Presidente: Bile F. Estensore: Garofalo G. P.M. Carnevali A. (Conf.)
Comune S. Zeno Di Montagna (Manzi) contro Schena (Paoletti)
(Cassa con rinvio, App. Venezia, 16 giugno 1995).
GIURISDIZIONE CIVILE - GIURISDIZIONE ORDINARIA E AMMINISTRATIVA - CORTE DEI CONTI - Condanna penale di un sindaco per il reato di lottizzazione abusiva - Richiesta di risarcimento del danno ambientale da parte del comune - Giurisdizione della Corte dei Conti - Esclusione - Giurisdizione del G.O. - Sussistenza - Fondamento.
L'azione di responsabilità nei confronti di amministratori e funzionari degli enti territoriali (nella specie, il sindaco di un comune) rientra nella giurisdizione contabile della Corte dei Conti soltanto per ciò che attiene al cosiddetto danno erariale, (quanto, cioè, agli esborsi indebitamente sostenuti dagli enti medesimi), mentre, con riferimento al danno urbanistico - ambientale (nella specie, derivante da lottizzazione abusiva della quale il sindaco era stato riconosciuto responsabile in sede penale), l'azione stessa è devoluta alla cognizione del giudice ordinario, ex art. 18 della legge n. 349 del 1986.
  REPUBBLICA ITALIANA
  IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
  LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
  
    
SEZIONE UNITE
    
    
			Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
			Dott. Franco          BILE           - Primo Presidente F.F. -
			Dott. Mario           CORDA          - Presidente di Sezione -
			Dott. Pasquale        PONTRANDOLFI   - Presidente di Sezione -
			Dott. Francesco       AMIRANTE                 - Consigliere -
			Dott. Gaetano         GAROFALO          - Rel  - Consigliere -
			Dott. Massimo         GENGHINI                 - Consigliere -
			Dott. Giovanni        PRESTIPINO               - Consigliere -
			Dott. Giovanni        PAOLINI                  - Consigliere -
			Dott. Antonio         CATALANO                 - Consigliere -
			ha pronunciato la seguente
		 
			S E N T E N Z A
			sul ricorso proposto da:
			COMUNE DI SAN ZENO DI MONTAGNA, in persona del Sindaco pro tempore, 
			elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CONFALONIERI 5, presso lo 
			studio dell'avvocato LUIGI MANZI, che lo rappresenta e difende 
			unitamente all'avvocato GIAN PAOLO SARDOS ALBERTINI, giusta delega a 
			margine del ricorso;
			- ricorrente -
			contro
			SCHENA PIERLUIGI;
			- intimato -
			e sul 2 ricorso n. 07322/96 proposto da:
			SCHENA PIERLUIGI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA B. 
			TORTOLINI 34, presso lo studio dell'avvocato NICOLÒ PAOLETTI, che 
			lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato IVONE 
			CACCIAVILLANI, giusta delega a margine del controricorso e ricorso 
			incidentale;
			- controricorrente e ricorrente incidentale -
			contro
			COMUNE DI SAN ZENO DI MONTAGNA, in persona del Sindaco pro tempore, 
			elettivamente domiciliato in ROMA VIA CONFALONIERI 5, presso lo 
			studio dell'avvocato LUIGI MANZI, che lo rappresenta e difende 
			unitamente all'avvocato GIAN PAOLO SARDOS ALBERTINI, giusta delega a 
			margine;
			- controricorrente al ricorso incidentale -
			avverso la sentenza n. 801/95 della Corte d'Appello di VENEZIA, 
			depositata il 16/6/95, udita la relazione della causa svolta nella 
			pubblica udienza del 7/5/98 dal Consigliere Dott. Gaetano GAROFALO;
			uditi gli Avvocati Luigi MANZI, per il ricorrente, Ivone 
			CACCIAVILLANI, per il controricorrente e ricorrente incidentale;
			udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. 
			Alessandro CARNEVALI che ha concluso per l'accoglimento del ricorso 
			principale, inammissibilità del ricorso incidentale. 
			SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
			1. Il Comune di San Zeno di Montagna, con atto di citazione del 22 
			marzo 1985, convenne innanzi al Tribunale di Verona Pierluigi 
			Schena, già sindaco di quell'amministrazione dal 1970 al 1975, per 
			sentirlo condannare al risarcimento del danno arrecato all'ente a 
			seguito di una lottizzazione del danno arrecato all'ente a seguito 
			di una lottizzazione abusiva di una porzione del territorio comunale 
			- lottizzazione per la quale egli era stato riconosciuto colpevole, 
			con sentenza passata in cosa giudicata, in sede penale ed era stato 
			anche condannato al risarcimento del danno, da liquidare in separata 
			sede, in favore del Comune costituitosi parte civile -. 
			Il Tribunale, con sentenza del 10 giugno 1992, accolse la domanda e 
			condannò lo Schena al risarcimento del danno, equitativamente 
			liquidato in lire 2.700.000.000, oltre interessi.
			2. La Corte d'Appello di Venezia, con sentenza del 21 febbraio 1995, 
			in riforma della pronuncia di primo grado, dichiarò il difetto di 
			giurisdizione del giudice ordinario, ritenendo spettare la stessa 
			alla Corte dei Conti.
			Ritenne, tra l'altro, la Corte d'Appello che la legge 142/1990 aveva 
			abrogato le disposizioni del t.u., approvato con R.D. 383/1934, 
			della legge comunale e provinciale concernenti la responsabilità 
			degli amministratori e dipendenti degli enti locali ed aveva, 
			altresì stabilito che per i predetti amministratori dovevano essere 
			osservate le disposizioni processuali che attribuivano alla 
			cognizioni della Corte dei Conti i giudizi di responsabilità 
			patrimoniale a carico degli impiegati dello Stato;
			e che, pertanto, del danno ambientale arrecato dall'illecito operato 
			del sindaco, questi doveva rispondere innanzi al giudice 
			amministrativo e non a quello ordinario.
			3. Ha proposto ricorso per cassazione il Comune di San Zeno, sulla 
			base di tre motivi, chiedendo dichiararsi la giurisdizione 
			dell'adito giudice ordinario.
			Lo Schena ha resistito con controricorso ed ha altresì proposto 
			ricorso incidentale condizionato, avverso il quale il Comune di San 
			Zeno ha, a sua volta, depositato controricorso.
			Ambo le parti hanno presentato memorie.
			MOTIVI DELLA DECISIONE
			1. Il ricorso principale e quello incidentale devono essere riuniti, 
			ai sensi dell'art. 335 c.p.c., trattandosi di impugnazioni proposte 
			contro la stessa sentenza.
			2. Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia violazione 
			e falsa applicazione dell'art. 18 della legge 8 luglio 1986 n. 349, 
			in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., affermando essere il danno 
			ambientale risarcibile in sede civile e rientrare l'azione relativa 
			nella giurisdizione del giudice ordinario; per vero dal combinato 
			disposto dell'art. 18 della citata legge e dell'art. 22 del D.P.R. 
			10 gennaio 1957 n. 3 si evince che la giurisdizione appartiene di 
			norma al giudice ordinario, con l'unica eccezione in caso di rivalsa 
			dell'amministrazione che abbia risarcito ad un terzo il danno 
			cagionato dal dipendente, agendo contro questi a norma degli artt. 
			18 e 16 della legge: così che solo in quest'ultima ipotesi la 
			giurisdizione appartiene alla Corte di Conti e non al giudice 
			ordinario.
			Con il secondo motivo il ricorrente lamenta nuovamente violazione e 
			falsa applicazione dell'art. 18 della legge 349/1986, in relazione 
			all'art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la Corte d'Appello erroneamente 
			ritenuto che il danno arrecato al Comune di San Zeno dovesse essere 
			frazionato in due parti (danno ambientale e danno urbanistico) 
			ambedue di natura erariale, così che il quantum del risarcimento 
			avrebbe dovuto essere determinato unicamente dalla Corte dei Conti. 
