Consiglio di Stato Sez. IV n. 6550 del 24 dicembre 2008
Urbanistica. Condono edilizio

E\' legittimo il rigetto dell\'istanza di condono se a seguito di demolizione e ricostruzione venga realizzato  un nuovo edificio che per sagoma, volume e superficie non corrisponde allo stabile preesistente

R E P U B B L I C A I T A L I A N A
N. 6550/2008
Reg. Dec.
N. 2342 Reg. Ric.
Anno 2008
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
D E C I S I O N E
sul ricorso in appello iscritto al N.R.G. 2342 dell’anno 2008 proposto dal signor SAUL BERTELLI, in proprio e quale legale rappresentante della SOPA s.n.c. di Bertelli Saul & C., rappresentato e difeso dall’avvocato Leonardo Lascialfari, con il quale è elettivamente domiciliato in Roma, Lungotevere Flaminio n. 46, presso Gian Marco Grez;
contro
il COMUNE DI FIRENZE, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Andrea Sansoni e M. Athena Lorizio, ed elettivamente domiciliato in Roma, Via Dora n. 1, presso l’avvocato M. Athena Lorizio;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, Sez. III, n. 639 del 17 aprile 2007;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Firenze;
Visti gli atti tutti della causa;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie rispettive tesi difensive;
Relatore, alla camera di consiglio del 21 ottobre 2008, il Consigliere Carlo Saltelli;
Uditi per le parti gli avvocati Lascialfari e Lorizio;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
F A T T O
I. Con istanza in data 15 febbraio 1986 la società SO.PA. s.n.c. di Saul Bertelli & C. presentava al Comune di Firenze domanda di condono edilizio, ai sensi degli articoli 33 e ss. della legge 28 febbraio 1985, n. 47, per l’unità immobiliare sita in Firenze, via del Pellicino (angolo via dello Scalo), in N.C.T. al foglio 47/A, part. 270.
Poiché nella documentazione a corredo dell’istanza vi era certificazione di non idoneità statica dell’edificio, su richiesta della stessa amministrazione comunale di Firenze, l’istante in data 13 ottobre 1993 inviava comunicazione relativa alla realizzazione di un intervento di consolidamento statico dell’immobile.
La Polizia Municipale, giusta fonogramma n. 94/M/561 del 2 marzo 1994, accertava che sull’immobile in questione erano in corso di realizzazione opere di demolizione – ricostruzione di un capannone di circa 1000 metri quadrati, prive di autorizzazione e/o concessione ed in assenza di un direttore tecnico.
Con provvedimento n. 1449 del 7 marzo 1994 il Sindaco di Firenze ordinava l’immediata sospensione delle predette opere, ai sensi dell’articolo 4, terzo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47.
Il signor Saul Bertelli, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della SO.PA. s.n.c. di Bertelli Saul & C., con ricorso giurisdizionale notificato il 5 maggio 1994 chiedeva al Tribunale amministrativo regionale della Toscana l’annullamento della predetta ordinanza di sospensione dei lavori (in uno con gli atti presupposti, conseguenti e connessi), lamentando violazione e falsa applicazione degli articoli 4 e 26 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, violazione dei principi generali in materia di provvedimenti sanzionatori in edilizia, eccesso di potere per errore e travisamento dei fatti, difetto del presupposto, difetto di istruttoria e di motivazione.
In sintesi, secondo il ricorrente, la istanza presentata nell’ottobre 1993, ai sensi dell’articolo 26 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, per l’esecuzione di lavori di consolidamento statico (lavori accertati dal verbale di sopralluogo della polizia municipale), costituiva il titolo legittimante dei lavori in corso, tanto più che da parte dell’amministrazione comunale non era stato emanato alcun provvedimento di rigetto della originaria istanza di condono del 15 febbraio 1986; inoltre, il provvedimento impugnato era illegittimo sia per aver inopinatamente attribuito la proprietà dell’immobile al signor Saul Bertelli, laddove esso apparteneva alla s.n.c. SO.PA., sia perché, diversamente da quanto affermato dai vigili urbani, non corrispondeva al vero che fossero in corso lavori di “demolizione e ricostruzione di un capannone di circa mq. 1000”, atteso che, come risultava dalla relazione tecnica allegata alla richiesta di sanatoria ex articolo 13 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, detti lavori consistevano nel “consolidamento mediante la sostituzione dei vecchi elementi strutturali e l’adeguamento delle strutture di fondazione alle norme per le costruzioni in zona sismica (D.M. 24/1/1986). Per eseguire l’intervento sono stati inseriti in una prima fase, gli elementi strutturali adeguati: successivamente si è reso necessario lo smantellamento dei vecchi elementi orami pericolanti (lo erano anche prima dell’intervento di consolidamento”.
In detto giudizio (NRG. 1891/94) il Comune di Firenze si costituiva, chiedendo il rigetto del ricorso.
