Cons. Stato Sez. V n. 6979 del 17 settembre 2010
Rumore. Potere di ordinanza
La presenza di gravi elementi indicativi di pesante disagio per i residenti , considerati fronteggiabili dall’amministrazione solo attraverso la limitazione dell’orario dell’esercizio allo scopo di salvaguardare l’ordine, la quiete e la salute pubblici, in disparte ogni valutazione circa l’idoneità a creare il presupposto di urgenza connesso all’inquinamento acustico ed all’effettivo pericolo di danno grave ed imminente per l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana per il legittimo ricorso ai poteri di ordinanza di cui all’art. 54 D.Lgs. n. 267/2000, esclude, comunque, l’elemento soggettivo della colpa in capo all’amministrazione procedente.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 06979/2010 REG.SEN.
N. 05101/2005 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 5101 del 2005, proposto da:
Comune di Verona, rappresentato e difeso dagli avv. Giovanni R. Caineri, Marcello Clarich, con domicilio eletto presso l’avv.Marcello Clarich in Roma, piazza di Montecitorio, 115;
contro
Noidue S.n.c. di Massari Lorenzo e Pugliese Claudio, rappresentata e difesa dagli avv. Luigi Manzi, Maria Luisa Tezza, con domicilio eletto presso l’avv.Luigi Manzi in Roma, via Federico Confalonieri, 5;
nei confronti di
Migliorini Flori;
per la riforma parziale
della sentenza del T.A.R. VENETO - VENEZIA: SEZIONE III n. 01102/2005, resa tra le parti, concernente REGOLAMENTO APERTURA DI LOCALI PUBBLICI PER CONTENERE L'INQUINAMENTO ACUSTICO.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione della Ditta Noi s.n.c.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 giugno 2010 il cons. Francesca Quadri e uditi per le parti gli avvocati Orlandini e Di Mattia, su delega rispettivamente degli avv.ti Clarich e Manzi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Il Comune di Verona impugna la sentenza del Tar per il Veneto indicata in epigrafe nella parte in cui, accertata incidenter tantum - perché ormai rimossa con successivo provvedimento - l’illegittimità dell’ordinanza sindacale n. 764 del 16.5.2003 disponente la chiusura dalle ore 23 dell’esercizio di titolarità della ricorrente ditta Noidue s.n.c., è stato condannato al risarcimento del danno, liquidato in via equitativa in euro 200,00 al giorno per tutti i giorni di chiusura ovvero, se inferiore, per il periodo intercorrente tra la data di notifica dell’ordinanza impugnata e quella di notifica del provvedimento di rimozione (ordinanza n. 971 del 21 giugno 2003) della medesima.
Premette di aver ricevuto dal Prefetto di Verona, che chiedeva gli interventi più opportuni, l’esposto di un gruppo di residenti nel quartiere Cadrega, lamentante il grave stato di disagio e di sofferenza creato nelle ore notturne dagli schiamazzi, urla, suono di clacson e rumori provenienti dal locale Osteria “A la Carena”, nonché dall’intralcio al passaggio dei pedoni aggravato dalla strettezza della via a causa del protrarsi dell’apertura fino alle ore 2, nonché dalla presenza di rifiuti (cartacce, mozziconi, vetri) lasciati per strada, tanto da provocare la compromissione della salute di alcuni residenti. A ciò si aggiungevano l’intervento del Difensore civico (nota del 14.3.2003), altri esposti nonché la verifica della situazione lamentata a seguito di sopralluoghi della Polizia Municipale.
Tali circostanze conducevano all’adozione dell’ordinanza contingibile ed urgente n. 794 del 16.5.2003, con cui veniva ordinata l’anticipazione dell’orario di chiusura del locale alle ore 23. Per il suo annullamento, oltre che per il risarcimento del danno conseguente, la ditta Noidue proponeva ricorso per violazione e falsa applicazione dell’art. 54 D.Lgs. n. 267/2000 ed eccesso di potere sotto vari profili sintomatici, a causa dell’assenza dei presupposti di emergenza connessi con l’inquinamento acustico, in particolare nelle ore (dalle 23 alle 2) per le quali era stata disposta la chiusura, nonché per la azionabilità, in luogo dei poteri straordinari esercitati, degli strumenti appositamente previsti dall’ordinamento (compiti della Polizia Municipale), diversi dalla chiusura dell’esercizio, per prevenire o reprimere i comportamenti di singoli denunciati, per mancata fissazione del termine di efficacia del provvedimento, per violazione del giusto procedimento e del contraddittorio.
In data 4.6.2003 veniva sottoscritto dall’Amministrazione comunale e dalle associazioni di categoria un codice di autoregolamentazione degli esercizi pubblici allo scopo di contenere i disagi denunciati dai residenti, sottoscritto per adesione anche dall’Osteria “A la Carena”, a seguito del quale l’ordinanza venive rimossa con provvedimento notificato il 24.6.2003.
Il Tar, con la sentenza impugnata, ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso a seguito della successiva rimozione dell’ordinanza e, ritenuta incidenter tantum la sua illegittimità per carenza di istruttoria in relazione all’insufficienza ed incongruità degli accertamenti disposti dal Comune, ha accolto la domanda di risarcimento del danno, liquidato in via equitativa.
L’appello rivolto avverso la pronuncia di condanna al risarcimento del danno è affidato ai seguenti motivi:
- insussistenza del presupposto dell’illegittimità del provvedimento accertato incidenter tantum, per mancanza di motivazione nonché per la acclarata situazione di grave disturbo della pubblica quiete che aveva giustificato l’adozione dell’ordinanza contingibile ed urgente;
- assenza del presupposto della colpevolezza, per essere stata omessa ogni valutazione sul punto.
