TRGA Trento n. 212 del 20 dicembre 2023
Caccia e animali.Sulla corretta interpretazione del diritto dell’Unione europea in materia di abbattimento o neutralizzazione degli animali pericolosi

Vanno rimesse alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali: a) se, sulla base del disposto dell’art. 16 della direttiva 92/43/CEE, una volta accertata la sussistenza della condizione relativa alla sussistenza di una delle fattispecie espressamente individuate dalla lett. a) alla lett. e) del comma 1 dell’art. 16, nonché della condizione relativa al fatto che “la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale”, ai fini del rilascio dell’autorizzazione alla deroga al divieto di “qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata di esemplari di tali specie nell’ambiente naturale”, di cui alla lett. a) dell’art. 12 della medesima direttiva, l’ulteriore condizione, relativa al fatto che “non esista un’altra soluzione valida”, debba essere interpretata nel senso che l’autorità competente deve dimostrare l’assenza di altra soluzione valida atta ad evitare la rimozione dell’animale dall’ambiente di ripartizione naturale, cui consegue la possibilità della scelta motivata della misura da adottare in concreto, che può consistere nella cattura per captivazione permanente oppure nell’abbattimento, misure che sono poste su di un piano di parità; oppure b) se, sulla base del disposto dell’art. 16 della direttiva 92/43/CEE, una volta accertata la sussistenza della condizione relative alla sussistenza di una delle fattispecie espressamente individuate dalla lett. a) alla lett. e) del comma 1 dell’art. 16, nonché della condizione relativa al fatto che “la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale”, ai fini del rilascio dell’autorizzazione alla deroga al divieto di “qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata di esemplari di tali specie nell’ambiente naturale”, di cui alla lett. a) dell’art. 12 della medesima direttiva, l’ulteriore condizione, relativa al fatto che “non esista un’altra soluzione valida”, debba essere interpretata nel senso che essa vincola prioritariamente l’autorità competente alla scelta della cattura per la riduzione in cattività (captivazione permanente) e solo in caso di impossibilità oggettiva e non temporanea di tale soluzione consente la rimozione mediante abbattimento, sussistendo una rigorosa gerarchia tra siffatte misure


Pubblicato il 20/12/2023

N. 00212/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00049/2023 REG.RIC.           

N. 00052/2023 REG.RIC.           

N. 00053/2023 REG.RIC.           

REPUBBLICA ITALIANA

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento

(Sezione Unica)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 49 del 2023, integrato con motivi aggiunti, proposto dalle Associazioni denominate LAV, Lega Antivivisezione, e LAC, Lega per l’Abolizione della Caccia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall’avvocato Claudio Linzola, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Provincia Autonoma di Trento, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giacomo Bernardi, Marialuisa Cattoni e Sabrina Azzolini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto con l’avvocato Marialuisa Cattoni in Trento, piazza Dante n. 15, negli uffici dell’Avvocatura della Provincia;

e con l'intervento di

- Comune di Cles, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Sandra Salvaterra, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia – interveniente ad opponendum;
- Associazione denominata LEAL, Lega Antivisezionista Lombarda, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Rosaria Loprete, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia – interveniente ad adiuvandum;
- Associazioni denominate Zampe che danno una mano ODV, Earth ODV, Una Zampa per la Spagna ODV, Pet Rescue Italia Onlus, Amiconiglio ODV, Partito Difesa Animalista Indipendente Nazionale Organizzata, Banco Italiano Zoologico APS, Sos Adozioni4zampe ONLUS, Lega Italiana dei Diritti dell’Animale - Sezione Ortona, Lega Italiana dei Diritti dell’Animale - Sezione Sulmona, Lega Italiana dei Diritti dell’Animale - Sezione Modena ODV, Lega Italiana dei Diritti dell’Animale - Sezione Versilia ONLUS, Lega Italiana dei Diritti dell’Animale - Sezione Riesi e Mazzarino, Lega Italiana dei Diritti dell’Animale - Sezione Olbia, Animalisti Volontari Pescara ODV, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Giada Bernardi e Patrizia Giusti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia – intervenienti ad adiuvandum;
- Associazione denominata Earth ODV, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Carmine Laurenzano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia – interveniente ad adiuvandum;
- Associazione Cacciatori Trentini, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Flavio Maria Bonazza, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Trento, piazza Ezio Mosna n. 8, presso lo studio del predetto avvocato – interveniente ad opponendum;
- Associazione denominata Codacons, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Carlo Rienzi e Gino Giuliano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia – interveniente ad adiuvandum;
- Associazioni denominate Animal Liberation ODV, Movimento Etico Tutela Animali e Ambiente - M.E.T.A., Task Force Animalista, Fondanzione Jigen, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Lucia Annicchiarico e David Zanforlini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia – intervenienti ad adiuvandum;


sul ricorso numero di registro generale 52 del 2023, integrato con motivi aggiunti, proposto dalle Associazioni denominate Ente Nazionale Protezione Animali, ENPA ONLUS, Organizzazione Internazionale Protezione Animali, OIPA Italia ODV e Lega Italiana Difesa Animali e Ambiente, LEIDAA ETS, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall’avvocato Valentina Stefutti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Provincia Autonoma di Trento, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giacomo Bernardi, Marialuisa Cattoni e Sabrina Azzolini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto con l’avvocato Marialuisa Cattoni in Trento, piazza Dante n. 15, negli uffici dell’Avvocatura della Provincia;
ISPRA - Istituto Superiore della Protezione e la Ricerca Ambientale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, con la quale è domiciliato ex lege in Trento, largo Porta Nuova n. 9;

e con l'intervento di

- Associazione denominata Earth ODV, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Carmine Laurenzano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia – interveniente ad adiuvandum;
- Associazione denominata Codacons, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Carlo Rienzi e Gino Giuliano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia – interveniente ad adiuvandum;
- Comune di Cles, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Sandra Salvaterra, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia – interveniente ad opponendum;



sul ricorso numero di registro generale 53 del 2023, proposto dall’Associazione denominata LNDC Animal Protection, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Paolo Emilio Letrari e Michele Pezone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

- Provincia Autonoma di Trento, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giacomo Bernardi, Marialuisa Cattoni e Sabrina Azzolini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto con l’avvocato Marialuisa Cattoni in Trento, piazza Dante n. 15, negli uffici dell’Avvocatura della Provincia;
- Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, con la quale è domiciliato ex lege in Trento, largo Porta Nuova n. 9;

e con l'intervento di

- Associazione denominata Earth ODV, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Carmine Laurenzano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia – interveniente ad adiuvandum;

per l’annullamento

- quanto al ricorso introduttivo n. 49 del 2023, dell’ordinanza contingibile e urgente del Presidente della Provincia autonoma di Trento n. 1 in data 8 aprile 2023, con cui è stato autorizzato un intervento di “rimozione di un orso pericoloso per l’incolumità e la sicurezza pubblica”, nonché di altre ordinanze, non conosciute, che abbiano confermato e/o precisato tale misura;

