Regolamento antenne legittimo anche senza legge regionale.

Di Fulvio Albanese

Il Comune può dotarsi di un regolamento per disciplinare la realizzazione degli impianti di telefonia mobile (ed individuare nello stesso i siti d’installazione) anche prima che la Regione legiferi in materia, lo ha ribadito il TAR Lazio con la Sentenza n. 9225 del 19 aprile 2007.

La vicenda prende le mosse dal ricorso di un gestore di telefonia mobile contro il diniego al rilascio dell’autorizzazione edilizia per la realizzazione di un impianto di telefonia mobile emesso dall’Ufficio Tecnico Edilizia Privata ed Urbanistica del Comune di Ariccia., in quanto il sito prescelto dal gestore non era compreso nel Piano Antenne.
Emerge dall’esame di questa sentenza, una questione annosa più volte dibattuta nelle aule dei tribunali amministrativi: la possibilità in capo alle amministrazioni comunali, di adottare un regolamento comprensivo di un piano d’insediamento delle antenne per la telefonia mobile, in mancanza di una legge regionale in materia. Precisiamo subito che la giurisprudenza amministrativa ha riconosciuto ai Comuni, anche prima dell’entrata in vigore della Legge 22 febbraio 2001, n. 36, “Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”, la facoltà di adottare regolamenti al fine di individuare specifiche zone dove posizionare impianti radioelettrici, e fissare norme per regolamentarne l’installazione, ammesso che tale regolamentazione sia finalizzata al corretto uso del territorio ed alla minimizzazione della esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici. (cfr. ad es. Tar Veneto 14/06/2000 Sent. n.1010, – Tar Lombardia 21/11/2000 Ord. n. 3765, –; TAR Toscana, 15 gennaio 2001, Sent. n. 53, - Tar Puglia Ord. 08/11/2001 n. 1392, – Tar Sicilia, 24/10/2001 Sent. n. 2007, – Tar Abruzzo 23/01/2002 Sent n. 170, – Tar Lazio 25/01/2002 Sent. n. 678, – Tar Veneto 04/02/2002 Sent. n. 347, - Consiglio di Stato 03/06/2002 n. 3098- Tar Umbria 12/05/2003 Sent. n. 333 - Tar Emilia-Romagna 20/11/2003 Sent n.658, - Consiglio di Stato 10/02/2003 n. 673 - Consiglio di Stato 27/05/2003 n. 2945, - Consiglio di Stato 06/06/2003 n. 3171, - TAR Toscana, n. 224/2006; - TAR Veneto, 8 marzo 2006, n. 565 - Consiglio di Stato 24/01/2006 Sent. 3452 e 3453).

In tal senso anche la Corte Costituzionale con l’importantissima sentenza 7 ottobre 2003 n. 307 (N.B. il D.Lgs. 259/2003 entra in vigore il 16 settembre 2003) nella quale è stato valutato il contenuto di quattro leggi regionali (Marche, Puglia, Umbria e Campania) in relazione sia alle competenze date dall’articolo 8 della legge quadro 36 del 2001, che alla luce della riforma del Titolo secondo della Costituzione introdotta dalla Legge costituzionale 3/2001, riafferma la piena podestà regolamentare degli enti locali: “(...) A questo proposito è logico che riprenda pieno vigore l'autonoma capacità delle Regioni e degli enti locali di regolare l'uso del proprio territorio, purché, ovviamente, criteri localizzativi e standard urbanistici rispettino le esigenze della pianificazione nazionale degli impianti e non siano, nel merito, tali da impedire od ostacolare ingiustificatamente l'insediamento degli stessi.” (...).