II. Con ordinanza n. 4809 del 21 luglio 1994 il Sindaco di Firenze, in considerazione del fatto che dal sopralluogo effettuato dai vigili urbani (di cui al fonogramma dei vigili urbani in data 2 marzo 1994) risultava non più esistente l’immobile per il quale, ai sensi dell’articolo 31 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, era stata proposta la domanda di condono edilizio, disponeva l’archiviazione di quest’ultima.
La SO.PA. s.n.c. di Bertelli Saul & C. con ricorso giurisdizionale notificato il 28 ottobre 1994 chiedeva al Tribunale amministrativo regionale della Toscana l’annullamento di tale provvedimento, deducendo l’illegittimità alla stregua di quattro motivi di censura, tutti incentrati sulla violazione e falsa applicazione degli articoli 13 e 31 della legge 28 febbraio 1985, n. 47; sulla violazione dei principi generali in materia di sanatoria edilizia; sull’eccesso di potere per errore e travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, difetto ed erroneità della motivazione, sviamento.
Veniva innanzitutto evidenziato che, benché al momento della presentazione della domanda di condono l’immobile non era staticamente idoneo, detta idoneità era stata successivamente conseguita, così che non si giustificava il provvedimento impugnato, tanto più che, per un verso, vi era sostanziale identità fisica tra l’immobile oggetto della richiesta di condono e quello oggetto del sopralluogo della Polizia municipale, e, per altro verso, che i lavori effettuati sull’immobile stesso avrebbero potuto dar luogo soltanto ad applicazioni di sanzioni o ad un accertamento di conformità; sotto altro profilo, la ricorrente osservava che i lavori effettivamente eseguiti sull’immobile non erano consistiti in una demolizione e ricostruzione, bensì nel solo inserimento di elementi strutturali adeguati e nel successivo smantellamento dei vecchi elementi pericolanti, così che essi erano perfettamente coerenti con la previsione dell’articolo 35 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 e non necessitavano di alcun preventivo atto di consenso; inoltre le minime modifiche intervenute a seguito dei ricordati lavori (che addirittura avevano comportato una diminuzione della superficie dell’immobile stesso) risultavano giustificate proprio dal consolidamento statico e, a tutto voler concedere, potevano essere considerate come ristrutturazione edilizia, ai sensi dell’articolo 31 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, ma non come nuova costruzione; infine erroneamente l’amministrazione comunale aveva omesso la valutazione dell’istanza di accertamento di conformità ex articolo 13 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, relativa proprio ai lavori di consolidamento, presupposto proprio dell’accoglimento della (originaria) istanza di condono.
Anche in questo giudizio (NRG. 4226/94) si costituiva il Comune di Firenze, rivendicando la legittimità del proprio operato.
III. Successivamente il Comune di Firenze con provvedimento n. 34090/96 del 15 luglio 1996 respingeva la istanza di concessione in sanatoria, ex art. 13 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, presentata dal signor Saul Bertelli per la ristrutturazione dell’edificio adibito a magazzino e uffici, rilevando che l’intervento, classificato quale demolizione e ricostruzione, era in contrasto sia con l’articolo 4 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (che limita gli interventi al solo risanamento), sia con l’articolo 56 delle N.T.A., in quanto esso, prevedendo una demolizione e ricostruzione delle strutture perimetrali in misura maggiore del 50%, era da considerarsi, ai sensi dell’articolo 10 delle predette N.T.A., come demolizione e ricostruzione, non ammissibile nella sottozona regolamentata dal ricordato articolo 56 delle N.T.A..
Anche tale provvedimento veniva impugnato innanzi al Tribunale amministrativo regionale della Toscana dal signor Saul Bertelli, in proprio e nella qualità già indicata, il quale lamentava “violazione dei principi generali in materia di edilizia ed urbanistica; violazione dell’art. 3 della legge n. 241/90; eccesso di potere per difetto ed erroneità della motivazione, difetto di istruttoria, illogicità” (primo motivo); “violazione dell’art. 13 della legge n. 47/85, in relazione all’articolo unico della legge 3/11/1952, n. 1902, all’articolo unico della L.R. n. 54/89 ed all’art. 40 della L.R. n. 5/95; eccesso di potere per difetto del presupposto, errore e travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e di motivazione”
(secondo motivo); “violazione dell’art. 13 della legge n. 47/85, in relazione all’articolo unico della legge 3/11/1952, n. 1902, all’articolo unico della L.R. n. 54/89 ed all’art. 40 della L.R. n. 5/95” (terzo motivo); “violazione dell’art. 13 della legge n. 47/85; violazione dell’art. 31 della legge 457/78; violazione dell’art. 2 e dell’allegato della L.R. n. 59/80; violazione dell’art. 10 della L.R. n. 10/79; violazione dell’art. 5 della L.R. n. 64/95; violazione degli artt. 10 e 56 della variante al PRG del Comune di Firenze adottata con delibera consiliare n. 604 del 12/7/93 e successive modifiche ed integrazioni; eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà, difetto di istruttoria e di motivazione, sviamento; violazione dei principi generali in materia di edilizia ed urbanistica” (quarto motivo); “violazione degli artt. 13 e 35 della legge n. 47/85; eccesso di potere per errore e travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, illogicità, sviamento e contraddittorietà” (quinto motivo).