- quanto ai ricorsi per motivi aggiunti, dell’ordinanza contingibile e urgente del Presidente della Provincia autonoma di Trento n. 2 in data 13 aprile 2023, con cui è stata integrata la motivazione della predetta ordinanza n. 1 del 2023 ed è stata modificata la parte dispositiva di tale provvedimento confermando l’ordine di procedere all’abbattimento dell’esemplare di orso indicato come JJ4;

- quanto al ricorso introduttivo n. 52 del 2023, dell’ordinanza contingibile e urgente del Presidente della Provincia autonoma di Trento n. 1 in data 8 aprile 2023, con cui è stato un intervento di “rimozione di un orso pericoloso per l’incolumità e la sicurezza pubblica”, nonché dell’ordinanza contingibile e urgente del Presidente della Provincia autonoma di Trento n. 2 in data 13 aprile 2023, con cui è stata integrata la motivazione della predetta ordinanza n. 1 in data 8 aprile 2023 ed è stata modificata la parte dispositiva di tale provvedimento confermando l’ordine di procedere all’abbattimento dell’esemplare di orso indicato come JJ4, e di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso;

- quanto al primo ricorso per motivi aggiunti, del decreto del Presidente della Provincia Autonoma di Trento n. 10 in data 27 aprile 2023, con cui è stato autorizzato, ai sensi della legge provinciale 11 luglio 2018, n. 9, un intervento di “rimozione, tramite abbattimento, dell’esemplare di Orso bruno (Ursus arctos) identificato in JJ4”, nonché di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso;

- quanto al secondo ricorso per motivi aggiunti, delle “Linee guida per l’attuazione della legge provinciale n. 9 /2018 e dell’articolo 16 della direttiva Habitat”, approvate dalla Giunta della Provincia di Trento con la delibera n. 1091 del 25 giugno 2021, nonché del rapporto ISPRA-MUSE del 13 gennaio 2021, denominato “Orsi problematici in provincia di Trento. Conflitti con le attività umane, rischi per la sicurezza pubblica e criticità gestionali. Analisi della situazione attuale e previsioni per il futuro. Rapporto tecnico”, e di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso,

- quanto al ricorso n. 53 del 2023, dell’ordinanza contingibile e urgente del Presidente della Provincia autonoma di Trento n. 1 in data 8 aprile 2023, con cui è stato autorizzato un intervento di “rimozione di un orso pericoloso per l’incolumità e la sicurezza pubblica”, nonché dell’ordinanza contingibile e urgente del Presidente della Provincia autonoma di Trento n. 2 in data 13 aprile 2023, con cui è stata integrata la motivazione della predetta ordinanza n. 1 del 2023 ed è stata modificata la parte dispositiva di tale provvedimento confermando l’ordine di procedere all’abbattimento dell’esemplare di orso indicato come JJ4, e di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso;


Visti i ricorsi in epigrafe indicati, nonché i relativi motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle altre parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Vista la sentenza non definitiva di questo Tribunale 16 maggio 2023, n. 72;

Visti gli articoli 19, paragrafo 3, lett. b) del Trattato sull’Unione Europea (T.U.E.) e 267 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (T.F.U.E.);

Visti lo Statuto e il Regolamento di procedura della Corte di Giustizia dell’Unione Europea;

Viste le “Raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale” (2019/C 380/01), in G.U.U.E. in data 8 novembre 2019);

Visto l’art. 79, comma 1, cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2023 il Consigliere Carlo Polidori e uditi per le parti i difensori presenti, come specificato nel verbale di udienza;


1. L’oggetto della controversia, i fatti pertinenti e i motivi di ricorso.

1.1. Al fine di inquadrare la vicenda posta all’esame di questo Tribunale, giova innanzi tutto evidenziare che in data 5 aprile 2023, in località strada forestale Crocefisso Prà Conz, nel Comune di Caldes, Andrea Papi, un giovane di 26 anni, è stato trovato morto in un bosco e che, a seguito delle operazioni peritali eseguite la mattina del 7 aprile 2023, le ferite riportate dal giovane sono state attribuite ad un esemplare di orso bruno, poi identificato nell’esemplare denominato JJ4.

1.2. Questo T.R.G.A. con la sentenza non definitiva n. 72 in data 16 maggio 2023 - alla quale si rinvia per una più compiuta disamina della vicenda - ha riunito i tre ricorsi in epigrafe indicati ed ha dichiarato improcedibili, per sopravvenuta carenza di interesse, il ricorso n. 49 del 2023 con i relativi motivi aggiunti, il ricorso introduttivo n. 52 del 2023, nonché il ricorso n. 53 del 2023 (tutti aventi ad oggetto due ordinanze contingibili e urgenti con le quali il Presidente della Provincia di Trento ha inizialmente disposto l’abbattimento nell’esemplare denominato JJ4), riservandosi di decidere sul ricorso per motivi aggiunti proposto nel giudizio introdotto con il ricorso n. 52 del 2023, avente ad oggetto il decreto del Presidente della Provincia di Trento n. 10 in data 27 aprile 2023 con cui è stato autorizzato, ai sensi della legge provinciale 11 luglio 2018, n. 9, l’abbattimento nell’esemplare di orso denominato JJ4.

1.3. Come evidenziato da questo Tribunale nell’ordinanza cautelare n. 36 in data 26 maggio 2023 (resa nel giudizio introdotto con il ricorso n. 52 del 2023) il Presidente della Provincia di Trento con il predetto decreto n. 10 del 2023, sulla base di un’articolata motivazione, ha disposto (per quanto più interessa in questa sede) di: A) dare atto che le proprie precedenti ordinanze n. 1 e n. 2 del 2023 «hanno esaurito i propri effetti, in quanto non sussiste più un pericolo grave e imminente per la salute e l’incolumità pubblica, essendo stata catturata l’esemplare di orso JJ4 e che attualmente risulta custodita in sicurezza nel recinto del Casteller»; B) autorizzare, ai sensi dell’art. 1, comma 1, della legge provinciale n. 9/2018, «la rimozione tramite abbattimento» dell’esemplare denominato JJ4.

1.4. Le Associazioni ENPA, OIPA e LEIDAA con il primo dei propri ricorsi per motivi aggiunti in epigrafe indicati hanno impugnato il predetto decreto n. 10 del 2023 chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:

I) Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1 e 2 comma 1 legge 11 febbraio 1992 n.157, dell’art. 1 commi 4, 8, 12 e 16, All. B e D del D.P.R. 8 settembre 1997 n.357, degli articoli 6 e 9 e All. II della Convenzione di Berna, All. II della Convenzione CITES; eccesso di potere per violazione del PACOBACE del 30 luglio 2015, difetto assoluto di presupposto, difetto assoluto di istruttoria e di motivazione sotto plurimi profili; violazione dell’art. 11, comma 1, del D.P.R. 8 settembre 1997, n.357, e dell’art. 1, comma 1, della legge provinciale n.9/2018; violazione del disposto di cui al decreto presidenziale del T.R.G.A. di Trento 14 aprile 2023, n.19; invalidità diretta e derivata.

