Consiglio di Stato Sez. II  n. 2009 del 27 febbraio 2023
Sviluppo sostenibile.Energie rinnovabili

Il Consiglio di Stato solleva questione di pregiudizialità invitando la Corte di giustizia dell’Unione europea, ai sensi dell’art. 267 TFUE, a pronunciarsi, perché rilevanti, sul seguente quesito: se la direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE, ed in particolare i “considerando” n. 8, n. 14, n. 25 e gli articoli 1 e 3, nonché l’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, letti alla luce dei principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento, debbano essere interpretati nel senso che essi ostino a una normativa nazionale, quale quella discendente dalle disposizioni del d.lgs. 3 marzo 2011, n. 28 e del d.m. 6 luglio 2012 -come interpretata dalla costante giurisprudenza del Consiglio di Stato-, che subordina l’assegnazione degli incentivi alla sottoscrizione di contratti di diritto privato fra il GSE e il soggetto responsabile dell'impianto anche nel caso di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio prima del 31 dicembre 2012.


Pubblicato il 27/02/2023

N. 02009/2023 REG.PROV.COLL.

N. 05340/2019 REG.RIC.           

REPUBBLICA ITALIANA

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 5340 del 2019, proposto da

Gestore dei Servizi Energetici - Gse S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Filippo Degni e Antonio Pugliese, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Aristide Police in Roma, viale Liegi n. 32;

contro

Erg Eolica Ginestra S.r.l., Erg Eolica Campania S.p.A., Erg Eolica Fossa del Lupo S.r.l., Erg Eolica Amaroni S.r.l., Erg Eolica Adriatica S.r.l., Erg Eolica San Vincenzo S.r.l., Erg Eolica San Circeo S.r.l., Erg Eolica Faeto S.r.l., Green Vicari S.r.l., Erg Wind Energy S.r.l., Erg Wind Sicilia 3 S.r.l., Erg Wind Sicilia 6 S.r.l., Erg Wind 4 S.r.l., Erg Wind 6 S.r.l., Erg Wind Sicilia 5 S.r.l., Erg Wind 2000 S.r.l., Erg Wind Sicilia 2 S.r.l., Erg Wind Sardegna S.r.l., Erg Wind Sicilia 4 S.r.l., Erg Hydro S.r.l., Erg Power Generation S.p.A., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Paola Tanferna, Eugenio Bruti Liberati ed Alessandra Canuti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Paola Tanferna in Roma, via Maria Adelaide, 8;
Erg Renew S.p.A., Ministero dello Sviluppo Economico, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 11325/2018, resa tra le parti, sul ricorso volto alla declaratoria di nullità e/o annullamento dello Schema di Convenzione per la regolazione economica dell'incentivo sulla «produzione netta incentivata» per il residuo periodo di diritto, successivo al 2015, riconosciuto agli impianti che hanno maturato il diritto a fruire dei Certificati Verdi ai sensi degli articoli 19 e 30 del Decreto 6 luglio 2012, pubblicato sul sito istituzionale del GSE con news del 20 aprile 2016 e di tutti gli atti ad esso collegati, connessi e conseguenti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Erg Eolica Ginestra S.r.l., di Erg Eolica Campania S.p.A., di Erg Eolica Fossa del Lupo S.r.l., di Erg Eolica Amaroni S.r.l., di Erg Eolica Adriatica S.r.l., di Erg Eolica San Vincenzo S.r.l., di Erg Eolica San Circeo S.r.l., di Erg Eolica Faeto S.r.l., di Green Vicari S.r.l., di Erg Wind Energy S.r.l., di Erg Wind Sicilia 3 S.r.l., di Erg Wind Sicilia 6 S.r.l., di Erg Wind 4 S.r.l., di Erg Wind 6 S.r.l., di Erg Wind Sicilia 5 S.r.l., di Erg Wind 2000 S.r.l., di Erg Wind Sicilia 2 S.r.l., di Erg Wind Sardegna S.r.l., di Erg Wind Sicilia 4 S.r.l., di Erg Hydro S.r.l. e di Erg Power Generation S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 febbraio 2023 il Cons. Maria Stella Boscarino e udito l’avvocato Paolo Roberto Molea per Filippo Degni;


A - Fatti rilevanti e oggetto del procedimento

1. Le società oggi appellate, titolari di impianto di produzione di energia da fonte diversa da quella fotovoltaica, già ammesse a beneficiare del sistema di incentivazione mediante rilascio dei c.d. certificati verdi (titoli attestanti l'avvenuta produzione di una quota di energia da fonti rinnovabili, utilizzabili, da parte degli importatori e dei soggetti responsabili degli impianti che importano o producono energia elettrica da fonti non rinnovabili, per assolvere all'obbligo di immettere nel sistema elettrico nazionale un determinato quantitativo di energia "pulita"), hanno impugnato avanti al T.A.R. per il Lazio lo schema di convenzione predisposto dal G.S.E. per governare il passaggio dal sistema dei certificati verdi a quello delle tariffe incentivanti.

1.1. Il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado era articolato in dodici motivi, di cui il primo di carattere generale e gli ulteriori undici formulati con specifico riferimento a singole previsioni della convenzione.

2. Il T.A.R. Lazio adito ha accolto il ricorso con riferimento alla prima censura e dichiarato assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso avverso le specifiche previsioni contenute nella convenzione tipo.

