Pres. Altieri Est. Fiale Ric. Fioretti
Urbanistica. Regolamento comunale ed interventi precari
Il Regolamento comunale che ricollega la individuazione della natura precaria dei manufatti esclusivamente alle caratteristiche dei materiali utilizzati per la loro realizzazione ed alla facile amovibilità ed introduce un titolo abilitativo edilizio "provvisorio" atipico e contrastante con quello che deve ritenersi un principio generale fissato dalla. Legislazione statale in materia di governa del territorio, secondo il quale è inammissibile la configurazione di provvedimento abilitativo che consenta di realizzare opere edilizie in contrasto con la normativa urbanistica, atteso che o viene in considerazione un\'opera avente natura oggettivamente precaria per le finalità alle quali è destinata, ed allora non si rende conseguentemente necessario alcun titolo abilitativo o viene in rilievo un\'opera avente carattere di stabilità, ed allora si impone in ogni caso il rispetto della normativa urbanistica; pertanto, il Comune non può, mediante l\'inserimento nel titolo abilitativo di clausole o condizioni, permettere la realizzazione, in contrasto con la pianificazione, di opere che siano in grado di alterare in modo permanente l\'assetto urbanistico
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di  consiglio
Dott. ALTIERI Enrico - Presidente - del 07/02/2008
Dott. DE MAIO  Guido - Consigliere - SENTENZA
Dott. MANCINI Franco - Consigliere - N.  178
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. FIALE  Aldo - Consigliere - N. 40064/2007
ha pronunciato la seguente: 
SENTENZA
sul ricorso proposto  da:
FIORETTI Catia, nata a Grosseto il 7.4.1970;
avverso l\'ordinanza  19.10.2007 del Tribunale per il riesame di Grosseto;
Visti gli atti, la  ordinanza impugnata ed il ricorso;
Udita, in camera di consiglio, la  relazione fatta dal Consigliere Dott. FIALE Aldo;
Udito il Pubblico  Ministero, in persona del Dott. CIAMPOLI Luigi, il quale ha concluso chiedendo  il rigetto del ricorso.
Udito il difensore, Avv.to LEPORATTI Brano, il quale  ha concluso chiedendo l\'accoglimento del ricorso.
FATTO E DIRITTO
Il  Tribunale di Grosseto, con ordinanza del 19.10.2007, rigettava l\'istanza di  riesame proposta nell\'interesse di FIORETTI Catia avverso il decreto 1.10.2007  con il quale il G.I.P. di quel Tribunale aveva disposto il sequestro preventivo  di un manufatto realizzato nella via Manin del centro storico cittadino  destinato ad ampliamento della superficie di un esercizio pubblico di  somministrazione di alimenti e bevande, in relazione all\'ipotizzato reato di  costruzione abusiva (D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b, T.U.).
Il  G.I.P. aveva evidenziato che:
- la realizzazione del manufatto in oggetto  doveva essere necessariamente autorizzata con permessa di costruire, sicché si  prospetta come titolo inidoneo la D.I. A onerosa in forza della quale esso è  stato posto in opera in applicazione di un Regolamene comunale per la  realizzazione di manufatti precari, - detto Regolamento, infatti, deve  considerarsi illegittimo perché, in particolare, i manufatti da esso  disciplinati - per caratteristiche, destinazione - e - funzioni - non possono  classificarsi "precetti" nell\'accezione elaborata dall\'interpretazione  giurisprudenziale sicché la qualificazione regolamentate - deve ritenersi  contrastante con il disposto del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3;
- l\'opera in  concreto realizzata, inoltre, neppure rispetta le concrete modalità di  realizzazione previste- neL citato Regolamento poiché non è stata predisposta  l\'apertura di uri lato della struttura per almeno sei mesi dell\'anno.
