Consiglio di Stato Sez. II n. 8908 del 13 novembre 2025
Urbanistica.Sanatoria interventi soggetti a SCIA
L’art. 37 del t.u. dell’edilizia disciplina la sanatoria degli interventi edilizi di cui all’art. 22, commi 1 e 2, realizzati in assenza della o in difformità dalla Scia, e che l’art. 22, comma 1, lettera c), comprende gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all’art. 3, comma 1, lettera d), diversi da quelli indicati nell’art. 10, comma 1, lettera c), che a sua volta individua i casi in cui è necessario il permesso di costruire. Dunque, nella categoria degli interventi di ristrutturazione – che includono tutti i lavori rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere, anche giungendo a un organismo diverso dal precedente, compresi quelli che interessano gli elementi costitutivi ovvero che comportano la demolizione e ricostruzione del bene – si distinguono quelli più “impattanti”, che comportano modifiche della volumetria, della destinazione d’uso (per gli edifici compresi nelle zone omogenee A, ossia le parti del territorio che rivestono carattere storico, artistico e di particolare pregio ambientale), nonché, per gli edifici situati in area sottoposta a tutela paesaggistica, della sagoma, della volumetria complessiva o dei prospetti. A riprova di questo, vi è anche il fatto che l’art. 22, comma 2, del t.u. dell’edilizia, pur consentendo in linea generale la realizzazione mediante Scia delle varianti ai permessi di costruire rilasciati, subordina tale possibilità alla circostanza che queste non incidano sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, non modifichino la destinazione d’uso e la categoria edilizia, non alterino la sagoma degli edifici vincolati.
Pubblicato il 13/11/2025
N. 08908/2025REG.PROV.COLL.
N. 03269/2025 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3269 del 2025, proposto da -OMISSIS- rappresentati e difesi dagli avvocati Vittorio Angiolini, Giulio Gomitoni e Stefano Invernizzi, con domicilio digitale come da p.e.c. da registri di giustizia;
contro
Comune di Pavia, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Franco Ferrari, con domicilio digitale come da p.e.c. da registri di giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via di Ripetta, n. 142;
nei confronti
del Consorzio di Bonifica Est Ticino Villoresi e della Regione Lombardia, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione IV, 25 gennaio 2025, n. -OMISSIS- resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Pavia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 settembre 2025 il consigliere Alessandro Enrico Basilico e uditi per le parti gli avvocati Paolo Panariti, per delega dell’avvocato Vittorio Angiolini, e Giuseppe Franco Ferrari;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Gli appellanti impugnano la sentenza che ha respinto il ricorso, integrato da motivi aggiunti, contro i provvedimenti con cui è stata negata la compatibilità paesaggistica e disposta la demolizione di una serie di opere asseritamente abusive realizzate in un complesso immobiliare di loro proprietà, composto da abitazione, autorimessa e aree esterne.
2. I fatti di causa rilevanti, quali emergono dalle affermazioni delle parti non specificamente contestate e comunque dagli atti e documenti del giudizio, possono essere sinteticamente ricostruiti nei termini seguenti.
2.1. Con ordinanza n. 6 dell’11 gennaio 2021 il Comune di Pavia ha ordinato agli odierni appellanti la rimozione delle seguenti opere, considerate delle nuove costruzioni realizzate in assenza di permesso di costruire e di autorizzazione paesaggistica, nel complesso immobiliare di loro proprietà:
- difformità dell’autorimessa esterna rispetto a quanto autorizzato con condono edilizio pg. 35957/04 (dimensioni 6,35x6,30 mt. con altezze massima di 3,42 mt e minima di 2,80 mt, invece che di dimensioni 6,11x6,21 mt e con altezze massima di 3,63 mt e minima di 2,97 mt);
- al piano terra, nell’ingresso, modifica del posizionamento della porta d’ingresso, realizzazione di una finestra di mt. 0,50x1 e demolizione di tavolato;
- al piano sottotetto, difformità della finestra del locale camera (con dimensioni di a 1,00x1,40 invece che di 1,10x1,90 m), lievi difformità distributive interne nel bagno, altezza massima al colmo di 2,83 mt invece che 3,05 mt, nonché altezza minima di 1,16 mt invece che 1,20 mt e altezza dell’abbaino 2,46 mt invece che 2,50 mt;
- posizionamento di due unità esterne per l’impianto di climatizzazione poste sul prospetto lungo la Roggia Vernavola;
- gazebo in ferro poggiato su pavimentazione in piastrelloni prefabbricati con copertura curva in telo plastificato di dimensioni pari a 6,14x2,90 mt, con altezza al colmo di 2,68 mt e all’imposta di 2,52 mt, in adiacenza all’autorimessa;
- tettoia con struttura in ferro e legno con copertura in lastre ecologiche, chiusa sul perimetro con materiali eterogenei, poggiata su pavimentazione di graniglia e cemento, di dimensioni pari a 1,92x2,69 mt, con altezza al colmo di 1,85 mt e all’imposta di 1,82 mt;
- modifica della posizione dell’ingresso del passaggio carraio nell’area di proprietà rispetto a quanto autorizzato;
- scala in muratura con parapetti in ferro nell’alveo originale della Roggia Vernavola.
2.2. I proprietari hanno impugnato l’ingiunzione di demolizione dinanzi al T.a.r. per la Lombardia, chiedendo la concessione di misure cautelari (il ricorso è stato incardinato con r.g.n. 593 del 2021).
