Consiglio di Stato Sez. VII n. 9086 del 18 ottobre 2023
Urbanistica.Sanabilità delle opere e demolizione

L'ordine di demolizione costituisce atto dovuto mentre la possibilità di non procedere alla rimozione degli abusi costituisce solo un'eventualità della fase esecutiva, subordinata alla circostanza dell'impossibilità del ripristino dello stato dei luoghi. Né rilevano la circostanza che l’immobile si inserisca in un contesto più o meno urbanizzato o la asserita sanabilità delle opere; invero, la eventuale legittimità sostanziale delle opere, in rapporto al regime dell’area sulla quale accedono, deve necessariamente essere valutata nell’ambito di un procedimento di sanatoria attivato da apposita domanda di parte, non potendosi gravare l’amministrazione dell’onere di valutare d’ufficio tale eventualità

Pubblicato il 18/10/2023

N. 09086/2023REG.PROV.COLL.

N. 08381/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8381 del 2019, proposto dai signori Alessandra Margarito e Aldo Margarito, rappresentati e difesi dall’avvocato Paolo Cantelmo, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia;

contro

il Comune di Ruffano, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Valeria Pellegrino, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso del Rinascimento, 11;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, Sezione Seconda, n. 1111/2019.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Ruffano;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4 bis, cod. proc. amm.;

Relatore il Cons. Laura Marzano;

Nessuno presente per le parti all'udienza straordinaria del giorno 6 ottobre 2023, tenutasi in collegamento da remoto;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La parte appellante impugna la sentenza del 24 aprile 2019, n. 1111 con cui il TAR Puglia, sezione staccata di Lecce ha respinto il ricorso proposto per l’annullamento dell'ordinanza n. 5 del 2 febbraio 2018, adottata dal Comune di Ruffano, con la quale si ingiungeva ai sigg. Alessandra Margarito e Aldo Margarito di “demolire, ovvero rimuovere a proprie cure e spese le opere abusivamente realizzate in c.da Manfio, distinte in Catasto al foglio 11, particella 1107 […] provvedendo in tal senso al ripristino dello stato dei luoghi preesistente, ai sensi dell'art. 31 DPR 380/2001, nel termine di giorni 90 (novanta) dalla data di notifica del presente provvedimento, con avvertimento, che in difetto, si procederà coattivamente, nei termini di legge, con l'automatica acquisizione di diritto a titolo gratuito al patrimonio comunale del bene e dell'area di sedime”.

Il Comune appellato si è costituito nel presente grado di giudizio con memoria depositata il 20 novembre 2019, eccependo l’inammissibilità dell’appello e chiedendone, comunque la reiezione per infondatezza, come ribadito con breve memoria del 4 settembre 2023.

Infine, con separati atti, le parti hanno chiesto il passaggio in decisione della causa sugli scritti.

All’udienza straordinaria del 6 ottobre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

2. Gli appellanti sono proprietari di un fabbricato sito in Ruffano, in catasto al fg. 11, part. 1107, sul quale sono state realizzate opere in ampliamento rispetto all’originaria concessione edilizia.

In particolare, in occasione di un sopralluogo effettuato in data 28 agosto 2017 dal tecnico dell'Ufficio tecnico comunale unitamente al comandante della Polizia locale, è stata accertata l’intervenuta realizzazione, in assenza di titolo, delle seguenti opere:

“- fabbricato adibito a civile abitazione con annesso portico, occupante una superficie coperta di circa mq 170.00 a piano terra, e circa mq 48.50 a piano primo, per un volume complessivo di circa mc 757.50, completamente difforme a quanto approvato con C.E. n° 4 del 20.01.2000, che prevedeva invece la costruzione di un locale deposito di circa mq 26.00; tale costruzione risulta corredata, inoltre, da un retrostante porticato in legno con pilastri in muratura di circa mq 28.50, h media mi 2.90, e da due pergolati in legno sul prospetto principale: uno a piano terra e uno a piano primo, occupanti rispettivamente una superficie di circa mq 15.00 e mq 17.50 (F 11, p.11a 1107, sub 2);