			Contesta sul punto il ricorrente detto frazionamento, operato 
			ritenendo ambientale il danno arrecato alla flora ed alla fauna ed 
			urbanistico quello prodotto al territorio comunale con l'illecita 
			realizzazione del villaggio turistico, affermando che il territorio 
			tutto rientra tra i beni oggetto di tutela ex art. 18 della legge 
			349/1986 in quanto rappresenta uno degli aspetti più rilevanti del 
			concetto stesso di ambiente; peraltro la violazione delle norme di 
			natura urbanistica, di cui alle leggi 10/1977, 47/1985, 1497/1939 ed 
			al D.P.R. 616/1977, danneggiando il territorio comunale, integra 
			certamente il danno ambientale menzionato dall'art. 18 della legge 
			349/1986.
			Con il terzo motivo l'amministrazione ricorrente denuncia violazione 
			degli artt. 651 (già 27) del codice di procedura penale e 2909 e 
			2043 del codice civile, in relazione all'art. 360 n. 3 del codice di 
			procedura civile, per avere la Corte d'Appello declinato la propria 
			giurisdizione, in favore di quella della Corte di Conti, 
			erroneamente presupponendo che la domanda risarcitoria riguardasse 
			un danno di natura erariale; ma l'affermazione della Corte 
			territoriale trova smentita sia nelle leggi citate (supra) sia 
			nell'interpretazione giurisprudenziale ed è altresì in contrasto con 
			il giudicato formatosi in sede penale anche in ordine all'obbligo 
			risarcitorio dello Schena, avendo il giudice penale demandato a 
			quello civile soltanto la determinazione della misura 
			dell'indennizzo dovuto all'amministrazione costituitasi parte 
			civile; la Corte d'Appello non ha considerato che l'amministrazione 
			comunale era titolare di un vero e proprio diritto soggettivo al 
			risarcimento del danno, essendo stato tale diritto accertato ed 
			affermato con sentenza penale passata in cosa giudicata. 
			3. Le censure sono fondate.
			La Corte d'Appello non ha tenuto conto di quanto dispone l'art. 18 
			della legge 8 luglio 1986 n. 349, il quale, dopo aver stabilito, al 
			comma primo, che "qualunque fatto doloso o colposo in violazione di 
			disposizioni di legge o di provvedimenti ... che comprometta 
			l'ambiente, ad esso arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo o 
			distruggendolo in tutto od in parte, obbliga l'autore del fatto al 
			risarcimento...", esplicitamente enuncia, al comma secondo, che "per 
			la materia di cui al precedente comma primo la giurisdizione 
			appartiene al giudice ordinario, ferma quella della Corte dei Conti, 
			di cui all'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 
			10 gennaio 1957 n. 3"; ne' la Corte d'Appello ha tenuto presente il 
			contenuto di quest'ultima norma, che prevede la giurisdizione della 
			Corte dei Conti (solo) per l'ipotesi che "l'amministrazione, che 
			abbia risarcito il terzo del danno cagionato dal dipendente, si 
			rivale agendo contro quest'ultimo...".
			La legge 8 giugno 1990 n. 142, all'art. 58, dettando disposizioni in 
			materia di responsabilità, enuncia che per gli amministratori ed il 
			personale degli enti locali si osservano le disposizioni vigenti in 
			materia di responsabilità degli impiegati civili dello Stato, 
			precisando, poi, che la giurisdizione della Corte dei Conti sussiste 
			"secondo le norme e le procedure previste dalle leggi vigenti" per 
			il tesoriere ed ogni altro agente contabile che abbia maneggio di 
			pubblico danaro o sia incaricato della gestione dei beni degli enti 
			locali nonché per coloro che si inseriscono negli incarichi 
			attribuiti a detti agenti, che devono rendere il conto della loro 
			gestione.
			Evidente è quindi che la citata legge 142/1990, pur abrogando le 
			disposizioni del t.u. delle leggi comunale e provinciale, approvato 
			con R.D. 383/1934, come ha affermato la corte d'appello, non ha 
			anche soppresso le altre leggi (supra) che invece - richiamate dal 
			citato art. 58 - sono rimaste pienamente in vigore.
			Il menzionato quadro normativo induce quindi a ritenere che, vigendo 
			l'art. 18, comma 2, della legge 8 luglio 1986 n. 348, la 
			giurisdizione per la fattispecie de qua, in tema di danno 
			ambientale, appartenga al giudice ordinario e non alla Corte dei 
			Conti, spettando al giudice ordinario i giudizi per i danni arrecati 
			dai dipendenti e funzionari pubblici in modo diretto ed alla Corte 
			dei Conti quelli di rivalsa della pubblica amministrazione contro il 
			dipendente o l'amministratore che abbia danneggiato un terzo, agendo 
			con dolo e colpa grave, in violazione dei doveri del suo ufficio. 