2.3. In seguito, con istanza del 29 aprile 2021 hanno chiesto l’accertamento della compatibilità paesaggistica per le seguenti opere: realizzazione di abbaini, posa di pompa di calore, realizzazione di una scala esterna, posa di una pensilina, diversa posizione del cancello di accesso al fondo, realizzazione di autorimessa con diversa dimensione.
Tenendo conto di questa circostanza, con ordinanza n. 441 del 4 maggio 2021, il T.a.r. ha temporaneamente sospeso l’esecutività dell’ingiunzione di demolizione n. 6 del 2021 e rinviato la camera di consiglio per la decisione definitiva sull’istanza cautelare.
Con nota prot. 61165 del 14 giugno 2021 il Comune ha reso nota l’improcedibilità dell’istanza di compatibilità paesaggistica del 29 aprile 2021 in ragione di alcune carenze nella documentazione presentata, invitando a integrarla entro dieci giorni.
Ottenuta una proroga dall’amministrazione, il 10 luglio 2021 gli interessati hanno prodotto altri documenti.
Con nota prot. 78162 del 28 luglio 2021 il Comune ha confermato l’improcedibilità dell’istanza di compatibilità paesaggistica del 29 aprile 2021 e ne ha comunicato l’archiviazione definitiva, in ragione della permanenza di elementi ostativi e carenze documentali.
2.4. Con una seconda istanza del 4 ottobre 2021 gli appellanti hanno nuovamente chiesto l’accertamento della compatibilità paesaggistica per le seguenti opere: realizzazione di abbaini, realizzazione di una scala esterna, diversa posizione del cancello di accesso al fondo, realizzazione di autorimessa con diversa dimensione.
Con nota prot. 112607 del 2 novembre 2021 il Comune ha comunicato l’improcedibilità dell’istanza di compatibilità paesaggistica del 4 ottobre 2021 in ragione (ancora) di carenze nella documentazione presentata, invitando a integrarla entro dieci giorni.
Tenendo conto della pendenza del procedimento di accertamento di compatibilità paesaggistica, con ordinanza n. 1202 del 9 novembre 2021 il T.a.r. ha confermato la temporanea sospensione dell’esecutività dell’ingiunzione di demolizione n. 6 del 2021 e rinviato la camera di consiglio per la decisione definitiva sull’istanza cautelare.
Nonostante la presentazione di documentazione ulteriore da parte degli interessati, con nota prot. 101195 del 23 dicembre 2021 il Comune ha confermato l’improcedibilità dell’istanza e ne ha comunicato l’archiviazione.
I proprietari hanno impugnato la nota, insieme alle precedenti comunicazioni dell’Ente, con un primo atto di motivi aggiunti.
2.5. In seguito, il 26 marzo 2022 hanno presentato una terza istanza di accertamento di compatibilità paesaggistica, con riferimento alle seguenti opere: realizzazione di abbaini, diversa posizione del cancello di accesso al fondo, realizzazione di autorimessa con diversa dimensione.
Sulla domanda, la commissione comunale per il paesaggio ha espresso parere favorevole nella riunione del 14 aprile 2022.
La domanda è stata infine accolta con provvedimento prot. 108492 del 16 settembre 2022, che ha certificato la compatibilità paesaggistica delle opere oggetto dell’istanza.
Alla luce dell’esito positivo del procedimento, con ordinanza n. -OMISSIS- del 20 settembre 2022 il T.a.r. ha nuovamente confermato la temporanea sospensione dell’esecutività dell’ingiunzione di demolizione n. 6 del 2021 e rinviato la camera di consiglio per la decisione definitiva sull’istanza cautelare.
2.6. Il 18 dicembre 2022 gli appellanti hanno presentato una segnalazione certificata d’inizio attività-Scia per la sanatoria delle seguenti opere: realizzazione di abbaini, diverso posizionamento della cancellata, box.
Con provvedimento prot. 5496 del 17 gennaio 2023 il Comune ha dichiarato irricevibile la Scia, sia perché questa non aveva a oggetto tutte le opere cui si riferiva l’ingiunzione di demolizione n. 6 del 2021, sia per carenze negli elaborati grafici, sia perché gli interventi, «avendo comportato modificazioni della sagoma e della volumetria complessiva dell’edificio e dei relativi prospetti ad un immobile sottoposto a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio», dovrebbero considerarsi lavori di ristrutturazione, per la sanatoria dei quali sarebbe stato necessario chiedere e ottenere un permesso di costruire in accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del testo unico dell’edilizia approvato con d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
In ogni caso, con ordinanza n. 100 del 24 gennaio 2023 il T.a.r. ha definitivamente respinto la domanda di sospensione dell’esecutività dell’ingiunzione di demolizione n. 6 del 2021 «in ragione della sopravvenuta inefficacia» della stessa, ritenendo che, essendo stata presentata istanza di accertamento di conformità, il Comune, anche in ipotesi di rigetto della domanda, avrebbe comunque dovuto «adottare un nuovo provvedimento sanzionatorio nei confronti del privato che superi quello oggetto dell’originaria impugnativa divenuto nelle more inefficace».
Gli interessati hanno comunque impugnato il provvedimento d’irricevibilità della Scia con un secondo atto di motivi aggiunti.
