Cass. Sez. III n. 45068 del 5 dicembre 2011
Pres. Ferrua Est. Marini Ric. Arcovito ed altro
Urbanistica. Parcheggi pertinenziali

La realizzazione di parcheggi in forza del regime agevolato previsto dall'art.9 della legge n.122 del 1989 può avvenire ad opera di terzi e in aree anche non limitrofe a quelle ove insistono gli immobili a condizione che detti immobili siano individuati al momento di presentazione della d.i.a. così da assicurare in concreto l'esistenza di una relazione pertinenziale tra i parcheggi e le singole unità e da escludere che si versi in ipotesi di iniziativa speculativa, ipotesi soggetta all'ordinaria disciplina urbanistica ed edilizia. Va da sé, infatti, che il soggetto privato che intenda dare risposta all'esigenza di spazi destinati a parcheggio rappresentata dalla collettività che grava su un'area cittadina può avviare iniziative commerciali compatibili con gli strumenti urbanistici vigenti e secondo l'ordinario regime del permesso di costruire, così sottoponendo l'opera ai controlli preventivi necessari anche in relazione alle dimensioni e all'impatto che questa riveste sul tessuto urbano.

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. FERRUA Giuliana - Presidente - del 05/10/2011
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - SENTENZA
Dott. GRILLO Renato - Consigliere - N. 1996
Dott. MARINI Luigi - est. Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ROSI Elisabetta - Consigliere - N. 09019/2011
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ARCOVITO Francesco, nato a Messina il 11 Marzo 1971;
BRUNORI Bruno, nato a Roma il 16 Marzo 1933;
Avverso la ordinanza in data 8 Febbraio 2011 del Tribunale di Roma, che ha confermato il sequestro preventivo disposto dal Giudice delle indagini preliminari in sede in data 29 Dicembre 2010 in relazione al reato previsto dal D.P.R. 6 gennaio 2001, n. 380, art. 44, lett. b). Sentita la relazione effettuata dal Consigliere Luigi Marini;
Udito il Pubblico Ministero nella persona del Cons. VOLPE Giuseppe, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.
Uditi i Difensori, Avv. Amendolia Giuseppe e Giovagnoli Alessandra, che hanno concluso per l'accoglimento dei ricorsi.
RILEVA
Il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Roma in data 29 Dicembre 2010 ha emesso decreto di sequestro preventivo, in relazione al reato previsto dal D.P.R. 6 gennaio 2001, n. 380, art. 44, lett. b), concernente un cantiere edile della "Panama Giardini Srl" volto alla realizzazione di parcheggi sotterranei ritenuti dal giudice non pertinenziali.
L'intervento risulta realizzato dietro presentazione in data 28 gennaio 2010 di semplice d.i.a. in quanto asseritamente destinato, in linea con la previsione della L. n. 122 del 1989, art. 9, comma 1, e successive modifiche, a realizzare parcheggi avente carattere di pertinenzialità rispetto ad edifici residenziali esistenti in loco, ancorché non specificamente individuati, mentre, a parere del Giudice delle indagini preliminari, tale carattere difetterebbe. Secondo la notizia di reato inoltrata il 17 maggio 2010 dal Comune di Roma alla locale Procura della Repubblica, il reato risulterebbe integrato in quanto non risultano immediatamente individuabili gli edifici cui si riferisce il vincolo pertinenziale che deve esistere con i parcheggi in costruzione. Si evidenzia in tale contesto che la zona interessata, qualificata dal P.R.G. come "Città storica sottozona Ville Storielle", non consente la costruzione di parcheggi non pertinenziali (art. 39, lett. A delle N.T.A. al P.R.G.) Con l'ordinanza qui impugnata il Tribunale di Roma ha respinto la richiesta di riesame avanzata dal Sig. Arcovito, in proprio e quale legale rappresentante della "Panama Giardini S.r.l.", e dal Sig. Brunori, legale rappresentante della medesima società. Rilevato che l'opera consiste in un intervento di proporzioni assai rilevanti (parcheggio interrato su due piani destinato a ospitare 497 box) che insiste sull'area del parco pubblico di Villa Ada, area soggetta a vincolo, il Tribunale ritiene che la mancata individuazione o individuabilità degli immobili di riferimento impedisca di considerare le opere come "pertinenziali" e imponga il preventivo rilascio di concessione edilizia. Si è in presenza, infatti, di nuova costruzione cui non è applicabile la normativa derogatoria prevista dalla L. n. 122 del 1989.
