Consiglio di Stato Sez. VI  n. 1205 del 4 febbraio 2023
Urbanistica.Installazione tettoia

Il rilascio del permesso di costruire per la realizzazione di una tettoria è necessario quando, per le sue caratteristiche costruttive, essa sia idonea ad alterare la sagoma dell’edificio. L’installazione della tettoia è invece sottratta al regime del permesso di costruire ove la sua conformazione e le ridotte dimensioni ne rendano evidente e riconoscibile la finalità di mero arredo e di riparo e protezione dell’immobile cui accedono.


Pubblicato il 04/02/2023

N. 01205/2023REG.PROV.COLL.

N. 01719/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1719 del 2017, proposto da
Luigi Maria Giovanni Procentese, rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandro Lipani e Antonio Silvestre, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Abate in Roma, via Antonio Coppi, n. 33;

contro

Comune di Napoli, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Andreottola, Fabio Maria Ferrari, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Nicola Laurenti in Roma, via F. Denza, n. 50/A;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione Quarta, n. 4310 del 2016;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Napoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza smaltimento del giorno 19 dicembre 2022 il Cons. Dario Simeoli e udito per le parti l’avvocato Silvestre Antonio, in collegamento da remoto attraverso videoconferenza, con l’utilizzo della piattaforma Microsoft Teams;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.‒ I fatti principali, utili ai fini del decidere, sono così riassumibili:

- il signor Luigi Maria Giovanni Procentese è usufruttuario di un appartamento all’ultimo piano di uno stabile sito nel Comune di Napoli, in via Salve D’Esposito, n. 41, catastalmente distinto al foglio 19, particella 771, subalterno 4, la cui nuda proprietà appartiene al figlio minore, Francesco Maria Salvatore Procentese, e il cui appartamento confinante è di proprietà del signor Vincenzo Mantice;

- in data 29 dicembre 2010, il signor Luigi Maria Giovanni Procentese, congiuntamente al signor Mantice, in qualità di comproprietari del lastrico solare sovrastante il fabbricato, presentavano al Comune di Napoli una S.C.I.A. (prot. n. 3411) finalizzata al cambio d’uso del predetto lastrico solare in terrazzo praticabile (dell’estensione di circa 160 mq) ed al frazionamento dello stesso in due distinte proprietà, nonché alla realizzazione di alcuni interventi di manutenzione straordinaria, tra cui la costruzione di una tettoia in legno, a copertura del terrazzo medesimo;

- sennonché, completati i lavori di cui alla S.C.I.A., in data 21 maggio 2012, veniva notificata al signor Procentese la disposizione dirigenziale n. 280 del 3 maggio 2012, con cui veniva ordinata la demolizione «della tettoia in legno di mq. 130,00», quale ‘nuova costruzione’ ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera e), del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, eseguita in difetto del prescritto permesso di costruire;

- ritenendo tuttavia illegittima tale determinazione, il signor Procentese proponeva ricorso dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, ponendo a fondamento dell’impugnativa le seguenti censure:

i) violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001, per la mancata notifica del provvedimento gravato anche al reale proprietario dell’appartamento, nonché al comproprietario del terrazzo;

ii) violazione dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, per l’omessa comunicazione di avvio del procedimento;

iii) violazione e falsa applicazione degli articoli 36 e 37 del d.P.R. n. 380 del 2001, per non avere l’Amministrazione comunale rilevato la sanabilità dell’opera a fronte dell’istanza di accertamento di conformità in corso di presentazione, nel termine di legge;

iv) violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 e delle garanzie costituzionali di cui agli articoli 24, 42 e 113 Cost., per essersi il Comune limitato ad una indicazione assolutamente sommaria del manufatto, oltre che della relativa area di sedime, ed avere ordinato il ripristino dello stato dei luoghi – peraltro disponendo la demolizione dell’intera tettoia anziché di una parte di essa, pari a circa 82 mq – in luogo dell’irrogazione della sanzione pecuniaria;