2.1. In particolare, il giudice di primo grado ha premesso che il d.lgs. n. 28 del 2011, nel ridefinire i regimi di sostegno per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, in attuazione della direttiva n. 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, ha dettato norme volte a perseguire il “riordino ed il potenziamento dei vigenti sistemi di incentivazione”, rimettendo ad appositi decreti ministeriali la definizione delle modalità per l’attuazione dei sistemi di incentivazione; il d.m. 6 luglio 2012, all’art. 19, ha per l’appunto disciplinato la “Conversione del diritto ai certificati verdi in incentivo” per gli impianti entrati in esercizio entro il 31 dicembre 2012 (e già ammessi a fruire dei certificati verdi), stabilendo, al comma 1, una formula matematica atta a calcolare l’incentivo. Ciò posto, il T.A.R. ha ritenuto, in aderenza alla prospettazione delle Società ricorrenti, che né il d.lgs. n. 28 del 2011 né il d.m. 6 luglio 2012 abbiano previsto espressamente (quale “modalità” per la transizione dai certificati verdi alle tariffe incentivanti) la stipula di una convenzione tra il GSE e il produttore dell’energia.

2.2. Per il T.A.R., l’art. 24, comma 2, lett. d, del d.lgs. n. 28 del 2011, laddove subordina l’assegnazione degli incentivi al “contratto di diritto privato”, introduce un criterio valido solo per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il 31 dicembre 2012, non, dunque, per gli impianti entrati in esercizio prima di quella data e già incentivati con il meccanismo dei certificati verdi.

3. Il Gestore dei Servizi Energetici – G.S.E. S.p.A. ha appellato la sentenza in epigrafe rilevando, preliminarmente, che “le appellate sono insorte avverso lo schema di Convenzione GRIN, senza poi estendere le doglianze già agitate anche alle Convenzioni GRIN sottoscritte nelle more del giudizio”.

3.1. A seguire, il Gestore, ribadite alcune eccezioni preliminari non accolte dal T.A.R., ha lamentato l’erroneità della sentenza sotto molteplici profili.

3.2. Si argomenta che con il d.lgs. n. 28/2011 è stata prevista – a decorrere dal 2016 e per esigenze di razionalizzazione e riconduzione a sistematicità dei meccanismi di promozione della generazione di energia da fonti rinnovabili (nel cui alveo il regime dei certificati verdi era ormai divenuto obsoleto)– la commutazione del diritto a percepire i certificati verdi nel diritto ad una tariffa incentivante.

Tale commutazione, prevista direttamente da norma legislativa, è stata compiutamente regolata con il d.m. 6 luglio 2012, il quale ha confermato la necessità che l'erogazione dell'incentivo come commutato fosse in concreto disciplinata mediante apposita convenzione.

In tal senso si sono espresse le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, con ordinanza del 10 aprile 2019, n. 10020.

4. A tale ricostruzione si oppongono le imprese appellate, adducendo (nelle varie memorie prodotte in giudizio) che l’obbligo di sottoscrivere la convenzione per i rapporti in corso non sarebbe contemplato dalla normativa di riferimento, contenuta nel D. Lgs. n. 28 del 2011, che sarebbe molto chiara nel prevedere due regimi differenziati, l’uno applicabile agli impianti entrati in esercizio dopo il 31 dicembre 2012, l’altro riguardante gli impianti già in esercizio a quella data, a cui era già stato riconosciuto il beneficio dei certificati verdi.

4.1. Comunque il GSE sarebbe incompetente alla predisposizione della “Dichiarazione di accettazione delle clausole della Convenzione”, nella quale sarebbero ricomprese clausole particolarmente lesive della posizione delle imprese, alcune qualificabili come vessatorie.

Le interessate ripropongono, poi, le censure assorbite dal T.A.R., per lo più riconducibili ai poteri unilaterali auto-attribuiti a GSE senza copertura normativa ed alle singole clausole.

4.2. Inoltre, le imprese deducono che la normativa, qualora interpretata in conformità a quanto statuito con alcuni precedenti di questo Consiglio di Stato (che ha riformato analoghe decisione del T.A.R. Lazio), si porrebbe in contrasto con la disciplina eurounitaria di cui alla Direttiva 2009/28/UE e con il principio di tutela del legittimo affidamento.

5. All’udienza del 4.10.2022, con ordinanza collegiale istruttoria n. 9291/2022, sono stati chiesti chiarimenti alle parti, che, inoltre, sono state invitate al contraddittorio su profili di parziale inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.

6. In esecuzione dell’ordine istruttorio, il GSE ha chiarito che tutte le appellate hanno sottoscritto le Convenzioni GRIN di loro pertinenza, formulando espresse dichiarazioni di riserva e non acquiescenza relativamente a ognuno degli accordi.

7. All'udienza pubblica del giorno 7 febbraio 2023 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

B. Disposizioni rilevanti

B.1. Diritto nazionale

8. Al fine d’incentivare l’uso delle energie rinnovabili, con l’art. 11 del d.lgs. 16 marzo 1999, n. 79, di attuazione della direttiva 96/92/CE, è stato introdotto in Italia l’obbligo, per gli importatori e i soggetti responsabili degli impianti che importano o producono energia elettrica da fonti non rinnovabili, di immettere nel sistema elettrico nazionale, nell’anno successivo, una quota prodotta da impianti da fonti rinnovabili entrati in esercizio o ripotenziati o, in alternativa, di acquistare, in tutto o in parte, l’equivalente quota o i relativi diritti da altri produttori, purché immettano l’energia da fonti rinnovabili nel sistema elettrico nazionale, o dal gestore della rete di trasmissione nazionale.