2.7. In seguito, dopo aver dato avviso dell’avvio del relativo procedimento con nota del 31 gennaio 2023, il Comune, con provvedimento prot. 32793 del 9 marzo 2023 ha disposto la revoca in autotutela della certificazione di compatibilità paesaggistica prot. 10849 del 16 settembre 2022, in ragione di quanto riscontrato in sede di esame della Scia del 20 dicembre 2022 circa la «difformità tra lo stato attuale/rilevato dell’immobile e dell’autorimessa rappresentato nella SCIA e nella compatibilità rilasciata, rispetto a quanto rilevato nel corso dei sopralluoghi, in particolare per le dimensioni delle aperture esterne e suddivisioni interne dei locali di abitazione, la dimensione in pianta e le altezze minime e massima dell’autorimessa».
Gli interessati hanno impugnato il provvedimento di revoca con un terzo atto di motivi aggiunti.
2.8. Dopo aver svolto un sopralluogo il 26 luglio 2023 e dato avviso, con nota dell’11 agosto 2023, dell’avvio di un nuovo procedimento sanzionatorio, con ordinanza n. 48 del 16 maggio 2024 il Comune, avendo riscontrato l’avvenuta rimozione di alcune delle opere oggetto dell’ordinanza n. 6 del 2001 (le due unità esterne per la climatizzazione, il gazebo in ferro, la tettoia in ferro e legno), ma avendo anche ravvisato ulteriori differenze rispetto ai titoli edilizi che nel tempo hanno interessato l’immobile, ha intimato il ripristino dello stato legittimo dei luoghi, per totale difformità e assenza di autorizzazione paesaggistica, mediante:
- al piano terra, nell’ingresso, ripristino delle dimensioni della porta come assentita (1,60x2,50mt), chiusura della finestra, ripristino del tavolato;
- al piano primo, ripristino delle dimensioni delle finestre come assentite;
- al piano sottotetto, ripristino delle dimensioni delle finestre come assentite, eliminazione dell’abbaino nel bagno, ed eliminazione degli elementi che hanno mutato in abitativa la destinazione dei locali, dunque rimozione dell’impianto idrico-sanitario, dell’impianto di riscaldamento, degli apparecchi sanitari, ricostruzione della porzione di parete nel locale bagno nella posizione originaria;
- chiusura della finestra nel bagno;
- ripristino dell’ingresso carraio nella posizione originaria;
- ripristino delle dimensioni dell’autorimessa esterna come da condono prot. 35957 del 2004.
Gli interessati hanno impugnato l’ingiunzione con un quarto atto di motivi aggiunti, chiedendo la concessione di misure cautelari, invocando l’emissione di un ordine di esibizione di documenti da parte del Comune e domandando la condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno.
Con ordinanza n. 941 del 12 settembre 2024 il T.a.r. ha accolto l’istanza e sospeso l’esecutività dell’ingiunzione n. 48 del 2024, al fine di mantenere immutato lo stato dei luoghi sino alla definizione del giudizio, e ha intimato al Comune di presentare una relazione circa l’avvenuta ostensione dei documenti oggetto dell’istanza istruttoria.
Dando corso alla pronuncia, l’Ente ha depositato in giudizio della documentazione.
3. All’esito del giudizio di primo grado, il T.a.r., con sentenza -OMISSIS- ha così provveduto:
- ha dichiarato improcedibili il ricorso introduttivo e il primo ricorso per motivi aggiunti;
- ha respinto il secondo, il terzo e il quarto ricorso per motivi aggiunti;
- ha respinto la domanda di risarcimento del danno;
- ha compensato le spese tra le parti.
In particolare, secondo il Tribunale:
a) l’ordinanza di demolizione n. 6 del 2021 è stata superata dalla presentazione della Scia in sanatoria, pertanto i ricorrenti non hanno più interesse a una decisione sulla domanda di annullamento proposta con il ricorso introduttivo;
b) la nota del 23 dicembre 2021 di archiviazione dell’istanza di sanatoria paesaggistica è stata superata dal rilascio della dichiarazione di compatibilità paesaggistica del 16 settembre 2022 (ancorché in seguito revocata), pertanto vi è sopravvenuta carenza d’interesse a un suo annullamento;
c) l’istanza di esibizione è stata soddisfatta mediante produzione della documentazione da parte del Comune;
d) le censure sollevate nei confronti del provvedimento d’irricevibilità della Scia – da considerarsi un sostanziale diniego di sanatoria – non sono fondate, in quanto: proprio la sopravvenuta inefficacia dell’ordinanza n. 6 del 2021 rendeva doverosa l’emissione di un provvedimento espresso; l’atto è adeguatamente motivato in relazione alla necessità di presentare un’istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del t.u. dell’edilizia, e non una Scia ai sensi dell’art. 37; non sarebbe stata possibile una sanatoria “con prescrizioni”; non è stato acquisito il parere delle autorità preposte alla tutela dei vincoli esistenti sull’area;
e) le censure sollevate nei confronti della revoca in autotutela della dichiarazione di compatibilità paesaggistica, da considerarsi più propriamente un annullamento d’ufficio, non sono fondate, in quanto l’atto è congruamente motivato in ordine alle difformità tra quanto dichiarato nell’istanza (per esempio la mancata dichiarazione in ordine alle differenti altezze del sottotetto, che ha modificato la sagoma esterna) e l’effettivo stato dei luoghi, nonché mediante richiamo ad atti conosciuti dai ricorrenti (nella sentenza si precisa anche che comunque i ricorrenti non avrebbero interesse a una pronuncia su tali contestazioni, dato che l’assenza di titolo edilizio è di per sé sufficiente a ordinare il ripristino);
f) le censure sollevate nei confronti dell’ordinanza di demolizione n. 48 del 2024 non sono fondate, in quanto non rilevano né il tempo trascorso dall’abuso, né il fatto che l’attuale proprietario non ne sia responsabile, e perché l’autorimessa (a maggior ragione considerato il fatto che in adiacenza alla stessa era stato costruito il gazebo) ha difformità che esorbitano il 2% dell’assentito, ossia la “tolleranza costruttiva”, e non può considerarsi una pertinenza, mentre nessun titolo ha autorizzato la destinazione abitativa del sottotetto, in carenza dell’altezza minima necessaria;
