Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4552, del 30 settembre 2015
Urbanistica.La sanatoria giurisprudenziale elude il principio di legalità.

La cosiddetta sanatoria giurisprudenziale elude il principio di legalità' perché' svuota la portata precettiva e vincolante della disciplina urbanistica e edilizia vigente al momento della commissione degli illeciti, viola la tipicità' provvedimentale, ancorata dall'articolo 36 del d.P.R. n.380/2001 alle sole violazioni di ordine formale, così neutralizzando la deterrenza sanzionatoria nei confronti degli autori degli illeciti edilizi. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 04552/2015REG.PROV.COLL.

N. 03461/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3461 del 2014, proposto da: 
Maria Magliulo, rappresentata e difesa dall'avvocato Lorenzo Lentini, con domicilio eletto presso Giuseppe Placidi in Roma, Via Cosseria, n. 2; 

contro

Comune di Casapesenna, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuliano Agliata, con domicilio eletto presso Francesco Mangazzo in Roma, Via Alessandro III, n.6; 

per la riforma

della sentenza n. 2004 del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI (Sezione Ottava) del /2014, resa tra le parti;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Casapesenna;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 4 giugno 2015, il Cons. Carlo Mosca e uditi per le parti l’avvocato Lentini e l’avvocato Sanino per delega dell’avvocato Agliata;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. Dalla documentazione agli atti si evince che l'originaria ricorrente e attuale appellante, signora Maria Magliulo, si rivolgeva, con plurimi motivi di censura, al TAR Campania per l'annullamento del provvedimento comunale del 28 dicembre 2012 di annullamento in autotutela del permesso di costruire in sanatoria n.17 del 28 agosto 2008 rilasciato dallo stesso comune di Casapenna, nonché' dell'ordinanza di demolizione n.6 del 19 febbraio 2013, del verbale di accertamento di inottemperanza del 5 giugno 2013 e del provvedimento del 1 luglio 2013 di acquisizione gratuita dell'opera abusiva al patrimonio dell'ente locale.

 

2. Il primo giudice, con la sentenza impugnata respingeva il ricorso, preliminarmente evidenziando che:

a. sulla base dei principi enucleati dalla giurisprudenza per l'esercizio del potere di annullamento dei titoli edilizi, confluiti nell'articolo 21 nonies della legge n. 241/90, secondo cui i presupposti del potere sono costituiti dall'illegittimità originaria del provvedimento e dall'interesse pubblico concreto e attuale alla sua rimozione diverso dal mero ripristino della legalità', tenuto conto delle posizioni giuridiche soggettive consolidate in capo ai destinatari, è' necessario che l'Amministrazione, pur nella sua riconosciuta discrezionalità, dia conto della sussistenza dei menzionati principi, integrando nell'ambito della motivazione l'allegazione del vizio inficiante il titolo edilizio e del particolare atteggiarsi dell'interesse pubblico in materia di tutela del territorio e dei valori che su di esso insistono quasi sempre prevalenti rispetto agli interessi dei privati i cui comportamenti possono avere indotto in errore la stessa Amministrazione o hanno approfittato dell'errore di quest'ultima;

b. anche in assenza di un termine per la decadenza del potere di auto-annullamento del titolo edilizio, la caducazione che intervenga ad una notevole distanza di tempo e dopo che le opere sono state completate, esige una più' puntuale e convincente motivazione a tutela del legittimo affidamento;

c. il rilascio del permesso di costruire fabbricati rurali in zone agricole e'subordinato al requisito della status di proprietario coltivatore diretto o di proprietario conduttore in economia o di proprietario concedente o di imprenditore agricolo, nonché' al requisito del rapporto di strumentalità' delle opere alla coltivazione del fondo;

d. l'asservimento di un'area è' concesso al solo imprenditore agricolo a titolo principale e per le sue necessità' abitative ed è' subordinato a limiti volumetrici e a specifiche formalità'.