v) violazione dell’art. 2 della legge della Regione Campania 28 novembre 2001, n. 19, della legge della Regione Campania n. 22 dicembre 2004, n. 16 e delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Napoli, per non avere il Comune riscontrato la conformità della tettoia, avente natura pertinenziale, agli standards urbanistico-edilizi, in assenza di qualsivoglia incremento di superficie utile e volumetria;

vi) eccesso di potere nell’avere preannunciato l’eventuale conseguenza sanzionatoria dell’acquisizione del bene e dell’area di sedime al patrimonio comunale, in mancanza dei presupposti di fatto e di diritto e in carenza di istruttoria.

2.– Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, con sentenza n. 4310 del 2016, respingeva il ricorso.

3.– Avverso la predetta sentenza ha dunque proposto appello il signor Procentese, riproponendo nella sostanza parte dei motivi di impugnazione sollevati in primo grado, sia pure adattati all’impianto motivazionale della sentenza gravata, e segnatamente deducendo in sintesi che:

a) il giudice di prime cure, contravvenendo alla ratio sottesa alla norma di cui all’art. 31, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, avrebbe erroneamente ritenuto valido ed efficace il provvedimento impugnato, notificato esclusivamente all’usufruttuario odierno appellante quale responsabile dell’abuso, pur di fatto condividendo l’assunto secondo cui spetterebbe all’Amministrazione notificare l’ordine di demolizione al reale proprietario del bene come risultante dai registri catastali, da identificare nel caso di specie nel figlio minore Francesco Maria Salvatore Procentese, nudo proprietario dell’appartamento; inoltre, il primo giudice non avrebbe individuato nella persona del signor Mantice l’ulteriore responsabile dell’abuso ai fini della notifica del provvedimento, nella sua qualità di comproprietario del terrazzo su cui insisterebbe la tettoia in legno e di firmatario della S.C.I.A. edilizia presentata il 29 ottobre 2010;

b) in ogni caso, diversamente da quanto statuito dal Tribunale, la parte di tettoia a copertura del 30% del terrazzo (pari a circa 50 mq), così come assentita con la richiamata S.C.I.A., non potrebbe formare oggetto di ripristino dello stato dei luoghi, poiché legittimata ed autorizzata dall’Amministrazione comunale medesima.

4.– Si è costituito in giudizio il Comune di Napoli, riproponendo l’eccezione di inammissibilità dell’appello per carenza di interesse – nella parte relativa alla mancata notifica del provvedimento demolitorio nei confronti di tutti i comproprietari –, nonché per violazione del principio di specificità dei motivi di appello, e per il resto insistendo per il rigetto del gravame.

5.– All’odierna udienza del 19 dicembre 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.

6.‒ Il primo motivo di appello ‒ inerente la mancata notifica del provvedimento demolitorio al titolare del bene (il figlio minore dell’appellante) e al comproprietario del terrazzo (il signor Mantice) ‒ è infondato.

6.1.‒ Ai sensi dell’art. 31, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, la demolizione o la rimozione dell’opera abusiva va ingiunta «al proprietario e al responsabile dell’abuso».

In considerazione del fondamento della predetta misura sanzionatoria preordinata al ripristino dello stato dei luoghi, l’ordine di demolizione notificato al responsabile materiale dell’abuso edilizio e non anche al proprietario non è, per ciò solo, illegittimo (cfr. Consiglio di Stato, sez. II, 9 ottobre 2020, n. 6003; sez. V, 27 aprile 2012, n. 2450).

L’odierno appellante ‒ essendo, in quanto responsabile dell’abuso, destinatario ex lege della misura sanzionatoria ‒ non ha interesse a dolersi della mancata adozione della stessa nei confronti del nudo proprietario. A quest’ultimo spetta attivarsi per comprovare la sua estraneità agli abusi edilizi (potendo, se effettivamente pretermesso, fare valere le sue ragioni entro il termine decorrente dalla piena conoscenza del provvedimento), soprattutto al fine di impedire che l’ordine repressivo possa costituire titolo per l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’area di sedime sulla quale insiste il bene.