4. I proprietari hanno proposto appello contro la decisione, chiedendo la concessione di misure cautelari.
In particolare, premettendo che i provvedimenti impugnati in primo grado sarebbero illegittimi, anzi nulli, per difetto di motivazione, dato che richiamano per relationem atti che non sono stati messi a disposizione integralmente e tempestivamente dal Comune, gli appellanti deducono i seguenti motivi:
I. Errore nel giudicare della sentenza impugnata in relazione al secondo atto di motivi aggiunti. Invalidità (e/o inefficacia) del provvedimento impugnato per invalidità (e/o inefficacia) dell’ordine di demolizione presupposto. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, nonché dell’art. 19, co. 3, l. 241/1990. Difetto di motivazione; irragionevolezza, illogicità, sviamento ed eccesso di potere, anche per carenza di motivazione.
II. Errore nel giudicare della sentenza impugnata in relazione al terzo atto di motivi aggiunti. Illegittimità del provvedimento di revoca della compatibilità paesaggistica.
III. Errore nel giudicare della sentenza impugnata in relazione al quarto atto di motivi aggiunti. Violazione dell’art. 21-novies L. n. 241/1990; Eccesso di potere, Carenza di istruttoria, travisamento dei fatti. Violazione e falsa applicazione degli artt. 31, 32 e 34 D.p.r. n. 380/2001; Omessa pronuncia nel merito.
IV. Errore nel giudicare della sentenza impugnata in relazione alla rilevanza del vincolo di inedificabilità relativo al vigente Piano di Governo del Territorio approvato con Delibera di C.C. n. 22 del 16/05/2017 e variante al Piano di Governo del Territorio adottata con Delibera di C.C. n. 1/2023 in Zona di rispetto del depuratore; fascia B di delimitazione fluviale del Piano per l’Assetto Idrogeologico (P.A.I.); omessa motivazione; omessa tutela dell’affidamento.
4.1. Nel giudizio di secondo grado si è costituito il Comune di Pavia, resistendo al gravame.
4.2. Alla camera di consiglio del 13 maggio 2025, su istanza congiunta delle parti, il collegio ha rinviato la trattazione della causa all’udienza pubblica per la discussione del merito.
4.3. Nel prosieguo del giudizio le parti hanno depositato scritti difensivi, approfondendo le rispettive tesi.
Il Comune, inoltre, ha eccepito l’inammissibilità delle censure relative all’illegittima imposizione di obblighi di ripristino con l’ordinanza n. 5 del 2023 e al fatto che l’amministrazione avrebbe costretto il privato a intraprendere una “doppia attività difensiva”, in quanto sarebbero nuovi motivi proposti solo in grado di appello.
4.4. All’udienza pubblica del 23 settembre 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.
5. In via preliminare si rileva che non sono stati specificamente impugnati né i capi della sentenza che hanno dichiarato improcedibili il ricorso introduttivo e il primo atto di motivi aggiunti per sopravvenuta carenza d’interesse (derivante dall’inefficacia dell’ordinanza n. 6 del 2021 a seguito della presentazione della Scia in sanatoria e dal rilascio della certificazione di compatibilità paesaggistica, poi revocata), né quello che ha respinto la domanda risarcitoria presentata con il quarto atto di motivi aggiunti. Su entrambe queste statuizioni, pertanto, si è formato il giudicato.
6. Nel merito, occorre innanzitutto osservare che, a prescindere dal fatto che non è stata dedotta quale motivo autonomo, la contestazione posta nella premessa dell’atto di appello (pp. 7-11) circa il radicale difetto di motivazione dei provvedimenti impugnati non può essere condivisa, alla luce del consolidato orientamento secondo cui l’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, «sancisce la legittimità del richiamo ad altro provvedimento a fini motivazionali, purché ne siano indicati gli estremi e sia garantita all’interessato la possibilità di prenderne visione, di richiederne e ottenerne copia in base alla normativa sul diritto di accesso ai documenti amministrativi» (Cons. Stato, sez. II, 14 marzo 2025, n. 2129, e precedenti ivi richiamati).
Nella specie, è dunque condivisibile quanto affermato dal T.a.r. circa il fatto che, avendo il Comune depositato la documentazione ritenuta utile per il giudizio, è onere della parte attivarsi mediante esercizio del diritto di accesso e delle azioni poste a garanzia dello stesso laddove ritenga che vi siano atti, citati nei provvedimenti e potenzialmente rilevanti per la decisione, che non siano stati esibiti dall’amministrazione.