Cio’ posto, lo stesso primo giudice ha sottolineato:

e. alla data di presentazione della domanda di sanatoria, non è' stato dimostrato che la ricorrente fosse in possesso dei citati requisiti di legge. In particolare, non risulta che, a tale data, la ricorrente rivestisse la qualità' di imprenditrice agricola professionale e difetta pure il requisito che attiene alla destinazione agricola, non risultando il fabbricato in questione connesso alla vocazione agricola del fondo, ne' che le opere realizzate siano strumentali alla coltivazione. L'atto di asservimento è' stato poi costituito in data successiva al rilascio del titolo edilizio in sanatoria e peraltro solo su specifico impulso del Comune, a sua volta sollecitato dalla locale stazione dei Carabinieri e dalla Questura;

f. il provvedimento di secondo grado reca sufficiente illustrazione dei vizi riscontrati e della loro insanabilita', nonché' delle ragioni di interesse pubblico tali da giustificare l'intervento in autotutela, ragioni individuate nella natura permanente del contrasto dell'opera con il vigente strumento urbanistico e nell'alterazione del tessuto urbanistico-edilizio in termini di funzionalità' e vulnerabilità;

g. a fronte di un'attivita' edilizia abusiva e di un permesso di costruire palesemente illegittimo di cui non sono stati rinvenuti gli atti istruttori, la concomitanza di una specifica esigenza di ripristino della legalità' non lascia dubbi sul rispetto dei presupposti per l'autotutela;

h. non vi era alcun affidamento da tutelare, poiché la ricorrente era conoscenza della natura abusiva del manufatto edificato senza titolo in zona agricola e gia' dal 2010, l'Amministrazione aveva richiesto, nutrendo fondati dubbi sulla sua legittimità', elementi informativi e documentali sull'atto concessorio;

i. palesamente infondati risultano essere i motivi aggiunti proposti avverso l'ordine di demolizione e il successivo provvedimento acquisitivo del 1 luglio 2013 e non è' condivisibile la tesi della ricorrente secondo cui l'Amministrazione non poteva irrigare la sanzione demolitoria in assenza di una preventiva determinazione sull'istanza di accertamento di conformità' presentata il 2 febbraio 2012 avente ad oggetto una porzione di fabbricato in difformità' del titolo edilizio n.17/2008 composto da piano terra e primo piano. Ciò' in quanto sulla predetta istanza si era formato il provvedimento tacito di rigetto, ai sensi dell'articolo 36, comma 3, del testo unico sull'edilizia. Ne' ha pregio l'ulteriore doglianza secondo cui il comune avrebbe omesso ogni valutazione sulla eventuale conformita' sopraggiunta dell'immobile, ovvero sulla pretesa assentibilita' dell'opera al momento della presentazione della nuova domanda di sanatoria. La cosiddetta sanatoria giurisprudenziale elude, infatti, il principio di legalità' perché' svuota la portata precettiva e vincolante della disciplina urbanistica e edilizia vigente al momento della commissione degli illeciti, viola la tipicità' provvedimentale, ancorata dall'articolo 36 del d.P.R. n.380/2001 alle sole violazioni di ordine formale, così neutralizzando la deterrenza sanzionatoria nei confronti degli autori degli illeciti edilizi;

j. sono quindi legittime sia l'ordinanza di demolizione adottata all'esito del diniego implicito formatosi sulla seconda istanza di sanatoria, che il successivo provvedimento acquisitivo adottato dal Comune ai sensi dell'articolo 31, comma 3 del d.P.R. n. 380/2001

 

 

 

3. Con l'appello in epigrafe, la signora Maria Magliulo ha evidenziato l'erroneita' della sentenza impugnata con plurimi motivi di censura e, in particolare, ha rimarcato che:

a. il Comune prima, il TAR poi, hanno giustificato l'esercizio del potere di autotutela di ufficio in merito a un permesso di costruire già rilasciato a distanza di cinque anni, tramite il richiamo a pretesi vizi di legittimità' originari del titolo e ad un asserito contrasto con lo strumento urbanistico. Ma, per legittimare l'annullamento d'ufficio non e'sufficiente rilevare presunti vizi di legittimità formale come l'assenza della doppia conformita', ma occorre accertare, a distanza d'un significativo arco temporale come quello di un quinquennio, la sussistenza di un interesse pubblico specifico con i requisiti della concretezza e dell'attualità' per poter rimuovere l'originario permesso di costruire in sanatoria;