Pur volendo aderire alla tesi per cui l’attacco che ha determinato la morte del giovane Andrea Papi rientra nella casistica n. 18 del Piano d’Azione Interregionale per la Conservazione dell’Orso Bruno sulle Alpi Centro-Orientali (di seguito PACOBACE), ossia “orso attacca (con contatto fisico) senza essere provocato”, comunque per tale casistica sono previste, oltre alla misura dell’abbattimento, di cui alla lett. k), anche le misure di cui alla lett. i), ossia la cattura con rilascio allo scopo di spostamento e/o radiomarcaggio, e alla lett. j), ossia la cattura per captivazione permanente; tuttavia tali misure alternative non sono state prese in considerazione nel caso in esame, e ciò risulta ancor più grave se si considera che, secondo il Presidente della Provincia, «il PACOBACE non fornisce i criteri per scegliere fra le azioni previste», mentre la possibilità di utilizzare la misura di cui alla lett. j) è stata «positivamente vagliata» dal Ministero dell’Ambiente. Inoltre, come già dedotto nel ricorso introduttivo del giudizio, non ricorrono i presupposti per l’attivazione della misura di cui alla lett. k) del PACOBACE anche perché «il quadro fattuale in cui è avvenuta l’aggressione non è stato ancora ricostruito, mentre è emerso, di contro, in occasione della cattura dell’orsa, che la stessa era accompagnata da cuccioli». A ciò si aggiunge che il Presidente della Provincia persiste nel ritenere sussistenti i presupposti in base ai quali ha adottato le precedenti ordinanze n. 1 e n. 2 del 2023; pertanto il decreto n. 10 del 2023 è viziato non solo per vizi propri, ma anche per invalidità derivata, essendo affetto dai vizi già denunciati con il ricorso introduttivo, ove è stato dedotto, in particolare, che la mancanza di alternative all’abbattimento deve dipendere da una situazione oggettiva e non già dalla scelta della Provincia di «non introdurre alcuna misura interdittiva dell’area, che determina, a cascata, il permanere di una situazione di pericolo (a cagione della presenza in loco di altri esemplari di orsa con cuccioli in tenerissima età) persino ove si procedesse all’eliminazione dell’esemplare».

II) Eccesso di potere per difetto di presupposto sotto ulteriore profilo, difetto di istruttoria e motivazione, travisamento, contraddittorietà e mancata acquisizione del parere della Commissione Scientifica CITES; violazione dell’art. 4 comma 3, 6 comma 6 (come modificato dall’art.16 del decreto legislativo 5 agosto 2022 n.135) della legge 7 febbraio 1992, n.150, nonché del DM 27 aprile 1993.

Il trasferimento dell’esemplare di orso in questione è un’opzione alternativa all’abbattimento tutt’altro che impercorribile, ma è subordinato alla previa acquisizione del parere della Commissione Scientifica per l’attuazione della CITES (ossia la Convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali selvatiche minacciate di estinzione sottoscritta a Washington il 3 marzo 1973) sull’idoneità della struttura prescelta per ospitare l’animale, e tale parere non è stato acquisito. Inoltre il parere reso al riguardo alla Provincia da parte dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) in alcuni passaggi è stato stravolto, e comunque si versa in una situazione di grave deficit istruttorio, perché tale Istituto ha dovuto esprimersi sulla base di mere ipotesi proprio in quanto «il quadro fattuale non risulta, ad oggi, nonostante il tempo trascorso, essere stato ricostruito».

1.5. Questo Tribunale con la predetta ordinanza cautelare n. 36 del 2023 ha ritenuto infondate le predette censure per le ragioni illustrate in motivazione, di seguito riportate.

I) A differenza di quanto dedotto dalle Associazioni ricorrenti, il quadro fattuale dell’aggressione del giovane da parte dell’orsa denominata JJ4 risulta adeguatamente ricostruito dal Presidente della Provincia alla luce delle analisi eseguite presso la Fondazione Edmund Mach (FEM) sul materiale biologico rinvenuto sul luogo dell’aggressione e del referto dell’autopsia eseguita sul cadavere del giovane. A) sin dalla propria ordinanza n. 2 del 2023 (richiamata nel decreto n. 10 del 2023), ove è stato evidenziato che «in data 12 aprile 2023 la Procura della Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Trento ha comunicato che dalle analisi eseguite presso la Fondazione E. Mach sul materiale biologico rinvenuto sul luogo dell’aggressione, il fatto risulta attribuibile all’esemplare individuato come JJ4» e che «l’orsa è identificabile in quanto dotata di radiocollare e di marche auricolari, ben visibili per quanto non più funzionanti, e che pertanto non è necessario sottoporla a test genetici che ne confermino l’identità prima di procedere all’abbattimento»; B) nell’impugnato decreto n. 10 del 2023, ove è stato ribadito che «sin dai primi rilevamenti effettuati, è apparso verosimile che la causa del decesso fosse da attribuire all’aggressione di un animale appartenente alla specie orso bruno, visti anche i campioni di pelo repertati in loco e la natura delle ferite riportate dalla vittima, compatibili con una prolungata e violenta azione dell’animale selvatico sull’uomo».

II) Sempre avuto riguardo al quadro fattuale dell’aggressione, non rileva in questa sede la circostanza che l’orsa in occasione della cattura fosse accompagnata dai suoi cuccioli, perché: A) da tale circostanza non è possibile desumere automaticamente che l’aggressione sia stata determinata dall’istinto di proteggere i cuccioli; B) nell’impugnato decreto n. 10 del 2023 è stato evidenziato che l’ISPRA nel parere depositato in data 20 aprile 2023 ha ribadito che il comportamento dell’orsa in occasione dell’episodio del 5 aprile 2023 è «ascrivibile alla categoria n. 18 del PACOBACE, cui viene attribuito il livello più alto di pericolosità», e che comunque, «alla luce della reiterazione dei comportamenti aggressivi, che sembrano anche evidenziare un progressivo aumento del livello di aggressività», l’orsa stessa rientra «nella categoria ad “alto rischio” del sopracitato Rapporto ISPRA-MUSE per la quale è raccomandata l’immediata rimozione».