Ad avviso del ricorrente il provvedimento impugnato era privo di motivazione, essendo del tutto inconferenti ed incomprensibili i richiami all’articolo 4 della legge 28 febbraio 1977, n. 10, e agli articoli 10 e 56 delle N.T.A.; ciò senza contare che la concessione in sanatoria poteva essere negata solo per contrasto con lo strumento urbanistico vigente e non con quello solamente adottato, in riferimento al quale era anche scaduto il periodo di applicazione delle misure di salvaguardia, le quali, a loro volta, potevano giustificare solo la sospensione dell’esame della domanda e non già il suo rigetto; inoltre, sempre secondo il ricorrente, ai sensi dell’articolo 56 della variante al piano regolatore generale, nella zona in cui insisteva l’immobile in questione erano ammessi gli interventi di ristrutturazione edilizia, quali dovevano essere considerati quelli effettivamente realizzati finalizzati al consolidamento statico dell’immobile (ristrutturazione edilizia configurabile anche nell’ipotesi di demolizione e ricostruzione); infine, l’amministrazione comunale, secondo la tesi del ricorrente, aveva inopinatamente omesso di correlare l’articolo 13 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, con il successivo articolo 35, a mente del quale i lavori di adeguamento e consolidamento statico, in quanto necessari, non necessitavano di alcun atto di assenso.
Il Comune di Firenze resisteva anche in questo giudizio (NRG. 3880/96), chiedendo il rigetto dell’avverso ricorso.
IV. Infine con altro ricorso giurisdizionale notificato il 7 aprile 1998 il signor Saul Bertelli, sempre in proprio e nella qualità in atti, chiedeva al Tribunale amministrativo regionale della Toscana l’annullamento del provvedimento n. 628 del 30 gennaio 1998, a firma dell’assessore all’urbanistica del Comune di Firenze, che aveva ingiunto la demolizione delle opere abusive.
A sostegno di tale ulteriore impugnativa veniva dedotta la incompetenza (per violazione dell’articolo 6 della legge n. 12_/97 e dell’art. 51 della legge n. 142/90, in quanto l’ordine di demolizione, quale atto di gestione, rientrava nei compiti esclusivi dei dirigenti) e la illegittimità derivata dalla illegittimità dei provvedimenti già impugnati, per omesso esame della richiesta di condono edilizio ex lege n. 47/85 e per rigetto dell’istanza di accertamento di conformità urbanistica ex art. 13 della legge 28 febbraio 1985, n. 47.
Il Comune di Firenze chiedeva il rigetto anche di tale ulteriore ricorso (NRG. 1211/98).
V. L’adito tribunale, sez. III, con la sentenza n. 639 del 17 aprile 2007, riuniti i ricorsi, ha dichiarato improcedibile quello iscritto al NRG. 1891/94, in considerazione del fatto che l’ordinanza di sospensione dei lavori aveva esaurito i suoi effetti, essendo stati successivamente adottati gli atti di rigetto della domanda di condono e di sanatoria, oltre che di demolizione delle opere abusive (tutti impugnati), ed ha respinto tutti gli altri (NRG. 4226/94; 3880/96 e 1211/98), ritenendo infondate le censure spiegate.
In sintesi, secondo il Tribunale, l’archiviazione della domanda di condono era legittima in quanto era effettivamente venuto meno lo stesso manufatto abusivo cui si riferiva la richiesta di condono; né poteva rilevare il mancato esame della domanda di sanatoria ex art. 13 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, diversi essendo i presupposti, il contenuto e gli effetti della domanda di accertamento di conformità e di quella di condono ai sensi dell’articolo 31 della stessa legge n. 47 del 1985, ciò senza contare che i lavori di consolidamento statico avevano evidentemente superato la soglia del consolidamento, tanto da portare alla integrale rimozione del manufatto per il quale era stato chiesto il condono; d’altra parte, sotto altro decisivo profilo, l’intervento realizzato dal ricorrente non poteva rientrare nella categoria della ristrutturazione edilizia, essendovi stata, come risulta dall’accertamento della Polizia municipale, l’alterazione e variazione della quota di imposta e del piano di campagna rispetto al piano originario, con traslazione della volumetria, modifica della sagoma e aumento dell’altezza.
Era legittimo anche il diniego di rilascio della concessione in sanatoria ex articolo 13 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, precise e coerenti essendo le norme richiamate a sostegno della motivazione, tanto più che le misure di salvaguardia, ai sensi della legge regionale n. 54 del 1989, non erano affatto decadute e che la conformità doveva essere riferita anche allo strumento urbanistico adottato.