b. l'antigiuridicità non è' condizione di per se' idonea e sufficiente per ricorrere all'autotutela di ufficio, avendo l'articolo 21 nonies della legge n.241/90 rigidamente ancorato l'esercizio di tale potere a due tassativi presupposti: le ragioni di interesse pubblico e una valutazione comparativa che riveli la prevalenza dell'interesse pubblico rispetto alla contrapposta posizione dei privati;

c. il primo giudice ha dovuto riconoscere la possibilità' di nuova edificazione in zona agricola semplice, smentendo il vincolo di inedificabilità' assoluta, nonché' la possibilità' di asservimento di lotti, anche non contigui,in Comuni non limitrofi. Ciò rende impossibile opporre alcun interesse urbanistico rilevante per l'esercizio del potere dell'autotutela di ufficio. Restano quindi controversi solo i profili formali dell'originario permesso di costruire del 2008 relativi allo status di imprenditore agricolo e alle volumetrie assentibili, peraltro regolarizzati e comunque emendati a seguito di richiesta del Comune del 28 ottobre 2010, prima del successivo annullamento di ufficio del permesso di costruire in sanatoria;

d. non è' stato dedotto alcun interesse urbanistico preminente per fondare l'annullamento dopo un quinquennio, il che rende quest'ultimo privo di qualsivoglia funzione causale. La regolarizzazione, prima dell'annullamento, degli ulteriori vizi formali elide anche il requisito della concretezza e della attualità' per rimuovere il permesso di costruire n.17/2008;

e. il Comune ha affermato che l'annullamento di ufficio di permessi di costruire non necessita di specifica motivazione sul pubblico interesse, se è' disposto per la natura permanente del contrasto con lo strumento urbanistico. Il Comune ha anche ribadito che, nella specie, non vi è' alcun affidamento legittimo da tutelare poiché la ricorrente era a conoscenza della abusivita' del manufatto e già dal 2010 il Comune aveva avanzato dubbi sulla legittimità' del titolo edilizio postumo. Esclusa, pero', l'inedificabilità assoluta e superata la questione della contiguità' dei fondi da asservire, non vi è' permanente contrasto dell'opera con lo strumento urbanistico e non vi è' alcuna alterazione del tessuto urbanistico rurale;

f. non vi è' stata alcuna valutazione comparativa della contrapposta posizione del privato, posizione che si è' sacrificata a distanza di un quinquennio. La comparazione, riguardo all'eventuale danno pubblico, era poi da effettuare non rispetto alla situazione di fatto originaria dell'abuso, bensì' rispetto alla situazione sopravvenuta a seguito del rilascio del titolo edilizio postumo di sanatoria che ha legittimato la conservazione giuridica del bene rispetto a un precedente abuso e tale legittimazione sopravvenuta ha creato un affidamento nel privato a conservare il titolo edilizio acquisito. Non si comprende cosi' quale sia l'interesse pubblico a rimuovere un titolo postumo, una volta che l'appellante ha acquistato lo status di imprenditore agricolo a titolo professionale ed è' stato escluso qualsiasi profilo di danno urbanistico per effetto del l'asservimento di lotti limitrofi;

g. diversamente da quanto ritenuto dal Comune e dal primo giudice, la corrispondenza, a partire dal 2010, tra l'interessata e il Comune ha ingenerato nella prima un legittimo affidamento alla conservazione della sanatoria, anche perché', nel tempo, il Comune non ha sollevato dubbi sulla validità' della sanatoria. Il possesso pacifico del bene, la trasmissione della documentazione richiesta afferente l'asservimento e lo status di imprenditore agricolo hanno cioe' consolidato l'affidamento e resa illogica, incoerente e iniqua la misura ripristinatoria, considerando peraltro l'assenza di terzi controinteressati;