La ditta Noidue si è costituita eccependo la genericità dei motivi di appello e la novità del motivo fondato sull’assenza di colpa, contestando, nel merito, i motivi di ricorso.
Sono state depositate memorie ad ulteriore illustrazione delle rispettive tesi difensive.
All’udienza del 22.6.2010 l’appello è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1.Va, preliminarmente, disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’appello per genericità dei motivi, considerato che il gravame, pur riproducendo largamente il contenuto degli atti del precedente grado, investe con due distinti motivi precisamente il decisum, rispettando il carattere impugnatorio dell’appello e dando contezza delle ragioni per le quali le conclusioni cui è pervenuto il primo giudice non possono essere condivise.
2.Parimenti ammissibile è il motivo incentrato sulla carenza di colpa dell’amministrazione, poiché , in disparte la considerazione dell’avvenuta confutazione in primo grado dell’infondatezza sull’an debeatur della domanda di risarcimento del danno, non si applica al resistente soccombente in primo grado il divieto di ius novorum in appello, dovendo a questo essere riconosciuta la possibilità di formulare mediante i motivi di appello tutte le censure pur se non proposte in primo grado (Cons. St. Sez. V, 24.8.2007 n. 4486).
3.Nel merito, l’appello è fondato.
4.I motivi di appello si incentrano sulla mancata motivazione da parte del giudice di primo grado in ordine alla confutazione della documentata istruttoria da cui era supportata l’ordinanza contingibile ed urgente, denotante le condizioni di grave disturbo della quiete pubblica e di emergenza, ed all’elemento della colpa, che avrebbe dovuto essere vagliato tenuto conto della gravità della violazione commessa, dei precedenti, delle condizioni concrete e dell’apporto eventualmente dato dai privati nel procedimento.
5.Nella specie, sono state ampiamente documentate, oltre alle segnalazioni di residenti richiamate nel provvedimento, le richieste del Prefetto in data 14.11.2002 e 28.4.2003, in cui ripetutamente “si ritiene di richiamare nuovamente l’attenzione della S.V. per l’adozione degli interventi ritenuti più opportuni”, l’esplicita richiesta del 14.2.2003 di riduzione di orario dell’esercizio sito nella piazzetta Cadrega da parte del Difensore civico, le relazioni di servizio del Corpo della Polizia Municipale sui disagi avvertiti dai residenti oltre le ore 23.
6.Il Collegio ritiene che la presenza di gravi elementi indicativi di pesante disagio per i residenti , considerati fronteggiabili dall’amministrazione solo attraverso la limitazione dell’orario dell’esercizio allo scopo di salvaguardare l’ordine, la quiete e la salute pubblici, in disparte ogni valutazione circa l’idoneità a creare il presupposto di urgenza connesso all’inquinamento acustico ed all’effettivo pericolo di danno grave ed imminente per l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana per il legittimo ricorso ai poteri di ordinanza di cui all’art. 54 D.Lgs. n. 267/2000 (in senso affermativo, Cons. St. Sez. V, 13.2.2009, n. 828, in fattispecie del tutto simile), escluda, comunque, l’elemento soggettivo della colpa in capo all’amministrazione procedente.
7.Considerando l’orientamento secondo cui in sede di giudizio di risarcimento del danno derivante da provvedimento amministrativo illegittimo, l’illegittimità dell’atto costituisce indizio presuntivo della colpa, restando a carico dell’amministrazione l’onere di dimostrare la scusabilità dell’errore per contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione della norma, per la complessità del fatto ovvero per l’influenza di altri soggetti (Cons. St. Sez. V, 20 luglio 2009, n. 4527), elementi questi liberamente valutabili dal giudice al fine di escludere la colpevolezza, non potendo l’imputazione avvenire sulla base del dato meramente oggettivo dell’illegittimità del provvedimento (Cons. St. Sez. V, 13.4.2010, n. 2029), la Sezione ritiene che, nella specie, l’amministrazione abbia fornito piena dimostrazione dell’assenza di imputabilità di ogni responsabilità a titolo di dolo o di colpa, data la molteplicità di richieste di intervento provenienti da soggetti pubblici e privati, l’emergenza della situazione creatasi a causa del livello dei rumori percepiti dall’interno delle abitazioni, la necessità di intervenire prontamente, il giustificato affidamento sulla sussistenza dei presupposti per l’adozione dell’ordinanza contingibile ed urgente come unica misura idonea a fronteggiare immediatamente la situazione di inquinamento acustico e di pericolo per l’ordine, la quiete e la salute pubblica.
8.Inoltre, l’avvenuta sottoscrizione di un codice di autoregolamentazione se, da un lato, dimostra la disponibilità di tutte le parti a cooperare per trovare una soluzione al turbamento creatosi, permettendo in tempi brevi il ritiro del provvedimento, dall’altro comprova la necessità, riconosciuta dagli stessi esercenti, di regolare le modalità di svolgimento della propria attività, avendo contribuito al verificarsi dei gravi disagi lamentati.
9.In conclusione, l’appello va accolto, con la riforma parziale della sentenza impugnata ed il rigetto della domanda di risarcimento del danno formulata con il ricorso di primo grado.
10.Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare le spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione Quinta, definitivamente pronunciando, ACCOGLIE l’appello e, per l’effetto, in riforma parziale della sentenza di primo grado, respinge la domanda di risarcimento del danno.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 giugno 2010 con l'intervento dei Signori:
Calogero Piscitello, Presidente
Marco Lipari, Consigliere
Aldo Scola, Consigliere
Aniello Cerreto, Consigliere
Francesca Quadri, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/09/2010