			Sul punto va ricordato l'indirizzo offerto dalla Corte 
			Costituzionale con sentenza 641 del 30 dicembre 1987, in relazione 
			al danno ambientale, al risarcimento ed alla giurisdizione del 
			giudice ordinario - ex art. 18 della legge 346/1986 - laddove la 
			Corte afferma, tra l'altro, che nel vigente ordinamento il giudice 
			dei diritti soggettivi è il giudice ordinario, tranne le eccezioni 
			legislativamente stabilite; che spetta al legislatore la 
			determinazione della sfera di giurisdizione dei giudici; che 
			l'attribuzione della materia del risarcimento del danno ambientale 
			alla giurisdizione del giudice ordinario non comporta violazione 
			dell'art. 25, comma 1, della Costituzione, perché la Corte dei Conti 
			non è, in ogni caso, il giudice naturale della tutela degli 
			interessi pubblici e della tutela da danni pubblici; che, inoltre, 
			l'ambiente deve considerarsi un bene che, sebbene composto da varie 
			componenti, costituisce un unicum, in guisa che, in caso di 
			violazione delle norme che lo tutelano, che pregiudichino le 
			finalità protettive che sono alla base delle norme stesse e che 
			producano un danno patrimoniale, il risarcimento del danno è 
			demandato ex lege al giudice ordinario.
			Queste Sezioni Unite, inoltre, già, con precedente sentenza 7677 del 
			23 giugno 1992, hanno enunciato il principio secondo il quale 
			l'azione di responsabilità nei confronti di amministratori e 
			funzionari degli enti territoriali rientra nella giurisdizione 
			contabile della Corte dei Conti per quanto attiene al danno di 
			natura erariale, in relazione agli esborsi subiti da detti enti, 
			mentre, in tema di danno di tipo urbanistico-ambientale, essa è 
			devoluta alla cognizione del giudice ordinario ai sensi dell'art. 18 
			della legge 8 luglio 1986 n. 349.
			La distinzione, ingiustificatamente operata dalla corte d'appello, 
			tra danno ambientale e danno urbanistico, non può essere condivisa 
			per quanto attiene alla giurisdizione, trattandosi di fatti che 
			riguardano entrambi inscindibilmente il territorio, la cui tutela, 
			se illecitamente compromesso, è demandata al giudice ordinario, 
			fatte salve le eccezioni introdotte dall'art. 18 della legge 8 
			luglio 1986 n. 349, che, come premesso, limita la giurisdizione 
			della Corte dei Conti - in materia di danno ambientale - all'ipotesi 
			prevista dal D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3.
			Deve pertanto, in accoglimento del ricorso principale, essere 
			affermata la giurisdizione del giudice ordinario, a nulla rilevando, 
			in contrario, l'asserto condono edilizio che, a dire del 
			controricorrente, nelle more del giudizio sarebbe intervenuto per 
			edifici compresi nell'area lottizzata, trattandosi di fatto 
			dichiarato solo in questa sede dal controricorrente, contestato in 
			fatto dal ricorrente ed irrilevante ai fini del regolamento della 
			giurisdizione.
			4. Il ricorso incidentale è inammissibile, posto che delle questioni 
			di merito sollevate dal ricorrente potrà conoscere il giudice del 
			rinvio al quale viene rimessa la causa.
			5. Detto giudice, all'uopo designato nella Corte d'appello di 
			Venezia, provvederà anche in ordine alle spese del procedimento di 
			legittimità, a norma dell'art. 385 c.p.c..
			P.Q.M.
			la Corte, a Sezioni Unite, riunisce i ricorsi, accoglie quello 
			principale, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, 
			dichiara inammissibile il ricorso incidentale, cassa la sentenza 
			impugnata e rinvia, anche per le spese del procedimento di 
			cassazione, alla Corte d'appello di Venezia.
			Così deciso il 7 maggio 1998.
		
 
                    




