sia viziata da irragionevolezza, tenuto conto che l’obbligo di provvedere con un provvedimento espresso appare giustificato dalla peculiarità del procedimento di condono, per il quale la necessità di tutela del territorio e di altri valori costituzionali (l’ambiente, il paesaggio, la salute), oltre a ragioni di giustizia, impongono l’adozione di un provvedimento esplicito. Inoltre, il silenzio inadempimento legittima il ricorso ai rimedi giurisdizionali previsti dagli artt. 31 e 117 c.p.a., consentendo una adeguata tutela all’interessato.

Quanto alla mancata applicazione, nella vicenda in esame, del meccanismo di semplificazione del silenzio – assenso, va rammentato che la giurisprudenza di legittimità ha evidenziato che, affinché sulla domanda di condono edilizio possa ritenersi formato il silenzio assenso, non basta che la documentazione sia completa e sia stata pagata l’oblazione, ma è anche necessario che sussistano tutti i presupposti sostanziali per il condono del manufatto abusivo (Cons. Stato, n. 98 del 2020; Cons. Stato, n. 8303 del 2022). In sostanza, come si è detto sopra, occorre l’acquisizione della prova, da parte degli uffici comunali, della sussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi stabiliti dalle specifiche disposizioni di settore, da verificarsi all’interno del relativo procedimento.

Nel caso in esame, la documentazione offerta dalla ricorrente non era completa in quanto, dopo la presentazione dell’istanza di condono A/2652 nel dicembre 2004, è stata richiesta, nel 2008, dal Comune di Firenze una ulteriore integrazione, con la conseguenza che, in disparte quanto previsto dalla legge regionale, il silenzio – assenso non avrebbe potuto ritenersi configurato.

11. Con l’ultimo mezzo, -OMISSIS- lamenta che il T.A.R. avrebbe del tutto omesso di pronunciarsi sulla richiesta di restituzione delle somme versate a titolo di oneri di urbanizzazione.

11.1. La critica deve trovare accoglimento.

Va premesso che nel presente giudizio non è stata censurata la statuizione contenuta nella sentenza impugnata in ordine alla declaratoria di giurisdizione del giudice amministrativo, atteso che il T.A.R. afferma che ‘va preliminarmente chiarito che sussista la giurisdizione di questo Tribunale’, con la conseguenza che su tale questione si è formato il giudicato interno.

Invero, il giudicato interno sulla giurisdizione si forma tutte le volte in cui il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito, affermando anche implicitamente la propria giurisdizione, e le parti abbiano prestato acquiescenza a tale statuizione, non impugnando la sentenza sotto questo profilo (Cass. n. 13750 del 2019; id. n. 12744 del 2023).

Orbene, il Collegio rileva che il T.A.R. ha omesso di pronunciarsi sulla domanda di condanna al rimborso di quanto versato in eccesso dalla ricorrente, comprensiva quindi anche della domanda di restituzione degli oneri concessori, limitandosi a respingere la richiesta di restituzione dell’oblazione.

Nella fattispecie, l’Amministrazione ha rigettato parzialmente il condono sia con riferimento alla chiusura della terrazza, sia con riferimento al mutamento di destinazione d’uso dell’immobile, in ragione del quale, la ricorrente ha versato nel 2004 e, successivamente nel 2010, un totale di euro 1.859,38 a titolo di oneri concessori.

Va, pertanto, riconosciuto il diritto di -OMISSIS- alla restituzione delle somme versate a titolo di oneri concessori, non essendosi perfezionato il condono, su cui vanno calcolati gli interessi legali a far data dalla presentazione del ricorso introduttivo (dalla domanda) fino al saldo (Cons. Stato n. 1084 del 2021; id. n. 3150 del 2021). Non spetta, invece, all’appellante la rivalutazione monetaria trattandosi di un debito di valuta e non di valore (Cons. Stato, n. 5720 del 2020). Invero, sulla base dell’orientamento consolidato della giurisprudenza, il debito riguardante gli oneri concessori corrisposti al momento del rilascio del titolo edilizio è da qualificarsi, ai sensi dell’art. 2033 c.c., come debito di valuta e pertanto su di esso decorrono solo gli interessi legali dalla domanda e fino all’effettivo soddisfo (Cons. Stato, n. 4639 del 2021).

È infondata l’eccezione di prescrizione sollevata dall’Ente municipale, atteso che nella specie trova applicazione il termine di prescrizione ordinario e non quello triennale (Cons. Stato, n. 5417 del 2011; TAR Lazio n. 682 del 2022), tenuto conto che il termine di 36 mesi si applica per le sole ipotesi di silenzio assenso (art. 35 della legge n. 47 del 1985), nel caso in esame, come si è detto, non ravvisabile (TAR Torino n. 220 del 2020). Infatti, nelle ipotesi in cui il privato abbia pagato in anticipo, ma il condono non è stato concesso con provvedimento espresso, il termine per la restituzione è quello ordinario di dieci anni (Cons. Stato, n. 5417 del 2011).

12. In definitiva, l’appello va accolto limitatamente al quarto mezzo e nei termini di cui in motivazione, ed ogni altra questione proposta dalle parti deve ritenersi assorbita; per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, va disposta la restituzione a favore di -OMISSIS- delle somme versate a titolo di oneri concessori, limitatamente al diniego parziale di condono, oltre interessi legali dalla data di proposizione del ricorso introduttivo, con il quale è stata spiegata specifica domanda, fino all’effettivo soddisfo.

13. La particolarità della vicenda processuale e la reciproca parziale soccombenza delle parti giustificano la compensazione delle spese di lite relative ad entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e nei termini di cui in motivazione.

Compensa integralmente tra le parti le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2025 tenuta da remoto ai sensi dell’art. 17, comma 6, del d.l. 9.6.2021, n. 80, convertito con modificazioni dalla legge 6.8.2021, n. 113, con l'intervento dei magistrati:

Daniela Di Carlo, Presidente FF

Silvia Martino, Consigliere

Carmelina Addesso, Consigliere

Annamaria Fasano, Consigliere, Estensore

Roberto Michele Palmieri, Consigliere