III) Dall’articolata motivazione dell’impugnato decreto n. 10 del 2023 si evince che le misure alternative all’abbattimento sono state adeguatamente considerate, ma il Presidente della Provincia - conformandosi alle “Linee guida per l’attuazione della legge provinciale n. 9 /2018 e dell’articolo 16 della direttiva Habitat”, approvate dalla Giunta della Provincia di Trento con la delibera n. 1091 del 25 giugno 2021 (di seguito denominate Linee guida del 2021), e al rapporto ISPRA-MUSE (Museo delle Scienze di Trento) del 13 gennaio 2021, denominato “Orsi problematici in provincia di Trento. Conflitti con le attività umane, rischi per la sicurezza pubblica e criticità gestionali. Analisi della situazione attuale e previsioni per il futuro. Rapporto tecnico” - sulla base di ulteriori valutazioni discrezionali e tecnico-discrezionali (richieste dall’art. 1, comma 1, della legge provinciale n. 9/2018 ai fini della concreta individuazione della misura da adottare) non ha ritenuto le misure alternative idonee a fronteggiare la pericolosità dell’orsa, evidenziando in motivazione che: A) le Linee guida del 2021 riconoscono, al capitolo 5.2.1, che «la cattura per radiocollarizzazione costituisce una misura certamente valida per il monitoraggio intensivo degli esemplari ed è propedeutica rispetto ad altre azioni (quali ad esempio la dissuasione), ma non può essere considerata misura atta a gestire il pericolo e per tutelare l’incolumità delle persone»; B) le stesse Linee guida del 2021 «ritengono preferibile che per gli orsi classificati nei livelli più alti della pericolosità sia adottata la misura dell’abbattimento» e specificano a tal riguardo che la Provincia di Trento «si è dotata di strutture atte al recupero e alla captivazione temporanea o permanente di orsi sin dall’inizio della fase di gestione ordinaria. In particolare, il recinto del Casteller è stato realizzato nel 2007 per ospitare sia orsi bisognosi di essere recuperati alla vita selvatica sia eventuali orsi problematici, catturati al fine di garantire la sicurezza e l’incolumità pubblica, in applicazione delle deroghe al regime di protezione che li caratterizza o in base ad ordinanze contingibili ed urgenti per motivi di sicurezza pubblica emanate dal Presidente della Provincia. Il recinto del Casteller è stato dotato, fin dalla costruzione, di barriere fisiche ed elettriche, proprio in quanto destinato ad accogliere esemplari di orso di provenienza selvatica, anche catturati a seguito di eventi che il Pacobace classifica come caratterizzati da elevati livelli di problematicità. Il numero di esemplari che il recinto è stato fin dall’origine destinato ad ospitare, e per cui quindi si sono acquisiti i pareri e le autorizzazioni di Ispra e del Commissariato del Governo, è pari a tre. Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del Mare ha compartecipato al finanziamento del citato recinto, anche in relazione al fatto che lo stesso doveva almeno teoricamente avere valenza sovraprovinciale (arco alpino italiano). Nel dettaglio, il Casteller è composto da un’area esterna, dell’ampiezza complessiva di circa 8.000 metri quadrati, e da un’area interna, di circa 100 metri quadrati, dove sono ubicate le tane artificiali. L’area esterna, completamente boscata, è suddivisa in tre settori, che possono essere anche posti in comunicazione fra di loro»; C) nelle medesime Linee guida del 2021 viene poi sottolineato che «il Casteller è l’unica struttura presente nella zona alpina, compresi i paesi di confine, attualmente autorizzata a detenere orsi problematici di origine selvatica. Non si è a conoscenza dell’esistenza di strutture con tali precise finalità e caratteristiche neanche nel resto d’Europa, a parte rarissime eccezioni. A questo riguardo va ribadito che, nei territori degli stati europei in cui è presente l’orso, le popolazioni di plantigradi sono gestite solitamente prevedendo l’abbattimento degli animali problematici/pericolosi e non la captivazione a vita degli stessi. La soluzione dell’abbattimento è infatti ritenuta preferibile in gran parte dell’Europa in considerazione delle seguenti valutazioni di carattere tecnico: - orsi nati in libertà e abituati a muoversi a propria discrezione su spazi nell’ordine di grandezza di centinaia di kmq non possono trovare una situazione che replichi la medesima condizione in un’area delimitata, per quanto vasta essa possa essere; - gli orsi in cattività possono vivere molto più a lungo che in natura (sino a 30-40 anni); ciò comporta previsioni di custodia molto impegnative sotto tutti i punti di vista, a cominciare dal numero di esemplari che potrebbe essere necessario custodire già nel breve-medio periodo e dal relativo impegno in termini di realizzazione e gestione di strutture di contenimento; - la gestione degli orsi di origine selvatica in spazi contenuti implica, soprattutto nelle prime fasi di ambientamento, frequenti problemi di interazione tra gli stessi (salvo in alcune fasi, in natura gli orsi bruni conducono vita solitaria) che possono sfociare in aggressioni comportanti danni fisici e/o uccisioni; - in ogni caso, per gli esemplari che trascorrono del tempo entro tali strutture non è possibile una nuova liberazione nell’ambiente naturale, dato il grado di assuefazione all’uomo che forzatamente determina la loro captivazione; - i costi da sostenere per realizzare e manutenere strutture in grado di contenere orsi di origine selvatica sono molto alti; essi non sono sostenibili nel medio-lungo periodo, avuto riguardo al fatto che il numero di animali coinvolti potrebbe crescere costantemente, di pari passo con la crescita della popolazione esistente in natura»; D) il Centro del Casteller «è dotato di un recinto suddiviso in tre settori, indipendenti ma eventualmente tra loro comunicanti, per la collocazione e la captivazione di orsi e lupi, dei quali uno è occupato stabilmente dall’orso M49 e gli altri devono essere necessariamente lasciati disponibili per la collocazione temporanea di ulteriori esemplari in situazioni di emergenza o per la cura e la riabilitazione in funzione del loro successivo rilascio a vita libera»; E) uno dei due settori del Centro del Casteller, «liberi fino alla data del 16 aprile 2023, è ora occupato dall’orsa JJ4, per la quale non è in alcun modo prefigurabile una reimmissione in natura», e «tale occupazione preclude la possibilità che tale medesimo settore sia occupato da esemplari di orso e lupo che dovessero necessitare di cure riabilitative per la loro reimmissione a vita libera, come già avvenuto nel 2022 con l’orso M78»; F) «deve ritenersi prioritario assicurare all’orso M49, ormai stabilmente ricoverato da tempo nel centro del Casteller, uno spazio il più ampio possibile, al fine di garantirgli le migliori condizioni di vita, consentendogli, quando possibile, di occupare più di un settore del recinto».

