Consiglio di Stato, Sez. V n. 6592, del 20 dicembre 2012
Urbanistica. La sostituzione edilizia costituisce una modalità spinta della ristrutturazione edilizia.

La “sostituzione edilizia” costituisce, già in se stessa, una modalità (segnatamente, la più spinta) proprio della ristrutturazione edilizia, lo si evince sin dalle norme che, a livello tanto nazionale quanto locale, definiscono la seconda, ed ammettono che questa possa atteggiarsi, al limite, anche in termini di demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato. Dunque la conferma che la sostituzione edilizia, debba intendersi pur sempre come una forma della ristrutturazione edilizia, con la conseguente necessità di fare salve le caratteristiche fondamentali della preesistenza. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 06592/2012REG.PROV.COLL.

N. 10584/2003 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10584 del 2003, proposto dal Comune di Napoli, rappresentato e difeso dagli avv. Giuseppe Dardo, Fabio Maria Ferrari, Barbara Accattatis Chalons D'Oranges, Antonio Andreottola, Eleonora Carpentieri, Bruno Crimaldi, Annalisa Cuomo, Anna Ivana Furnari, Giacomo Pizza, Edoardo Barone, Giuseppe Tarallo e Anna Pulcini, con domicilio eletto presso Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II 18;

contro

Cupa del Principe Srl;

nei confronti di

Bianconcini Maurizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZIONE IV, n. 4810/2002, resa tra le parti, concernente diniego concessione edilizia per interventi di ristrutturazione.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2012 il Cons. Nicola Gaviano e udito per la parte appellante l’avv. G. Pizza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

Con ricorso dinanzi al T.A.R. per la Campania la società Cupa del Principe s.r.l. impugnava il provvedimento del responsabile del Dipartimento Edilizia Interventi Speciali - Servizio Edilizia Privata del Comune di Napoli n. 497 del 3.8.2000, con il quale era stata denegata la concessione edilizia richiesta dalla stessa società per interventi di ristrutturazione dell’ex complesso industriale Saffa, di sua proprietà, sito in Napoli alla via Stadera a Poggioreale.

Analogo ricorso veniva presentato dal sig. Bianconcini Maurizio, promissario acquirente dell’immobile.

L’Amministrazione con il provvedimento impugnato aveva ritenuto, in sintesi, che il progetto sottopostole integrasse una ristrutturazione urbanistica ai sensi dell’art. 31, lett. e), della legge n. 457 del 1978, e che un simile intervento dovesse ritenersi precluso dall’art. 18 della variante di salvaguardia vigente, che nell’area ammetteva unicamente interventi di ristrutturazione edilizia ai sensi della lett. d) dello stesso articolo 31.

Le ricorrenti opponevano a tanto la tesi di fondo che il progetto fosse assentibile in quanto “sostituzione edilizia”, forma di intervento specificamente ammessa dall’art. 18 della variante di salvaguardia, la quale avrebbe dovuto reputarsi suscettibile di ricomprendere anche iniziative di ristrutturazione urbanistica (e non solo edilizia).

Resisteva alle impugnative il Comune di Napoli, difendendo la legittimità del proprio diniego.

All’esito del giudizio il Tribunale, con la sentenza n. 4810 del 2002 in epigrafe, riuniti i due ricorsi, mentre dichiarava inammissibile il secondo per difetto di legittimazione attiva del promissario acquirente, accoglieva quello proposto dalla società, condividendo l’interpretazione da essa proposta della norma della variante di salvaguardia.

Il diniego di concessione impugnato veniva per conseguenza annullato, stabilendosi che il Comune avrebbe dovuto riesaminare nel merito il progetto di sostituzione edilizia della società, per verificare se lo stesso rispettasse i limiti di altezza e cubatura dettati dall’art. 18 della variante di salvaguardia e le altre norme urbanistiche ed edilizie vigenti.

Avverso la decisione del T.A.R. il Comune di Napoli esperiva indi il presente appello, con il quale riproponeva la propria interpretazione dell’art. 18 della variante, contestando le motivazioni che avevano indotto il primo Giudice a disattenderla.

Con successiva memoria l’Amministrazione insisteva per l’accoglimento dell’appello.

Alla pubblica udienza del 4 dicembre 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.

L’appello è fondato.

1 Osserva preliminarmente la Sezione che la sentenza oggetto d’impugnativa ha qualificato l’intervento in progetto (restando poi immune da gravame in parte qua) come fattispecie di ristrutturazione urbanistica, e non già di semplice ristrutturazione edilizia (sentenza cit., pagg. 9-12): e questo in linea con la valutazione che sta a base del provvedimento di diniego gravato in prime cure, qualificazione che la società ricorrente, per la verità, non aveva specificamente contestato.

