 Cass.Sez. III n. 39895 del 26 settembre 2013 (Ud 28 mag 2013)
Cass.Sez. III n. 39895 del 26 settembre 2013 (Ud 28 mag 2013)
Pres.Teresi Est.Marini Ric. Pellegrini e altro
Urbanistica.Estinzione del reato e doppia conformità agli strumenti urbanistici 
In tema di reati edilizi, sussistono i presupposti per attribuire efficacia estintiva dell'illecito penale al permesso in sanatoria, ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. 380 del 2001, solo se le opere abusive risultano, per quanto difformi dal titolo abilitativo, in sé non contrastanti con gli strumenti urbanistici vigenti sia al momento della loro realizzazione che al momento della presentazione della domanda, con la conseguenza che detta vicenda non può prodursi se sia necessario procedere ad ulteriori interventi che riconducano i lavori realizzati a tale doppia conformità.
  Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:        Udienza pubblica SENTENZA P.Q.M.REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE    
 SEZIONE TERZA 
 Dott. TERESI    Alfredo          - Presidente  - del 28/05/2013
 Dott. FRANCO    Amedeo           - Consigliere - SENTENZA
 Dott. MARINI    Luigi       - rel. Consigliere - N. 1661
 Dott. ORILIA    Lorenzo          - Consigliere - REGISTRO GENERALE
 Dott. GRAZIOSI  Chiara           - Consigliere - N. 02933/2013
 ha pronunciato la seguente: 
 sul ricorso proposto da:
 PELLEGRINI Luca, nato a Viareggio il 6/7/1957;
 BELLUOMINI Bruno, nato a Capannori il 1/3/1946;
 avverso la sentenza del 28/10/2011 del Tribunale di Lucca, sez. dist.  Viareggio, che li ha condannati alla pena di 4.000,00 Euro di ammenda  ciascuno perché colpevoli del reato previsto dal D.P.R. 6 giugno  2001, n. 380, art. 44, lett. a), sentenza del 28/10/2011 del  Tribunale di Lucca, sez. dist. Viareggio, che li ha condannati alla  pena di 4.000,00 Euro di ammenda ciascuno perché colpevoli del reato  previsto dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. a);
 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 udita la relazione svolta dal consigliere Dott. MARINI Luigi;
 udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore  generale, Dott. MAZZOTTA Gabriele, che ha concluso chiedendo  rigettarsi il ricorso;
 udito per entrambi gli imputati l'avv. TAGLIOLI Marcello anche per  l'avv. FRATI Francesco, che ha concluso chiedendo accogliersi i  ricorsi.
 RITENUTO IN FATTO
 1. Con sentenza del 28/10/2011 il Tribunale di Lucca, sez. dist.  Viareggio, ha condannato il sig. Pellegrini, quale committente, e  il sig. Belluomini, quale direttore dei lavori, alla pena di  4.000,00 Euro di ammenda ciascuno perché colpevoli del reato  previsto dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. a),  commesso il 17, D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito in L. 23  aprile 2009, n. 38, mediante la realizzazione di locali cantina più  ampi di quanto descritto nel permesso di costruire e mediante la  realizzazione di due scannafossi provvisti di finestre e non previsti  nel permesso stesso.
 Il Tribunale ha ritenuto che il permesso in sanatoria rilasciato dal  Comune competente non abbia effetto estintivo del reato, in quanto la  "doppia conformità" sussiste soltanto a seguito delle specifiche  prescrizioni imposte dall'ente comunale e delle modificazioni  coerentemente apportate dal privato per adeguarsi.  2. Avverso tale decisione hanno proposto separati ricorsi i sigg.  Pellegrini e Belluomini, in sintesi lamentando:
 Luca PELLEGRINI:
 Errata applicazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. b), in  particolare del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, artt. 36, 44 e 45 e  della L.R. Toscana n. 1 del 2005, art. 140, per avere il giudicante  ritenuto che il permesso in sanatoria non abbia effetto estintivo in  quanto contiene prescrizioni che denotano l'assenza di doppia  conformità.