h. l'epoca di formalizzazione dell'asservimento e dell'acquisizione dello status di imprenditore agricolo a titolo professionale in data successiva al rilascio della sanatoria, non rileva, dal momento che attualmente l'appellante è' in possesso di entrambi i requisiti ed è' pertanto da escludere l'attualità' dell’interesse pubblico all'annullamento di ufficio;

i. va parimenti contestato il richiamo alla pretesa carenza del requisito oggettivo sulla destinazione agricola che, secondo il primo giudice, non sarebbe stato dimostrato, ma il Comune ha sempre qualificato come rurali le opere contestate e non ha comunque posto, a base dell'autotutela di ufficio, valutazioni sulla pretesa carenza del requisito oggettivo. L'attività' agricola e' stata, in ogni caso, dimostrata con la documentazione allegata al ricorso principale e ignorata dal primo giudice perché' stralciata a seguito di eccezione da parte del Comune. La relazione agronomica non era, pero', un nuovo documento, in quanto già' conosciuto da controparte perché' depositato nel corso del giudizio cautelare;

j. pure il richiamo alla consistente volumetria è' errato, perché' essa rientra nei limiti di quella edificabile e non risulta mai contestata dall'Amministrazione. Circa lo sforamento del preteso limite di 500 mc., esso opera solo per la residenza dell'imprenditore agricolo e non pure per gli annessi rurali e comunque i volumi residenziali della ricorrente eccedono di poco quelli consentiti e non giustificano l'emersione di un interesse pubblico specifico all'autotutela;

k. il titolo edilizio in sanatoria non contiene alcuna autorizzazione o prescrizione per l'esecuzione di ulteriori opere e comunque la mancata demolizione e' una causa tipica per l'irrogazione di una misura sanzionatoria, ma non può' travolgere l'intero titolo edilizio a suo tempo assentito. Lo stesso permesso di costruire in sanatoria ha espressamente escluso che l'eventuale inottemperanza alla demolizione potesse refluire in termini invalidanti sull'intero titolo edilizio, lasciando impregiudicato solo il potere demolitorio su cui il Comune, in alternativa, si è' pronunciato per la semplice irrogazione di una sanzione pecuniaria;

l. è' inconferente il richiamo al silenzio rigetto formatosi sulla domanda di accertamento di conformita' del 2012, che ha ad oggetto lievi difformità' rispetto al permesso di costruire n. 17/2008 relativo all'intero fabbricato. L'annullamento del provvedimento di autotutela ripristina, infatti, il permesso di costruire n.17/2008 e dunque la liceità' dell'intero fabbricato indipendentemente dalla lievi difformita',oggetto della successiva sanatoria. Lo stesso annullamento travolge pure, in via derivata, il successivo ordine di demolizione n.6/2013 e di acquisizione gratuita n.4054/2013.

 

 

4. Con la memoria del 18 maggio 2014, il Comune di Casapesenna, dopo aver preliminarmente evidenziato l'inammissibilità' dell'appello in ragione dell'assenza di motivazioni a sostegno del ricorso per la riproposizione delle medesime considerazioni prospettate in primo grado, ha sostenuto l'infondatezza delle avverse censure basate su ipotesi e suggestioni che non trovano riscontro in alcun elemento oggettivo. Ha, quindi, esposto le seguenti argomentazioni:

a. il titolo edilizio è' illegittimo per l’insussistenza della doppia conformita' dell'opera rispetto alla disciplina urbanistica e edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell'opera, che al momento della presentazione della domanda di sanatoria, ai sensi dell'articolo 36 del d.P.R.n.380/2001;

b. non è' consentito il rilascio di un permesso in sanatoria subordinato all'esecuzione di opere, posto che l'accertamento di conformita' richiede che i manufatti siano ultimati e conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente;

c. il titolo edilizio è' stato rilasciato in virtù' dell'atto di asservimento di mq.81298,20 di suolo ricadente nel comune di Cancello Arnone, località' non limitrofa e pertanto in contrasto con le norme di attuazione per le zone agricole "E" e, in ogni caso, è stata superata la volumetria massima consentita dalla legislazione regionale per le necessità' abitative dell'imprenditore agricolo principale, requisito non posseduto dall’attuale appellante all'epoca del rilascio del permesso di costruire in sanatoria n.17/2008;