7. Con il primo motivo di appello, si critica la sentenza del T.a.r. nella parte in cui ha respinto il secondo atto di motivi aggiunti, relativo alla dichiarazione d’irricevibilità della Scia in sanatoria, svolgendo svariati ordini di censure.
7.1. Innanzitutto si sostiene che il T.a.r. non si sia avveduto che il Comune, nel dichiarare irricevibile la Scia, abbia pronunciato il divieto di mantenere le opere eseguite, imponendo un primo obbligo di ripristino che è stato seguito dall’ordinanza di demolizione n. 48 del 2024, e che così facendo abbia duplicato i provvedimenti e costretto gli interessati a una doppia impugnazione.
La censura non merita accoglimento, perché gli appellanti non hanno interesse a censurare la scelta del Comune di prescrivere sin dalla dichiarazione d’irricevibilità della Scia l’obbligo di rimuovere le opere prive di titolo; d’altro canto, in un’ottica di tutela diligente della propria posizione, è ragionevole ritenere che questi avrebbero comunque impugnato il provvedimento prot. 5496 del 17 gennaio 2023 anche se non avesse contenuto tale ordine (come si evince anche dal fatto che lo hanno censurato per vizi ulteriori).
Anche sul piano sostanziale, comunque, l’atto censurato è conforme all’art. 19, comma 3, della legge n. 241 del 1990 (opportunamente richiamato in motivazione), il quale prevede che il Comune esercita poteri ripristinatori e inibitori quando la Scia presentata non sia valida o efficace, norma logicamente applicabile anche ai casi di segnalazione irricevibile.
7.2. Sotto un diverso profilo, si pone in luce la contraddittorietà della sentenza del T.a.r., la quale, da un lato, riconosce che il gazebo in ferro è stato rimosso e che l’autorimessa considerata singolarmente sarebbe sanabile, dall’altro, però, sostiene che i due manufatti fossero legati da un rapporto di funzionalità tale da escluderne una valutazione autonoma e frazionata (con conseguente impossibilità di accedere alla sanatoria).
Ancorché gli argomenti degli appellanti possano ritenersi in linea di principio condivisibili, nel caso concreto non sono sufficienti a condurre all’annullamento del provvedimento.
7.2.1. Vero è che autorimessa e gazebo sono – meglio, erano – autonomi, sia dal punto di vista strutturale, sia dal punto di vista funzionale (oltre che collocati su aree aventi una diversa identificazione catastale), e proprio per questo erano stati considerati distintamente dalla stessa ordinanza di demolizione n. 6 del 2021, con la conseguenza che, anche ai fini della valutazione della conformità urbanistico-edilizia, la prima deve essere valutata per le sue caratteristiche, senza considerare il secondo, a maggior ragione dopo che è stato rimosso.
7.2.2. Tuttavia, a ben vedere, la declaratoria d’irricevibilità della Scia non si è fondata tanto – o comunque non solo – su una valutazione congiunta dei due manufatti, quanto piuttosto sull’incompletezza della documentazione a corredo della domanda – che non fornisce uno stato assentito, rilevato e di confronto, così come reca una rappresentazione dello stato attuale dell’autorimessa che contrasta con quanto rilevato nel corso dei sopralluoghi, con particolare riferimento alla dimensione in pianta e alle altezze minime e massima – nonché, soprattutto, la qualificazione dell’intervento che ha condotto all’attuale configurazione dell’edificio, in difformità rispetto al condono, come una “ristrutturazione” per la cui sanatoria è necessario un accertamento di conformità invece che una Scia.
7.2.3. A tal proposito si deve ricordare che l’art. 37 del t.u. dell’edilizia disciplina la sanatoria degli interventi edilizi di cui all’art. 22, commi 1 e 2, realizzati in assenza della o in difformità dalla Scia, e che l’art. 22, comma 1, lettera c), comprende gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all’art. 3, comma 1, lettera d), diversi da quelli indicati nell’art. 10, comma 1, lettera c), che a sua volta individua i casi in cui è necessario il permesso di costruire.
Dunque, nella categoria degli interventi di ristrutturazione – che includono tutti i lavori rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere, anche giungendo a un organismo diverso dal precedente, compresi quelli che interessano gli elementi costitutivi ovvero che comportano la demolizione e ricostruzione del bene – si distinguono quelli più “impattanti”, che comportano modifiche della volumetria, della destinazione d’uso (per gli edifici compresi nelle zone omogenee A, ossia le parti del territorio che rivestono carattere storico, artistico e di particolare pregio ambientale), nonché, per gli edifici situati in area sottoposta a tutela paesaggistica, della sagoma, della volumetria complessiva o dei prospetti.
A riprova di questo, vi è anche il fatto che l’art. 22, comma 2, del t.u. dell’edilizia, pur consentendo in linea generale la realizzazione mediante Scia delle varianti ai permessi di costruire rilasciati, subordina tale possibilità alla circostanza che queste non incidano sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, non modifichino la destinazione d’uso e la categoria edilizia, non alterino la sagoma degli edifici vincolati.
7.2.4. Nel caso di specie, l’immobile è interessato da vincolo ai sensi degli artt. 136 e 142 del codice dei beni culturali e del paesaggio approvato con d.lgs. 22 gennaio 2024, n. 42, con la conseguenza che la realizzazione dell’autorimessa con dimensioni in pianta e con altezze differenti da quanto assentito con il condono del 2004, avendone comportato la modifica (quantomeno) della sagoma, avrebbe dovuto essere autorizzata con permesso di costruire, pertanto la sua sanatoria, dal punto di vista urbanistico ed edilizio, può avvenire solo in base all’art. 36 del t.u. dell’edilizia, mediante accertamento di conformità (e della “doppia conformità”), e non in base all’art. 37.
