Cass. Sez. III n. 9492 del 3 marzo 2009 (Ud. 29 gen. 2009)
Pres. Onorato Est.Teresi Ric. Capucciati.
Rifiuti. Omessa bonifica dei siti inquinati

In tema di gestione dei rifiuti, ai fini della configurabilità del reato di omessa bonifica dei siti inquinati (art. 257, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152) è necessario il superamento della concentrazione soglia di rischio (CSR) nonchè l\'adozione del progetto di bonifica previsto dall\'art. 242 del citato decreto.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. ONORATO Pierluigi - Presidente - del 29/01/2009
Dott. TERESI Alfredo - rel. Consigliere - SENTENZA
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - N. 235
Dott. MULLIRI Guicla Immacolata - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. MARINI Luigi - Consigliere - N. 26659/2008
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Capucciati Marcello, nato a Piacenza il 19.05.1923;
avverso la sentenza della Corte d\'Appello di Milano in data 5.05.2008 che ha ridotto a mesi 8 di arresto Euro 3.600 d\'Ammenda la pena infettagli nel giudizio di primo grado per il reato di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51 bis ora D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 257;
Visti gli atti, la sentenza denunciata e il ricorso;
Sentita in Pubblica Udienza la relazione del Consigliere Dott. Teresi Alfredo;
Sentito il P.M. nella persona del P.G. Dott. SALZANO Francesco, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
Sentito il difensore del ricorrente avv. BASILE Emanuele, che ha chiesto l\'accoglimento del ricorso.
OSSERVA
Con sentenza 5.05.2008 la Corte d\'Appello di Milano riduceva a mesi 8 di arresto Euro 3.600 d\'ammenda la pena inflitta nel giudizio di primo grado a Capucciati Marcello quale responsabile di avere, essendo legale rappresentante della Conceria Palladio s.r.l., omesso di bonificare il canale di scolo del depuratore e del canale di Montecchie dopo aver provocato l\'inquinamento mediante l\'immissione di rifiuti pericolosi reflui dell\'industria di conceria contenenti un\'elevata concenti-azione di cromo trivalente, e non esavalente, come originariamente contestato.
La bonifica, ex art. 17 del decreto n. 22, era stata imposta dal Comune di Somaglia con ordinanza 30.07.2001 notificata in data 1.08.2001 nella quale si ordinava all\'interessato di presentare un progetto definitivo di bonifica dei canali sulla base dei contenuti del progetto preliminare approvato nella conferenza di servizio 24.01.2001 e di provvedere, dopo l\'approvazione del progetto definitivo, all\'esecuzione degli interventi di bonifica dei siti inquinati.
Tanto premesso, la Corte territoriale confutava l\'assunto difensivo secondo cui, nella specie, fosse applicabile la normativa sugli scarichi di cui al D.Lgs. n. 152 del 1999, perché l\'inquinamento era stato prodotto dalla concentrazione di fanghi derivanti dall\'attività di conceria che superavano i limiti di cromo totale, come accertato dalle eseguite analisi.
Riteneva che l\'inquinamento provocato da rifiuti pericolosi costituisse un\'ipotesi autonoma di reato e che la riformulazione del reato, D.Lgs. n. 152 del 2006, ex art. 257, fosse più favorevole osservando che, nella disciplina abrogata, l\'evento d\'inquinamento coincideva col superamento dei livelli d\'accettabilità stabiliti nelle tabelle allegate al D.M. n. 471 del 1999, o col concreto e attuale pericolo di superamento di tali livelli, mentre con la nuova normativa rileva il superamento delle concentrazioni soglia rischio (CSR) definite nell\'art. 240, lett. c), che sono più alte dei previgenti livelli d\'accettabilità.
Questi ultimi coincidono sostanzialmente con le concentrazioni soglia contaminazione (CSC) definite nell\'art. 240, lett. b), in relazione all\'allegato 5 della Parte quarta del decreto n. 152 e, se superate, impongono un procedimento di caratterizzazione e di analisi di rischio sito specifica in esito al quale, solo se accertato il superamento di CSR, è richiesta la messa in sicurezza e la bonifica del sito.