Nel caso specifico il Comune di Ariccia sembra abbia applicato concretamente quanto statuito della Consulta nella suddetta sentenza, infatti lo studio preliminare alla realizzazione del piano comprensivo d’installare gli impianti (37 siti distribuiti su tutto il territorio comunale), è stato inviato prima dell’approvazione definitiva alle società operanti nel settore della telefonia mobile per eventuali proposte alternative. Il che testimonia un processo partecipativo complesso e aperto come recentemente affermato dal T.A.R. Toscana con la sentenza n. 4572 del 3 Ottobre 2005: “La necessità di coinvolgere i gestori interessati (soggetti ben individuati) nel procedimento di localizzazione degli impianti discende, non solo, dalle previsioni e dalla ratio della normativa di settore (art. 9, commi 1 e 2, della L. quadro; art. 41, comma 2, della L. n. 166/2002; art. 4, commi 2 e 3, art. 86, comma 2, del Codice delle comunicazioni elettroniche) ma discende, anche, dai principi generali in tema di partecipazione al procedimento amministrativo dei soggetti, nei cui confronti il provvedimento è destinato a produrre effetti, introdotti nell’ordinamento dalla L. n. 241/1990 nonchè dai canoni che debbono presiedere all’esercizio dell’attività amministrativa, affinché questa si conformi all’art. 97 della Costituzione”.
L’amministrazione comunale approvato il piano antenne ha negato l’autorizzazione per installare stazioni radio base su aree non comprese nella pianificazione. Il gestore certo che il comportamento del Comune fosse in contrasto con i decreti legislativi 198/2002 e 259/2003 nel frattempo entrati in vigore, ha contestato la legittimità del Comune ad approvare il piano antenne senza una legge regionale in materia, e impugnato il diniego. Il Tar Lazio in un primo momento ha accolto la domanda di sospensione con l’Ordinanza 3081 del 2004, ma nel merito ha ribaltato il giudizio e respinto il ricorso, riconoscendo la piena facoltà regolamentale del comune in materia d’installazione d’impianti di telefonia mobile con le seguenti importanti motivazioni:

“(...) il Collegio ritiene che il Comune può dotarsi del regolamento anche prima che la Regione legiferi in subiecta materia, e ciò per varie ragioni:

Innanzi tutto, in base al principio costituzionale di sussidiarietà, il quale presuppone che le funzioni amministrative sono esercitate dal livello di potere che è più vicino ai cittadini (art. 118 Cost.);

In secondo luogo, perché il regolamento in questione è finalizzato anzitutto ad assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti di telefonia mobile (in questo senso, si tratta quindi di esercitare competenze di spettanza chiaramente comunale);

In terzo luogo, perché l’altra finalità (ossia, minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici) deve essere perseguita senza indugio, non potendo le azioni poste a tutela della salute umana essere ritardate sine die dall’eventuale inerzia regionale.

Naturalmente, laddove la Regione legiferi successivamente all’entrata in vigore di un regolamento comunale, quest’ultimo dovrà eventualmente essere adeguato dal Comune interessato nelle parti che risultassero incompatibili con la normativa sopravvenuta.

Da ultimo giova rilevare che, in sostanza, si tratta di applicare anche a questa materia i principi che la giurisprudenza ha elaborato a proposito dei regolamenti di cui all’ultimo periodo dell’art. 873 c.c. (i quali, introducendo limiti più stringenti per l’esercizio del diritto di proprietà rispetto alle disposizioni civilistiche, in tanto sono ritenuti legittimi, in quanto contengono disposizioni razionali) o degli strumenti urbanistici (i quali, limitando il contenuto del diritto di proprietà – operando quindi in un settore oggetto di riserva relativa di legge, ai sensi dell’art. 42 Cost. e non trovando in alcuna disposizione di legge gli indirizzi informatori – trovano la giustificazione del proprio essere nella obiettività e razionalità della disciplina dettata) (Cfr. TAR Puglia, Sent. 01/01/2005 n.3575 – 02/07/2005 n.n. 3582, 3583, 3586, 3587 - 20/02/2006 n. 1007).”

Penso sia opportuno anche ricordare la Sentenza del Consiglio di Stato n. 1312 del 20 marzo 2007 con la quale è stato chiarito quali sono i limiti dei gestori nella scelta dei siti dove localizzare gli impianti di telefonia, nel caso in cui non coincidano con la pianificazione comunale:
“Il gestore ritiene erroneamente che la normativa in vigore (si riferisce chiaramente al D.Lgs. 259/03) garantisca allo stesso, in qualità di gestore del servizio di telefonia mobile, la possibilità di installare un impianto nel sito prescelto;

L’interesse protetto dalla legislazione nazionale alla realizzazione delle reti di telecomunicazione, non è stato affidato alla esclusiva disponibilità del gestore, il quale, di norma, opera secondo la logica sua propria, che è quella di opportunità economica.”