d. il decorso del termine di cinque anni non inibisce a priori all'Amministrazione di recuperare il rispetto della legalità' reiteratamente violata e comunque la doglianza è stata formulata tardivamente in primo grado, laddove si è rilevata la stessa insussistenza della doglianza sull'errata applicazione dell'articolo 21 nonies della legge n.241/90;

e. nel caso di specie, l'incidenza sul territorio, la violazione delle distanze e la trasformazione di un terreno agricolo in conseguenza di una attività' edilizia totalmente abusiva sono circostanze sufficienti ad annullare il permesso di costruire in sanatoria;

f. come è stato rilevato dal primo giudice che ha tratteggiato i contorni all'interno dei quali si muove l'attività' di autotutela della pubblica amministrazione, il Comune è' stato rispettoso dei principi che governano l'esercizio del potere di autotutela;

g. il permesso di costruire in sanatoria n.17/2008 ha ad oggetto un fabbricato destinato a deposito di casa agricola realizzato in zona agricola "E" con un volume residenziale di mc.663 ed una volumetria agricola di mc. 695,81, per la cui realizzazione l'attuale appellante ha asservito altro suolo nel comune di Cancello Arnone, raggiungendo cosi' una superficie complessiva di mq.81298,20 che, pertanto, poteva esprimere una volumetria totale di mc.2438,95;

h. il rilascio del permesso di costruire fabbricati rurali in zone agricole e'subordinato a due requisiti ( lo status tra l'altro di imprenditore agricolo e il rapporto di strumentalita' delle opere alla coltivazione del fondo ) non posseduti dall'attuale appellante alla data di presentazione della domanda di sanatoria e il citato asservimento è consentito al solo imprenditore a titolo principale e per le sue necessità' abitative ed è subordinato ai limiti volumetrici di 500 mc. e alla trascrizione del vincolo di inedificabilita';

i. l'attuale appellante, quindi, alla stessa data del rilascio del titolo in sanatoria, non aveva comprovato il requisito soggettivo di imprenditrice agricola, presupposto necessario per il rilascio del titolo per l'asservimento dei fondi ai sensi della legge regionale n.14/1982. Risulta anche inesistente il requisito oggettivo attinente alla destinazione agricola, mancando la dimostrazione che il fabbricato sia connesso alla vocazione agricola del fondo e che le opere realizzate siano strumentali alla coltivazione;

j. l'atto di asservimento è stato comunque costituito con atto unilaterale di obbligo in data 11 novembre 2010, successivamente al rilascio del titolo edilizio in sanatoria e solo su sollecitazione dei Carabinieri e della Questura su impulso del comune;

k. il provvedimento di secondo grado reca sufficiente illustrazione dei vizi riscontrati e della loro insanabilita', nonché delle ragioni di interesse pubblico tali da giustificare l'intervento in autotutela e consistenti nella natura permanente del contrasto dell'opera con il vigente strumento urbanistico in zona agricola "E" e nell'alterazione del tessuto urbanistico-edilizio in termini di funzionalità' e vivibilita'. A fronte di un'attività' edilizia abusiva e di un permesso di costruire illegittimo di cui e'stata pure constatata l'assenza di atti istruttori, il Comune ha ritenuto legittimo annullare il permesso di costruire in sanatoria, anche per la specifica esigenza del ripristino della legalità';

l. non vi è', nel caso di specie, alcun affidamento incolpevole da tutelare per la consapevolezza della ricorrente di aver realizzato una costruzione abusiva e per il fatto che nel quinquiennio in questione vi e’ stata una continua interazione tra l'Amministrazione e la stessa ricorrente, palesandosi le criticità' sulla costruzione realizzata;

m. il deposito della relazione agronomica è stata irrituale ed è inammissibile perché tardiva e, in ogni caso, il suo contenuto è' irrilevante in ragione dell'assenza di valore probatorio;