Il  Tribunale, a fronte delle emergenze prospettate dal GIP e delle relative  contestazioni difensive, rilevava che;
- la procedura di presentazione di  D.I.A. onerosa avrebbe potuto legittimare l\'intervento de quo soltanto nel caso  in cui fosse stata configurabile l\'ipotesi di cui al D.P.R. n. 380 del 2001,  art. 22, comma 3, lett. c). Tale configurazione, invece, deve escludersi nella  fattispecie, poiché il Regolamento applicato dal Comune di Grosseto non può-  ritenersi "piano di settore con precise indicazioni planovolumetriche" ed il  realizzato ampliamento dell\'esercizio commerciale si pone altres in violazione  del codice della strada;
- le problematiche relative alla buona fede dei  soggetti coinvolti nella realizzazione del manufatto non possono essere  affrontate in fede di riesame, trattandosi di materia devoluta agli  apprezzamenti del giudice del merito e, comunque, la mancata predisposizione  dell\'apertura di un lato della struttura appare esplicativa di una evidente  volontà di violare consapevolmente le disposizioni regolamentari;
- il  periculum legittimante l\'adozione e la permanenza della misura cautelare è  ravvisabile: nel perdurante - ostacolo alla fruizione estetica di scorci  particolari del centro storico di Grosseto; negli impedimenti e disagi alla  circolazione di veicoli e pedoni che la nuova struttura comunque arreca;  nell\'indotto aumento di carico urbanistico correlato alla fruizione non  stagionale della struttura da parte della clientela).
Avverso l\'anzidetta  ordinanza ha proposto ricorso la FIORETTI, la quale - sotto il profilo della  violazione di legge ha lamentato:
- l\'erroneo disconoscimento della natura di  "piano di settore con precise indicazioni planavolumetriche" del Regolamenta  comunale, applicato, dovendo ritenersi - esso finalizzato, invece,  all\'attuazione delle prescrizioni dell\'art. 81 del piano regolatore generale del  Comune di Grosseto con riferimento specifico ai manufatti da porsi al servizio,  di preesistenti esercizi commerciali di somministrazione di alimenti e bevande.  La espletata procedura di D.I.A. sarebbe pertanto, legittima ai sensi del D.P.R.  n. 380 del 2001, art. 22, comma 3, lett. c), e della L. n. 1 del 2005, art. 79,  della Regione Toscana;
- la incongrua esclusione della precarietà del  manufatto in concreto realizzato, pure essendo la sua permanenza rimessa alle  determinazioni della P.A., legittimata a revocare in qualsiasi momento il  consenso al mantenimento della struttura;
- l\'erronea individuazione di  profili di illegittimità del Regolamento comunale per pretesa violazione del  codice della strada;
- la irrilevanza della mancata predisposizione  dell\'apertura di un lato della struttura, essendo stato il manufatto realizzato  in modo del tutto conforme alle previsioni progettuali e non presentando  caratteri di diversità oggettiva;
- l\'inconfigurabilità di qualsiasi  situazione è di periculum in mora.
Il ricorso deve essere rigettato perché  infondato.
1. Il Consiglio comunale di Grosseto - con Delib. 8 marzo 2002, n.  19, - ha approvato un Regolamento per l\'installazione di manufatti precari a  servizio delle attività commerciali di somministrazione al pubblico di alimenti  e bevande, con il quale ha inteso disciplinare espressamente "l\'installazione di  manufatti precari a servizio delle attività commerciali di somministrazione al  pubblico di alimenti e bevande che risultino carenti di adeguati spazi per la  somministrazione e/o eventuale organizzazione ed intrattenimento della  clientela" (art. 1, comma 1).