Infine, quanto al provvedimento di demolizione, richiamata l’infondatezza delle censure di illegittimità derivata, il Tribunale respingeva le specifiche censure di incompetenza, sia perché solo con la legge n. 191 del 16 giugno 1998 era stato effettivamente attribuito ai dirigenti comunali il potere di adottare i provvedimenti repressivi in materia edilizia, sia perché le specifiche previsioni statutarie avevano precedentemente riservato tale potere all’assessore o al sindaco; era altresì irrilevante, ai fini dell’impugnato provvedimento, la mera pendenza di una domanda di riesame della situazione, così come era altrettanto ininfluente la circostanza che l’ordinanza di demolizione fosse stata rivolta al ricorrente quale proprietario del manufatto e non quale legale rappresentante della s.n.c. SO.PA., tanto più che il ricorrente era effettivamente il proprietario del terreno su cui insistevano le opere abusive.
VI. Il signor Saul Bertelli, in proprio e nella qualità in atti, ha chiesto la riforma di tale statuizione, riproponendo sostanzialmente tutti motivi di censura svolti in primo grado con i quattro autonomi ricorsi, a suo avviso superficialmente esaminati ed erroneamente respinti con motivazione approssimativa e non condivisibile, frutto dell’evidente mancata valutazione del materiale probatorio in atti e delle argomentazioni difensive sollevate.
Il Comune di Firenze, costituitosi in giudizio, ha dedotto l’infondatezza dell’avverso gravame, di cui ha chiesto il rigetto.
Le parti hanno ulteriormente illustrato le proprie tesi difensive con apposite memorie.
D I R I T T O
VII. E’ controversa la legittimità dei provvedimenti emanati dall’amministrazione comunale di Firenze in relazione ai lavori realizzati sull’immobile sito in Firenze, via del Pellicino, angolo via dello Scalo di Peino (in N.C.T., foglio 47/A, particella 270) e cioè: a) ordinanza sindacale n. 1449 del 7 marzo 1994 di immediata sospensione dei lavori edili in corso; b) ordinanza sindacale n. 4809 del 20 luglio 1994 di archiviazione della pratica di condono; c) provvedimento assessoriale n. 34090 del 15 luglio 1996 di diniego di rilascio della concessione edilizia in sanatoria in relazione alla ristrutturazione di un edificio adibito a magazzino ed uffici; d) ordinanza sindacale n. 628 del 30 gennaio 1995 di demolizione delle opere abusive ex art. 7 della legge 28 febbraio 1985, n. 47.
Il signor Saul Bertelli, in proprio e quale legale rappresentante della s.n.c. SO.PA. & C., destinatario dei citati provvedimenti, ha chiesto la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Toscana, sez. III, n. 639 del 17 aprile 2007 che, riuniti i quattro separati ricorsi, ha dichiarato improcedibile per difetto di interesse l’impugnativa concernente l’ordine di immediata sospensione dei lavori in corso (ordinanza n. 1449 del 7 marzo 1994) ed ha respinto le altre per infondatezza delle censure proposte.
Con il gravame l’interessato ha lamentato l’assoluta erroneità della predetta pronuncia, sia quanto alla declaratoria di improcedibilità del primo ricorso, sia quanto al rigetto degli altri tre ricorsi, riproponendo tutti i motivi di doglianza sollevati con i predetti ricorsi, a suo avviso superficialmente esaminati e frettolosamente respinti con una motivazione lacunosa e non condivisibile, frutto della omessa, ovvero approssimativa, valutazione del materiale probatorio versato in atti.
Il Comune di Firenze ha resistito al gravame, chiedendone il rigetto.
VIII. Ai fini della decisione della controversia è indispensabile una puntuale ricostruzione dei fatti di causa.
VIII.1. Come emerge dagli atti di causa, l’immobile sito in Firenze, via del Pellicino, angolo via dello Scalo di Peino (in N.C.T. foglio 47/A, particella 270) consisteva in un capannone ad uso artigianale (per il montaggio e la messa in opera di materiali per l’edilizia), edificato nel 1975 e realizzato in struttura metallica con tamponamento in pannelli prefabbricati di Albanit, divisori in cartongesso, copertura in bandoni di lamiera zincata, internamente articolato in sette vani con una superficie di 996 metri quadrati.
Detto immobile era oggetto di una richiesta di condono edilizio, ai sensi della legge 28 febbraio 1985, n. 47, presentata in data 15 febbraio 1986 dalla s.n.c. SO.PA. di Saul Bertelli & C.
Difettando l’idoneità statica, giusta certificazione in data 9 giugno 1986, il Comune di Firenze con nota prot. 18868/92/92 del 13 agosto 1992 chiedeva alla società istante di presentare entro trenta giorni il progetto di adeguamento statico, pena il rigetto dell’istanza di condono.