n. il ricorso e i successivi motivi sono inammissibili per carenza di interesse, essendo stata presentata una nuova istanza di permesso di costruire in sanatoria per i lavori edili eseguiti in parziale difformita' dal permesso di costruire in sanatoria n.17/2008, poi annullato. Infondata è anche la tesi di controparte, secondo cui il mancato riscontro a tale seconda istanza impedirebbe la successiva attività' repressiva, poiché' se l'ente non si pronuncia entro sessanta giorni l'istanza di sanatoria si intende rigettata, essendo lo specifico silenzio di natura provvedimentale con contenuto di rigetto e non silenzio inadempimento e comunque contro il silenzio non e'stato proposto alcun ricorso e quindi le circostanze sottese a tale rigetto dell'istanza di sanatoria non possono essere portate al vaglio del giudice amministrativo, ne' controparte può porre a fondamento delle sue doglianze valutazioni che involgono la legittimità' del citato silenzio rigetto;

o. anche l'ordinanza di demolizione è esente dalle avverse censure, atteso che l'eventuale accoglimento dell'impugnativa avverso tale ordinanza lascerebbe impregiudicato il carattere abusivo dell'opera..Una parte delle opere sono comunque insanabili, atteso che la ricorrente le ha realizzate in difformita' del predetto permesso poi annullato;

p. il quomodo dell'edificazione, diversamente da quanto sostenuto da controparte, inficia la legittimità' del permesso e le violazioni non sono di modesta entità' e hanno comportato una palese violazione delle prescrizioni dell'articolo 8 delle N.T.A. e del P.R.G..

 

5 A seguito della memoria del Comune di Casapenna, la signora Magliulo ha replicato in data 30 aprile 2015, affermando l'ammissibilità dell'appello, avendo puntualmente contestato, diversamente da quanto ritenuto dall'Amministrazione, l'iter logico-giuridico della decisione impugnata attraverso precise censure della motivazione della sentenza e del percorso argomentativi seguito dal primo giudice. Ha respinto, altresi', l'eccezione di inammissibilita' del gravame per carenza di interesse, in quanto quest'ultimo sussiste perché' l'annullamento dell'atto di autotutela rpristinerebbe la validità' e l'efficacia del permesso di costruire in sanatoria n.17/2008, con conseguente liceità' del manufatto. L'appellante ha, inoltre, sottolineato che l'istanza di sanatoria del 2012 riguarda solo una modesta difformita' rispetto a quanto assentito con il titolo in sanatoria e il rigetto della sanatoria medesima può' eventualmente giustificare la demolizione della modesta difformita' di mq.10, su cui peraltro,il Comune ha espresso parere favorevole all'applicazione di una sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione. Ha replicato, ancora, all'eccezione di inammissibilita delle censure sulla carenza di interesse pubblico all'annullamento della sanatoria, censure sollevate sin dal ricorso introduttivo. Sul merito, ha, infine, ribadito la fondatezza dell'appello, insistendo sulle tesi gia' sostenute in precedenza.

Con ulteriore memoria del 14 maggio 2015, il Comune di Casapesenna ha, quindi, reiterato quanto rilevato nella memoria difensiva del 18 maggio 2014, precisando lo scenario in cui si è inserita l'azione amministrativa a difesa della legalità' e nel perseguimento dell'interesse pubblico. Il Comune si è' soffermato, poi, sul rigetto della seconda istanza di sanatoria e sulla carenza dei requisiti da parte dell'appellante con particolare riguardo alla qualifica di imprenditrice agricola, al superamento del limite volumetrico di 500 mc., all'accorpamento dei volumi avvenuto su terreni non limitrofi e alla circostanza della realizzazione di un manufatto non strettamente asservito alle esigenze agricole dell'attuale appellante. Ne' vi è', nel caso specifico, alcun affidamento incolpevole e comunque l'insieme delle singole violazioni di rilevante entità', ha comportato una violazione delle stesse prescrizioni dell'articolo 8 delle N.T.A. e del Piano Regolatore Generale.