Secondo le prescrizioni di tale  Regolamento:
- "Sono da ritenersi manufatti precari le installazioni di tipo  semifisso collegate, in via esclusiva, ad una attività di somministrazione al  pubblico di alimenti e bevande (bar, ristoranti, pizzerie, birrerie, e simili)  con esclusione di quelle in muratura tradizionale, che non abbiano alcun tipo di  fondazione, ancorché fissate al suolo mediante appositi sistemi di ancoraggio e,  quindi, per tali caratteristiche, da considerarsi strutture di scarsa rilevanza  - urbanistica";
- i manufatti anzidetti "possono essere installati in aree  pubbliche o private, all\'interno dei centri abitati o in territorio aperto  norma, in adiacenza all\'attività commerciale di somministrazione al pubblico di  alimenti e di bevande o, subordinatamente, previa valutazione da parte degli  uffici competenti, anche in aree prossime all\'attività di somministrazione al  pubblico di alimenti, e di bevande ritenute, per natura ed ubicazione,  funzionali all\'attività medesima e compatibili con il pubblico interesse" (art.  2, comma 1);
- i manufatti in oggetto sono soggetti a D.I.A. (art. 3);
- è  consentita l\'occupazione di carreggiata stradale (art. 4);
- i manufatti  precari "possono essere autorizzati per un periodo massimo di anni tre,  eventualmente rinnovabili previa rinnovazione della, domanda e compatibilmente  al rilascio dell\'autorizzazione amministrativa per l\'occupazione del suolo  pubblico. L\'Amministrazione comunale si riserva, comunque, anche durante il  periodo di validità dell\'utilizzo del manufatto, sia su area pubblica che  privatala facoltà di far rimuovere in via provvisoria o definitiva, con spese a  totale carico dell\'esercente, il manufatto per fatti, motivi e cause di  interesse pubblico" (art. 6, commi 1 e 2);
- "i manufatti in questione, per  eventuale utilizzo nella stagione invernale, possono essere completamente chiusi  purché con pannelli trasparenti asportabili" (art. 5, comma 3). L\'utilizzo di  manufatti di talejipo "non può superare la durata di mesi sei; per l\'utilizzo  fino a mesi dodici dovrà essere asportato almeno un dato della struttura" (art.  6, comma 4);
- "l\'Amministrazione comunale si riserva, su motivata richiesta  dell\'interessate; e/o per particolari esigenze, di concedere autorizzazione per  periodi superiori" (art. 6, comma 5). 2. A giudizio del Collegio, il Regolamento  del Comune di Grosseto, le cui disposizioni sono state dianzi compendiate,  introduce una illegittima nozione di "opera precaria".
Va ricordato, al  riguardo, che secondo la costante interpretazione dottrinaria e  giurisprudenziale, una trasformazione urbanistica e/o edilizia - per essere  assoggettata all\'intervento autorizzatorio in senso ampio dell\'autorità -  amministrativa - non deve essere precaria: un\'opera oggettivamente finalizzata a  soddisfare esigenze improvvise o transeunti non è destinata a produrre, infatti,  quegli effetti sul territorio che la normativa urbanistica è rivolta a  regolare.
Restano esclusi, pertanto, dal regime del permesso di costruire i  manufatti di assoluta ed evidente precarietà, destinati cioè a soddisfare  esigenze di carattere contingente e ad essere presto eliminati.
Questa Corte  Suprema ha affermato, in proposito, che:
- al fine di ritenere sottratta ai  preventivo rilascio della concessione edilizia e del permesso di costruire la  realizzazione di un manufatto per la sua asserita natura precaria, la stessa non  può essere desunta dalla, temporaneità della destinazione, soggettivamente -  data all\'opera dal costruttore, ma deve ricollegarsi alta intrinseca  destinazione materiale dell\'opera ad un uso realmente precario e temporaneo per  fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente possibilità di  successiva e sollecita eliminazione (vedi Cass. sez. 3^: 21.3.2006,  Cavallini;
3.6.2004, Mandò;. 10.6.2003, n. 24898, Magni; 18/02/1999, n. 4002,  Bortolotti;
- ai fini del riscontro del connotato della precarietà dell\'opera  e della relativa esclusione della modifica dell\'assetto del territorio, non  sono, rilevanti le caratteristiche costruttive, i materiali impiegati e  l\'agevole rimovibilità, ma le esigenze temporanee alle quali l\'opera  eventualmente assolva. La natura precaria di una costruzione non dipende dalla  natura dei materiali adottati e quindi dalla facilità della rimozione, ma dalle  esigenze che il manufatto è destinato a soddisfare e cioè dalla stabilità  dell\'insediamento indicativa dell\'impegno effettivo e durevole del territorio, a  tale fine, inoltre, l\'opera deve essere considerata unitariamente e non nelle  sue singole componenti (Cass. sez. 3^, 27.5.2004, Polito;
13.11.2002, Soc.  Omnitel Pronto Italia; 12.7.1999, Piparo). - il carattere stagionale di una  struttura non significa assoluta precarietà dell\'opera, in quanto la precarietà  non va confusa con la stagionalità, vale a dire con l\'utilizzo annualmente  ricorrente della struttura (Cass. sez. 3^: 21/2/2006, Mulas; 19.2.2004,  Pieri;
21.10.1998, Colao).