Sentenze tratte da www.giustizia-amministrativa.it



R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER IL LAZIO
Sezione Seconda Bis
Sentenza N. 9225 / 2007

ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso n. 4989/2004 proposto dalla Società H3G s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv.ti Natalino Irti e Michele Mammone e presso quest’ultimo elettivamente domiciliata in Roma, alla Via Savoia n. 23;
C O N T R O
il Comune di Ariccia, rappresentato e difeso dall’avv. Filippo Loria presso il quale è elettivamente domiciliato in Roma alla Via Annibale De Gasperis n. 101;
per l'annullamento
della nota del Comune di Ariccia, Settore Ufficio Tecnico Edilizia Privata ed Urbanistica, n. 6555/02 del 1.3.2004 con cui è stato disposto il diniego della autorizzazione edilizia per la realizzazione di un impianto radioelettrico di telefonia mobile “in quanto contrasta con il Piano Antenne”, nonché di ogni atto precedente, quale la delibera che ha portato all’adozione del Piano Antenne;
per l’accertamento
del diritto della società ricorrente al risarcimento dei danni derivante dall’illegittimo impedimento alla realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazione di cui all’istanza del 27 febbraio 2002;
Visto il ricorso ed i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Ariccia;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 19.4.2007 il consigliere Francesco RICCIO;
Uditi, altresì, gli avvocati come riportati nel relativo verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
F A T T O
Con il ricorso, notificato il 30 aprile 2004 e depositato il successivo 14 maggio, l’interessata società, titolare della licenza individuale per la prestazione del servizio pubblico di comunicazioni mobili secondo lo standard UMTS, ha impugnato gli atti meglio specificati in epigrafe perché lesivi del proprio interesse connesso alla realizzazione dell’impianto di trasmissione di telefonia mobile.
Al riguardo, il medesimo ha prospettato come motivi di impugnazione la violazione di legge e l’eccesso di potere sotto svariati aspetti sintomatici.
E’ stato, altresì, richiesto il risarcimento dei danni derivanti dall’impedimento alla realizzazione delle infrastrutture di cui è merito per effetto dell’istanza presentata in data 27 febbraio 2002.
Si è costituito in giudizio il Comune di Ariccia il quale ha eccepito, in rito, l’irricevibilità parziale dell’impugnazione per tardività della notifica e l’improcedibilità del ricorso per mancata notifica dell’atto al Responsabile dell’Ufficio Urbanistica del Comune di Ariccia ed ad almeno un controinteressato e, nel merito, l’infondatezza delle doglianze prospettate.
Nella Camera di Consiglio del 3 giugno 2004 con ordinanza n. 3081/2004 questo Tribunale ha accolto la domanda di sospensione degli effetti del provvedimento impugnato.
All’udienza del 19 aprile 2007 la causa è stata posta in decisione.
D I R I T T O
Preliminarmente va rilevato che, stante l’infondatezza nel merito del presente mezzo di gravame, il Collegio ritiene di poter prescindere dall’esame delle eccezioni in rito sollevate dalla difesa della parte resistente.
Prima di affrontare le doglianze prospettate appare necessario per una più chiara descrizione della vicenda in contestazione fare delle premesse in fatto che diano contezza del contesto procedimentale in cui si inserisce il provvedimento di diniego dell’autorizzazione edilizia all’installazione di un impianto radioelettrico di telefonia mobile nel Comune di Ariccia, emesso dal Responsabile Ufficio Urbanistica il 1° marzo 2004.
Il predetto Comune di Ariccia con nota dell’8 febbraio 2002 trasmetteva alle Società operanti nel settore della telefonia mobile – tra la quali la Società H3G S.p.a. – lo studio preliminare alla realizzazione del Piano localizzativo delle antenne di telefonia mobile, nel quale sono state individuate le aree che, secondo la programmazione urbanistica, risultano essere le più idonee alle future installazioni, al fine di acquisire eventuali proposte alternative da sottoporre al vaglio dei competenti organi tecnici.
Senza alcun accordo preventivo che rendesse possibile la predisposizione di un piano concordato con le autorità comunali, il successivo 27 febbraio 2002 la società ricorrente ha presentato un’espressa richiesta di autorizzazione edilizia relativa alla realizzazione di un impianto di Teleradiocomunicazioni per la diffusione dei servizi di telefonia cellulare di terza generazione UMTS nel sito posto al Km 6,600 della Via Nettunense, allegandovi allo scopo la documentazione necessaria.