Come risulta dalla nota prot. 2813/94/01/573/94 del 12 maggio 1994 del Settore Funzionale Edilizia Privata del Comune di Firenze (Unità Operativa Recupero Patrimonio Edilizio) in data 13 ottobre 1993 veniva inviata comunicazione ai sensi dell’articolo 26 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, relativa al consolidamento statico dell’edificio da realizzarsi mediante l’inserimento di elementi strutturali aggiuntivi o sostituendo gli stessi, senza cambiare l’orditura.
La Polizia Municipale in data 2 maggio 1994 accertava che sull’immobile in questione erano in corso opere edili di “demolizione ricostruzione” del capannone edilizio di circa 1000 metri quadrati; in particolare, a seguito di sopralluogo (come pure si evince dalla citata nota prot. 2813/94/01/573/94 del 12 maggio 1994) emergeva che l’intervento eseguito sul predetto immobile era consistito nella “…totale demolizione del manufatto preesistente e ricostruzione in loco di una struttura, al momento priva di tompagnature, con alterazione e variazione della quota di imposta e del piano di campagna rispetto allo stato originario del condono”.
Deve rilevarsi, con riferimento alla esatta consistenza dei lavori eseguiti ai dedotti fini del consolidamento statico, che lo stesso appellante non ha giammai contestato, se non in modo del tutto generico, che essi avevano determinato, come precisato dagli uffici comunali, “…alterazione e variazione della quota di imposta e del piano di imposta e del piano di campagna…”.
Un’ulteriore decisiva circostanza in tal senso si ricava sostanzialmente confermata dalla sentenza del Pretore di Firenze del 2 luglio 1998 (emessa nel processo penale a carico proprio del signor Saul Bertelli per la contravvenzione di cui agli artt. 110 c.p. e 20 lett. b) della legge 28 febbraio 1985, n. 47, in relazione ai lavori edilizi di cui all’immobile in questione) che, pur mandando assolto l’imputato per non aver commesso il fatto, ricollega in realtà tale assoluzione solo alla mancanza dell’elemento soggettivo.
Infatti, nella predetta decisione si dà atto che è stato effettivamente demolito e ricostruito il capannone industriale, sia pur con la tecnica del “cuci e scuci”, con una consistenza diversa (superficie pari a mq. 968, di altezza 4,20 metri – 3,86 dal sottotrave – e volume di 3736 metri cubi) diversa dalla precedente (superficie di mq. 996, altezza 3,30 metri e volume di 3286,8 metri cubi) come risulta dal capo di imputazione); inoltre sono ritenute ragionevoli, ai fini della mancanza dell’elemento soggettivo del reato, le giustificazioni addotte dall’imputato e cioè di aver agito sul presupposto della necessaria realizzazione degli interventi, in quanto imposti dal servizio di prevenzione della locale U.S.L. (i cui rilievi avevano già condotto ad un decreto penale di condanna, poi opposto).
VIII.2. Ciò precisato, anche a voler prescindere da ogni considerazione sulle effettive ragioni che hanno reso necessari i lavori sull’immobile in questione (ragioni che, secondo la ricordata sentenza del Pretore di Firenze sarebbero da ricollegare al sopralluogo della competente U.S.L., e che invece innanzi al giudice amministrativo sono state ricondotte alla necessità dell’adeguamento statico dell’immobile stesso ai fini dell’ammissibilità della domanda di condono), ad avviso della Sezione non può dubitarsi che, per effetto dei ricordati lavori, l’immobile in questione ha assunto una fisionomia del tutto diversa da quella originaria, sia per sagoma, sia per volume, sia per superficie, come del resto lo stesso appellante è costretto ad ammettere, pur cercando di attenuare tale ammissione sottolineando la diminuzione di superficie e configurando l’intervento come una mera ristrutturazione edilizia.
Sennonché, sul punto, è decisivo ricordare che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, allorquando la demolizione e la successiva ricostruzione del manufatto non danno luogo alla fedele riedificazione del precedente manufatto per sagoma, superficie e volume, non si è in presenza di una ristrutturazione edilizia, bensì di una nuova costruzione per cui è sempre necessario un apposito titolo edilizio (ex pluribus, C.d.S., sez. IV, 18 marzo 2008, n. 1117; 22 marzo 2007, n. 1388; 16 marzo 2007, n. 1276; 31 ottobre 2006, n. 6464; sez. V, 4 marzo 2008, n. 918; Cass. Pen., sez. III, 8 aprile 2008, n. 28212; 26 ottobre 2007, n. 47046); è stato anche precisato che deve ritenersi illegittimo il titolo edilizio relativo ad un intervento edilizio di ristrutturazione che contempli demolizione e ricostruzione, laddove il nuovo edificio, pur caratterizzato da una volumetria inferiore, non rispetti le caratteristiche strutturali di quello demolito, quanto all’altezza e al numero di piani (C.d.S., sez. V, 30 agosto 2006, n. 5061).