In senso assolutamente conforme, secondo la  giurisprudenza del Consiglio di Stato, la precarietà di un manufatto non dipende  dai materiali utilizzati o dal suo sistema di ancoraggio al suolo, bensì  dall\'uso al quale il manufatto stesso è destinato; pertanto, essa va esclusa  quando trattasi di struttura destinata a dare un\'utilità prolungata nel tempo,  indipendentemente dalla facilità della sua rimozione, a nulla rilevando la  temporaneità della destinazione data all\'opera del proprietario, in quanto  occorre valutare la stessa - alla luce - della sua obiettiva e intrinseca  destinazione naturale (vedi C. Stato, sez. 5^, 15.6.2000, n. 3321; 23.1.1995, n.  97). Il Regolamento comunale di Grosseto, invece, ricollega la individuazione  della natura precaria dei manufatti esclusivamente alle caratteristiche dei  materiali utilizzati per la loro realizzazione ed alla facile amovibilità ed  introduce un titolo abilitativo edilizio "provvisorio" atipico e contrastante  con quello che deve ritenersi un principio generale fissato dalla legislazione  statale in materia di governo, del territorio, secondo il quale è inammissibile  la configurazione di provvedimento abilitativo che consenta di realizzare opere  edilizie in contrasto con la normativa urbanistica, atteso che o viene in  considerazione un\'opera avente natura oggettivamente precaria per le finalità  alle quali è destinata, ed allora non si rende conseguentemente necessario alcun  titolo abilitativo, o viene in rilievo un\'opera avente carattere di stabilità,  ed allora si impone in ogni caso il rispetto della normativa urbanistica;  pertanto, il Comune non può, mediante l\'inserimento nel titolo abilitativo di  clausole o condizioni, permettere la realizzazione, in contrasto con la  pianificazione, di opere che siano in grado di alterare, in modo permanente  l\'assetto urbanistico (vedi, al riguardo, C. Stato, sez. 5^, 20.3.2000 n.  1507).
3. Nella fattispecie in esame, inoltre, risulta assentita con il  procedimento di D.I.A. un\'operarne;
- sicuramente non può considerarsi  "precaria" .alla stregua della comune interpretazione giurisprudenziale;
-  non è rispettosa dello stesso Regolamento comunale, in quanto - ben lungi dal  potersi configurare come autonomo gazebo - non risulta installata "in adiacenza"  all\'esercizio commerciale ne\' "in area prossima" ad esso (secondo le  prescrizioni dell\'art. 2), bensì si integra con le precedenti strutture in  muratura e costituisce un vero e proprio ampliamento della superficie e della  volumetria dell\'esercizio preesistente, dal - quale non è in alcun modo  separato, sicché la prescritta rimozione di almeno un lato di essa lascerebbe il  locale, nella sua interezza, privo di chiusura. 4. Si pone allora la questione  di verificare se l\'opera in concreto realizzata potesse comunque essere compiuta  attraverso la legittima utilizzazione della procedura di D.I.A., ai sensi del  D.P.R. n. 380 del 2001, art. 22, comma 3, lett. c), e della L. n. 1 del 2005,  art. 79, della Regione Toscana.
In proposito deve ricordarsi che D.P.R. n.  380 del 2001, art. 22, comma 3, (T.U.), - come modificato dal D.Lgs. n. 301 del  2002, prevede che, in alternativa al permesso di costruire, possono essere  eseguiti mediante denuncia di inizio attività, in base alla scelta discrezionale  dell\'interessato, oltre agli interventi di ristrutturazione di cui all\'art. 10,  comma 1, lett. c):
- (lett. b) gli interventi di nuova costruzione o di  ristrutturazione urbanistica qualora siano disciplinati da piani attuativi  comunque denominati, ivi compresi gli accordi negoziali aventi valore di piano  attuativo, che contengano precise disposizioni planovolumetriche, tipologiche,  formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata  dal competente organo comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di  ricognizione di quelli vigenti. Qualora i piani attuativi risultino approvati  anteriormente all\'entrata in vigore della L. 21 dicembre 2001, n. 443, il  relativo atto di ricognizione deve intervenire entro 30 giorni dalla richiesta  degli interessati.