- struttura adibita ad autorimessa e deposito di attrezzature edili, attualmente allo stato rustico e privo di qualsiasi chiusura frontale, posta sul confine sud-est del lotto, composta da: una tettoia in coibentato parzialmente tamponata in muratura di h media pari a circa ml 2.90, sviluppante circa mq 54.00 di sup. coperta e mc 156.60 di volume, e da un fabbricato in muratura con copertura in solaio latero-cementizio di h pari a circa ml 4.30, sviluppante circa mq 80.00 di sup. coperta e mc 344.00 di volume;

- capanno per gli attrezzi in muratura e copertura in legno di h media pari a circa ml 2.25, sviluppante circa mq 5.00 di sup. coperta e mc 11.25 di volume, sito sul confine nord-est del lotto”.

Il Comune, pertanto, adottava l’ordinanza n. 5 del 2 febbraio 2018 con cui ordinava il ripristino dello stato dei luoghi mediante demolizione delle opere abusive.

Il TAR, dinanzi al quale tale ordinanza è stata impugnata, ha respinto il ricorso rigettando sia le censure formali (difetto di motivazione e lesione dell’affidamento) sia quelle sostanziali stante la totale difformità dal titolo edilizio di quanto realizzato e l’irrilevanza della asserita sanabilità dell’abuso, trattandosi di questione estranea al giudizio.

Gli appellanti hanno impugnato la sentenza riproducendone testualmente i contenuti e sostanzialmente riproponendo le censure formulate in primo grado, senza individuare alcun profilo di erroneità della sentenza, tanto che il Comune appellato ha eccepito l’inammissibilità dell’appello per difetto di specificità.

3. Si può prescindere dall’esame della pur fondata eccezione preliminare essendo l’appello manifestamente infondato.

Premesso che la parte appellante non contesta che si tratti di opere abusive, è innanzitutto infondata la censura relativa alla necessità di motivazione di cui sarebbe onerata l’amministrazione in ragione del tempo trascorso.

Per giurisprudenza ormai granitica a fronte della natura pacificamente abusiva dei manufatti, il Comune non è tenuto né a comunicare l’avvio del procedimento (peraltro nel caso di specie comunicato), né ad instaurare alcun contraddittorio, né a motivare sull’interesse pubblico alla demolizione.

Trattandosi di atto vincolato, il provvedimento è sufficientemente motivato con la specifica descrizione delle opere abusive e l’indicazione delle norme violate.

Proprio per tale natura dell’atto il provvedimento non sarebbe annullabile né per questo né per altri vizi procedimentali, ai sensi dell’art. 21 octies L. 241/90.

Parimenti infondata è la censura di assenza nel provvedimento di una motivazione rafforzata sull’interesse pubblico alla demolizione dopo il lungo tempo trascorso, alla stregua dei principi affermati dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 9 del 2017, puntualmente richiamati dal TAR.

Dunque l'ordine di demolizione costituisce atto dovuto mentre la possibilità di non procedere alla rimozione degli abusi costituisce solo un'eventualità della fase esecutiva, subordinata alla circostanza dell'impossibilità del ripristino dello stato dei luoghi (cfr. Cons. Stato, Sez. VII, 8 marzo 2023, n. 2456).

Né rilevano la circostanza che l’immobile si inserisca in un contesto più o meno urbanizzato o la asserita sanabilità delle opere; invero, la eventuale legittimità sostanziale delle opere, in rapporto al regime dell’area sulla quale accedono, deve necessariamente essere valutata nell’ambito di un procedimento di sanatoria, che nel caso di specie non risulta attivato da apposita domanda di parte, non potendosi gravare l’amministrazione dell’onere di valutare d’ufficio tale eventualità (cfr. Cons. Stato, Sez. VII, 29 marzo 2023, n. 3234).

Conclusivamente, per quanto precede, l’appello deve essere respinto.

4. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Settima, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la parte appellante alle spese del presente grado di giudizio, in favore del Comune di Ruffano, che si liquidano in € 3.000,00 (tremila), oltre oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in collegamento da remoto, nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2023, con l’intervento dei magistrati:

Giovanni Sabbato, Presidente FF

Giovanni Tulumello, Consigliere

Laura Marzano, Consigliere, Estensore

Rosaria Maria Castorina, Consigliere

Brunella Bruno, Consigliere