La certificazione di produzione dell’energia da fonti rinnovabili è stata denominata «certificato verde» dal decreto attuativo 11 novembre 1999 adottato dal Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato.

8.1. Con il d.lgs. 3 marzo 2011, n. 28, è stata prevista la riduzione lineare, a decorrere dal 2013, della quota d'obbligo di acquisto di energia da fonti rinnovabili, sino alla sua completa elisione per il 2015.

Venuto meno l'obbligo di acquisto dei certificati verdi in capo ai produttori (o importatori) di energia da fonte non rinnovabile, con il medesimo d.lgs. n. 28/2011 è stato correlativamente rivisitato – anche per esigenze di razionalizzazione sistematica dei meccanismi di promozione – il regime di incentivazione.

8.2. L’art. 24 del d.lgs. 28 del 2011 ha disciplinato i meccanismi di incentivazione per gli impianti di produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il 31 dicembre 2012, fissando i criteri generali (comma 2) e specifici in relazione alla potenza dell’impianto (commi 3 e 4 ), rinviando a successivi decreti ministeriali “per la definizione delle modalità di attuazione dei sistemi di incentivazione di cui al presente articolo, nel rispetto dei criteri di cui ai precedenti commi 2, 3 e 4”.

In particolare, tra i criteri indicati al comma 2 lettera d) era prevista l’assegnazione degli incentivi “tramite contratti di diritto privato fra il GSE e il soggetto responsabile dell'impianto, sulla base di un contratto-tipo definito dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del primo dei decreti di cui al comma 5”.

Ai sensi del comma 5, i decreti dovevano disciplinare, tra le altre ipotesi, “le modalità per la transizione dal vecchio al nuovo meccanismo di incentivazione. In particolare, sono stabilite le modalità con le quali il diritto a fruire dei certificati verdi per gli anni successivi al 2015, anche da impianti non alimentati da fonti rinnovabili, è commutato nel diritto ad accedere, per il residuo periodo di diritto ai certificati verdi, a un incentivo ricadente nella tipologia di cui al comma 3, in modo da garantire la redditività degli investimenti effettuati” (lettera c).

8.3. In attuazione di tale previsione è stato emanato il D.M. 6 luglio 2012, “Attuazione dell'art. 24 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, recante incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti a fonti rinnovabili diversi dai fotovoltaici” che nel titolo V, “ disposizioni inerenti la transizione dai precedenti meccanismi di incentivazione al meccanismo disciplinato dal presente decreto”, ha previsto, all’art.19, le modalità di calcolo per la conversione dei certificati verdi in incentivi, disponendo espressamente: “agli impianti di cui al presente articolo non si applica l'articolo 7, comma 7” (per cui “il diritto ai meccanismi di incentivazione di cui ai commi 4 e 5 è alternativo all'accesso alle modalità di ritiro dell'energia di cui all'articolo 13, comma 3, del decreto legislativo n. 387 del 2003”).

L’art. 20 ha previsto le “Disposizioni inerenti il ritiro dei certificati verdi rilasciati per le produzioni degli anni fino al 2015”.

Nel successivo Titolo VI (“Altre disposizioni”), all’art. 21, rubricato “Richiesta di accesso ai meccanismi di incentivazione” è stato previsto al comma 8: “Per ogni singolo impianto, a valle del conseguimento del diritto di accesso ai meccanismi di incentivazione di cui al presente decreto, il soggetto responsabile è tenuto a stipulare un contratto di diritto privato con il GSE. Il GSE fornisce all'Autorità per l'energia elettrica e il gas gli elementi per la definizione da parte della stessa, entro tre mesi dall'entrata in vigore del presente decreto, del contratto-tipo di cui all'articolo 24, comma 2, lettera d), del decreto legislativo n. 28 del 2011”.

Ai sensi dell’art. 24 del decreto ministeriale, “Entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il GSE adotta e pubblica apposite procedure applicative delle disposizioni del medesimo decreto, ivi incluso il regolamento operativo per le procedure di asta, per le procedure di iscrizione ai registri e per i rifacimenti parziali e totali, valorizzando, per quanto compatibili, le procedure seguite nell'ambito dei previgenti meccanismi di sostegno alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili”.

L’ art. 30 ha previsto una progressiva transizione dal vecchio al nuovo meccanismo, consentendo anche per gli impianti che entrano in esercizio entro il 30 aprile 2013 di optare per il meccanismo di incentivazione secondo le modalità e le condizioni di accesso agli incentivi, stabilite dal decreto ministeriale 18 dicembre 2008 e dalle tabelle 1 e 2 allegate alla legge n. 244 del 2007 con una riduzione mensile a decorrere da gennaio 2013; con la indicazione espressa che “per gli impianti a certificati verdi si applicherà, in ogni caso, l'articolo 19 con le modalità e nei tempi ivi previsti”.

L’ultimo comma ha demandato al GSE l’individuazione delle modalità attuative del presente articolo “con le procedure di cui all'articolo 24, comma 1”.