Analoghe conclusioni valgono per la mancata notifica al comproprietario.

7. Anche l’ulteriore ordine di censure ‒ incentrato sulla asserita ‘legittimità’ del 30% della tettoia assentita dalla S.C.I.A. del 29 ottobre 2010 ‒ è destituito di fondamento.

7.1.‒ In primo luogo, va ricordata la costante giurisprudenza, secondo cui il rilascio del permesso di costruire per la realizzazione di una tettoria è necessario quando, per le sue caratteristiche costruttive, essa sia idonea ad alterare la sagoma dell’edificio (Consiglio di Stato, sez. VI, 16 febbraio 2017, n. 694);

L’installazione della tettoia è invece sottratta al regime del permesso di costruire ove la sua conformazione e le ridotte dimensioni ne rendano evidente e riconoscibile la finalità di mero arredo e di riparo e protezione dell’immobile cui accedono (Consiglio di Stato, sez. V, 13 marzo 2014 n. 1272).

7.2.‒ Nel caso in esame, la realizzazione della tettoia ‒ per le sue rilevanti dimensioni e caratteristiche strutturali (tettoia in legno di mq. 130,00) ‒ ha sicuramente innovato il preesistente manufatto, sia dal punto di vista morfologico che funzionale, determinando una chiara variazione planivolumetrica ed architettonica, con la conseguenza che si rendeva necessario il preventivo rilascio del permesso di costruire.

Per le stesse caratteristiche di ingombro e dimensioni, deve escludersi che una siffatta stabile trasformazione dell’assetto edilizio preesistente in termini di sagoma, volume e superficie potesse integrare una «pertinenza» in senso urbanistico.

La qualifica di pertinenza urbanistica è infatti applicabile soltanto ad opere di modesta entità e accessorie rispetto ad un’opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia, ma non anche opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all’opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa, tale, cioè, che non ne risulti possibile alcuna diversa utilizzazione economica (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 4 gennaio 2016, n. 19; Sez. VI, 24 luglio 2014, n. 3952; Sez. V, 12 febbraio 2013, n. 817; Sez. IV, 2 febbraio 2012, n. 615).

7.3.‒ Neppure può richiamarsi, al fine di escludere la natura abusiva del manufatto, la SCIA per manutenzione straordinaria depositata il 29 dicembre 2010, per il cambio d’uso del lastrico solare in terrazzo praticabile ed il frazionamento dello stesso in due distinte proprietà.

Come rilevato dal giudice di prime cure, la tettoia di cui alla SCIA avrebbe dovuto consistere in manufatto di mq. 46,42, di estensione inferiore a quella ammessa dal Regolamento Edilizio (art. 3, comma 1) che consente di coprire fino ad un massimo del 30% della superficie scoperta disponibile.

Sennonché, dal sopralluogo effettuato la tettoia è risultata di ben 130 mq, estesa per la quasi totalità della superficie scoperta del terrazzo,

A fronte di tale rilevante difformità, in data 20 settembre 2011, con provvedimento dell’Amministrazione comunale prot. n. 582281, la SCIA è stata dichiarata decaduta.

7.4.‒ In ragione della conclamata abusività del manufatto, l’ordine di demolizione è atto dovuto e vincolato e non necessita di motivazione aggiuntiva rispetto all’indicazione dei presupposti di fatto e all’individuazione e qualificazione degli abusi edilizi.

8.‒ Le spese di lite del secondo grado di giudizio vanno poste a carico dell’appellante, secondo la regola generale della soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna l’appellante al pagamento delle spese di lite in favore dell’Amministrazione comunale costituita, che si liquidano in € 3.000,00, oltre accessori di legge se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2022 con l’intervento dei magistrati:

Luigi Massimiliano Tarantino, Presidente FF

Dario Simeoli, Consigliere, Estensore

Davide Ponte, Consigliere

Thomas Mathà, Consigliere

Annamaria Fasano, Consigliere