Approvato il piano di localizzazione dei sistemi ed impianti radioelettrici con la deliberazione del Consiglio Comunale n. 9 del 28.1.2003, il Sindaco del Comune di Ariccia con nota 4409 del 13.2.2003 ha chiesto alla Società H3G S.p.a. la disponibilità all’installazione di co-siting di una stazione Radio-base su una delle aree comunali meglio individuate nella planimetria allegata al piano debitamente approvato.
Per tale evenienza l’Amministrazione comunale ha disposto medio tempore la sospensione di ogni determinazione in merito alla richiesta di autorizzazione per l’installazione degli impianti in discussione.
Con successivo atto del 16 dicembre 2003 la Società H3G dichiarava di dare inizio ai lavori, in base al titolo autorizzativo che si sarebbe formato per effetto dei sopravvenuti decreti legislativi n. 198 del 2002 e n. 259 del 2003, relativamente all’impianto sopra specificato da installarsi in Ariccia Via Nettunense km 6,600.
Il Responsabile del Settore Ufficio Tecnico Edilizia Privata ed Urbanistica del Comune di Ariccia con nota n. 6555 del 1 marzo 2004 ha comunicato alla ricorrente il diniego dell’autorizzazione edilizia in argomento “in quanto contrasta con il Piano Antenne”.
Con il primo motivo di gravame la Società prospetta il vizio di eccesso di potere per difetto di motivazione e per mancanza dei presupposti, nonché la palese violazione dell’art. 4, comma terzo, del D.Lgs. n. 259 del 2003 (cd. Codice delle Comunicazioni), da cui si desume che il legislatore avrebbe imposto all’Amministrazione un onore motivazionale abbastanza penetrante.
Gli argomenti sopra esposti non hanno alcun pregio.
Infatti, per una corretta valutazione dell’atto finale adottato dal responsabile dell’Ufficio Urbanistica del Comune di Ariccia, occorre inserirlo nel contesto procedimentale in precedenza illustrato, dove una funzione preponderante è stata svolta dal piano antenne con cui il Comune di Ariccia ha individuato ben 37 aree per l’ubicazione degli impianti di radiotelefonia distribuite su tutto il territorio comunale al fine di consentire la maggiore efficienza del servizio.
Stando così le cose, il provvedimento impugnato, pur attraverso una motivazione alquanto sintetica e concisa, dà ragione in maniera sufficiente del motivo ostativo al rilascio dell’autorizzazione per l’installazione dell’impianto in argomento. Infatti, l’area situata al Km 6,600 della via Nettunense non è di fatto inserita nel Piano Antenne; né la stessa Società, come già invitata a suo tempo dal Comune resistente, ha accettato o concordato con la p.a. un sito idoneo nella fase preliminare all’approvazione del piano medesimo, quando cioè la stessa era stata resa edotta del progetto di piano predisposto dai competenti uffici tecnici.
Con il secondo motivo di censura la parte istante contesta in radice la potestà del Comune resistente di approvare un piano delle antenne, attraverso il quale proporre per ciò stesso un’autonoma localizzazione degli impianti che sarebbe in contrasto con i principi legislativi di cui agli artt. 4, 5, 8 e 9 della legge n. 36 del 2001 che, tra l’altro, assegnano la rispettiva competenza al plesso Stato-Regione.
Contrariamente alla tesi esposta dalla difesa di parte ricorrente ed alla luce della più recente giurisprudenza costituzionale, si può senz’altro sostenere che è consentito alle regioni ed ai comuni, ciascuno per la propria competenza, introdurre criteri localizzativi degli impianti radioelettrici per la telefonia mobile ciò nell'ambito della funzione di definizione degli “obiettivi di qualità” consistenti nei criteri localizzativi di cui all'art. 3 comma 1 lett. d) ed all'art. 8 commi 1 lett. e) e 6 legge quadro 22 febbraio 2001 n. 36, di converso, non è consentito introdurre limitazioni alla localizzazione. In altre parole sono “criteri localizzativi “legittimi (ancorché espressi in negativo) i divieti di installazione su “specifici” edifici (su ospedali, case di cura e di riposo, scuole e asili nido); sono “limitazioni alla localizzazione”, perciò vietate, previsioni recanti criteri distanziali “generici ed eterogenei”, quali la prescrizione di distanze minime, da rispettare nell'installazione degli impianti, dal perimetro esterno di edifici destinati ad abitazioni, a luoghi di lavoro o ad attività diverse da quelle specificamente connesse all'esercizio degli impianti stessi, di ospedali, case di cura e di riposo, edifici adibiti al culto, scuole ed asili nido, nonché di immobili vincolati ai sensi della legislazione sui beni storico-artistici o individuali come edifici di pregio storico-architettonico, di parchi pubblici, parchi gioco, aree verdi attrezzate ed impianti sportivi (Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 9 giugno 2006 n. 3452).