Sul punto il Tribunale procede anche ad un esame analitico della decisione di questa Corte (Terza Sezione Penale, sentenza n. 26327 del 2009) richiamata nell'istanza del Sig. Arcovito, per concludere che, a differenza di quanto affermato dallo stesso, la individuabilità degli immobili serviti deve essere garantita già al momento di presentazione della d.i.a..
In conclusione, il Tribunale ritiene che sussista il "fumus" del reato ipotizzato e che sussistano, altresì, gli estremi del "periculum in mora".
Avverso tale decisione i Sigg. Arcovito e Brunori propongono separatamente ricorso tramite i rispettivi Difensori. Il Sig. Arcovito, in sintesi, osserva in fatto che:
a. errano i giudici di merito a ritenere non sussistente la relazione pertinenziale tra i parcheggi e gli immobili serviti, posto che la società operante - in linea con la Delib. Consiliare Comunale n. 165 del 1997 - aveva redatto, depositato in Comune e registrato un atto d'obbligo datato 17 dicembre 2009, e dunque anteriore alla presentazione della d.i.a., che vincolava i parcheggi al servizio degli edifici situati in prossimità, e quindi una seconda dichiarazione in data 7 aprile 2010 che individuava il perimetro dell'area cittadina servita dai parcheggi in costruzione;
b. come affermato con memoria difensiva depositata all'udienza dell'8 febbraio 2011, non corrisponde a realtà che esista un vincolo paesaggistico sull'area interessata dai lavori e che sarebbe stato necessario acquisire preventivamente l'autorizzazione paesaggistica (come invece sostenuto dall'arch. De Marchis);
fatte queste premesse, lamenta:
1. errata applicazione della L. n. 122 del 1989, art. 9 e del D.P.R. 6 gennaio 2001, n. 380, artt. 3, 6, 10, 33 e 44 per avere il Tribunale erroneamente applicato alla fattispecie la disciplina ex D.P.R. 6 gennaio 2001, n. 380 e non quella prevista dalla L. n. 122 del 1989, art. 9, comma 1, (come modificata col D.L. n. 122 del 2002, convertito con L. n. 185 del 2002), così facendo recedere la legge speciale che, invece, costituisce l'unica normativa applicabile ai parcheggi interrati. Risultano così errati i richiami alla disciplina del D.Lgs. n. 380 del 2001, ivi compresi i limiti volumetrici, peraltro superati dall'art. 4, lett. d) delle NTA del nuovo PRG che esclude i parcheggi dal calcolo della superficie utile lorda (S.U.L.) che ha sostituito il riferimento al concetto di volume.
2. errata applicazione dell'art. 9 e dell'art. 44 sopra citati, nonché vizio di motivazione per avere il Tribunale ritenuto necessario che la individuazione degli immobili serviti dai parcheggi in costruzione debba essere effettuata al momento di presentazione della d.i.a. e ritenuto che la individuazione operata con l'atto d'obbligo del 17 dicembre 2009 e col successivo impegno del 7 aprile 2010 non soddisfi tale requisito in quanto l'area indicata sarebbe eccessivamente ampia e la conseguente individuazione degli immobili di fatto vanificata; in realtà, i funzionari del Comune di Roma assunti dal P.M. hanno riconosciuto la legittimità del vincolo pertinenziale costituito dalla società;
3. errata applicazione della L. n. 122 del 1989, citato art. 9, del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 146 e del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b). Erroneamente il Tribunale ritiene che le comunicazioni pervenute dagli enti regionale e comunale rappresentino una situazione che renda necessaria l'autorizzazione paesaggistica;
mentre è certo che il Ministero competente ha espressamente escluso l'esistenza di un vincolo, l'avvio della procedura di rettifica da parte della Regione Lazio versa in fase preliminare e non può avere rilievo in questa sede, dovendosi escludere che la Regione abbia potestà di modificare le perimetrazioni oggetto di decreto ministeriale;
4. errata applicazione del D.P.R. n. 380 del 2001, citato art. 44 in relazione all'art. 125 c.p.p. per avere il Tribunale omesso di considerare le dichiarazioni con cui l'Ing. Tarquini, direttore tecnico del Municipio competente, ha affermato che l'intervento è conforme alle N.T. del P.R.G. vigente e che la presentazione dell'atto d'obbligo che accompagna la D.i.a. è sufficiente a garantire la pertinenzialità dell'intervento; circostanza confermata anche dall'arch. De Marchis del Dipartimento programmazione urbanistica del Comune di Roma.