DIRITTO

1 Preliminarmente, questo Collegio ritiene di affermare che l'appello è' ammissibile, in quanto diversamente da quanto eccepito dal Comune di Casapesenna, la difesa dell'appellante non si è limitata a riproporre i motivi del ricorso originario. Anzi, ha censurato, sotto più profili, la sentenza impugnata, contestando, con puntuali argomentazioni, le tesi formulate dal primo giudice a sostegno della sua decisione, pur apprezzandone alcuni passaggi ritenuti decisivi, ai propri fini, per dimostrare l'illegittimità' della posizione assunta dall'Amministrazione comunale.

Anche la pretesa inammissibilita' del gravame per carenza di interesse non può' essere soddisfatta, in quanto risulta corretta l'affermazione di parte appellante, secondo cui l'annullamento dell'atto di autotutela restituisce validita' ed efficacia al permesso di costruire in sanatoria n.17 del 28 agosto 2008, ripristinando la condizione di liceità' del manufatto contestato.

Resta ovviamente fermo che rimane integra la violazione concernente le difformità rilevate rispetto al citato permesso in sanatoria, oggetto della seconda istanza di sanatoria del 2012, su cui si è formato il diniego implicito per il silenzio-rigetto dell'Amministrazione medesima.

Deve essere anche respinta l'eccezione di inammissibilità del gravame per essere state le censure, sulla carenza di interesse pubblico all'adozione dell'atto di autotutela, sollevate sin dal ricorso introduttivo, come risulta dalla documentazione acquisita agli atti della causa.

 

2. Ciò' posto, nel merito della vicenda esaminata, questo Collegio ritiene i motivi di appello fondati. Con riguardo al primo di essi, invero coerentemente con quanto affermato dallo stesso primo giudice nell'enunciazione dei principi per l'esercizio dell'autotutela, l'annullamento di ufficio è condizionato da un interesse pubblico specifico, diverso e ulteriore dal mero ripristino della legalità' violata, il cui perseguimento, soprattutto in un momento di difficoltà gestionale del comune, va particolarmente apprezzato e sostenuto, ma non può' essere motivo per discostarsi dai canoni enunciati dall'articolo 21 nonies della legge n.241/90.

In tal senso, il provvedimento di annullamento del citato permesso di costruire in sanatoria difetta di motivazione, poiché fa riferimento ai tanti profili di originaria illegittimità connessi con la richiesta di sanatoria, con l'accertamento della doppia conformità, con l'asservimento di un fondo insistente sul territorio di comune non limitrofo e sul requisito di imprenditrice a titolo principale indispensabile per utilizzare la volumetria massima in caso di accorpamento, ma non motiva in alcun modo le ragioni di interesse pubblico specifico, concreto e attuale che possono giustificare, a distanza di cinque anni dall'adozione della sanatoria, il ricorso alla autotutela di ufficio. Ciò perfino giungendo a sostenere che l'annullamento in questione non necessita di specifica motivazione ,in quanto disposto in considerazione della natura permanente del contrasto con lo strumento urbanistico e avendo l'opera realizzata comportato un'alterazione del tessuto urbanistico-edilizio, il che peraltro non corrisponde a quanto esistente al momento dell’adozione del provvedimento in autotutela.

Infatti, con riguardo a tali ultimi parametri di valutazione, non è , correttamente, sfuggito alla difesa dell'appellante sia la mancanza di un termine ragionevole per l 'adozione dell'atto, sia il venir meno delle stesse illegittimità' originarie riscontrate in termini di preteso vincolo di inedificabilità assoluto, stante la disposizione di cui al punto 1.8 del Titolo II della legge regionale 20 marzo 1982, n. 14, richiamata dallo stesso primo giudice, circa la necessità' dello status di imprenditore agricolo a titolo principale per usufruire della concessione in zona agricola ad edificare per residenze con lo scopo di condurre un fondo e circa la possibilità' di consentire, per le necessità abitative dell'imprenditore medesimo, l'accorpamento di lotti di terreni non contigui, a condizione della trascrizione di un vincolo di inedificabilità a favore del Comune.