IV) Sempre avuto riguardo alle misure alternative all’abbattimento, le Associazioni ricorrenti non hanno addotto alcun elemento di prova idoneo a smentire le affermazioni e le valutazioni contenute nella motivazione dell’impugnato decreto n. 10 del 2023, ove viene posto in rilievo che: A) un eventuale trasferimento dell’orsa denominata JJ4 in altro sito esterno al territorio della Provincia (misura extra ordinem, ossia non prevista dall’art. 1, comma 1, della legge provinciale n. 9/2018) costituisce «un’opzione non ragionevolmente percorribile a fronte dei moniti, puntuali e fondati su argomentazioni scientifiche, espressi da ISPRA nel suo parere, che mette in guardia i soggetti responsabili della decisione del trasferimento (in primis, la Provincia di Trento che detiene in custodia l’esemplare JJ4 e che dovrebbe avviare le procedure del suo trasferimento) dal valutare con attenzione ogni elemento che possa comportare rischi di fuga dell’animale, stante il comportamento particolarmente aggressivo mostrato dall’orsa JJ4»; B) «ad oggi la Provincia non dispone di una concreta alternativa prefigurata nei decreti cautelari del Presidente del TRGA di Trento n. 19 e n. 20 del 2023, ossia quella di un eventuale trasferimento dell’orsa JJ4 in altro sito esterno alla Regione Trentino – Alto Adige/ Südtirol, anche estero, che inderogabilmente offra elevati standard per le esigenze di sicurezza e di incolumità per i suoi frequentatori, nonché per gli operatori e per chi dovesse procedere con le operazioni di trasferimento»; C) «le comunicazioni di disponibilità, provenienti da soggetti esterni alla provincia, ad accogliere JJ4 in diverse strutture nazionali (Zoo Safari di Fasano) ed estere (Ma’Wa for Nature and Wildlife in Giordania, Gnadenhof fuer Baeren Hart bei Fuessing in Germania), citate nel parere ISPRA di data 20 aprile 2023, rappresentano, ad oggi, generiche e sommarie dichiarazioni di presa in carico dell’esemplare pericoloso di cui si discute»; D) «tali comunicazioni di disponibilità non specificano altresì alcun percorso delineato e certo circa la loro realizzabilità sia in termini temporali che fattuali (soprattutto legati alla sicurezza e incolumità delle persone, con riferimento a quanto richiesto dalla normativa in materia che vede il Nucleo Carabinieri CITES quale organo competente a rilasciare le relative autorizzazioni) e sia in termini di assunzione dei relativi costi, ed in questo momento non fanno altro che frapporsi alla speditezza dell’azione amministrativa, fermo restando quanto esposto da ISPRA circa la responsabilità - unica - del soggetto competente ad adottare l’eventuale decisione al trasferimento».

V) Non vale a smentire le considerazioni che precedono l’ulteriore ragionamento sviluppato dalle Associazioni ricorrenti - secondo il quale la mancanza di alternative all’abbattimento deve dipendere da una situazione oggettiva, e non già dalla scelta della Provincia di «non introdurre alcuna misura interdittiva dell’area, che determina, a cascata, il permanere di una situazione di pericolo (a cagione della presenza in loco di altri esemplari di orsa con cuccioli in tenerissima età) persino ove si procedesse all’eliminazione dell’esemplare» - perché il presente giudizio è la sede ove può essere scrutinata la legittimità dell’impugnato decreto n. 10 del 2023 alla luce del quadro normativo di riferimento (costituito dall’art. 1, comma 1, della legge provinciale n. 9/2018, dagli autovincoli amministrativi contenuti nel PACOBACE, nelle Linee guida del 2021 e nel Rapporto ISPRA-MUSE del 2021, nonché dai principi e dalle regole generali sull’attività amministrativa), e non già la sede nella quale valutare l’idoneità, o meno, delle misure previste dal PACOBACE a prevenire e fronteggiare incidenti del tipo di quello che ha visto protagonista l’orsa denominata JJ4, o le ragioni per le quali l’orsa stessa al momento dell’aggressione del giovane Andrea Papi si trovava in libertà.

VI) L’art. 1, comma 1, della legge provinciale n. 9/2018 non richiede l’acquisizione del parere della Commissione Scientifica CITES, fermo restando che è stata esclusa la possibilità di trasferire l’orsa presso altra struttura destinata ad ospitarla e, quindi, non era comunque necessario acquisire il parere di tale organo.

VII) I pareri dell’ISPRA e, in particolare, quello reso in data 20 aprile 2023 risultano correttamente richiamati nell’impugnato decreto n. 10 del 2023, fermo restando che tanto l’ISPRA, quanto il Presidente della Provincia hanno formato il proprio convincimento sul quadro fattuale dell’aggressione tenendo conto degli elementi in loro possesso, che comunque risultano adeguati e non smentiti dalle Associazioni ricorrenti.

1.6. Le Associazioni ENPA, OIPA e LEIDAA con il secondo dei propri ricorsi per motivi aggiunti hanno impugnato le Linee guida del 2021 ed il rapporto ISPRA-MUSE del 13 gennaio 2021 perché tali provvedimenti nella predetta ordinanza cautelare n. 36 del 2023 sono stati qualificati come atti generali presupposti, recanti puntuali autovincoli amministrativi ai quali il Presidente della Provincia ha dovuto attenersi nel valutare la misura da adottare per fronteggiare il pericolo rappresentato dall’esemplare denominato JJ4.

1.7. Sono intervenuti nel giudizio introdotto con il ricorso introduttivo n. 52 del 2023 l’Associazione denominata Earth ODV e Associazione denominata Codacons, ad adiuvandum, nonché il Comune di Cles, ad opponendum.

1.8. Sebbene la suddetta ordinanza cautelare n. 36 del 2023 non sia stata appellata, tuttavia la Sezione III del Consiglio di Stato con le analoghe ordinanze n. 2915, n. 2918 e n. 2920 del 14 luglio 2023 (tutte pronunciate a fronte degli appelli cautelari proposti da altre Associazioni nell’ambito di giudizi aventi anch’essi ad oggetto il decreto del Presidente della Provincia n. 10 del 2023), nel riformare in parte le ordinanze cautelari di questo Tribunale n. 51, n. 49 e n. 39 del 2023 - ha sospeso l’ordine di abbattimento dell’esemplare denominato JJ4, ma ha mantenuto ferma la captivazione dell’animale «a tutela della sicurezza pubblica».

1.9. Da ultimo le Associazioni ENPA, OIPA e LEIDAA con memoria depositata in data 9 novembre 2023 hanno insistito per l’accoglimento delle proprie domande.

1.10. Anche l’Associazione Earth ODV con memoria depositata in data 11 novembre 2023 ha insistito per l’accoglimento delle domande formulate dalle Associazioni ENPA, OIPA e LEIDAA.

1.11. La Provincia di Trento con memoria depositata in data 13 novembre 2023 ha insistito per la reiezione delle domande formulate dalle Associazioni ENPA, OIPA e LEIDAA.