Il Sig. Brunori lamenta errata applicazione di legge e vizio di motivazione, in sintesi affermando:
a. con Delib. n. 165 del 1997, attuativa della cd. legge Tognoli, il Comune di Roma ha definito i parametri essenziali applicabili alla edificazione dei parcheggi sotterranei che insistono su aree non edificate; in particolare ha definito al punto 1.1. il concetto di "prossimità", che fa riferimento ad un "raggio" di 1.000 metri e stabilito che il vincolo;
b. che la medesima deliberazione al punto 2.a prevede che i richiedenti in corso d'istruttoria della pratica e prima del rilascio dell'autorizzazione edilizia assumono l'impegno a destinare i parcheggi a servizio degli edifici in prossimità, e che solo successivamente produrranno gli atti di trasferimento assunti nel rispetto di tale impegno;
c. che la procedura seguita dalla Panama Parcheggi S.r.l. ha rispettato tali vincoli e prodotto in sede di d.i.a. anche il parere del Ministero dei beni e delle attività culturali da cui emerge con certezza l'inesistenza di vincolo paesaggistico. A tale proposito, va detto, secondo il ricorrente, che la documentazione allegata alle dichiarazioni dell'Ing. De Marchis prospetta una possibile revisione delle planimetrie esistenti e deve essere letta nel senso che allo stato non sussiste alcun vincolo;
d. che in sede di s.i.t. avanti il Pubblico Ministero l'ing. Tarquini, direttore tecnico del municipio competente ha dato atto - circostanza ignorata dal Tribunale nella sua ordinanza - della correttezza della procedura e affermato che essa risulta applicabile anche agli interventi in "Villa storica" come il parco di Villa Ada.
Con ampia memoria depositata il 29 Settembre 2011 il Sig. Arcovito richiama il contenuto del ricorso presentato e ribadisce l'errato rinvio operato dai giudici di merito ai criteri fissati nel D.P.R. n. 380 del 2001 in una materia regolata esclusivamente dalla L. n. 122 del 1989 nei termini poi concretizzati dalla Delib. Dirigenziale Comune di Roma n. 165 del 1997. Quanto alla prospettata esistenza di vincolo paesaggistico, il ricorrente riporta per esteso (pag. 4 e ss.) una istanza inoltrata agli enti competenti affinché annullino o revochino "gli atti relativi al procedimento di estensione della perimetrazione di cui al D.M. 27 maggio 1954" che includerebbe l'area interessata dalla D.i.a. all'interno del perimetro di un'area "sottoposta alla dichiarazione di notevole interesse pubblico". OSSERVA
La materia devoluta dai ricorrenti all'esame di questa Corte si articola attorno a due questioni principali: la rispondenza alla legge della dichiarazione di inizio attività, perché conforme al dettato della L. n. 122 del 1989, art. 9 e alla disciplina amministrativa attuativa; la libertà da vincoli dell'area su cui insiste il terreno destinato alla realizzazione del parcheggio sotterraneo. A sua volta, il primo profilo include sia una verifica della natura "pertinenziale" delle opere progettate sia un controllo sulla sussistenza degli altri presupporti legittimanti l'avvio dei lavori senza necessità di permesso di costruire. Il secondo profilo, poi, include sia una verifica dell'esistenza dei necessari pareri al momento della presentazione della d.i.a. sia un'analisi dei profili di contrasto fra le opere e la disciplina dell'area urbana, quale emerge dai documenti successivamente formati da parte delle autorità amministrative competenti.