In mancanza, si prescinde dall\'atto di ricognizione,  purché il progetto di costruzione venga accompagnato da apposita relazione  tecnica nella quale venga asseverata l\'esistenza di piani attuativi con le  caratteristiche dianzi menzionata;
- (lett. c) gli interventi di nuova  costruzione qualora siano in diretta esecuzione di strumenti urbanistici  generati recanti precise disposizioni planovolumetriche.
Ai sensi della L. 3  gennaio 2005, art. 79, comma 1, lett. a), n. 1 della Regione Toscana, sono  sottoposti a denuncia d\'inizio dell\'attività:
- "gli interventi di cui  all\'art. 78, comma 1, qualora siano specificamente disciplinati dai regolamenti  urbanistici di cui all\'art. 55 trattasi dei Regolamenti urbanistici che  disciplinano l\'attività, urbanistica ed edilizia per l\'intero territorio  comunale n.d.r., dai piani complessi d\'intervento di cui all\'art. 56, dai piani  attuativi, laddove tali strumenti contengano precise disposizioni  planovolumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia  stata esplicitamente dichiarata in base al comma 3...".
Ed dello stesso art.  79, comma 3, specifica che "la sussistenza della specifica disciplina degli  atti, di cui al comma 1, lettera a), deve risultare da un\'esplicita -  attestazione del Comune da rendersi in sede di approvazione dei nuovi strumenti  o atti ovvero in sede di ricognizione di quelli vigenti, previo parere della  commissione edilizia, se istituita, ovvero dell\'ufficio competente in materia".  Alla stregua della normativa statale e regionale dianzi ricordata, dunque:
a)  Ove esistono piani attuativi,- essi devono contenere "precise disposizioni  planovolumetriche, tipologiche, formali e costruttive", che costituiscono i  parametri dettagliati in base ai quali dovrà essere redatto il progetto del  privato con semplice trasposizione, nelle previsioni progettuali, delle  prescrizioni complete dettate dallo strumento urbanistico.
Ciò comporta che i  piani attuativi di nuova redazione devono contenere anche la dichiarazione  esplicita di sussistenza dei presupposti per l\'effettuazione degli interventi  mediante DIA, qualora essi (ovviamente) siano, in concreto presenti. Per i piani  attuativi già esistenti, invece, il Comune deve provvedere, di ufficio,  attraverso una variante normativa, aduna ricognizione invia generale e, in  mancanza, il riconoscimento dei presupposti deve essere chiesto da colui che  intenda utilizzare la procedura di D.T.A, nel caso in cui il Comune non fornisca  riscontra, li interessato potrà - fare ricorso all\'attestazione del progettista  sull\'esistenza delle prescrizioni di dettaglio richieste dalla legge. b) Qualora  manchi una pianificazione attuativa (ed è questa l\'ipotesi alla quale fa  riferimento la prospettazione difensiva), la legge prevede che gli interventi di  nuova costruzione possano essere eseguiti mediante D.I.A. a condizione che siano  "in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generati recanti precise  disposizioni planovolumetriche".
Notevoli perplessità - induce il mancata  (epoca ragionevole) riferimento alle "caratteristiche tipologiche, formali e  costruttive" richieste, invece, in presenza di piani attuativi e, ove il piano  regolatore non indichi espressamente, per determinati ambiti territoriali, la  sussistenza dei presupposti per il ricorso alla D.T.A. alternativa, spetta al  progettista attestare siffatta sussistenza.
Quanto poi alla individuazione  concreta di detti presupposti, può prospettarsi la possibilità di riferimento a  quelle situazioni in cui la nuova costruzione debba essere effettuata in una  zona adeguatamente urbanizzata del territorio comunale, per la quale non sia  richiesta la redazione di piani attuativi ove l\'intervento progettato non sia in  grado di incidere sul carico urbanistico, aggravandolo e creando la necessità di  ulteriori opere di urbanizzazione.