Il progetto prevede, del resto, che il dismesso complesso industriale, composto di più edifici, verrebbe demolito e sostituito, attraverso un insieme sistematico di interventi edilizi, da un nuovo complesso di sette immobili autonomi, con la previsione anche di un reticolo stradale interno, il tutto avente destinazione d’uso, distribuzione sul territorio e disegno completamente diversi dallo stato di fatto preesistente.

Essendo rimasta dunque incontestata, in questa sede, la qualificazione dell’intervento operata dal primo Giudice in chiave di ristrutturazione urbanistica, è senz’altro in tali termini che va sottoposta a verifica la sua legale assentibilità (superfluo essendo attardarsi sulle ragioni, pur dall’Amministrazione riproposte, per cui il progetto in controversia non sarebbe assentibile neppure ove riqualificato sub specie di ristrutturazione solo edilizia).

2 La materia dell’attuale contendere verte, pertanto, unicamente sull’interpretazione da dare all’art. 18 della variante di salvaguardia.

Si tratta di stabilire, infatti, se la norma comunale ammetta solo interventi di ristrutturazione edilizia ai sensi della lett. d) dello stesso articolo 31, giusta la lettura datane dal Comune, o invece essa debba intendersi come facoltizzante, a titolo di “sostituzione edilizia”, anche più ampie iniziative di ristrutturazione urbanistica, secondo la lettura sostenuta dalla società ricorrente in prime cure ed avallata dal Tribunale.

3 Il T.A.R. ha reputato che in questo secondo senso deponesse già la rubrica dell’art. 18 della variante, che recita : “Norme transitorie zona C – Ristrutturazione urbanistica”.

La difesa comunale, tuttavia, sin dal primo grado di giudizio aveva precisato, sulla scia delle indicazioni degli uffici tecnici, che la zona “C”, in realtà, era definita già in precedenza dal P.R.G. del 1972 come zona di “ristrutturazione urbanistica”, e che in occasione del varo della variante di salvaguardia il Comune aveva reputato preferibile conservare inalterati i titoli delle rubriche del vecchio piano regolatore (nell’economia del quale per gli interventi di ristrutturazione urbanistica veniva fatto, peraltro, solo un mero rinvio ai futuri piani particolareggiati).

Sicché la Sezione ritiene che al dato della lettera della rubrica dell’articolo oggetto di scrutinio non possa essere attribuito alcun particolare rilievo ai fini ermeneutici.

4a Concentrando indi la propria analisi sul testo del precetto, il Tribunale ha ritenuto che la sua lettura non consentisse di escludere dal novero degli interventi ammessi la “sostituzione edilizia” di uno o più edifici.

L’interpretazione seguita dall’Amministrazione, è stato detto, non spiegherebbe perché nell’articolo 18 siano state dettate, dopo il richiamo agli interventi di cui alle lettere a), b), c), e d) dell’art. 31 della legge n. 457/1978, anche delle precise disposizioni intese a specificare i limiti di volume e di altezza delle “sostituzioni edilizie”: ciò in quanto al concetto di ristrutturazione edilizia è già consustanziale il dato della invalicabilità delle proporzioni della preesistenza.

Da qui la conclusione del Tribunale: per un verso, che la “sostituzione edilizia” ammessa dall’articolo integrasse qualcosa di diverso ed ulteriore rispetto alla semplice ristrutturazione edilizia; per l’altro, che tale tipo di intervento potesse essere assentito non solo per un edificio singolo, ma anche, come nel caso di specie, per più edifici considerati in modo unitario.

4b Le considerazioni così esposte non resistono alle critiche svolte dal Comune appellante.

4c Una attenta lettura del più volte citato articolo 18 permette di cogliere, invero, quanto segue.

L’articolo si apre con la precisa disposizione per cui nella zona “C” del P.R.G. “sono ammessi interventi ai sensi delle lettere a), b), c), d), dell’art. 31 della L. 457/78 nel rispetto dei volumi e superfici esistenti”, il che, di per sé, vale già appunto ad escludere che nella stessa zona vi sia spazio anche per iniziative di ristrutturazione urbanistica, figura che compare solo nella lett. e) dell’art. 31 della stessa legge n. 457/1978.

Tanto premesso, si può notare come l’articolo 18, dopo questo precetto di esordio, detti via via norme progressivamente più specifiche e limitative, a guisa di cerchi concentrici di raggio sempre più ridotto: ciò prima per (la generalità de) gli interventi di ristrutturazione edilizia, di cui viene limitata l’applicabilità ai soli edifici di costruzione posteriore al 1860; e indi per la sostituzione edilizia, che ne costituisce la variante estrema, la quale viene ammessa per i soli edifici che, oltre che posteriori al 1860, siano anche privi di valore culturale.