 In realtà, trattandosi di prescrizioni "speciali" legate alle  caratteristiche idrogeologiche dell'area (alto rischio idrico)  impartite mentre le opere erano ancora in corso di esecuzione, il  permesso in sanatoria accerta la compatibilità delle opere rispetto  alle norme urbanistica e ne fissa le caratteristiche a lavori  ultimati, con la conseguenza che l'intervento correttivo imposto  dall'ente ha la conseguenza di eliminare le difformità riscontrate e  il reato contestato viene così estinto, mentre l'eventuale futura  difformità delle opere costituirebbe autonoma violazione.  Il fatto che le opere realizzate abusivamente fossero compatibili con  gli strumenti urbanistici "ab origine" costituisce la premessa del  permesso in sanatoria e consente di ritenere il reato estinto;
 Bruno BELLUOMINI:
 errata applicazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. b), in  particolare del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, artt. 36, 44 e 45 e  della L.R. Toscana, n. 1 del 2005, art. 140, per avere il giudicante  negato efficacia estintiva del reato al permesso in sanatoria sulla  base di una errata valutazione della portata delle prescrizioni ivi  contenute. È, infatti, errato attribuire valenza diversa alle  prescrizioni esecutive contenute nel permesso di costruire originario  e a quelle contenute nel permesso in sanatoria.
 Le pareti ripristinatorie previste dalla sanatoria hanno ricostruito  esattamente la situazione prevista inizialmente, a dimostrazione  dell'esistenza di doppia conformità.
 CONSIDERATO IN DIRITTO
 I ricorsi meritano di essere rigettati.
 1. Premesso che la concessione del permesso in sanatoria riverbera i  propri effetti sulla illiceità urbanistica e, qualora venga poi  rispettato mediante l'esecuzione delle opere indicate, fa venire meno  i presupposti per l'irrogazione delle ulteriori sanzioni e  dell'intervento di demolizione, i ricorrenti omettono di considerare  un profilo essenziale della vicenda.
 2. La rilevanza penale della così detta "doppia conformità", che  discende dal regime del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ex art. 36, ha  come riferimento le opere realizzate nella loro integralità, ed è a  questa e alla situazione di fatto accertata che occorre avere  riguardo per valutare la portata estintiva anche dei profili penali  delle condotte realizzate. In altri termini, correttamente il  Tribunale ha considerato che le opere abusivamente realizzate non  potevano essere valutate come conformi agli strumenti urbanistici,  ivi compreso il vincolo legato al rischio idrico, e che tale  conformità poteva realizzarsi solo ripristinando le mura delle  cantine secondo il progetto originario e inibendo l'accesso di  persone alle opere che al termine dei lavori sarebbero risultate  interrate.
 I presupposti per attribuire efficacia estintiva al permesso in  sanatoria sono presenti solo allorché le opere realizzate risultino,  per quanto difformi da quanto assentito, in sè non contrastanti con  gli strumenti urbanistici senza che sia necessario procedere a  interventi che le riconducano a conformità. In questo secondo caso  la conformità non sussiste per le opere realizzate senza i necessari  permessi, e potrà riguardare soltanto le opere che risultano  ultimate a seguito dell'intervento dell'autorità e delle  prescrizioni di adeguamento da essa impartite.
 3. In questo caso, contrariamente a quanto sostenuto dalle difese,  non si è in presenza di mere prescrizioni esecutive, attinenti cioè  le modalità di realizzazione, ma di prescrizioni volte a  ripristinare la legalità violata da opere che, se non modificate,  non rispetterebbero gli standard e le caratteristiche previste dalla  disciplina urbanistica e dai vincoli in atto.
 4. Le considerazioni che precedono impongono di ritenere i motivi di  ricorso manifestamente infondati e inammissibili, con conseguente  condanna dei ricorrenti, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., al pagamento  delle spese del presente grado di giudizio.
 Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data  del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di  ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza versare in colpa  nella determinazione delle cause di inammissibilità si dispone che i  ricorrenti versino ciascuno la somma, determinata in via equitativa,  di Euro 1.000,00, in favore della Cassa delle Ammende.
 Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento  			delle spese del presente giudizio, nonché ciascuno di loro  			versamento della somma di Euro 1.000,00, alla Cassa delle Ammende.  			Così deciso in Roma, il 28 maggio 2013.
 Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2013
 
                    