Tali rilievi sono sufficienti a giustificare il provvedimento dell’amministrazione e il rigetto del motivo, dato che lo stesso T.a.r. ha condivisibilmente osservato che la presentazione di una Scia ai sensi dell’art. 37 del t.u. dell’edilizia, invece di una domanda di accertamento di conformità ai sensi del precedente art. 36, è «aspetto dirimente e idoneo di per sé solo a determinare il rigetto della richiesta di sanatoria».
7.3. Sotto un diverso profilo, con il primo motivo di appello si argomenta anche che il Comune avrebbe dovuto indicare le attività da porre in essere per conformare lo stato dei luoghi a quello legittimo e si denuncia come, in realtà, la stessa amministrazione, nella relazione tecnica del 3 ottobre 2019, abbia ammesso che è impossibile definire con chiarezza lo stato di fatto legittimo che andrebbe ripristinato, circostanza che inficia entrambi gli ordini di demolizione emessi, i quali non potrebbero essere eseguiti.
La censura è infondata.
7.3.1. Sotto il primo profilo, avendo il Comune considerato (condivisibilmente) le opere eseguite quali interventi di ristrutturazione, per la cui sanatoria è necessaria la richiesta dell’accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del t.u. dell’edilizia, invece della presentazione di una Scia ai sensi del successivo art. 37, non sarebbe stato possibile indicare delle prescrizioni per conformare l’attività edilizia già eseguita, le quali si sarebbero tradotte nella concessione di un’inammissibile “sanatoria condizionata”, dovendosi invece valutare, se del caso, la “doppia conformità” di quanto realizzato, senza ulteriori modifiche (sull’impossibilità di una “sanatoria condizionata”, tra le più recenti, Cons. Stato, sez. II, 17 marzo 2025, n. 2147).
7.3.2. Sotto il secondo profilo, gli atti del Comune indicano in maniera puntuale le varie difformità, specificando sia lo stato di fatto, sia lo stato legittimo da ripristinare, anche con preciso riferimento agli elementi da eliminare e alle dimensioni da rettificare.
In particolare, con riferimento all’autorimessa, l’ordinanza di demolizione n. 48 del 2024 indica le dimensioni in pianta e le altezze cui ricondurre il manufatto, richiamando il condono edilizio prot. 35957 del 2004; con riferimento all’abitazione, lo stato legittimo, cui ricondurre le varie dimensioni, gli elementi e le aperture, è indicato e rappresentato, anche graficamente, mediante confronto tra lo stato di fatto e quello di progetto assentito dai vari titoli che hanno interessato l’immobile, nella relazione riassuntiva del 15 maggio 2024.
8. Con il secondo motivo di appello si critica la sentenza del T.a.r. nella parte in cui ha respinto il terzo atto di motivi aggiunti, relativo alla revoca della certificazione di compatibilità paesaggistica, svolgendo svariati ordini di censure.
8.1. Sotto un primo profilo, gli appellanti denunciano la contraddittorietà della pronuncia, in quanto questa, pur affermando l’autonomia degli ambiti edilizio e paesaggistico, ha poi ritenuto che il provvedimento di revoca si ponesse a conclusione della sequenza procedimentale avviata in conseguenza dell’inefficacia dell’ordinanza n. 6 del 2021, derivante a sua volta dalla presentazione della Scia: tale contraddizione avrebbe indotto il giudice a trascurare l’impugnativa relativa al profilo paesaggistico, così incorrendo le vizio di omessa pronuncia.
La censura è infondata.
8.1.1. Come esposto in precedenza, la vicenda ha visto:
a) l’emissione dell’ordinanza di demolizione n. 6 del 2021;
b) la presentazione della domanda di compatibilità paesaggistica;
c) la certificazione (dopo svariate archiviazioni) della compatibilità paesaggistica;
d) la presentazione della Scia in sanatoria;
e) la dichiarazione d’irricevibilità della Scia in sanatoria;
f) la “revoca” della certificazione della compatibilità paesaggistica;
g) l’emissione dell’ordinanza di demolizione n. 48 del 2024.
8.1.2. Il T.a.r., seguendo un certo orientamento – per il vero, più volte disatteso da questa sezione (tra le tante, 25 febbraio 2025, n. 1648), la quale tuttavia in questo caso non può pronunciarsi sul punto, non essendovi stato gravame, ed essendo stato comunque adottato un nuovo provvedimento sanzionatorio – ha ritenuto che la presentazione della Scia in sanatoria comportasse l’inefficacia dell’ordinanza di demolizione e imponesse al Comune, in caso di diniego della sanatoria, di emanare una nuova ingiunzione sostitutiva della precedente.