Deve essere subito rilevato che l'ipotesi di reato fondante il decreto di sequestro è stata individuata dal Giudice delle indagini preliminari nel D.P.R. 6 gennaio 2001, n. 380, art. 44, lett. b); si tratta di violazione che concerne l'assenza di permesso di costruire e non contempla eventuali violazioni di vincoli esistenti sulle aree, con la conseguenza che queste ultime, ove sussistenti, resterebbero estranee al provvedimento impugnato.
Va di conseguenza escluso che possano in questa sede introdursi profili di illiceità concernenti direttamente l'esistenza di vincoli gravanti sull'area, profili che possono avere rilievo con riferimento alla sussistenza di tutti i requisiti di validità della d.i.a. Infatti, se non può assumere rilievo la procedura di nuova perimetrazione dell'area definita con D.M. 27 maggio 1954, procedura che non può incidere su un'autorizzazione edilizia che si ritenga già perfezionata, deve rilevarsi che difetta la trasmissione del progetto e della relazione agronomica richiesi espressamente dalla Sovrintendenza del Comune di Roma (come da nota di tale autorità in data 16 luglio 2010).
Venendo all'esame dell'esistenza del rapporto di pertinenza fra garage e immobili serviti che giustifica il ricorso alla d.i.a. ai sensi della L. n. 122 del 1985, la Corte osserva quanto segue. 1. Con riferimento alla genesi e alle caratteristiche della dichiarazione di inizio attività, la Corte ritiene necessario premettere che la stessa, presentata in data 28 gennaio 2010, è stata preceduta dalla formalizzazione in data 17 dicembre 2009 di un atto di impegno volto ad assicurare la non modificabilità della destinazione dell'area a parcheggio e la esistenza di un vincolo pertinenziale fra le opere da realizzare e le unità abitative situate in prossimità delle stesse. Oltre a ciò, deve rilevarsi che al momento della presentazione della d.i.a. la società ha allegato una attestazione concernente la non contrarietà del progetto agli strumenti urbanistici e la collocazione armonica nel contesto circostante (nota 20 Ottobre 2009 della Sovrintenda ai beni Culturali del Comune di Roma), nonché i pareri favorevoli del Dipartimento delle politiche ambientali, del Dipartimento alle Politiche della mobilità, del Dipartimento 10^ (inquinamento) del Comune di Roma. Infine, si rileva che in coerenza con l'esistenza di significative interlocuzioni preventive con l'ente comunale, la società ha provveduto a consultare anche le autorità poste a tutela dei vincoli paesaggistici e culturali, acquisendo e allegando alla d.i.a. le dichiarazioni con cui la Sopraintendenza per i beni architettonici e paesaggistici e il Ministro dei Beni Culturali attestano l'inesistenza di vincoli sull'area interessata dal progetto, fissano le cautele necessarie alla salvaguardia archeologica e richiedono che la sistemazione dell'area scoperta sia eseguita secondo un progetto esecutivo che deve essere presentato dalla società. 2. Successivamente alla presentazione della d.i.a. il Comune di Roma ha richiesto una specifica integrazione documentale, come emerge dall'atto di impegno sottoscritto dalla "Parcheggi Servizi S.r.l." in data 7 aprile 2010. Si legge, infatti, al punto 5 del documento che a seguito della formazione di un precedente atto d'impegno (datato 17 dicembre 2009), il Comune di Roma ha richiesto una più ampia e chiara assunzione di obblighi e che risulta perciò necessario precisare in modo espresso che "tali parcheggi
costituiranno...pertinenze dei suddetti edifici" esistenti nell'area di prossimità come definita dal Comune di Roma.
3. Sulla base di quanto sopra riferito, la Corte rileva che la d.i.a fu presentata al termine di una interlocuzione con le autorità comunale e con quelle preposte alla tutela del territorio e dei beni culturali e portava in allegato i documenti ritenuti necessari ad attestare l'esistenza dei presupposti fissati dalla "legge Tognoli", art. 9, comma 1, nel testo modificato dal D.L. n. 122 del 2002, art. 3 convertito in L. n. 185 del 2002, e dalla Delib. n. 165 con cui nel 1997 il Comune di Roma intese modificare la disciplina attuativa di tale disposizione di legge e disciplinare in termini nuovi l'edificazione di parcheggi; in tale contesto venivano fissati i presupposti legittimanti gli interventi anche in relazione alle diverse caratteristiche delle aree individuate in sede di zonizzazione.