Con particolare riferimento al potere di individuare una localizzazione degli impianti di telecomunicazione ai comuni spetta - alla luce delle competenze urbanistiche ed edilizie inerenti il governo del territorio e tenuto conto della competenza aggiuntiva e diversa relativa alla minimizzazione del rischio per la salute della popolazione - disciplinare con regolamento la localizzazione ottimale degli impianti di telecomunicazione, potendo dettare regole diverse, rispetto a quelle prescritte per la generalità degli altri impianti, nella misura in cui esse siano volte a contemperare ragionevolmente gli opposti interessi coinvolti, nel rispetto dei limiti di esposizione dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità stabiliti dallo Stato nonchè dei criteri di localizzazione e delle altre eventuali prescrizioni definiti dalle Regioni; poiché i regolamenti comunali di minimizzazione di cui all'art. 8, comma 6, legge quadro n. 36 del 2001 debbono limitarsi a dettare prescrizioni urbanistico-edilizie di carattere integrativo, volte ad imporre ubicazioni specifiche o caratteristiche tecniche determinate, risultano compatibili con i limiti delle competenze comunali: l'indicazione d'accorgimenti tecnici particolari da adottare nella realizzazione degli impianti, quali ad esempio schermature idonee a neutralizzare o ridurre l'emissione di onde elettromagnetiche all'esterno; l'indicazione di siti idonei, nel rispetto della zonizzazione prevista dal piano regolatore generale, tenuto conto dell'esigenza di evitare l'esposizione alle onde elettromagnetiche di soggetti fragili (bambini, anziani, ammalati) e di ridurre l'impatto sul territorio dal punto di vista urbanistico-edilizio (Cfr. TAR Veneto, Sez. III, 19 ottobre 2006 n. 3520).
Da un punto di vista strettamente sistematico occorre segnalare che, nel contesto normativo relativo alla disciplina pubblicistica degli impianti tecnologici comportanti l’esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, l’intervento più significativo è rappresentato dalla L. 22 febbraio 2001, n. 36, non a caso definita dallo stesso Legislatore “legge quadro”, che, oltre a rinviare ad un successivo DPCM la fissazione dei limiti di esposizione alle emissioni, interviene anche sul riparto di competenze, in subiecta materia, fra i vari enti territoriali.
La questione (che poi assume rilevanza decisiva nel presente giudizio) scaturisce dal fatto che gli interventi che gli operatori di telefonia mobile debbono realizzare per installare i propri impianti incidono innanzitutto, in quanto lato sensu edilizi, in maniera più o meno pesante, sull’assetto del territorio (quindi toccano una materia di competenza dei Comuni), dall’altro attengono anche alla tutela della salute, ossia ad una materia che, pur non essendo per l’ordinario attribuita alla competenza dei Comuni, incentra su di sé l’attenzione delle comunità locali.
Ciò premesso, giova poi segnalare che la successiva disciplina recata dal c.d. Codice delle Comunicazioni, raccordata con quella del DPR 6 giugno 2001, n. 380 e, nel caso in cui vengano in evidenza questioni relative alla tutela dei beni paesaggistici e/o culturali, dal D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, ha generato un gravoso problema procedimentale per le autorità comunali, le quali hanno oscillato fra un’applicazione integrale della disciplina urbanistico-edilizia anche agli interventi per cui è causa (in tal modo obliterando del tutto le disposizioni del D. Lgs. n. 259/2003) e un’applicazione non del tutto lineare delle disposizioni recate dal Codice delle Comunicazioni (soprattutto con riferimento all’iter procedimentale finalizzato al rilascio del titolo abilitativo ex art. 87 del D. Lgs. n. 259/2003).
La Corte Costituzionale, come è noto, oltre che con la sentenza 1° ottobre 2003, n. 303 (con cui è stata dichiarata l’incostituzionalità dell’intero D. Lgs. n. 198/2002) è intervenuta con altre due importanti pronunce, ossia la sentenza 7 ottobre 2003, n. 307 e la sentenza 7 novembre 2003, n. 331.
Nella prima in particolare (relativa al giudizio di legittimità costituzionale di alcune leggi regionali adottate nell’esercizio della delega di cui alla L. n. 36/2001), la Corte ha esaminato preliminarmente la questione di fondo posta dai suindicati criteri di riparto delle competenze, e cioè “…se i valori-soglia (limiti di esposizione, valori di attenzione, obiettivi di qualità definiti come valori di campo), la cui fissazione è rimessa allo Stato, possano essere modificati dalla Regione, fissando valori-soglia più bassi, o regole più rigorose o tempi più ravvicinati per la loro adozione…”.
