Consiglio di Stato, V, 10 febbraio 2004, n. 480
EDILIZIA Abusi Condono (art. 31 l.n.47/1985 e successive modificazioni) Non c’è onere di immediata impugnazione del parere negativo reso nell’ambito del procedimento di “condono” edilizio ex capo IV l. 47 del 1985.                    REPUBBLICA ITALIANA                               IN NOME DEL POPOLO ITALIANO                     Il  Consiglio  di  Stato  in  sede  giurisdizionale,  Sezione Quinta           ha pronunciato la seguente DECISIONE sul ricorso in appello n. 6805/1998 proposto da Comune di Terni  ,             in persona del sindaco p.t. ,   rappresentato e difeso dall’Avv. Alessandro Alessandro, ed elettivamente domiciliato presso la segreteria del Consiglio di Stato, in Roma, Piazza Capo di Ferro n.13. CONTRO Enrico Santoni, rappresentato e difeso dall’Avv. Stefano Neri, ed elettivamente  domiciliato presso lo studio Persiani-Rizzo,  in Roma, via Toscana n.10. E NEI CONFRONTI DI Associazione Intercomunale Conca Ternana (già Consorzio Socio- economico-urbanistico del comprensorio Ternano). per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale dell’Umbria, n. 182/1998  . Visto il ricorso con i relativi allegati ; Visto l' atto di costituzione in giudizio della parte appellata ; Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti tutti gli atti di causa; Relatore alla pubblica udienza del 4 novembre 2003, il Consigliere Marco Lipari; Uditi gli avv.ti U. Segarelli, per delega dell’avv. Alessandro e Cartasegna, per delega dell’avv. Neri; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: FATTO                  1          La sentenza appellata, in accoglimento dei ricorsi proposti dal Sig. Enrico Santoni, previa riunione ha    annullato: a)   il diniego della concessione in sanatoria richiesta dall’interessato, insieme alla moglie Vincenza Cupido, adottato dal competente assessore del comune di Terni (prot. 14314/86 del 15 gennaio 1988), riguardante un immobile ubicato in area sottoposta a vincolo paesaggistico (manufatto in legno di m. 4,30 x 4,50 x 2,30); b)   il parere negativo adottato, con delibera 16 settembre 1986, n. 305, dal Consorzio socio economico urbanistico del Comprensorio ternano (poi trasformato nella “Associazione intercomunale della Conca Ternana”), autorità competente alla gestione del vincolo paesaggistico e alla espressione del parere di competenza, nell’ambito della procedura di sanatoria edilizia; c)   l’ordinanza di demolizione del manufatto adottata dal competente assessore del comune di Terni, adottata il 10 giugno 1989.                  2          Il comune deduce l’infondatezza e l’inammissibilità dell’originario ricorso.                  3          L’appellato resiste al gravame. DIRITTO                  1          In primo luogo, il comune di Terni ripropone la propria eccezione di inammissibilità dell’originario ricorso, espressamente disattesa dal tribunale.                  2          Secondo l’amministrazione, l’interessato aveva l’onere di impugnare immediatamente il parere espresso dall’autorità preposta al vincolo paesaggistico. Ne deriverebbe, quindi, l’inammissibilità del ricorso proposto contro il provvedimento comunale di rigetto della richiesta di concessione in sanatoria, basato proprio sull’unica e assorbente ragione costituita dal parere ostativo dell’autorità competente.                  3          Il motivo è infondato.                  4          La Sezione è consapevole della perdurante incertezza in ordine alla definizione dell’onere di immediata impugnazione dei provvedimenti inseriti in una più ampia e complessa serie procedimentale, nell’ambito della quale confluiscono interessi e valutazioni di diverse amministrazioni, idonee a condizionare, con diversa intensità, il contenuto della determinazione finale.                  5          In particolare, nel procedimento di sanatoria edilizia di cui all’articolo 32 della legge n. 47/1985, il parere espresso dall’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico assume valore vincolante, nel senso che il giudizio negativo espresso dall’organo competente preclude radicalmente il rilascio della concessione in sanatoria.                  6          Inoltre, la giurisprudenza non   dubita che il parere espresso dall’articolo 32, se favorevole all’intervento edilizio sia annullabile, per motivi di legittimità, dal Ministero dei beni culturali, ai sensi dell’articolo 82 del D.P.R. n. 616/1977.                  7          Il carattere provvedimentale del parere, quindi, unitamente alla sua valenza non meramente endoprecedimentale e alla sua attitudine a definire il contenuto del provvedimento finale dell’amministrazione comunale, induce una parte degli interpreti a ritenere che tale atto debba essere immediatamente impugnato, senza attendere la conclusione del procedimento di sanatoria.                  8          La Sezione non condivide questa tesi.                  9          La determinazione dell’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico trova comunque origine nell’avvio di un procedimento edilizio partitamene disciplinato, anche nelle sue diverse scansioni temporali. L’atto assume una valenza esterna nella parte in cui esprime la valutazione compiuta dell’amministrazione in ordine agli interessi affidati alla sua cura.              10          Ma la concreta lesività del provvedimento si manifesta solo nel momento in cui esso è trasposto o richiamato nell’atto finale che definisce la domanda di sanatoria edilizia (Cons. Stato, V Sez. 20 marzo 2000, n. 1511; Cons. Stato, VI Sez., 28 gennaio 1998, n. 114).              