Per completezza deve aggiungersi che, come si evince dalla lettura della circolare n. 2241/U.L. del 17 giugno 1995 del Ministero dei Lavori Pubblici (prodotta dall’appellato Comune di Firenze in data 22 settembre 2008) i lavori di adeguamento statico, consistenti in interventi sulle strutture dell’edificio, non possono modificarne la struttura volumetrica e di superficie, essendo coessenziale alla stessa natura di “adeguamento statico” che le strutture già realizzate siano conservate e rese idonee alla loro funzione, così che è da considerare inammissibile non solo l’ampliamento dell’esistente, ma anche una demolizione e ricostruzione quando le strutture siano talmente inidonee da non poter essere rese staticamente idonee e collaudabili, mediante opere di adeguamento.
IX. Alla luce di tali precisazioni, la Sezione è dell’avviso che la sentenza impugnata non meriti le critiche che le sono state mosse.
IX.1. Quanto all’impugnazione dell’ordinanza di sospensione dei lavori, a prescindere da ogni considerazione sulla sua legittimità (di cui non può neppure ragionevolmente dubitarsi in ragione della natura e della consistenza dei lavori realizzati senza alcun titolo abilitativo), è sufficiente ricordare che essa ha carattere temporaneo e provvisorio, si fonda su di un’istruttoria sommaria ed i suoi effetti sono destinati a venir meno o perché venga accertata la legittimità dei lavori in corso o perché vengano adottati definitivi provvedimenti inibitori degli stessi (C.d.S., sez. V, 18 ottobre 1996, n. 1255; 29 novembre 2004, n. 7746).
Nel caso di specie i successivi provvedimenti adottati dall’amministrazione comunale di Firenze, quali l’archiviazione della pratica di condono dell’immobile e il rigetto della istanza di sanatoria del manufatto realizzato, escludono la sussistenza di un qualsiasi interesse, anche meramente strumentale o morale, alla decisione del ricorso, nessuna utilità potendo conseguire al suo eventuale (ma impossibile) accoglimento.
Correttamente i primi giudici hanno perciò dichiarato l’improcedibilità del ricorso stesso per carenza di interesse, essendo sopravvenuti provvedimenti che, avendo determinato un nuovo assetto degli interessi in gioco, hanno reso del tutto inutile la eventuale pronuncia (ex multis, C.d.S., IV, 19 febbraio 2008, n. 532; 27 dicembre 2006, n. 7876; 1° agosto 2001, n. 4206): ciò esclude la necessità di esaminare i motivi di doglianza formulati in primo grado.
IX.2. Anche con riguardo all’impugnativa del provvedimento con cui è stata disposta l’archiviazione della domanda di condono edilizio presentata il 15 febbraio 1986, la decisione impugnata risulta corretta e adeguatamente motivata.
Infatti la tesi dell’appellante è esclusivamente incentrata sulla necessità dei lavori di consolidamento statico ai fini del condono edilizio, senza che fosse perciò necessario alcun titolo edilizio, e sul fatto che essi, pur realizzati attraverso la demolizione e ricostruzione, sarebbero da qualificare come ristrutturazione edilizia e non come nuova costruzione.
Occorre al riguardo evidenziare che l’amministrazione comunale di Firenze non ha giammai richiesto o ritenuto indispensabile per i lavori di adeguamento statico un apposito titolo edilizio, ma ha in realtà accertato che i lavori eseguiti, lungi dal realizzare un mero adeguamento statico dell’immobile, avevano in realtà comportato la demolizione dell’esistente e la sua ricostruzione, e quest’ultima non era neppure “fedele”, in quanto per sagoma, volume e superficie il nuovo immobile non corrispondeva a quello precedente.
Tale “novità” dell’immobile, oltre ad essere puntualmente indicata negli atti prodotti dal Comune di Firenze (in precedenza già puntualmente indicati) e ad essere sostanzialmente ammessa dall’appellante pur con il tentativo di attenuarne le conseguenze (con riguardo alla diminuzione della superficie), ha trovato definitiva ed inoppugnabile conferma nella sentenza del Pretore di Firenze del 2 luglio 1998, come già in precedenza rilevato.
Non può pertanto condividersi l’assunto dell’appellante secondo cui i lavori eseguiti sono sussumibili nella categoria della ristrutturazione edilizia, trattandosi invero di una nuova costruzione, come correttamente ritenuto dai primi giudici; ciò senza contare che deve anche ragionevolmente escludersi che i lavori di adeguamento statico, per i quali non è previsto un titolo abilitativo, possono consistere in interventi di tale portata da giungere alla sostituzione delle strutture, atteso che in tal caso non può neppure predicarsi la stessa utile esistenza dell’immobile da condonare.