Invece, per quanto concerne le discipline localizzative e territoriali, la Consulta ha ritenuto che “… A questo proposito è logico che riprenda pieno vigore l'autonoma capacità delle Regioni e degli Enti locali di regolare l'uso del proprio territorio, purché, ovviamente, criteri localizzativi e standard urbanistici rispettino le esigenze della pianificazione nazionale degli impianti e non siano, nel merito, tali da impedire od ostacolare ingiustificatamente l'insediamento degli stessi...”.
Fatta questa doverosa premessa, il Collegio ritiene che il Comune può dotarsi del regolamento anche prima che la Regione legiferi in subiecta materia, e ciò per varie ragioni:
innanzitutto, in base al principio costituzionale di sussidiarietà, il quale presuppone che le funzioni amministrative sono esercitate dal livello di potere che è più vicino ai cittadini (art. 118 Cost.);
in secondo luogo, perché il regolamento in questione è finalizzato anzitutto ad assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti di telefonia mobile (in questo senso, si tratta quindi di esercitare competenze di spettanza chiaramente comunale);
in terzo luogo, perché l’altra finalità (ossia, minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici) deve essere perseguita senza indugio, non potendo le azioni poste a tutela della salute umana essere ritardate sine die dall’eventuale inerzia regionale.
Naturalmente, laddove la Regione legiferi successivamente all’entrata in vigore di un regolamento comunale, quest’ultimo dovrà eventualmente essere adeguato dal Comune interessato nelle parti che risultassero incompatibili con la normativa sopravvenuta.
Da ultimo giova rilevare che, in sostanza, si tratta di applicare anche a questa materia i principi che la giurisprudenza ha elaborato a proposito dei regolamenti di cui all’ultimo periodo dell’art. 873 c.c. (i quali, introducendo limiti più stringenti per l’esercizio del diritto di proprietà rispetto alle disposizioni civilistiche, in tanto sono ritenuti legittimi, in quanto contengono disposizioni razionali) o degli strumenti urbanistici (i quali, limitando il contenuto del diritto di proprietà – operando quindi in un settore oggetto di riserva relativa di legge, ai sensi dell’art. 42 Cost. e non trovando in alcuna disposizione di legge gli indirizzi informatori – trovano la giustificazione del proprio essere nella obiettività e razionalità della disciplina dettata) (Cfr. TAR Puglia, Sezione Staccata di Lecce, Sez. II, 20 febbraio 2006 n. 1007).
Nella fattispecie, risulta che il regolamento impugnato, approvato dal Consiglio Comunale di Ariccia, individua ben 37 siti idonei alla localizzazione degli impianti di telefonia mobile distribuiti su tutto il territorio del Comune di Ariccia, la cui specifica indicazione non è affatto contestata dalla Società H3G; ne consegue che esso possa senz’altro essere considerato il risultato del legittimo esercizio di un potere regolamentare di stretta competenza del Comune resistente.
Con l’ultimo motivo di impugnazione la ricorrente deduce un indebita applicazione del T.U. dell’Edilizia.
L’argomento, di carattere meramente formale, non ha alcun pregio dato che la motivazione indicata nel provvedimento di diniego si fonda esclusivamente sul contrasto con il Piano Antenne e non su ragioni di natura urbanistico-edilizia.
L’infondatezza delle censure prospettate implica l’assenza di un necessario presupposto giuridico per l’accertamento della pretesa risarcitoria azionata connessa alla presunta illegittimità del diniego alla realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazione di cui è merito.
Per tutte le ragioni espresse, il Collegio respinge il ricorso perché infondato.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare fra le parti le spese di giudizio.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio,
Sezione Seconda Bis,
definitivamente pronunciando sul ricorso proposto dalla Società H3G s.p.a. , come in epigrafe, lo respinge.
Compensa integralmente fra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sezione seconda bis- nella Camera di Consiglio del 19 aprile 2007 con l’intervento dei Signori Magistrati:
Patrizio GIULIA Presidente
Francesco RICCIO Consigliere rel. ed est.
Solveig COGLIANI Consigliere
Il Presidente Il Consigliere est.

R.n. 4989/2004