Conseguentemente il fatto andava valutato secondo le previsioni della normativa abrogata e punito sulla base del più favorevole trattamento sanzionatorio stabilito da quella sopravvenuta. Proponeva ricorso per cassazione l\'imputato denunciando mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione che impropriamente aveva richiamato la sentenza di questa Corte n. 26479/2007.
La bonifica del sito asseritamente inquinato entro il termine dell\'11.09.2001 indicato nella contestazione era impossibile in considerazione della complessità dell\'iter burocratico da rispettare, pur considerando la necessità di ottenere autorizzazione ad accedere e a occupare fondi agricoli adiacenti al canale Montecchie, e dei tempi necessari per stipulare il contratto con l\'impresa specializzata in drenaggi e nell\'asporto dei fanghi sedimentati nell\'alveo.
Inoltre, dopo la notifica dell\'ordinanza, erano intercorse trattative per la determinazione dei modi e tempi di esecuzione della bonifica, sicché la determinazione alla stessa inerente era "stata ampiamente superata dalle parti in esito all\'apprezzamento dal Comune di Somaglia alle contestazioni e ai rilievi di fattibilità posti dell\'impresa Palladio".
In data 9.05.2006 la conceria Palladio aveva chiesto la convocazione di una nuova conferenza di Servizi perché si provvedesse, come consentito dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 265, comma 4, alla riapertura del procedimento autorizzativo già concluso al fine di rimodulare, limitatamente alle opere di bonifica ancora in fase di realizzazione, gli obiettivi d bonifica.
Il ricorrente denunciava anche violazione di legge sulla disapplicazione della nuova disciplina introdotta nella materia de qua dal D.Lgs. n. 152 del 2006.
L\'art. 257, che aveva riformulato il Decreto n. 22 del 1997, art. 51 bis, esige, ai fini della consumazione del reato, il superamento delle concentrazioni soglie di rischio (CSR) che costituisce parametro di natura diversa dal ed. limite di accettabilità di cui al D.M. 25 ottobre 1999, n. 471.
Pertanto, nella pendenza del processo di primo grado e nel vigore della nuova normativa, l\'obbligo di bonifica doveva essere accertato con riguardo a un inquinamento provocato col superamento delle CSR, cioè dei "livelli di contaminazione delle matrici ambientali da determinarsi caso per caso con l\'applicazione della procedura di analisi di rischio specifica ... il cui esubero richiede la messa in sicurezza e la bonifica".
Nella specie, il superamento non era stato accertato, ne\' era stata riconosciuta l\'accidentalità dell\'inquinamento prevista dal novum perché l\'attività industriale di conceria era autorizzata e gli scarichi non avevano mai superato i limiti di legge.
Rilevava ancora il ricorrente che, mentre per il procedimento richiamato dal Decreto n. 22 del 1997, art. 51 bis, il reato era configurabile per la violazione di uno qualsiasi dei numerosi obblighi gravanti sul privato ex art. 17, con l\'introduzione del Decreto n. 152, art. 257, la consumazione del reato non può prescindere dall\'adozione del progetto di bonifica ex art. 242. Conseguentemente, essendo stato il progetto approvato nella Conferenze dei Servizi del 30.09.2004, l\'omessa bonifica non poteva essere ascritta all\'imputato che non era più amministratore della società dall\'agosto 2002.
Osservava che, qualora fosse ritenuta applicabile la normativa abrogata, ugualmente non sarebbe configurabile il reato de qua perché:
- l\'inquinamento riscontrato è dato da sedimentazione di cromo trivalente per il quale i limiti tabellari erano originariamente più ampi e permissivi;
- la stratificazione della sostanza risale alla data dell\'insediamento (1963) sicché la sua origine è antecedente alla data di assunzione della carica di amministratore da parte dell\'imputato;
- egli è stato legale rappresentante dell\'azienda, autorizzata allo scarico, dal 1994 sino all\'agosto 2002 senza riportare condanna per analoga imputazione.
Aggiungeva il ricorrente che la norma transitoria, di cui al Decreto n. 152, art. 265, consentiva di presentare all\'autorità competente - entro 180 giorni dalla sua entrata in vigore - adeguata relazione tecnica al fine di rimodulare gli obiettivi di bonifica già autorizzati sulla base dei criteri definiti dalla quarta parte del decreto asserendo di avere fatto formale domanda senza ottenere alcun riscontro.