1.12. Anche il Comune di Cles con memoria depositata in data 13 novembre 2023 ha insistito per la reiezione delle domande formulate dalle Associazioni ENPA, OIPA e LEIDAA e, in via subordinata, ha chiesto a questo Tribunale di rinviare alla Corte di Giustizia della UE la questione pregiudiziale relativa alla «corretta applicazione delle deroghe stabilite dalla direttiva habitat che prevedono la possibilità di uccisione gli esemplari di ursus arctos per sicurezza pubblica e per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica».

1.13. Le Associazioni ENPA, OIPA e LEIDAA, la Provincia di Trento e il Comune di Cles hanno depositato memorie di replica.

1.14. Alla pubblica udienza del 14 dicembre 2023 la causa è stata chiamata e trattenuta in decisione.

2. Il quadro normativo di riferimento.

2.1. Tenuto conto di quanto precede, questo Tribunale in via pregiudiziale ritiene che ai fini della propria decisione occorra acquisire l’interpretazione della Corte di Giustizia dell’UE in ordine all’art. 16 della Direttiva 31 maggio 1992, 92/43/CEE, “Direttiva del Consiglio relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche” (di seguito Direttiva Habitat), con particolare riferimento alle condizioni alle quali può essere rilasciata l’autorizzazione alla deroga ai divieti previsti dall’art. 12 della Direttiva stessa.

2.2. A tal riguardo occorre preliminarmente illustrare il quadro normativo relativo alla fattispecie per cui è causa, iniziando dalla normativa sovranazionale.

2.3. L’orso bruno (ursus arctos) è protetto dalla Convenzione di Berna del 19 settembre 1979, entrata in vigore il 6 giugno 1982, ratificata e resa esecutiva in Italia con la legge 5 agosto 1981, n. 503, sulla conservazione della flora e fauna selvatica europea e dei suoi habitat naturali. L’orso è elencato nell’allegato II tra le specie particolarmente protette, insieme al lupo. In particolare, l’art. 6 della Convenzione stabilisce il dovere di ogni parte di assumere ogni misura amministrativa e legislativa appropriata e necessaria per assicurare la protezione della fauna selvatica. Sono vietate, tra l’altro, tutte le forme di cattura, sequestro, uccisione deliberata.

In attuazione del citato art. 6 della convenzione di Berna l’Unione Europea ha approvato la Direttiva Habitat, la quale dedica l’art. 12 ai divieti chiamati a corroborare il regime di rigorosa tutela delle specie protette, ivi compreso l’orso bruno, e l’articolo 16 alle possibili deroghe ai divieti medesimi:

“Art. 12

1. Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari atti ad istituire un regime di rigorosa tutela delle specie animali di cui all’allegato IV, lettera a), nella loro area di ripartizione naturale, con il divieto di: a) qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata di esemplari di tali specie nell’ambiente naturale; b) perturbare deliberatamente tali specie, segnatamente durante il periodo di riproduzione, di allevamento, di ibernazione e di migrazione; c) distruggere o raccogliere deliberatamente le uova nell’ambiente naturale; d) deterioramento o distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo.

2. Per dette specie gli Stati membri vietano il possesso, il trasporto, la commercializzazione ovvero lo scambio e l’offerta a scopi commerciali o di scambio di esemplari presi dall’ambiente naturale, salvo quelli legalmente raccolti prima della messa in applicazione della presente direttiva.

3. I divieti di cui al paragrafo 1, lettere a) e b) e al paragrafo 2 sono validi per tutte le fasi della vita degli animali ai quali si applica il presente articolo.

4. Gli Stati membri instaurano un sistema di sorveglianza continua delle catture o uccisioni accidentali delle specie faunistiche elencate nell’allegato IV, lettera a). In base alle informazioni raccolte, gli Stati membri intraprendono le ulteriori ricerche o misure di conservazione necessarie per assicurare che le catture o uccisioni accidentali non abbiano un impatto negativo significativo sulle specie in questione”.

“Art. 16

1. A condizione che non esista un’altra soluzione valida e che la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale, gli Stati membri possono derogare alle disposizioni previste dagli articoli 12, 13 (VEGETALI), 14 e 15, lettere a) e b): a) per proteggere la fauna e la flora selvatiche e conservare gli habitat naturali; b) per prevenire gravi danni, segnatamente alle colture, all’allevamento, ai boschi, al patrimonio ittico e alle acque e ad altre forme di proprietà; c) nell’interesse della sanità e della sicurezza pubblica o per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, e motivi tali da comportare conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente; d) per finalità didattiche e di ricerca, di ripopolamento e di reintroduzione di tali specie e per operazioni di riproduzione necessarie a tal fine, compresa la riproduzione artificiale delle piante; e) per consentire, in condizioni rigorosamente controllate, su base selettiva ed in misura limitata, la cattura o la detenzione di un numero limitato di taluni esemplari delle specie di cui all’allegato IV, specificato dalle autorità nazionali competenti.

2. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione ogni due anni una relazione, conforme al modello elaborato dal comitato, sulle deroghe concesse a titolo del paragrafo 1. La Commissione comunica il suo parere su tali deroghe entro il termine massimo di dodici mesi dopo aver ricevuto la relazione e ne informa il comitato.

3. Le informazioni dovranno indicare: a) le specie alle quali si applicano le deroghe e il motivo della deroga, compresa la natura del rischio, con l’indicazione eventuale delle soluzioni alternative non accolte e dei dati scientifici utilizzati; b) i mezzi, sistemi o metodi di cattura o di uccisione di specie animali autorizzati e i motivi della loro utilizzazione; c) le circostanze di tempo e di luogo in cui tali deroghe sono concesse; d) l’autorità abilitata a dichiarare e a controllare che le condizioni richieste sono soddisfatte e a decidere quali mezzi, strutture o metodi possono essere utilizzati, entro quali limiti e da quali servizi e quali sono gli addetti all’esecuzione; e) le misure di controllo attuate ed i risultati ottenuti”.