8.4. Con la Deliberazione 16 maggio 2013, n. 207/2013/R/EFR, l'Autorità per l’energia elettrica e il gas ha provveduto alla approvazione dello schema del contratto-tipo, predisposto dal GSE “ai fini dell’erogazione degli incentivi previsti dal decreto interministeriale 6 luglio 2012”.

B.2. La giurisprudenza interna.

9. Questo giudice d’appello si è ripetutamente pronunciato sulla problematica in esame, riformando decisioni in primo grado analoghe a quella oggetto dell’appello in epigrafe.

Si veda, fra le più recenti, Consiglio di Stato, II, 15.11.2022 n. 9981, con cui si è ritenuto che l’art. 24 disciplini in via generale il nuovo meccanismo incentivante, tra cui deve ritenersi compreso il sistema transitorio indicato alla lettera c), per gli impianti già ammessi al regime dei certificati verdi, per i quali, dunque, - tranne le specifiche previsioni relative alle modalità di conversione dei certificati in incentivi - si devono ritenere applicabili anche le norme generali.

Infatti, la conversione dei certificati verdi, in concreto realizzata tramite la formula specificata dall’art. 19 del D.M. 6 luglio 2012, costituisce, comunque, un incentivo, che, anche se disciplinato diversamente - in particolare rispetto alle modalità di calcolo - è soggetto alle medesime procedure applicate dal GSE agli impianti entrati in esercizio successivamente al 31 dicembre 2012.

9.1. Questo Consiglio, quindi, ha affermato che gli impianti “in transito” al nuovo regime sono stati individuati e disciplinati con norme specifiche solo al momento di demandare alla fonte secondaria le concrete modalità della commutazione, ma la loro ricomprensione nella disciplina generale della nuova forma di incentivazione è inequivocabile, per cui il D.M. 6 luglio 2012 ha correttamente applicato la legge, riferendo espressamente agli impianti transitanti al nuovo regime solo le disposizioni speciali che li riguardano, secondo la previsione del comma 5, lett. c) dell'art. 24, mentre tutte le altre norme del decreto sono ad essi applicabili se non incompatibili con la loro specialità, ivi compreso l'art. 21, comma 8, che prevede la sottoscrizione della convenzione (Consiglio di Stato Sez. IV, 20 luglio 2020, n. 4640; id. 31 luglio 2020, n. 4881).

Ciò del resto trova conferma nella circostanza che quando le norme in esame hanno voluto escludere la disciplina generale lo hanno previsto espressamente, come nel caso dell’art. 19 ultimo comma del D.M. 6 luglio 2012.

9.2. Correttamente, dunque, poteva essere fatta applicazione sia dell’art. 24 comma 2 lettera d) del d.lgs. n. 28 del 2011 che dell’art. 21 comma 8 del D.M. 6 luglio 2012, che prevedono la sottoscrizione di contratti di diritto privato.

9.3. Anche la Cassazione a Sezioni Unite, decidendo un regolamento di giurisdizione - in un giudizio nel quale era stato impugnato proprio lo schema della convenzione GSE con la conseguente convenzione sottoscritta, nel regime di conversione dei certificati verdi ai sensi dell’art. 24 comma 5 lettera c) -, ha espressamente affermato che tale norma “non ha esaurito la disciplina del sistema di incentivazione anche nella fase di transizione dal vecchio al nuovo regime, rimettendone la regolamentazione alla decretazione ministeriale (D.M. 6 luglio 2012, art. 19) sulla base di criteri indicati dalla stessa anzidetta norma primaria, i quali, come visto, fanno riferimento anche all'intervento del GSE sulla base di negozi privatistici con funzione pubblicistica regolativa dell'obiettivo incentivante”.

Se dunque la convenzione è un negozio di diritto privato accessorio a provvedimenti di concessione degli incentivi e uno strumento di regolazione volto a raggiungere l'obiettivo dell'incentivazione delle fonti alternative, sarebbe stato irragionevole escludere la convenzione rispetto a chi sia ammesso agli incentivi a condizioni particolari, in quanto già titolare di uno strumento incentivante ancora in corso (cfr. Cons. Stato Sez. IV, n. 4640 e n. 4881 del 2020 citate).

9.4. Peraltro, l’art. 24 del D.M. 6 luglio 2012 attribuisce al GSE un generale potere di adottare e pubblicare “apposite procedure applicative delle disposizioni del medesimo decreto”, attribuendo quindi anche una discrezionalità nella concreta applicazione del nuovo regime, senza alcuna distinzione tra il nuovo regime e il regime transitorio, essendo anzi l’art. 24 anche espressamente richiamato dall’art. 30 per gli impianti che entrano in esercizio fino al 30 aprile 2013.

9.5. In base a quanto sopra rilevato, si è poi ritenuto che la sussistenza di una complessiva disciplina degli incentivi - salve le particolarità connesse alla transizione al nuovo regime per gli impianti ammessi ai certificati verdi - comportasse la applicazione anche dell’art. 21 comma 8 del decreto ministeriale 6 luglio 2012, con la conseguente piena utilizzabilità del contratto –tipo.