Chiedeva, previa dichiarazione di rinuncia alla prescrizione limitatamente al reato contestato, l\'annullamento della sentenza impugnata.
Va anzitutto rilevato che il fatto è stato correttamente inquadrato nella normativa sui rifiuti alla luce dell\'orientamento di questa Corte secondo cui "i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue non sono sottoposti alla disciplina sulle acque ai sensi del D.Lgs. n. 192 del 1999, art. 48, ma a quella sui rifiuti di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, (disposizione riprodotta nel D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 127)", alla cui diffusa motivazione si rimanda (Cassazione Sezione 3^ n. 10968/2006, Piccinini, RV. 233674). Tanto premesso, va esaminato l\'assorbente motivo sullo ius superveniens, costituito dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 257, nella materia de qua.
Questa Corte ha affermato in merito che "in temo di gestione dei rifiuti, io nuova disposizione di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 257, in materia di bonifica dei siti, è meno grave della previgente disposizione di cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 51 bis, atteso che viene ridotta l\'area dell\'illecito ed attenuato il trattamento sanzionatorio. Infatti mentre precedentemente l\'evento poteva consistere nell\'inquinamento del sito o nel pericolo concreto ed attuale di inquinamento, il citato art. 257 configura il solo evento di danno dell\'inquinamento; inoltre per aversi inquinamento è ora necessario il superamento della Concentrazione Soglia di Rischio (CSR): che è un livello di rischio superiore ai livelli delle Concentrazioni Soglia di Contaminazione (CSC); infine la sanzione penale è ora prevista con pena pecuniaria o detentiva alternativa, diversamente dalla precedente disposizione che prevedeva la pena congiunta" (Cassazione Sezione 3^ n. 9794/2007, Montigiani, RV. 235951).
Ne consegue che, per la riformulazione della fattispecie criminosa, il caso in esame va valutato alla stregua della nuova disciplina secondo il principio di stretta legalità che non consente un\'interpretazione estensiva delle norme (ancorché basata sulle esigenze di tutela della salute e dell\'ambiente, come ritenuto nella sentenza impugnata) tale da comportare effetti in malam partem nei confronti dei singoli.
Si deve, quindi, osservare che i giudici di merito non hanno accertato, ai sensi del citato art. 257, che ha riformulato il Decreto n. 22 del 1997, art. 51 bis, ai fini della consumazione del reato, il superamento delle concentrazioni soglie di rischio (CSR) che costituisce parametro di natura diversa dal ed. limite di accettabilità di cui al D.M. 25 ottobre 1999, n. 471, ne\' hanno considerato che l\'obbligo di bonifica deve, ora, essere correlato a un inquinamento provocato col superamento delle suddette concentrazioni.
In altri termini, i predetti hanno accertato l\'evento di pericolo (cioè il rischio concreto e attuale di superamento dei predetti limiti di accettabilità) e non quello di danno (superamento degli stessi limiti di accettabilità) del reato ipotizzato, senza ritenere il reato d\'inquinamento e di omessa bonifica del sito alla luce della più favorevole normativa sopravvenuta, mancando qualsiasi verifica dell\'evento inquinamento richiesto come elemento essenziale della nuova figura criminosa.
Va pure osservato che, mentre per il procedimento richiamato dal Decreto n. 22, art. 51 bis, il reato era configurabile per la violazione di uno qualsiasi dei numerosi obblighi gravanti sul privato ex art. 17, con l\'introduzione del Decreto n. 152, art. 257, la consumazione del reato non può prescindere dall\'adozione del progetto di bonifica ex art. 242.
Conseguentemente, essendo stato il progetto approvato nella Conferenze dei Servizi in data 30.09.2004, l\'omessa bonifica non poteva essere ascritta all\'imputato che non era più amministratore della società dall\'agosto 2002.
La sentenza impugnata va, quindi, annullata senza rinvio. P.Q.M.
La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata per non avere commesso il fatto.
Così deciso in Roma, nella Pubblica Udienza, il 29 gennaio 2009. Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2009