Nella fattispecie in esame, però:
- il  Regolamento comunale in esame non è un piano urbanistico, tenuto conto dei sUoi  contenuti e della, procedura seguita per la sua approvazione;
-  L\'assentibilità dell\'effettuato ampliamento (da qualificarsi nuova costruzione)  restava comunque condizionata al rispetto del rapporto pLanovolumetrico, degli  indici di edificabilità e degli standard di zona, nonché alla effettiva  disponibilità (non per titolo di mera occupazione precaria) dell\'area sulla  quale si è edificato (area che certamente non può identificarsi in una strada  pubblica). Devono considerarsi assorbite, pertanto, tutte le questioni correlate  alla verifica del rispetto delle norme del codice della strada. 5. Quanto al  "periculum in mora", le Sezioni Unite di questa Corte Suprema - con la sentenza  29/01/2003 n. 2, Innocenti - hanno ritenuto ammissibile il sequestro preventivo  di una costruzione abusiva già ultimata, affermando che;
- il sequestro  preventivo di cosa pertinente al reato è consentito anche nel caso di ipotesi  criminosa, già perfezionatasi, purché il pericolo della libera disponibilità  della cosa stessa - che va accertato dal giudice con adeguata motivazione -  presenti i requisiti della concretezza e dell\'attualità e le - conseguenze- del  reato, ulteriori rispetto alla sua consumazione, abbiano connotazione di  antigiuridicità, consistano nel volontario aggravarsi o protrarsi dell\'offesa a,  bene protetto che sia in rapporto di stretta connessione con la condotta  penalmente illecita e possano essere definitivamente - rimosse con  l\'accertamento irrevocabile del reato;
- in tema di reati edilizi o  urbanistici, "spetta al giudice di merito, con adeguata motivazione, compiere  una - attenta valutazione del pericolo derivante da libero uso della cosa  pertinente all\'illecito penale in particolare, vanno approfonditi la reale  compromissione degli interessi attinenti al territorio ed ogni altro dato utile  a stabilire in che misura il godimento e la disponibilità attuale della cosa, da  parte dell\'indagato o di terzi, possa implicare una effettiva ulteriore lesione  del bene giuridico protetto, ovvero se l\'attuale disponibilità del manufatto  costituisca un elemento neutro sotto il profilo della offensività in altri  termini, il giudice deve determinare in concreto, il livello di pericolosità che  la utilizzazione della cosa appare in grado di raggiungere in ordine all\'oggetto  della tutela penale, in correlazione al potere processuale di intervenire con la  misura preventiva cautelare".
Il Tribunale di Grosseto, nell\'ordinanza  impugnata, ha dato conto, con motivazione adeguata di avere compiuto quella  "attenta valutazione, del pericolo derivante dal libero uso" dell\'ampliamento  immobiliare illecitamente realizzato, secondo l\'orientamento delle Sezioni  Unite, facendo corretto riferimento sia agli impedimenti ed ai disagi alla  circolazione (pedonale e veicolare di emergenza) che la nuova opera comunque  arreca sia all\'indotto aumento di carico urbanistico correlato alla fruizione  della ampliata struttura da parte della clientela.
In una situazione siffatta  del tutto irrilevante è l\'affidamento nella ritualità della procedura seguita,  trattandosi di aspettative non legittime per l\'illiceità della res  edificata
6. L\'ulteriore approfondimento e la compiuta verifica restano  demandati al giudice del merito ma, allo stato, a fronte dei prospettati  elementi, della cui sufficienza in sede cautelare non può dubitarsi, le  argomentazioni svolte dalla ricorrente noti valgono certo ad escludere la  legittimità della misura adottata. Al rigetto del ricorso segue la condanna al  pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI  CASSAZIONE
Visti gli artt. 607, 127 e 325 c.p.p..
Rigetta il ricorso e  condannala ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in  Roma, nella Camera di consiglio, il 7 febbraio 2008. Depositato in Cancelleria  il 20 marzo 2008 
                    