8.1.3. Per quanto possa considerarsi impreciso affermare che la valutazione della compatibilità edilizia e paesaggistica dei manufatti da sanare sia una “conseguenza” dell’inefficacia dell’ordinanza di ripristino – essendo piuttosto una conseguenza degli obblighi di concludere il procedimento avviato su istanza del privato con un provvedimento espresso e di esercitare i poteri di controllo e inibitori rispetto alla Scia – è comunque corretto ritenere che l’accertamento della compatibilità paesaggistica sia necessario ai fini del rilascio della sanatoria edilizia: tale valutazione può essere (nuovamente) svolta dal Comune anche in autotutela, dunque nell’esercizio di un potere che comunque spetta all’amministrazione, laddove ne ricorrano i presupposti (a cominciare dal limite temporale, di cui comunque non si contesta il superamento e che invero non è stato superato, essendo trascorsi appena sei mesi tra la certificazione di compatibilità paesaggistica, risalente al 16 settembre 2022, e la sua “revoca”, emessa il 13 marzo 2013).
8.2. Sotto un secondo profilo, si sostiene che il T.a.r. non si sia avveduto dell’erroneità e contraddittorietà della motivazione posta alla base del provvedimento in autotutela, in quanto non vi sarebbe stata alcuna modifica dell’abitazione, né dell’autorimessa, nel periodo intercorrente tra i sopralluoghi svolti dal Comune e la presentazione della Scia in sanatoria e della domanda di accertamento della compatibilità paesaggistica.
La censura è infondata.
A ben vedere, infatti, il provvedimento di “revoca” – più propriamente qualificato dal T.a.r. come annullamento d’ufficio per illegittimità dell’atto originario, che si era fondato su un travisamento dei fatti – è motivato con riferimento alla difformità «tra lo stato attuale/rilevato dell’immobile e dell’autorimessa rappresentato nella SCIA e nella compatibilità rilasciata, rispetto a quanto rilevato nel corso dei sopralluoghi, in particolare per le dimensioni delle aperture esterne e suddivisioni interne dei locali di abitazione, la dimensione in pianta e le altezze minime e massima dell’autorimessa».
Non viene quindi contestato un mutamento dello stato dei luoghi, ma la loro erronea rappresentazione nell’istanza, che ha poi indotto l’amministrazione a rilasciare il provvedimento favorevole. È quindi rispettoso della lettera e della logica dell’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 che lo stesso Ente, una volta ravvisato l’errore, abbia posto rimedio annullando l’atto viziato.
9. Con il terzo motivo di appello si critica la sentenza del T.a.r. nella parte in cui ha respinto il quarto atto di motivi aggiunti, relativo all’ordinanza di demolizione n. 48 del 2024, svolgendo svariati ordini di censure.
9.1. Sotto un primo profilo, si denuncia come lo stesso Comune, nella relazione tecnica del 3 ottobre 2019, abbia affermato che è «impossibile definire con chiarezza uno stato di fatto legittimo» e si sostiene che tale circostanza vizi l’ordinanza di demolizione, non essendo appunto possibile comprendere quale sia lo stato cui ricondurre gli immobili.
La censura è infondata.
9.1.1. In primo luogo, si rileva che alla relazione tecnica del 3 ottobre 2019 hanno fatto seguito ulteriori approfondimenti istruttori, in particolare le relazioni “riassuntive” del 22 giugno 2020, su cui si è fondata l’ingiunzione n. 6 del 2021, e del 15 maggio 2024, entrambe richiamate dall’ordinanza di demolizione n. 48 del 2024: come già osservato, tali atti descrivono in maniera precisa sia le difformità, sia i titoli edilizi da cui emerge lo stato legittimo dell’immobile.
9.1.2. In secondo luogo, si deve considerare che la relazione tecnica del 3 ottobre 2019 riguarda l’intero complesso immobiliare, comprese le unità di proprietà di altri soggetti e rimaste poi estranee ai procedimenti sanzionatori (per lo meno, a quelli da cui è poi scaturito il presente contenzioso), e il passaggio valorizzato dagli appellanti sull’impossibilità di definire uno stato legittimo rappresenta, a ben vedere, una generica premessa sulla difficoltà di ricondurre a coerenza le pratiche presentate in relazione all’intero complesso; a questa fa tuttavia seguito, già nella stessa relazione del 3 ottobre 2019, una dettagliata specificazione delle varie difformità, anche con riferimento alla proprietà degli appellanti, tanto rispetto all’autorimessa (che è diversa da quanto sanato con il condono del 2004), quanto rispetto all’abitazione (che «rispetto all’ultimo stato assentito autorizzazione edilizia UT 630/98 presenta difformità interne ed esterne in tutti i piani e altezze interne difformi al piano sottotetto»), nonché alle aree esterne (dove erano stati aggiunti il gazebo e la tettoia).
9.2. Da un altro punto di vista, si sostiene che le opere siano state legittimate dai vari titoli edilizi che si sono susseguiti nel tempo – e che non sono mai stati revocati o annullati in autotutela – i quali hanno ingenerato negli appellanti l’affidamento circa la possibilità di mantenerle.
La censura non è fondata.
9.2.1. Nella relazione riassuntiva del 15 maggio 2024 si dà conto dei titoli che hanno interessato l’immobile (pp. 3-4) e delle difformità tra l’attuale stato dei luoghi e i progetti volta per volta assentiti: l’affidamento degli appellanti non può quindi dirsi “legittimo” e non è tutelabile, in quanto proprio gli elaborati esaminati dal Comune avrebbero imposto una costruzione con caratteristiche differenti.
9.2.2. Nemmeno può ritenersi che la rappresentazione di una certa situazione nell’elaborato relativo allo stato di fatto presentato a corredo di una pratica edilizia valga di per sé solo a legittimarla: l’assenso del Comune, infatti, riguarda il progetto di trasformazione edilizia-urbanistica presentato, mentre lo stato di fatto costituisce se mai il presupposto di tale valutazione.