Legittimamente, quindi, ad avviso di questo Consiglio, il Gestore ha utilizzato lo schema-tipo n. 207/2013/R/EFR approvato dalla AEEG, salvo apportarvi le necessarie modifiche correlate alla peculiarità della transizione; ciò in coerenza con la cornice normativa sopra delineata, che prevede l’estensione ai “transitanti” di tutte le disposizioni del nuovo sistema di incentivo (già tradotte nella Convenzione-tipo del 2013), salve le particolarità connesse alla transizione medesima, senza che fosse necessario un nuovo e ulteriore coinvolgimento dell’ARERA per il previo avallo dello specifico contratto-tipo, espressamente approvato dall’Autorità, in base alla delibera del 16 maggio 2013, “ai fini dell’erogazione degli incentivi previsti dal decreto interministeriale 6 luglio 2012”, quindi con riferimento a tutti gli incentivi disciplinati dal tale decreto, tra cui sono compresi anche quelli previsti dall’art. 19 dello stesso.

10. La giurisprudenza di questo giudice d’appello, in conclusione, ha ritenuto che la pubblicazione dello schema di convenzione e l’obbligo di sottoscrizione della stessa nonché, di conseguenza, la relativa sottoscrizione, rientrassero nei poteri del GSE.

B.3. Diritto dell’Unione

11. La disciplina europea circa la promozione dell’uso di energia da fonti rinnovabili, introdotta dalla direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 settembre 2001, ha disposto che gli Stati membri debbano adottare misure appropriate per aumentare, nel loro territorio, il consumo di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili; la stessa è stata sostituita dalla direttiva 2009/28/CE del 23 aprile 2009.

Tale direttiva declina su base nazionale, non già continentale, gli obiettivi di produzione ed uso di energia verde, avendo il legislatore comunitario ritenuto di procedere attraverso l'indicazione agli Stati membri di «obiettivi nazionali obbligatori» per il raggiungimento di una quota pari al 20% di consumo di energia da fonti rinnovabili entro il 2020 (considerando n. 13).

11.1. La direttiva 2009/28/CE è rimasta in vigore fino al 30 giugno 2021, essendo stata abrogata, con effetto dal 1° luglio 2021, dall’art. 37 della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2018, sempre in materia di promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili.

11.2. La vicenda che forma oggetto del presente giudizio si inscrive temporalmente, per intero, nel periodo di vigenza della direttiva 2009/28/CE, della quale vengono, in particolare, in rilievo:

- il considerando n. 8 della Direttiva 2009/28/CE, secondo il quale <La Comunicazione della Commissione del 10 gennaio 2007 intitolata «Tabella di marcia per le energie rinnovabili — Le energie rinnovabili nel 21° secolo: costruire un futuro più sostenibile» ha dimostrato che un obiettivo del 20 % per la quota complessiva di energia da fonti rinnovabili ed un obiettivo del 10 % per le energie da fonti rinnovabili nei trasporti sarebbero obiettivi appropriati e raggiungibili e che un quadro che preveda obiettivi obbligatori consentirebbe di creare la stabilità a lungo termine di cui le imprese hanno bisogno per effettuare investimenti razionali e sostenibili nel settore delle energie rinnovabili che sono in grado di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili di importazione e di incrementare l’utilizzo delle nuove tecnologie energetiche. Detti obiettivi esistono già nel quadro del miglioramento del 20 % dell’efficienza energetica entro il 2020, oggetto della comunicazione della Commissione del 19 ottobre 2006 dal titolo «Piano d’azione per l’efficienza energetica: concretizzare le potenzialità», avallata dal Consiglio europeo nel marzo 2007 e dal Parlamento europeo nella risoluzione del 31 gennaio 2008 su tale piano di azione>.

- il considerando n.14, secondo il quale <La principale finalità di obiettivi nazionali obbligatori è creare certezza per gli investitori nonché stimolare lo sviluppo costante di tecnologie capaci di generare energia a partire da ogni tipo di fonte rinnovabile. Non è pertanto opportuno rinviare la decisione sul carattere obbligatorio di un obiettivo in attesa di eventi futuri>;

- il considerando n. 25, ove si riconosce che «uno strumento importante per raggiungere l'obiettivo fissato dalla presente direttiva consiste nel garantire il corretto funzionamento dei regimi di sostegno nazionali, come previsto dalla direttiva 2001/77/CE, al fine di mantenere la fiducia degli investitori e permettere agli Stati membri di elaborare misure nazionali efficaci per conformarsi al suddetto obiettivo»;

- l’articolo 1 della direttiva medesima, intitolato «Oggetto e ambito di applicazione», il quale prevede che «La presente direttiva stabilisce un quadro comune per la promozione dell’energia da fonti rinnovabili. Fissa obiettivi nazionali obbligatori per la quota complessiva di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia e per la quota di energia da fonti rinnovabili nei trasporti (...)».

- il successivo articolo 3, intitolato «Obiettivi e misure nazionali generali obbligatori per l’uso dell’energia da fonti rinnovabili», il quale dispone che «1. Ogni Stato membro assicura che la propria quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia nel 2020 (...) sia almeno pari al proprio obiettivo nazionale generale per la quota di energia da fonti rinnovabili per quell’anno, indicato nella terza colonna della tabella all’allegato I, parte A. (...) 2. Gli Stati membri adottano misure efficacemente predisposte per assicurare che la propria quota di energia da fonti rinnovabili sia uguale o superiore alla quota indicata nella traiettoria indicativa di cui all’allegato I, parte B. 3. Per il conseguimento degli obiettivi di cui ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo, gli Stati membri possono, tra l’altro, applicare le seguenti misure: a) regimi di sostegno;(...)».