E neppure si può non convenire con l'appellante che, in data anteriore al più volte citato annullamento d'ufficio, pure le illegittimità concernenti il richiamato status di imprenditrice e le volumetrie assentibili, non erano più sussistenti perché regolarizzate, a seguito delle indicate sollecitazioni dello stesso Comune e degli stessi organi di polizia, sollecitazioni che diversamente non avrebbero alcun senso concreto. Il che fa venire oggettivamente meno la concretezza e l'attualità' di uno specifico interesse che deve essere perseguito, tramite l'atto di annullamento di ufficio, dalla Pubblica Amministrazione non per una tutela formale, ma per una tutela sostanziale dell'interesse pubblico.

 

3. Il provvedimento di autotutela non contiene, poi, alcun riferimento alla specifica valutazione comparativa dell'interesse della destinataria leso, a distanza di un quinquennio, che non può oggettivamente essere considerato termine ragionevole. L'Amministrazione avrebbe, infatti, dovuto tenere in considerazione gli effetti del titolo postumo di sanatoria da lei stessa adottato e che aveva legittimato la conservazione giuridica del bene rispetto al precedente abuso commesso ( del resto, l’istanza di sanatoria non può che scaturire dal riconoscimento dell'abuso riconosciuto) e che aveva comunque, - in relazione al lungo tempo trascorso e all'esito delle successive sollecitazioni comunali e alla trasmissione della documentazione richiesta sullo status e sull'asservimento, altrimenti strumentale al solo intervento repressivo-, creato un ragionevole affidamento nell'interessata, vieppiù rafforzato dal parere favorevole alla sanzione pecuniaria per le difformità rispetto all'immobile gia' sanato e oggetto della successiva istanza di sanatoria.

Questo Collegio non può esimersi dall'osservare che il suddetto parere favorevole per la sanabilità di questo secondo intervento abusivo, su cui è venuto poi a maturare il silenzio rigetto, è stato espresso il 24 aprile 2012 e il provvedimento di annullamento di ufficio del permesso di costruire in sanatoria n.17 del 28 agosto 2008 e a cui si fa esplicito riferimento nell'atto di parere, risale al 28 dicembre 2012, con evidente contraddittorietà nell'atteggiamento tenuto dagli organi comunali a distanza di così breve intervallo temporale.

Neppure può dubitarsi del requisito oggettivo sulla destinazione agricola delle opere in questione, dal momento che nel provvedimento di annullamento del 28 dicembre 2012 non risulta alcun riferimento a tale pretesa carenza del citato requisito oggettivo. Né, invero, il citato titolo in sanatoria contiene prescrizioni diverse da quelle generali.

Pur, infine, sollevando disagio e sospetto il mancato rinvenimento negli uffici comunali degli atti dell'istruttoria relativi al rilascio del permesso del 2008 di costruire in sanatoria, questo Collegio deve convenire con la difesa dell'appellante che la responsabilità di ciò non può che ricadere sugli stessi uffici comunali e non sull'appellante e che comunque eventuali sospetti, se ritenuti presenti e se riferiti all'Autorità giudiziaria ordinaria, potranno essere da quest'ultima vagliati al fine di risalire alle effettive responsabilità.

In merito, infine, alle conseguenze del rigetto implicito della seconda domanda di sanatoria, valuterà l'amministrazione comunale le modalità' sanzionatorie da applicare nella specie, non omettendo di considerare il parere favorevole già espresso sulla questione.

Di conseguenza, pure tutti gli altri motivi di appello meritano di essere condivisi.

 

4. In conclusione, l'appello va accolto. In considerazione della complessità' della vicenda sotto i profili fattuali e giuridici, questo Collegio ritiene, comunque, di compensare, tra le parti, le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull'appello (ricorso 3461 del 2014) accoglie l'appello nei sensi di cui in motivazione e, per l'effetto, annulla il provvedimento comunale del 28 dicembre 2012 di annullamento del permesso di costruire in sanatori n.17/ 2008 e degli altri provvedimenti comunali impugnati.

Spese compensate

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2015, con l'intervento dei magistrati:

Luciano Barra Caracciolo, Presidente

Sergio De Felice, Consigliere

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Carlo Mosca, Consigliere, Estensore

Vincenzo Lopilato, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 30/09/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)