Pertanto, è del tutto logico affermare – come hanno fatto il Comune e il T.a.r. – che la rappresentazione di un illecito già realizzato nelle pratiche edilizie non può comportarne la regolarizzazione postuma, né fonda l’affidamento “legittimo” del privato, il quale richiede comunque un pronunciamento, anche tacito o implicito, dell’amministrazione: sotto questo profilo, come ricordato dal Tribunale, il comma 1-bis nell’art. 9-bis nel t.u. dell’edilizia, come modificato dal d.l. 29 maggio 2024, n. 69, convertito in legge 24 luglio 2024, n. 105, ha chiarito che lo stato legittimo dell’immobile può essere stabilito dal titolo che ha assentito l’ultimo intervento solo «a condizione che l’amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi», pertanto si deve ribadire che «lo stato legittimo delle preesistenze edilizie non poteva estendersi alle opere meramente rappresentate nell’elaborato grafico prodotto a corredo del titolo edilizio presentato o rilasciato per altre e diverse opere» (Cons. Stato, sez. II, 14 maggio 2025, n. 4127).
9.3. Sotto un terzo profilo si contesta la sentenza nella parte in cui ha respinto le censure contro l’ordine di demolizione nella parte relativa all’autorimessa.
In particolare, oltre a ribadire che l’eliminazione del gazebo avrebbe dovuto indurre a ritenere sanabile il manufatto, si sostiene che questo abbia natura pertinenziale, pertanto le variazioni non sarebbero “essenziali” in base all’art. 32, comma 2, del t.u. dell’edilizia, e che comunque il volume realizzato è inferiore a quanto assentito, pertanto sarebbe sproporzionato imporre il ripristino dello stato legittimo; l’assenza di titolo paesaggistico, infine, deriverebbe dall’illegittima revoca di quello rilasciato.
Il motivo è infondato, in quanto il manufatto ricade in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e, ai sensi dell’art. 32, comma 3, del t.u. dell’edilizia, le variazioni dei parametri urbanistici-edilizi ovvero delle caratteristiche dell’intervento rispetto al titolo – che nella specie non rientrano nelle tolleranze costruttive di cui all’art. 34-bis – sono sempre considerate in totale difformità, anche qualora riguardino locali accessori (Cons. Stato, sez. VI, 8 febbraio 2016, n. 507, relativa a dei volumi tecnici ma i cui principi si attagliano perfettamente anche ai volumi accessori).
Si aggiunga che, secondo le stesse misure indicate dagli appellanti, se il volume è inferiore a quanto assentito, risulta maggiore la superficie (pari a 37,94 mq nel titolo e a 38,47 mq nella realtà), circostanza che esclude si possa ritenere ininfluente la modifica e sproporzionato l’ordine di ripristino.
9.4. Sotto un quarto profilo, si argomenta che, diversamente da quanto ritenuto dal T.a.r., rispetto al sottotetto vi siano diversi titoli edilizi che ne hanno sancito la natura abitativa, così ingenerando affidamento nei proprietari.
Il motivo è infondato.
La pratica edilizia n. 348 del 1988, invocata dagli appellanti, riguarda il rifacimento del tetto e del solaio del sottotetto: vero è che in essa vengono rappresentati il bagno e due camere, ma da questo non se ne desume la destinazione abitativa e comunque, come condivisibilmente osservato da T.a.r., la loro rappresentazione non può comportarne la regolarizzazione postuma, specie se l’assenso chiesto al Comune ha riguardato altri aspetti (appunto, il rifacimento di tetto e solaio).
Lo stesso può dirsi per la pratica n. 946 del 1989 e per la Dia UT/96 del 29 dicembre 1995.
Analogo ragionamento può farsi per gli abbaini e per le difformità di porte e finestre.
10. Con il quarto motivo di appello si censura la sentenza nella parte in cui afferma che non risulta acquisito alcun atto di assenso in relazione al fatto che la zona si trova in fascia di rispetto del depuratore e nella fascia B di delimitazione fluviale del piano per l’assetto idrogeologico-Pai.
In particolare, si osserva che il vincolo deriva dalla delibera del Consiglio dei ministri del 4 febbraio 1977 e le opere a questo successive sono tutte interne e non incidono sul rischio idraulico né sull’equilibrio urbanistico del contesto.
Il motivo è infondato.
Come condivisibilmente osservato dal T.a.r., la trasformazione del sottotetto in locali abitabili, aumentando il numero di persone che l’edificio potrebbe accogliere, ha incrementato anche il rischio idraulico, così ponendosi in contrasto con il vincolo.
11. Nel merito, dunque, l’appello è meritevole di rigetto nel suo complesso, circostanza che esime dal pronunciarsi sulle eccezioni preliminari sollevate dal Comune.
12. La novità delle questioni dedotte e la peculiarità della vicenda, anche in fatto, giustificano la compensazione delle spese di lite del grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione II, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge; compensa tra le parti le spese di lite del grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare gli appellanti.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 settembre 2025 con l’intervento dei magistrati:
Oberdan Forlenza, Presidente
Francesco Frigida, Consigliere
Carmelina Addesso, Consigliere
Maria Stella Boscarino, Consigliere
Alessandro Enrico Basilico, Consigliere, Estensore