12. Dunque, nell’ambito del quadro normativo volto ad implementare il consumo di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili, le richiamate disposizioni esprimono la necessità di creare un quadro di “stabilità a lungo termine di cui le imprese hanno bisogno per effettuare investimenti razionali e sostenibili nel settore delle energie rinnovabili”, di “certezza per gli investitori” e di fiducia degli stessi.

13. Viene, altresì, in rilievo il principio di tutela del legittimo affidamento.

13.1. Nell’ambito della giurisprudenza dell’Unione Europea il legittimo affidamento costituisce un corollario del più ampio principio della certezza del diritto.

A fronte dell’interesse pubblico a fronteggiare le modificazioni della realtà si pone l’interesse delle imprese a condurre i propri affari sulla base del quadro giuridico in funzione del quale abbiano effettuato investimenti ed assunto decisioni strategiche, senza dover temere repentini mutamenti del quadro regolatorio.

13.2. La Corte di giustizia dell'Unione Europea, Seconda Sezione, con sentenza del 22 settembre 2022 nelle cause riunite da C-475/20 a C-482/20, ha affermato:

<62. Secondo una costante giurisprudenza, la possibilità di avvalersi del principio della tutela del legittimo affidamento è prevista per qualsiasi operatore economico in capo al quale un'autorità nazionale abbia fatto sorgere fondate aspettative. Tuttavia, qualora un operatore economico prudente e avveduto sia in grado di prevedere l'adozione di un provvedimento idoneo a ledere i suoi interessi, esso non può invocare detto principio nel caso in cui il provvedimento venga adottato. Inoltre, gli operatori economici non possono fare legittimamente affidamento sul mantenimento di una situazione esistente, che può essere modificata nell'ambito del potere discrezionale delle autorità nazionali [sentenza del 15 aprile 2021, Federazione nazionale delle imprese elettrotecniche ed elettroniche (Anie) e a., C-798/18 e C-799/18, EU:C:2021:280, punto 42 nonché la giurisprudenza ivi citata].

63. Per contro, in applicazione del principio suddetto, tali operatori restano legittimati, se del caso, a contestare le modalità di applicazione di siffatte modifiche (v., in tal senso, sentenza dell'11 giugno 2015, Berlington Hungary e a., C-98/14, EU:C:2015:386, punto 78 nonché la giurisprudenza ivi citata)>.

13.3. Nella vicenda in esame, viene parimenti in rilievo il diritto alla libertà d’impresa sancito dall’art. 16 della Carta dei diritti fondamentali, libertà che comprende anche il diritto di ogni impresa di poter liberamente utilizzare, nei limiti della responsabilità per le proprie azioni, le risorse economiche e finanziarie di cui dispone.

C. Posizione delle parti

14. Le imprese appellate sottolineano che lo Schema di convenzione controverso ha unilateralmente ridefinito, in termini non trattabili e non modificabili, la disciplina per l’erogazione degli incentivi a tutti i produttori di energia elettrica da fonte rinnovabile non fotovoltaica che avevano acquisito il diritto all’incentivazione tramite certificati verdi, ponendo le imprese beneficiarie, in assenza di qualsiasi effettiva trattativa tra le parti, di fronte a un bivio: o uniformarsi a tale disciplina, o rinunciare all’incentivo loro spettante.

14.1. Le imprese adducono che, laddove venisse accolta la tesi del GSE, e dunque la normativa pertinente venisse interpretata nel senso di subordinare l’accesso agli incentivi alla sottoscrizione di una convenzione di diritto privato – non solo per gli impianti realizzati successivamente al 31 dicembre 2012, ma – anche per gli impianti soggetti al regime transitorio, la disciplina così interpretata si porrebbe in aperto contrasto, innanzitutto, con il richiamato considerando n. 8 della Direttiva 2009/28/UE .

14.2. Inoltre, nella misura in cui inciderebbero anche sui rapporti in essere con il GSE, pretendendo di introdurre nel corso di esecuzione del rapporto oneri aggiuntivi e pregiudizievoli per una delle parti, le disposizioni del legislatore nazionale violerebbero apertamente anche il principio di tutela dell’affidamento legittimamente riposto dalle odierne appellate nella stabilità dei meccanismi incentivanti, giudicata dal legislatore europeo cruciale ai fini del conseguimento degli obiettivi di promozione delle fonti rinnovabili.

14.3. A tal riguardo, precisano le appellate, se può ammettersi che il legislatore imponga il passaggio ad un diverso regime d’incentivazione, è viceversa senz’altro in contrasto con la necessità di garantire la stabilità a lungo termine -di cui le imprese hanno bisogno per effettuare investimenti razionali e sostenibili nel settore delle energie rinnovabili che sono in grado di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili di importazione e di incrementare l’utilizzo delle nuove tecnologie energetiche- e con il principio di tutela del legittimo affidamento l’introduzione di oneri e adempimenti gravosi e inutilmente pregiudizievoli – come la sottoscrizione di una convenzione-tipo con condizioni nettamente peggiorative per la controparte privata – per il passaggio al “nuovo” regime.