Si osserva, in particolare, che la Delib. n. 165 del 1997 assume in premessa che la legge Tognoli non aveva trovato concreta attuazione (nei termini disciplinati con la Delib. Comunale n. 325 del 1993) in quanto in assenza dell'avvenuta costruzione dei box e degli spazi di parcheggio i potenziali acquirenti si erano dimostrati non disponibili a stipulare atti di acquisto includenti il vincolo di pertinenzialità. Di qui la scelta di prevedere che il rapporto di pertinenzialità tra i parcheggi e gli immobili serviti debba essere garantito in termini generali al momento della presentazione della d.i.a. mediante atti di impegno vincolanti e che quel rapporto possa poi trovare concreta attuazione nel momento in cui i singoli atti di vendita vengono stipulati e registrati esclusivamente con persone che risiedono in uno degli immobili serviti.
4. Una volta accertato che al momento della presentazione della d.i.a. le autorità amministrative avevano attestato la compatibilità del progetto con gli strumenti urbanistici e l'assenza di vincoli, occorre verificare se sussista il requisito della "pertinenzialità" delle opere, requisito che viene ritenuto assente dal Giudice delle indagini preliminari e dal Tribunale di Roma e che, invece, i ricorrenti affermano sussistere in conformità alla disciplina fissata dal Comune di Roma con la citata Delib. n. 165 del 1997.
A tale proposito la Corte considera che detta deliberazione al punto 1.1 declina il legame di pertinenzialità tra i parcheggi sotterranei edificati ai sensi dell'art. 9, comma 1, citato nel senso che in aree fortemente urbanizzate il concetto di pertinenza viene fatto coincidere con il concetto di "prossimità"; sono "prossimi" gli edifici la cui sagoma rientri per intero all'interno della figura che si ottiene in mappa individuando le vie parallele ai confini dell'area di parcheggio alla distanza di un chilometro dai singoli lati dell'area stessa.
La Corte considera, poi, che al successivo punto 2 la deliberazione fissa la procedura da seguire, disciplinando anche i casi di difformità dagli strumenti urbanistici e i casi di esistenza di vincoli ex L. n. 1497 del 1939, L. n. 431 del 1985 e L. n. 1089 del 1939.
5. Non vi è dubbio, dunque, che secondo la disciplina adottata dal Comune di Roma è possibile destinare un'area urbana non edificata a parcheggio interrato senza che si conoscano ne' gli immobili serviti secondo il carattere di pertinenzialità richiesto dalla legge, ne' i singoli acquirenti o utilizzatoli dei box e delle aree di parcheggio. Sussistono, tuttavia, sia un vincolo di "prossimità" tra gli edifici serviti e i parcheggi, sia un vincolo di destinazione specifica del singolo box o della singola area di parcheggio in favore di persona o soggetto residente in uno degli immobili suddetti.
6. L'assunto fatto proprio dal Pubblico Ministero e condiviso dai giudici di merito è che tale disciplina non risponda ai requisiti fissati dalla legge. Sebbene ne' il decreto di sequestro ne' l'ordinanza impugnata si esprimano chiaramente sul punto, la Corte rileva che, come emerge dalla richiesta di sequestro preventivo depositata il 22 settembre 2010, la contestazione mossa dal Pubblico Ministero agli indagati si fonda sul presupposto che la disciplina introdotta con la Delib. n. 164 del 1997 del Comune di Roma non sia rispettosa delle finalità e delle regole proprie della legge Tognoli e dell'interpretazione che di questa ha fornito la Corte di Cassazione.