La sostanziale diversità del nuovo immobile rispetto a quello oggetto della richiesta di condono rende di conseguenza corretta e ragionevole la determinazione del Comune di Firenze di archiviare la pratica relativa al condono edilizio, essendo effettivamente venuto meno lo stesso oggetto del provvedimento amministrativo richiesto (vale a dire l’immobile abusivamente edificato nel 1975 da condonare).
Ad ulteriore conforto delle conclusioni così raggiunte deve anche sottolinearsi lo stesso comportamento del signor Saul Bertelli, il quale, evidentemente nel dubbio che gli interventi realizzati potessero non rientrare nell’ambito dell’asserito adeguamento statico e neppure potessero essere considerati come ristrutturazione edilizia, ebbe a presentare anche istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’articolo 13 della legge 28 febbraio 1985, n. 47.
Anche tale istanza è stata rigettata con apposito provvedimento, oggetto della terza impugnativa, di cui si dirà al successivo paragrafo X: per quanto qui interessa, la Sezione deve limitarsi a segnalare la correttezza della motivazione dei primi giudici che, sottolineando la diversità dei presupposti, dei contenuti e degli effetti della domanda di condono edilizio (ex art. 31 l. n. 47 del 1985) e di quella di accertamento di conformità (ex art. 13 l. n. 47 del 1985), ha escluso che l’esito della prima potesse dipendere dall’esito della seconda, respingendo così il motivo di censura in tale senso sollevato dall’interessato nei confronti del ricordato decreto di archiviazione della pratica di condono.
Deve essere pertanto confermata la legittimità della determinazione dell’amministrazione comunale di Firenze di archiviare la pratica di condono edilizio di cui all’istanza del 15 febbraio 1986.
X. Ugualmente infondati, come correttamente ritenuto dai primi giudici, sono i motivi appuntati avverso il diniego in data 15 luglio 1996 di rilascio della concessione in sanatoria, ai sensi dell’articolo 13 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, avanzata dalla SO.PA. di Saul Bertelli & C. s.n.c. in data 29 aprile 1994.
Al riguardo le doglianze dell’appellante concernono: a) l’asserita erroneità del diniego, fondato sulla non conformità delle opere realizzate non già al piano regolatore vigente, bensì alla variante generale al piano regolatore solamente adottata, in relazione alla quale sarebbero scaduti i termini di applicazione delle misure di salvaguardia; b) la non configurabilità dei lavori realizzati come nuova costruzione, ma solo come ristrutturazione edilizia, trattandosi peraltro di lavori necessitati, in quanto indispensabili ai fini dell’adeguamento statico dell’immobile da condonare (e per i quali era necessaria la previa delibazione sulla richiesta di condono edilizio); c) l’erroneità di un provvedimento definitivo di rigetto, laddove nella vigenza delle misure di salvaguardia connesse all’adozione della variante al piano regolatore generale, doveva essere sospeso l’esame della domanda di concessione in sanatoria.
La Sezione osserva che, come emerge dalla documentazione versata in atti, la delibera consiliare n. 604 del 12 luglio 1993, con cui il Comune di Firenze aveva adottato la variante generale al piano regolatore generale, fu trasmessa alla Regione Toscana in data 2 luglio 1996, così che, come correttamente rilevato dai primi giudici, le misure di salvaguardia erano ancora in vigore al momento dell’emanazione dell’impugnato diniego di concessione in sanatoria.
Infatti, ai sensi del secondo comma dell’articolo unico della legge regionale della Toscana 30 agosto 1989, n. 54, nei casi in cui il Comune abbia inviato gli atti adottati alla Regione nell’ultimo anno del periodo di applicazione delle misure di salvaguardia, il termine triennale previsto dal primo comma è prorogato fino alla data della pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione dell’atto di approvazione regionale e comunque non oltre due anni dalla trasmissione alla Regione degli atti adottati. Nel caso di specie, quindi, il periodo di applicazione delle misure di salvaguardia è effettivamente scaduto il 21 gennaio 1998, data in cui è stata pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Toscana la delibera del consiglio regionale n. 385 del 2 dicembre 1997, di approvazione della variante generale al piano regolatore generale del Comune di Firenze (data comunque compresa nel termine massimo quinquennale decorrente dal 12 luglio 1993 fino al 12 luglio 1998).
Né può essere condivisa la tesi secondo cui, nella vigenza delle misure di salvaguardia, l’amministrazione comunale avrebbe dovuto sospendere ogni decisione sulla domanda di accertamento di conformità, attendendo l’approvazione del nuovo strumento urbanistico: la stessa disposizione normativa (art. 13 della legge 28 febbraio 1985, n. 47) condiziona il rilascio della concessione o dell’autorizzazione in sanatoria, per un verso, alla conformità dell’opera eseguita agli strumenti urbanistici generali e di attuazione approvati, e, per altro verso, al “non contrasto con quelli adottati, sia al momento della realizzazione dell’opera, sia al momento della presentazione della domanda”.