14.4. Le appellate, ritenendo incompatibile la disciplina in esame, se interpretata nel senso suggerito dal GSE e da questo Consiglio di Stato, con il diritto comunitario, chiedono dunque la rimessione degli atti di causa alla Corte di Giustizia Europea, affinché quest’ultima si pronunci sulla compatibilità della normativa in esame, siccome interpretata, con la pertinente disciplina comunitaria, in particolare con il considerando n. 8 della direttiva 2009/28/UE.

15. Il GSE ritiene invece legittima la normativa interna, sopra richiamata, nell’interpretazione ormai costante di questo Consiglio di Stato.

D. Motivi che giustificano il rinvio pregiudiziale

16. La questione in esame concerne la possibilità di utilizzare la convenzione-tipo prevista per i nuovi impianti anche per la regolamentazione del rapporto tra GSE e singolo aspirante alla commutazione dei certificati verdi nella tariffa onnicomprensiva.

16.1. La disciplina legislativa e regolamentare applicabile alla questione controversa ha dato luogo a due antitetiche interpretazioni, quella sostenuta dalle appellate e accolta dal Tribunale (che ha seguito l’approccio ermeneutico basato sulla esistenza di un doppio sistema incentivante, quello generale nuovo a regime e quello speciale transitorio) e quella propugnata invece dal Gestore (che richiama a supporto l’orientamento espresso fin dal 2020 da questo giudice d’appello), secondo il quale il legislatore ha disegnato la cornice in termini generali, evidentemente riferibile a tutti gli impianti incentivabili dei quali il decreto attuativo è chiamato ad occuparsi.

16.2. Le imprese appellate sottolineano che a situazioni in corso viene a sovrapporsi una convenzione, dagli stessi non negoziabile, che ha introdotto poteri autoritativi e discrezionali in capo al GSE, con modificazioni retroattive e/o comunque peggiorative alle condizioni di accesso al sistema di incentivazione, quali l’imposizione al produttore di consentire al GSE la rilevazione dei dati di misura e di installare nuovi apparecchi di telelettura (art. 5); i vincoli previsti per la cessione dei crediti (artt. 7 e 8); il potere unilaterale del GSE di modificare o di risolvere gli incentivi nell’ipotesi in cui l’impianto venga ceduto a terzi (art. 9, comma 2); la possibilità di risoluzione della convezione, attribuita al GSE, nell’ipotesi di mera sussistenza di dati non veritieri (art. 12); il diritto del GSE di risolvere e sospendere la convenzione (art. 13, commi 3 e 4).

16.3. Quindi, in tale prospettazione, soggetti che erano già titolari di uno strumento incentivante in corso di validità si vedono imporre uno strumento convenzionale non frutto di libera negoziazione che vede singole clausole aggiuntive -rispetto alla mera formula matematica - tali da inibire e impedire comportamenti che, al contrario, erano perfettamente consentiti nella vigenza del sistema di incentivazione cui avevano avuto originariamente accesso, modificando in peius un diritto ormai consolidato.

17. Le appellate ritengono che la normativa interna, come interpretata da questo giudice d’appello, sia elusiva della direttiva 2009/28/CE, che prevede che l’incentivazione pubblica debba garantire condizioni di stabilità per gli investitori (considerando 8), e contrasti anche con il principio del legittimo affidamento.

17.1. Il Collegio ha altresì richiamato, sopra, per una più compiuta analisi del caso di specie, ulteriori disposizioni della direttiva (considerando n.14 e n.25, artt. 1 e 3) con le quali la normativa interna potrebbe non essere compatibile, in quanto dissonante con la finalità della creazione di un quadro di certezza per gli investitori, che dovrebbero essere stimolati allo sviluppo costante di tecnologie capaci di generare energia a partire da ogni tipo di fonte rinnovabile (considerando 14), essendo tale da ingenerare la sfiducia negli operatori in possesso dei requisiti per il conseguimento degli incentivi, essendosi prodotta una situazione di instabilità, determinata da una sopravvenuta modifica della normativa che ha attribuito un potere negoziale autonomo in capo al GSE.

In sostanza, l’intervento normativo nazionale – come sostenuto dalle appellate - avrebbe modificato unilateralmente le condizioni giuridiche sulle cui basi esse avevano impostato la propria attività economica, di modo che un clima di sfiducia tra gli operatori economici potrebbe frustrare gli obiettivi della direttiva.

17.2. Pare dubbio che ricorrano i presupposti (ritraibili dalla giurisprudenza eurounionale) per ritenere che un operatore economico prudente e avveduto avrebbe dovuto essere perfettamente in grado di prevedere, appunto, la possibile evoluzione del settore, con la conseguente, potenziale adozione di provvedimenti idonei a ledere i propri interessi.

17.3. Giova ricordare che con sentenza del 15 aprile 2021 (C-798/18 e C-799/18) la Corte di Giustizia ha avuto occasione di analizzare una fattispecie che presenta alcuni elementi di contatto, riguardando

gli incentivi relativi agli impianti fotovoltaici entrati in esercizio dopo 31 dicembre 2012, disciplinati mediante contratti di diritto privato stipulati tra il GSE e i proprietari degli impianti interessati, nei quali era stato espressamente previsto che il GSE si riservava il diritto di modificarne unilateralmente le condizioni, al fine di tener conto dell’evoluzione del quadro normativo di riferimento.