7. Si osserva, a tale proposito, che non può condividersi il senso che in ricorso è stata attribuito a una recente sentenza di questa Sezione. Con le decisioni n. 8693 del 2008, Navarra e altro (rv 239064) e 14940 del 2009, Carrino e altro (rv 243460), che richiamano la sentenza n. 44010 del 2001 (rv 220741), la Corte ha ribadito il principio che l'applicazione del regime previsto dalla legge Tognoli richiede che sia possibile "l'immediata identificazione del vincolo permanente di asservimento". Si tratta di principio che risponde alla natura eccezionale del regime introdotto con tale legge, chiaramente derogatorio della disciplina ordinaria e non suscettibile di interpretazione estensiva, come ricordato dal Consiglio di Stato, Sezione 4, in plurime decisioni (sentenza n. 2579 del 2009; sentenza 10 dicembre 2010, n. 8729 in tema di prevalenza dei vincoli in materia paesaggistica e ambientale sulla disciplina speciale ex L. n. 122 del 1989).
È ben vero che la Corte e il Consiglio di Stato hanno fornito dell'art. 9, citato, una interpretazione che in tema di rapporto di pertinenzialità non richiede che il parcheggio insista su area di identica proprietà o immediatamente confinante, ammettendo che i proprietari di un immobile possano convenire anche con terzi la collocazione degli spazi di parcheggio interrato in area di proprietà di questi ultimi (Consiglio di Stato, Sezione 4, sentenza 23 luglio 2009, n. 4636; 7 luglio 2009, n. 3379; Corte di Cassazione, sentenza n. 14940/2009, citata), ma ciò può avvenire esclusivamente nel rispetto della volontà del legislatore.
In tal senso meritano richiamo le decisioni con cui il Consiglio di Stato ha escluso che il concetto di pertinenzialità contenuto nella legge Tognoli coincida con quello, più rigido, proprio del diritto civile, ma ha precisato che la realizzazione dei parcheggi non può in alcun caso rompere il legame con la proprietà e dare corso ad "attività meramente speculative" (Consiglio di Stato, Sezione 4, sentenza 3 marzo 2010, n. 1842).
Muovendo da tali considerazioni, la Corte rileva che la motivazione della sentenza 14940 del 2009 di questa Sezione indica con chiarezza come possa ipotizzarsi un rapporto di pertinenzialità fra i parcheggi e gli edifici serviti solo qualora "i boxes si trovino in un ragionevole raggio di accessibilità pedonale", in ciò ritenendo conforme alla previsione di legge il fatto che la Delib. n. 165 del 1997 Consiglio Comunale di Roma includa il concetto di "prossimità" in quello di "pertinenzialità".
Non vi è dubbio, tuttavia, che l'estensione del concetto di pertinenza effettuata attraverso il ricorso al concetto di prossimità rappresenta una lettura che amplia i margini inizialmente fissati dalla giurisprudenza alla L. n. 122 citata, art. 9. Sul punto possono essere richiamate la sentenza 1 n. 1007 del 3 luglio 1995 del Consiglio di Stato, Sezione 5, ove si ritiene di estendere la relazione tra parcheggio e unità immobiliare non oltre le "aree comunque adiacenti" e la sentenza di questa Sezione n. 37013 del 2001, Tripodoro, rv 220349, che limita il ricorso all'autorizzazione gratuita ex L. n. 122, citata, ai soli parcheggi "realizzati nel sottosuolo o nei locali del piano terreno" del fabbricato cui si riferiscono le unità immobiliari legate da rapporto pertinenziale ai parcheggi edificandi). Ciò impone all'interprete di esaminare con particolare attenzione l'esistenza di tutti i profili che rilevano ai fini della individuazione di una effettiva relazione di pertinenza. 8. Il tema che deve essere affrontato è, dunque, se la legge possa dirsi interamente rispettata dalla definizione del perimetro dell'area di "prossimità" e dalla previsione dell'obbligo per il costruttore, garantito dall'impegno contrattuale assunto verso il Comune, di destinare in futuro i box e gli spazi di parcheggio esclusivamente a titolari di diritti sugli immobili ricompresi nell'area di prossimità. La Corte ritiene che la risposta debba essere negativa. L'esame che è stato effettuato in precedenza della disciplina e delle caratteristiche dell'intervento rende evidente che non esiste alcuna garanzia che gli spazi di parcheggio troveranno una effettiva destinazione nei termini previsti dal progetto e, inoltre, che difetta una relazione tra spazi destinati a parcheggio e specifici immobili ricompresi nell'area individuata. La necessità che venga salvaguardato in concreto il rapporto di pertinenzialità è ribadita anche dalla sentenza n. 14940/2009, che così assume un significato diverso da quello proposto dai ricorrenti. La lettura della motivazione consente di apprezzare come mediante il richiamo alla sentenza delle Sezioni Unite Civili, n. 12739 del 2005 (rv 581954) venga fissato il principio che il vincolo di pertinenza deve essere ritenuto non esistente anche per i parcheggi realizzati in eccedenza rispetto allo spazio minimo richiesto dalla L. n. 765 del 1967, ancorché costruiti dallo stesso proprietario dell'immobile; tale affermazione dimostra che occorre che venga sempre assicurata la "preventiva possibilità di identificazione, alla luce della documentazione depositata, degli immobili al cui asservimento potessero essere destinati i boxes in fase di realizzazione".