2.4. Nell’ordinamento dello Stato Italiano gli articoli 12 e 16 della Direttiva Habitat sono stati recepiti con il d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357. Tale decreto non è però applicabile nel territorio della Provincia di Trento, la quale nell’esercizio della propria potestà legislativa ha dato diretta attuazione all’art. 16 della Direttiva Habitat, quanto alla fattispecie di autorizzazione alla deroga al divieto di uccisione o cattura, con l’art. 1 della legge provinciale 11 luglio 2018, n. 9 recante “Attuazione dell’articolo 16 della Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche: tutela del sistema alpicolturale”. Tale articolo, nel testo vigente quando è stato adottato l’impugnato decreto n. 10 del 2023, disponeva come segue:

“Art. 1

Misure di prevenzione e d’intervento concernenti i grandi carnivori ai fini della tutela del sistema alpicolturale provinciale

1. Al fine di conservare il sistema alpicolturale del territorio montano provinciale il Presidente della Provincia, per proteggere le caratteristiche fauna e flora selvatiche e conservare gli habitat naturali, per prevenire danni gravi, specificatamente alle colture, all’allevamento, ai boschi, al patrimonio ittico, alle acque e ad altre forme di proprietà, per garantire l’interesse della sanità e della sicurezza pubblica o per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica e motivi tali da comportare conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente, può, acquisito il parere dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, limitatamente alle specie Ursus arctos e Canis lupus, autorizzare il prelievo, la cattura o l’uccisione, a condizione che non esista un’altra soluzione valida e che il prelievo non pregiudichi il mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente della popolazione della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale. La Giunta provinciale informa con tempestività il Consiglio provinciale in merito alle misure assunte. La Provincia autonoma di Trento assicura le informazioni necessarie all’adempimento degli obblighi di comunicazione dello Stato alla Commissione europea. 2. La Provincia informa tempestivamente i comuni e le comunità sul cui territorio si registrino situazioni critiche determinate dalle specie indicate al comma 1”.

Tale disposizione di fonte provinciale - il cui testo, a giudizio di questo Tribunale, è conforme a quello dell’art. 16 della Direttiva Habitat - è stata riconosciuta costituzionalmente legittima dalla Corte costituzionale italiana con la sentenza 27 settembre 2019, n. 215.

In motivazione la Corte costituzionale ha evidenziato che la Direttiva Habitat “conferisce il potere di deroga agli Stati membri genericamente intesi, lasciando l’individuazione del soggetto competente ad attuare l’art. 16 alle norme interne”, e che sussiste la competenza delle Province autonome di Trento e Bolzano in materia di attuazione (con legge provinciale) dell’art. 16 della Direttiva Habitat, e ciò in forza dell’art. 7 del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, recante “Estensione alla regione Trentino-Alto Adige ed alle province autonome di Trento e Bolzano delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616”, e dell’art. 40, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante “Norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea”. La Corte costituzionale ha precisato altresì che le finalità del potere delle Province di Trento e Bolzano di dare attuazione alla Direttiva Habitat attengono a misure che intersecano le materie di competenza provinciale primaria e «concorrono a delineare un peculiare assetto dell’ecosistema delle Province autonome di Trento e di Bolzano e il loro esercizio, pertanto, ben può essere rivendicato a livello provinciale», e che «le competenze statutarie delle Province autonome assicurano la complessiva tutela del particolare ecosistema provinciale e, in considerazione delle particolari caratteristiche dell’habitat alpino, giustificano l’attribuzione della competenza all’esercizio della deroga all’autonomia provinciale, prevedendo un sostanziale bilanciamento, legittimamente rimesso dalle leggi provinciali impugnate ai Presidenti delle Province autonome, quali organi idonei alla valutazione della dimensione anche localistica degli interessi coinvolti».

Da ultimo, con l’articolo 59 della legge provinciale 8 agosto 2023, n. 9, recante “Assestamento del bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2023 – 2025”, è stato modificato l’art. 1 della legge provinciale n. 9 del 2018, introducendovi i commi 1 bis, 1 ter, 1 quater e 1 quinquies. Il testo risultante da tale intervento additivo è il seguente:

“Art. 1

Misure di prevenzione e d’intervento concernenti i grandi carnivori ai fini della tutela del sistema alpicolturale provinciale.

1. Al fine di conservare il sistema alpicolturale del territorio montano provinciale il Presidente della Provincia, per proteggere le caratteristiche fauna e flora selvatiche e conservare gli habitat naturali, per prevenire danni gravi, specificatamente alle colture, all’allevamento, ai boschi, al patrimonio ittico, alle acque e ad altre forme di proprietà, per garantire l’interesse della sanità e della sicurezza pubblica o per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica e motivi tali da comportare conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente, può, acquisito il parere dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, limitatamente alle specie Ursus arctos e Canis lupus, autorizzare il prelievo, la cattura o l’uccisione, a condizione che non esista un’altra soluzione valida e che il prelievo non pregiudichi il mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente della popolazione della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale. La Giunta provinciale informa con tempestività il Consiglio provinciale in merito alle misure assunte. La Provincia autonoma di Trento assicura le informazioni necessarie all’adempimento degli obblighi di comunicazione dello Stato alla Commissione europea.

1 bis. Quando il Presidente della Provincia ordina il prelievo, la cattura o l’uccisione di esemplari delle specie previste dal comma 1 nell’ambito dei propri poteri di adozione di provvedimenti contingibili e urgenti previsti dall’articolo 52 dello Statuto di autonomia, l’ordine è dato ed eseguito senza necessità di acquisire il parere previsto dal comma 1.

1 ter. Quando il Presidente autorizza ai sensi del comma 1, nel rispetto di tutte le condizioni esposte dall’articolo 16 della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, o ai sensi del comma 1 bis, il prelievo di esemplari previsti dal comma 1, quale misura di sottrazione permanente all’ambiente naturale, dispone sempre l’uccisione dell’esemplare, quando si verifica una delle seguenti condizioni: a) l’esemplare è segnalato in centro residenziale o nelle immediate vicinanze di abitazioni stabilmente in uso; b) l’esemplare provoca danni ripetuti a patrimoni per i quali l’attivazione di misure di prevenzione o di dissuasione risulta inattuabile o inefficace; c) l’esemplare attacca, con contatto fisico; d) l’esemplare segue intenzionalmente delle persone; e) l’esemplare cerca di penetrare in abitazioni, anche frequentate solo stagionalmente.

1 quater. Il Presidente può autorizzare, secondo quanto previsto dal comma 1, interventi volti a ripristinare la naturale diffidenza nei confronti dell’uomo e delle sue attività dei soggetti appartenenti alle specie previste dal comma 1.

1 quinquies. In relazione a quanto previsto dai commi 1 bis, 1 ter e 1 quater la Provincia informa il Consiglio provinciale e assicura le informazioni necessarie all’adempimento degli obblighi di comunicazione dello Stato alla Commissione europea, secondo quanto previsto dal comma 1.

2. La Provincia informa tempestivamente i comuni e le comunità sul cui territorio si registrino situazioni critiche determinate dalle specie indicate al comma 1.”.