Poiché non è contestata la effettiva sussisteva del contrasto delle opere realizzate con le prescrizioni dell’adottata variante al piano regolatore generale (in cui in particolare, per effetto del combinato disposto degli articoli 10 e 56 delle N.T.A., era ammessa nella sottozona E3 agricola la demolizione e ricostruzione di strutture perimetrali solo in misura non superiore al 50%, essendo altrimenti qualificato l’intervento come nuova costruzione), non vi è dubbio che il Comune di Firenze ha correttamente respinto la domanda di accertamento di conformità.
Del resto le deduzioni svolte dall’appellante riguardano la qualificazione delle opere eseguite, ma sul punto è sufficiente richiamare le considerazioni già svolte in precedenza, con le quali si è già rilevato che le stesse non possono essere considerate come opere necessitate e di ristrutturazione edilizia.
Per completezza la Sezione deve anche rilevare che in nessun caso il provvedimento impugnato poteva essere considerato inficiato da insufficiente o lacunosa motivazione, risultando evidente e chiaro l’iter logico – giuridico che aveva condotto l’amministrazione all’emanazione del provvedimento di rigetto (anche con riferimento all’articolo 4 della legge 28 febbraio 1977, n. 10, non potendo qualificarsi le opere realizzate come mero adeguamento statico).
XI. Infine anche la decisione di rigetto del ricorso proposto avverso l’ingiunzione di demolizione delle opere abusive (ordinanza sindacale n. 628 del 30 gennaio 1998) è corretta e adeguatamente motivata.
Posta infatti (alla luce di tutte le considerazioni fin qui svolte) la evidente infondatezza delle censure di illegittimità derivata, la censura di incompetenza è stata correttamente respinta dalla sentenza appellata.
Occorre al riguardo rilevare che oggetto di impugnazione è un provvedimento di demolizione, che, solo per effetto dell’introduzione della lettera f-bis) al comma 2 dell’articolo 6 della legge 15 maggio 1997, n. 127, ad opera dell’articolo 2, comma 12, della legge 16 giugno 1998, n. 191, è stato attribuito alla competenza dei dirigenti comunali (come riconosciuto dalla giurisprudenza, C.d.S., sez. V, 2 ottobre 2002, n. 5159), così che esso è stato nel caso di specie correttamente emanato dall’organo competente secondo le allora vigenti previsioni dello statuto comunale (rispetto al quale nessun rilievo critico è stato sollevato dall’appellante).
Altrettanto correttamente i primi giudici hanno escluso qualsiasi rilevanza, ai fini della legittimità del provvedimento di demolizione, della asserita mancata delibazione dell’istanza di riesame del diniego di concessione in sanatoria, atteso che, indipendentemente da ogni altra considerazione, non sussiste alcun obbligo dell’amministrazione di riesaminare i propri provvedimenti amministrativi ovvero ad esercitare il potere di autotutela, rispetto al quale, del resto, il privato non vanta neppure un interesse legittimo, ma solo un interesse di mero fatto (C.d.S., sez. IV, 20 luglio 2005, n. 3909).
Per completezza è appena il caso di rilevare che, come puntualmente rilevato dai primi giudici, non sussiste alcun vizio del provvedimento impugnato per essere stato notificato all’attuale appellante solo in proprio e non anche nella qualità di legale rappresentante della s.n.c. SO.PA. di Saul Bertelli & C.: l’appellante, infatti, risulta essere proprietario del suolo su cui sorge il manufatto (circostanza non contestata) e dunque è tenuto per tale sua qualità a rimuovere l’abuso, ed inoltre non è contestata, né equivoca o dubbia, la sua qualità di legale rappresentante della s.n.c. SO.PA. & C.
XII. In conclusione, alla stregua delle osservazioni svolte, l’appello deve essere respinto.
La complessità delle questioni trattate giustifica nondimeno la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello proposto dal signor Saul Bertelli, in proprio e quale legale rappresentante della SO.PA. s.n.c. di Bertelli Saul & C., avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Toscana, sez. III, n. 639 del 17 aprile 2007, lo rigetta.
Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall\'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, dal Consiglio di Stato, Sezione IV, riunito nella Camera di Consiglio del 21 ottobre 2008, con l’intervento dei seguenti magistrati:
Luigi COSSU - Presidente
Luigi MARUOTTI - Consigliere
Goffredo ZACCARDI - Consigliere
Bruno MOLLICA - Consigliere
Carlo SALTELLI - Consigliere, est.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Carlo Saltelli Luigi Cossu

IL SEGRETARIO
Giacomo Manzo

Depositata in Segreteria
Il 24/12/2008
(Art. 55, L. 27.4.1982, n. 186)
Per il / Il Dirigente
Dott. Giuseppe Testa