In quel caso, si è precisato come, con riferimento a tale tipologia di “contratto-tipo redatto dalla controparte contrattuale” “la libertà contrattuale consiste, in sostanza, nel decidere se si accettano o meno le condizioni contrattuali” [Cfr. p. 70, Conclusioni dell’Avvocato Generale, il quale aveva altresì rilevato che gli operatori si erano vincolati all’osservanza delle “condizioni contrattuali che essi hanno liberamente deciso di accettare al momento della loro adesione a dette condizioni”, pag. 73 delle Conclusioni cit.], tra le quali il diritto potestativo del GSE di introdurre unilateralmente modifiche alle condizioni contrattuali (ius variandi), con la conseguenza che, essendo conosciuta, o conoscibile osservando l’ordinaria diligenza, la predetta circostanza - ovvero che il Gestore avrebbe potuto modificare le condizioni contrattuali, a seguito di una normativa nazionale di rimodulazione dell’incentivo - andrebbe escluso qualsivoglia vulnus del principio di legittimo affidamento.

17.4. Ma nel caso in questione, non parrebbe ravvisarsi una precedente regolamentazione che contenesse un’indicazione sufficientemente chiara per gli operatori economici, nel senso che gli incentivi in questione potevano essere modificati o soppressi.

18. Potrebbe, altresì, prospettarsi una violazione della libertà d’impresa, sancita dall’art. 16 della Carta dei diritti fondamentali, sotto il profilo della libertà di esercitare un’attività economica in un quadro di libertà contrattuale, potendosi ritenere che le disposizioni legislative nazionali richiamate determinino una ingerenza nella libertà contrattuale dei gestori degli impianti, beneficiari degli incentivi, essendo il legislatore intervenuto direttamente sul regime degli incentivi, imponendo effetti novativi sulle condizioni sulla base delle quali gli operatori economici avevano impostato e programmato la propria attività economica, per un periodo che sarebbe dovuto restare stabile per un congruo arco di tempo.

18.1. La libertà d’impresa sancita dall’art. 16 della Carta dei diritti fondamentali comprende anche il diritto di ogni impresa di poter liberamente utilizzare, nei limiti della responsabilità per le proprie azioni, le risorse economiche e finanziarie di cui dispone.

Le misure adottate, secondo quanto prospettato dalle appellanti, hanno prodotto un impatto considerevole sull’esercizio della rispettiva attività, modificando “in corsa” le regole del gioco, in relazione ad iniziative che impongono un’adeguata programmazione a lungo termine, anche in termini di flusso di risorse finanziarie.

19. Pertanto:

a) la società appellante ha invocato la protezione di situazioni soggettive riconosciute dal diritto dell’Unione ed ha dedotto la violazione di principi e diritti dell’Unione;

b) la Corte di Giustizia detiene il monopolio interpretativo in ordine al diritto dell’Unione e, conseguentemente, alla compatibilità delle norme interne dei singoli Stati membri con il diritto dell’Unione;

c) il Collegio, nel mentre esclude la ricorrenza dei presupposti per procedere alla diretta disapplicazione della normativa nazionale contestata, in quanto le ragioni dell’eventuale contrasto con il diritto dell’Unione non sono né immediate né sufficientemente chiare, precise ed incondizionate, ravvisa la sussistenza di una questione interpretativa relativa all’esatto ambito interpretativo da riconoscere ad un atto normativo dell’Unione e, conseguentemente, alla compatibilità con esso di un provvedimento legislativo nazionale;

d) la questione è rilevante e decisiva per la soluzione della lite e non consta essere stata oggetto di interpretazione diretta da parte della Corte;

e) il giudice a quo è giudice di ultima istanza e vi è una specifica richiesta di parte ricorrente di procedere al rinvio.

E. Le questioni sottoposte alla Corte in via pregiudiziale.

20. Il Collegio formula alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, ai sensi dell’art. 267 TFUE, il seguente quesito:

Se la direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE, ed in particolare i “considerando” n.8, n.14, n.25 e gli articoli 1 e 3, nonché l’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, letti alla luce dei principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento, debbano essere interpretati nel senso che essi ostino a una normativa nazionale, quale quella discendente dalle disposizioni del d.lgs. 3 marzo 2011, n. 28 e del d.m. 6 luglio 2012 -come interpretata dalla costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato-, che subordina l’assegnazione degli incentivi alla sottoscrizione di contratti di diritto privato fra il GSE e il soggetto responsabile dell'impianto anche nel caso di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio prima del 31 dicembre 2012.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda):

a) rimette alla Corte di giustizia dell’Unione europea la questione pregiudiziale indicata in motivazione al § 20;

b) ordina alla Segreteria della Sezione di trasmettere alla medesima Corte copia conforme all’originale della presente ordinanza, nonché copia integrale del fascicolo di causa;

c) dispone, nelle more della pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione europea, la sospensione del presente giudizio;

d) riserva alla sentenza definitiva ogni pronuncia in ordine alle spese ed onorari del presente giudizio.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 febbraio 2023 con l'intervento dei magistrati:

Oberdan Forlenza, Presidente

Francesco Frigida, Consigliere

Maria Stella Boscarino, Consigliere, Estensore

Alessandro Enrico Basilico, Consigliere

Fabrizio D'Alessandri, Consigliere