Se non accompagnata da specifiche garanzie, la Delib. Comunale n. 165 del 1997 comporta, a parere della Corte, un definito snaturamento della volontà della legge Tognoli e si fonda su una interpretazione estensiva dell'art. 9, citato, non consentita in presenza di una norma di carattere derogatorio nei termini sopra richiamati. In effetti, la previsione di una relazione tra i parcheggi e una indistinta pluralità di soggetti che ricadono entro una vasta area di tessuto cittadino densamente edificato presenta due caratteristiche non compatibili con le previsioni e la ratio della L. del 1989. In primo luogo, risulta trasformata la pertinenza tra parcheggi e specifici immobili in un rapporto di pertinenza che finisce per porre in relazione i parcheggi in modo indifferenziato con l'intera area servita. In secondo luogo, viene sovvertita l'impostazione della legge, che muoveva dall'esistenza di un accordo tra proprietari o titolari di immobili finalizzato alla realizzazione di parcheggi destinati a servire le proprietà (e in quanto tali non trasferibili disgiuntamente dalla proprietà stessa), e si darebbe corso a un intervento d'iniziativa di terzi, rivolto ad una pluralità di persone non individuate, sollecitandone l'interesse all'acquisto; si tratta di impostazione tipica di una iniziativa speculativa, che si caratterizza per l'assunzione di rischio imprenditoriale e comporta l'eventualità che i parcheggi realizzati restino in tutto o in parte privi di destinazione.
Entrambe le caratteristiche ora evidenziate escludono che possa trovare applicazione il regime di favore previsto dalla L. n. 122 del 1989, introdotto al fine di favorire interventi di certa e chiara utilità sia per gli immobili serviti sia per l'ordinato sviluppo urbano; solo queste finalità giustificano il ricorso a semplice d.i.a. priva di oneri e la possibilità di operare in deroga all'ordinaria disciplina urbanistica e di realizzare parcheggi in aree per le quali tale destinazione non è prevista. L'eccezionalità della previsione normativa e la specificità della ratio che la anima sono alla base delle decisioni richiamate che, come ricordato, escludono interpretazioni estensive delle disposizioni di legge e ritengono tali disposizioni incompatibili con interventi di carattere speculativo.
9. Sulla base delle considerazioni che precedono la Corte ritiene di affermare il principio secondo cui la realizzazione di parcheggi in forza del regime agevolato previsto dalla L. n. 122 del 1989, art. 9 può avvenire ad opera di terzi e in aree anche non limitrofe a quelle ove insistono gli immobili a condizione che detti immobili siano individuati al momento di presentazione della d.i.a. così da assicurare in concreto l'esistenza di una relazione pertinenziale tra i parcheggi e le singole unità e da escludere che si versi in ipotesi di iniziativa speculativa, ipotesi soggetta all'ordinaria disciplina urbanistica ed edilizia.
Va da sè, infatti, che il soggetto privato che intenda dare risposta all'esigenza di spazi destinati a parcheggio rappresentata dalla collettività che grava su un'area cittadina può avviare iniziative commerciali compatibili con gli strumenti urbanistici vigenti e secondo l'ordinario regime del permesso di costruire, così sottoponendo l'opera ai controlli preventivi necessari anche in relazione alle dimensioni e all'impatto che questa riveste sul tessuto urbano.
La Corte ritiene per tali ragioni di respingere i ricorsi, con conseguente condanna, ex art. 616 c.p.p., dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali a ciascuno relative.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 16 novembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2011