11          In tal senso si pone anche una generale esigenza di tutela dell’affidamento del privato, considerando che l’atto dell’autorità titolare del potere di tutela del vincolo è denominato parere e che l’assetto di interessi complessivo riguardante la richiesta di sanatoria è sintetizzato e delineato compiutamente solo dal provvedimento dell’autorità comunale.              12          Con una seconda censura, il comune di Terni contesta la sentenza appellata nella parte in cui ha annullato il provvedimento impugnato in primo grado per difetto di motivazione.              13          A dire dell’appellante, le affermazioni poste a sostegno del vizio vanno però contestate innanzitutto perché scendono nel merito, concretandosi in giudizi analitici sull’ “ambiente circostante”, sulle “proporzioni del manufatto” abusivo, sulla “sua ubicazione”, nel suo “disegno architettonico”, sulla sua visibilità anteriore e posteriore, sulla compatibilità del manufatto con l’abitato circostante, sulla valutazione del detto abitato circostante che viene fatto oggetto di un puntuale apprezzamento sotto il profilo dell’ “omogeneità stilistico-formale” e della “continuità” tale da “tollerare l’inserimento dell’abuso”.              14          A dire dell’amministrazione, la pronuncia resa dal tribunale finisce per concretizzarsi in una completa rivalutazione di merito della fattispecie, assolutamente non coerente con il fondamentale principio che il “riconoscimento di un vizio formale, quale è il difetto di motivazione, postula, in sede di esecuzione della sentenza, la rinnovazione dell’atto annullato emendato dal vizio medesimo da parte dell’autorità amministrativa nell’esercizio del suo potere tecnico-discrezionale volto alla tutela dei beni ambientali”.              15          Gli argomenti esposti dall’amministrazione appellante non sono persuasivi. In primo luogo non è esatto affermare che il vizio accertato dal tribunale si configuri come mero difetto, o mancanza di motivazione.              16          Al contrario, la pronuncia pone in risalto la concreta inadeguatezza della motivazione dell’atto, affidata, in ultima analisi, ad una affermazione meramente tautologica, incapace di indicare, sia pure in modo sommario le ragioni di contrasto fra l’opera e il vincolo paesaggistico gravante nell’area su cui insiste il manufatto.              17          In questa corretta prospettiva, quindi, il vizio riscontrato non può correttamente qualificarsi come formale. È vero che l’amministrazione, in seguito all’annullamento del provvedimento è investita del potere di rinnovare l’istruttoria e il contenuto motivazionale dell’atto, tenendo conto di tutti gli aspetti tecnici e discrezionali rilevanti.              18          Ma l’ampiezza del potere rinnovatorio spettante all’amministrazione, seppure indiscutibile, non impedisce di rimarcare la portata sostanziale (e non puramente formale) del vizio di inadeguatezza della motivazione.              19          La lacuna motivazionale, infatti, presuppone un’attenta comparazione tra i dati fattuali emersi dagli atti di causa, anche in rapporto all’istruttoria procedimentale e il supporto motivazionale del provvedimento, che deve essere puntualmente correlato agli specifici interessi protetti attraverso l’imposizione del vincolo paesaggistico.              20          In concreto, l’accertamento del TAR resta rigorosamente all’interno dei confini assegnati al giudizio di legittimità, che non ammette un controllo sostitutivo del giudice sull’attività amministrativa svolta dall’organo competente.              21          Al contrario, il parere impugnato in primo grado si limita ad affermazioni troppo generiche e vaghe, incentrate su di un asserito “impatto ambientale dell’intervento” e sulla affermata incompatibilità dell’opera con la tutela ambientale della zona vincolata ex l. n. 1497/1939.              22          Si tratta di una motivazione troppo scarna e sintetica per supportare in modo convincente la statuizione assunta dall’amministrazione. Questa, pertanto, in sede di rinnovo dell’attività provvedimentale di sua competenza, dovrà specificare i motivi tecnici e giuridici posti a base della determinazione conclusiva del procedimento.              23          D’altro canto, proprio la circostanza che, come accertato dal tribunale, si tratta di “un modestissimo manufatto la cui stessa esistenza può sfuggire ad un osservatore mediamente attento”.              24          Questa circostanza rende evidente che l’amministrazione debba chiarire, nella motivazione del provvedimento, l’effettivo impatto paesaggistico dell’opera in questione, tenendo conto, fra l’altro, della sua visibilità, delle caratteristiche dei fabbricati circostanti, della natura dei materiali utilizzati.              25          In tale sede potranno essere superate le preoccupazioni manifestate dall’amministrazione comunale, secondo la quale “il largo ricorso al condono verrebbe a stravolgere la natura stessa delle aree ad altissima e ristretta valenza ambientale quale è la zona di Piediluco, patrimonio inestimabile da salvaguardare nei confronti di interventi edilizi impropri ed abusivi.”              26          La reiezione dell’appello rende superfluo l’esame dei motivi di gravame giudicati assorbiti in primo grado.              27          In definitiva, quindi, l'appello deve essere rigettato  . Le spese possono essere compensate. Per Questi Motivi Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge   l'appello, compensando le spese;  ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 4 novembre 2003 , con l'intervento dei signori: Agostino Elefante                                - Presidente Giuseppe Farina                                                - Consigliere Aldo Fera                                                     - Consigliere Marco Lipari                         - Consigliere Estensore Marzio Branca                                  - Consigliere