Ora, nulla fa pensare che i periodi successivi a quello di apertura dell’articolo siano intesi ad apportare deroghe al periodo introduttivo sopra trascritto. Al contrario, la struttura logica dell’articolo è quella di un coerente susseguirsi di precetti lungo un asse di progressiva specificazione.

La punteggiatura utilizzata conferma la constatazione appena fatta. Il periodo che l’originaria ricorrente intenderebbe valorizzare quale norma di deroga alla regola di apertura dell’articolo (nel senso che a titolo di “sostituzione edilizia” sarebbero ammesse anche delle ristrutturazioni urbanistiche) non si presenta sintatticamente quale periodo autonomo, bensì è una proposizione strettamente coordinata e complementare a quelle immediatamente precedenti, in combinazione con le quali deve pertanto essere letta.

Si comprende, allora, come essa non possa essere decontestualizzata e fatta assurgere a precetto autonomo e a sé stante.

4d Posto, quindi, che le regole dettate dall’art. 18 per le sostituzioni edilizie vanno intese alla luce della regola di apertura del medesimo articolo ed in coerenza con essa, tanto conferma la correttezza della lettura per cui gli interventi ammessi non possono comunque esorbitare dal concetto di ristrutturazione edilizia, la cui figura costituisce la tipologia di intervento più incisiva tra quelle permesse nella zona “C”.

D’altra parte, che la “sostituzione edilizia” costituisca, già in se stessa, una modalità (segnatamente, la più spinta) proprio della ristrutturazione edilizia, lo si evince sin dalle norme che, a livello tanto nazionale quanto locale, definiscono la seconda (art. 31 cit. lett. d); art. 9, comma 2, del regolamento edilizio comunale), ed ammettono che questa possa atteggiarsi, al limite, anche in termini di demolizione e successiva –fedele- ricostruzione di un fabbricato (in questo senso v. ad es., da ultimo, C.d.S., IV, 10 agosto 2011, n. 4765).

Donde la conferma che la sostituzione edilizia, quale disciplinata dall’art. 18 della variante, debba intendersi pur sempre come una forma della ristrutturazione edilizia, con la conseguente necessità di fare salve le caratteristiche fondamentali della preesistenza.

4e Per quanto visto, l’assunto della ricorrente che l’articolo 18 permetterebbe di realizzare, a titolo di “sostituzione edilizia”, anche interventi implicanti iniziative di ristrutturazione urbanistica, essendo smentito dalle considerazioni che precedono sull’organica lettura da dare allo stesso articolo, si rivela sprovvisto di fondamento.

L’articolo, oltretutto, nel confermare anche per l’intervento di “sostituzione” la necessità di rispettare il vincolo della parità di volume rispetto all’ “edificio” (al singolare) da sostituire, esclude con ciò qualunque apertura di credito all’idea che tale forma di intervento debba ritenersi permessa anche per la sistemazione unitaria di una pluralità di edifici, e per questa via possa quindi atteggiarsi come una possibile ristrutturazione urbanistica.

Quanto all’argomento, utilizzato dal primo Giudice, per cui l’interpretazione patrocinata dal Comune non spiegherebbe perché nell’articolo 18 siano state dettate, dopo il richiamo agli interventi di cui alle lettere a), b), c), e d) dell’art. 31 cit., anche delle precise disposizioni sulle “sostituzioni edilizie” (laddove sarebbe già immanente al concetto di ristrutturazione edilizia il dato della invalicabilità delle proporzioni della preesistenza), in proposito si impone l’obiezione che la specifica considerazione dedicata dall’articolo alle “sostituzioni edilizie” ben si spiega, in realtà, sia per la particolarità della condizione dalla quale le medesime sono state fatte dipendere (la mancanza di valore culturale della preesistenza), sia per il fatto che il limite di altezza che l’art. 18 specificamente detta per le “sostituzioni edilizie” è autonomo ed ulteriore, giacché ha riguardo alla necessità di non eccedere (neppure) “l’altezza degli edifici circostanti”.

5 Per le ragioni esposte l’appello del Comune di Napoli deve essere accolto, e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinto il ricorso di primo grado della società Cupa del Principe s.r.l..

Le spese processuali del doppio grado possono tuttavia essere equitativamente compensate, sussistendone i presupposti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe, lo accoglie, e per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.

Compensa tra le parti le spese processuali del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Trovato, Presidente

Vito Poli, Consigliere

Antonio Amicuzzi, Consigliere

Doris Durante, Consigliere

Nicola Gaviano, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 20/12/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)