Lottizzazione abusiva: buona fede, sequestri preventivi e confisca penale (nota a Trb. Latina 30 gennaio 2009)
di Stefano DELIPERI

la sentenza è legibile per esteso qui

Il Tribunale di Latina si è recentemente pronunciato, con l’ordinanza 30 gennaio 2009, riguardo uno degli aspetti in questi ultimi tempi più dibattuto in tema di abusivismo edilizio, i rapporti fra l’ipotesi di reato di lottizzazione abusiva, la confisca penale e la buona fede. Soprattutto dopo la sentenza della Corte europea dei Diritti dell’uomo, sez. XIII, 20 gennaio 2009 (caso Punta Perotti, Bari). Il Tribunale laziale ha rigettato l’istanza di dissequestro di una serie di immobili nel territorio comunale di Sabaudia destinati a centro residenziale per anziani con la formula giuridica della residenza alberghiera, secondo atti amministrativi e strumenti urbanistici comunali ed atti di approvazione regionali (1992-2004). Le 300 unità abitative realizzande venivano sottoposte a sequestro preventivo con decreto 9 marzo 2006 del G.I.P. di Latina nell’ambito del procedimento penale per lottizzazione abusiva ed abuso d’ufficio (art. 323 cod. pen.). Il Tribunale penale di Latina ha enunciato alcuni principi di notevole importanza in materia. In primo luogo, ha ricordato che la confisca penale (art. 44, comma 2°, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e s.m.i., che riproduce testualmente l’art. 19 della legge n. 47/1985) è disposta dal giudice penale dispone riguardo i terreni abusivamente lottizzati e le opere abusivamente costruite con la "sentenza definitiva", che "accerta che vi è stata lottizzazione abusiva". Si tratta di una confisca speciale obbligatoria con la quale i beni vengono acquisiti ipso iure al patrimonio immobiliare del Comune, senza alcuna fase esecutiva, dato che l'efficacia traslativa coattiva è prodotta, per espresso dettato normativo, dalla sentenza che la dispone (vds. Cass. pen., sez. III, 22 maggio 2003, n. 22557), determinando, nel caso, lo spossessamento dell’eventuale successivo acquirente. L’obbligo di disporla, poi, prescinde dalla condanna, visto che il suo unico presupposto è l’accertamento giurisdizionale della lottizzazione abusiva (salvo il caso di assoluzione per insussistenza del fatto: vds. Cass. pen., sez. III, 5 marzo 2008, n. 9982; Cass. pen., sez. III, 7 luglio 2004, n. 37086), non giovando nemmeno un’eventuale successiva autorizzazione amministrativa (vds. Cass. pen., sez. III, 29 maggio 2007, n. 21125; Cass. pen., sez. III, 12 gennaio 1996, n. 50). La natura reale e non personale della sanzione consente di disporla anche in danno di terzi estranei al reato: costoro, se in buona fede, possono far valere i loro diritti in sede civile, dato che fondamento dell'istituto di tale confisca e sua finalità è separare giuridicamente l'autore del reato dal diritto sullimmobile che viene trasferito alla pubblica amministrazione (Cass. pen., sez. III, 29 maggio 2007, n. 21125).
La confisca della lottizzazione abusiva configura, come l’ordine di demolizione delle opere edilizie abusive (art. 31, comma 9°, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e s.m.i.), una sanzione amministrativa applicata dal giudice penale in via di supplenza rispetto alla pubblica amministrazione competente (vds. Cass. pen., sez. III, 4 ottobre 2004, n. 38728).
La Suprema Corte ha costantemente ritenuto applicabile anche ai terzi totalmente estranei al reato la confisca della lottizzazione abusiva, in quanto il reato - e conseguentemente la confisca - si riferiscono soltanto all’illiceità dei beni oggetto di lottizzazione abusiva per inosservanza delle prescrizioni (Cass. pen., sez. III, 15 febbraio 2007, n. 6396; Cass. pen., sez. III, 15 marzo 2005, n. 10037). “Tale conclusione non è stata ritenuta incompatibile con il dettato costituzionale, nè in relazione agli artt. 41 e 42, comma 2°, cost., tenuto comparativamente conto della riconosciuta funzione sociale della proprietà e dell'iniziativa economica oltre che dell'esigenza primaria di tutela e salvaguardia del territorio, che impongono, nel caso di contrasto tra interesse collettivo ed interesse privato, la prevalenza del primo”, né in relazione all'art. 3 cost., considerato sotto il profilo della irragionevolezza dell’equiparazione dell’autore del reato al terzo di buona fede, in quanto al primo è irrogabile oltre che la confisca la sanzione penale (Cass. pen., sez. III, 15 febbraio 2007, n. 6396). Il Tribunale penale di Latina ha a questo proposito ritenuto, poi, di superare il mutato orientamento interpretativo della Corte di Cassazione che (sentenza sez. III, 24 ottobre 2008, n. 42741) ha dissequestrato unità immobiliari di una lottizzazione abusiva acquistate da terzi definiti in buona fede sulla base del solo mancato esercizio dell’azione penale nei loro confronti. E’ l’orientamento della Corte europea dei Diritti dell’Uomo (vds. sentenza 30 agosto 2007), recentemente ribadito dalla sua sez. XII con sentenza del 20 gennaio 2009 sul noto caso degli abusi di Punta Perotti (Bari). Tuttavia, ha correttamente osservato il Giudice laziale, nella fattispecie concreta, “diversamente da quello oggetto di esame della XII sezione della Corte di Strasburgo”, si considera non la confisca come sanzione applicata in seguito ad una pronuncia di merito, ma “una misura cautelare temporanea ai sensi non solo dell’art. 321, 2° comma, c.p.p. – che prevede espressamente il sequestro in funzione della confisca - ma anche del 1° comma, con la funzione di impedire che la lesione della riserva pubblica di programmazione del territorio sia portata a ulteriori conseguenze”.
La sottrazione del bene ai terzi estranei al reato in questa prospettiva non appare porsi né logicamente né giuridicamente in contrasto con i principi costituzionali (in particolare con quelli previsti dagli artt. 41 e 42 cost.) e con quelli della Corte europea dei Diritti dell’Uomo, perché il sequestro preventivo ha carattere temporaneo, natura reale e non personale, non è una sanzione e si fonda sul mero fumus commissi delicti. Proprio per non pregiudicare l’interesse pubblico al corretto governo del territorio il terzo estraneo, anche se in buona fede, non può ottenere la restituzione dell’immobile di sua proprietà. Nel caso di conferma della situazione in seguito a sentenza emessa nei confronti di altri soggetti e “dopo un adeguato bilanciamento tra gli opposti interessi da parte del Giudice in cui, nel caso concreto, dovesse soccombere, il terzo potrà far valere il diritto al risarcimento in sede civile contro i suoi danti causa” (Cass. pen., sez. III, 7 luglio 2004, n. 38728). Il Tribunale penale di Latina ricorda che al giudice ".... spetta interpretare la norma interna in modo conforme alla disposizione internazionale...L'applicazione e l'interpretazione del sistema di norme è attribuito beninteso in prima battuta ai giudici degli Stati membri, cui compete il ruolo di giudici comuni della Convenzione” (Corte cost. nn. 346 e 347 del 2007). Il giudice nazionale è quindi tenuto ad uniformarsi ai principi cardine della Corte europea dei Diritti dell’Uomo, valutando l’incidenza della normativa sovranazionale sulla fattispecie concreta. Conclude la disamina ricordando anche che “la temporanea sottrazione della proprietà ai terzi rientra nella disciplina dell’uso dei beni ai sensi del secondo comma dell’articolo 1 del Protocollo n.1”, nell’interpretazione della stessa Corte, che lascia agli Stati il diritto di adottare “le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale” (sentenze Agosi c. Regno Unito del 24 ottobre 1986; Handyside c. Regno Unito del 7 dicembre 1976; Morabito ed altri c. Italia del 7 giugno 2005) e non fa scaturire, vista la natura non espropriativa del sequestro preventivo, alcun diritto all’indennizzo. “D’altra parte quando non emerga in modo univoco la buona fede del terzo acquirente viene anche meno la giustificazione logica e giuridica di prevederne una tutela da parte dell’ordinamento”: la pretesa buona fede, poi, appare di difficile individuazione quando si abbia in esame una serie di atti di compravendita che vedono quali parti contrattuali anziani usufruttuari e “giovani” acquirenti di nuda proprietà, pur attestando (art. 1 contratti di compravendita) che l’immobile fa parte “della struttura recettiva per anziani autorizzata dal Comune di Sabaudia con atto di convenzione appresso citato” e descrivendo poi l’immobile come “villetta a schiera”, per ciò solo non riconducibile alla natura di residenza per anziani voluta dalle amministrazioni pubbliche. Il Tribunale di Latina ha, infine, negato anche l’uso e la custodia giudiziaria delle unità immobiliari agli acquirenti appellanti per evitare “l'aggravamento del carico urbanistico che costituisce la finalità perseguita dal sequestro disposto, neutralizzandone la funzione” (vds. Cass. pen., sez. III, 13 gennaio 2009, n. 825).
Una decisione di notevole rilievo nella dovuta ed importante funzione giurisdizionale di contrasto del grave fenomeno dell’abusivismo edilizio nelle sue varie forme.

Dott. Stefano Deliperi