3. I precedenti giurisprudenziali.

3.1. Secondo la giurisprudenza di questo Tribunale (già cristallizzata nella sentenza 13 marzo 2018, n. 63) la legge provinciale 9 del 2018 e il PACOBACE «non definiscono una graduazione tra le due azioni energiche, “captivazione permanente” o “abbattimento” (nella disposizione della legge provinciale individuate nei termini di “prelievo, cattura o uccisione”; nell’articolo 16 delle dir. 92/43/CEE “cattura o uccisione”) in caso di orso pericoloso. Invero, la “condizione che non esista un’altra soluzione valida”, ... costituisce il presupposto indefettibile da ricondursi alla preliminare decisione di sottrarre l’animale protetto dal suo ambiente naturale, presupposto da esplicitarsi in maniera puntuale attraverso una motivazione specifica ed argomentata, nonché correlata al caso concreto» (così l’ordinanza cautelare 23 giugno 2023, n. 53). Anche nelle ordinanze cautelari n. 49 del 2023, n. 50 del 2023 e n. 51 del 2023 questo Tribunale ha ribadito che «le misure del prelievo, della cattura e dell’uccisione sono ... misure c.d. “energiche” tra loro equipollenti, nel senso che producono tutte il medesimo effetto di incidere sulla conservazione degli habitat naturali popolati dalla specie ursina, escludendo l’esemplare pericoloso dal proprio habitat naturale».

3.2. Invece la Sezione III del Consiglio di Stato (ex multis, le ordinanze n. 2915, n. 2918 e n. 2920 del 2023) ha espresso un diverso avviso.

Innanzi tutto Consiglio di Stato ha affermato quanto segue: «... la Corte di Giustizia, sentenza 11 giugno 2020, C-88/19, ha avuto modo di esprimersi sulla portata applicativa della direttiva “Habitat”, precisando che “Il rispetto di questa disposizione impone agli Stati membri non solo l’adozione di un quadro normativo completo, ma anche l’attuazione di misure di tutela concrete e specifiche. Del pari, il regime di rigorosa tutela presuppone l’adozione di misure coerenti e coordinate di carattere preventivo. Un tale regime di rigorosa tutela deve pertanto consentire di evitare effettivamente la cattura o l’uccisione deliberata nell’ambiente naturale di esemplari delle specie animali protette [v. in questo senso, sentenze del 17 aprile 2018, Commissione/Polonia (Foresta di Białowieża), C441/17, EU:C:2018:255, punto 231 e giurisprudenza citata, e del 10 ottobre 2019, Luonnonsuojeluyhdistys Tapiola, C674/17, EU:C:2019:851, punto 27]. ... Sebbene l’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva «habitat» autorizzi gli Stati membri a derogare alle disposizioni dei suoi articoli da 12 a 14 nonché del suo articolo 15, lettere a) e b), una deroga adottata su tale base è subordinata, nei limiti in cui consente a detti Stati membri di sottrarsi agli obblighi inerenti al regime di rigorosa tutela delle specie naturali, alla condizione che non esista un’altra soluzione valida e che tale deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni delle specie interessate nella loro area di ripartizione naturale. Siffatte condizioni riguardano tutte le ipotesi previste all’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva citata (sentenza del 10 ottobre 2019, Luonnonsuojeluyhdistys Tapiola, C674/17, EU:C:2019:851, punti 28 e 29) (...). (...)Per quanto riguarda, in terzo luogo, l’obiettivo perseguito dalla direttiva «habitat», occorre ricordare che gli articoli 12, 13 e 16 di quest’ultima formano un complesso coerente di regole volte alla tutela delle popolazioni delle specie interessate (sentenza del 20 ottobre 2005, Commissione/Regno Unito, C6/04, EU:C:2005:626, punto 112). L’obiettivo comune di tali disposizioni consiste nel garantire una rigorosa tutela delle specie animali protette mediante divieti previsti all’articolo 12, paragrafo 1, di tale direttiva, mentre le eccezioni sono unicamente autorizzate alle rigorose condizioni enunciate all’articolo 16, paragrafo 1, di detta direttiva, il quale deve essere interpretato restrittivamente (v., in tal senso, sentenze del 10 maggio 2007, Commissione/Austria, C508/04, EU:C:2007:274, punti da 109 a 112, nonché del 15 marzo 2012, Commissione/Polonia, C46/11, non pubblicata, EU:C:2012:146, punto 29)».

Quindi il Consiglio di Stato ha evidenziato quanto segue: A) «... da questa premessa di carattere normativo emerge in maniera chiara che la materia è governata dal principio di proporzionalità i cui contorni sono stati in via generale, in più occasioni, precisati da questa Sezione. La protezione della vita degli animali ha una tutela rafforzata a cui si può derogare, come si è detto, solo in presenza di condizioni che sono da interpretarsi in maniera rigorosa e restrittiva, secondo una logica graduata che risponda quindi al canone di proporzionalità. Giova precisare che tale principio ha anzitutto radici nel diritto eurounitario. Da canone ermeneutico utilizzato dalla Corte di Giustizia (ex plurimis, C-8/1955 Federation Charbonnere, C- 5-11-13-15/1962 Società acciaierie San Michele) ha assunto sempre una maggiore preminenza nel panorama dei principi fondamentali del diritto europeo, sino a trovare positivizzazione nel Trattato dell’Unione Europea, all’art. 5. Il principio di proporzionalità, inteso quale limite all’azione delle istituzioni dell’Unione a quanto è strettamente necessario per il conseguimento degli obiettivi del Trattato, è al tempo stesso criterio di predisposizione degli atti normativi e amministrativi e parametro di valutazione degli stessi. La proporzionalità si compone di tre elementi: idoneità, necessarietà e proporzionalità in senso stretto. È idonea la misura che permette il raggiungimento del fine, il conseguimento del risultato prefissato. La misura deve essere poi necessaria, vale a dire l’unica possibile per il raggiungimento del risultato prefissato. La proporzionalità in senso stretto richiede, invece, che la scelta amministrativa ovvero legislativa non rappresenti un sacrificio eccessivo nella sfera giuridica del privato. Nella giurisprudenza della Corte di giustizia la proporzionalità rimane un concetto duttile che si concretizza volta per volta in base agli scopi perseguiti dai Trattati. Per dirsi proporzionata, quindi, non basta che la misura sia idonea a perseguire il fine ma deve essere l’unica possibile tale da non rappresentare un sacrificio eccessivo per il bene ritenuto recessivo all’esito del bilanciamento tra contrapposti interessi»; B) «... diversamente da quanto affermato dal Giudice primo grado, le diverse misure che l’Autorità può assumere - per come richiamate dalle fonti normative sopra citate e secondo l’interpretazione fatta propria dalla Corte di Giustizia - devono ritenersi enunciate in via gradata con la conseguenza che è possibile ricorrere alla misura più grave solo ove sia provata, nei modi che intra si diranno, l’impossibilità di adottare la misura meno cruenta e, quindi, “a condizione che esista un’altra soluzione valida”».

Sulla scorta dei riferimenti normativi e giurisprudenziali innanzi richiamati il Consiglio di Stato ha concluso come segue: A) «... può ricorrersi all’abbattimento dell’animale solo nell’ipotesi - estrema e di rara verificazione - di impossibilità oggettiva, non solo temporanea e soggettiva, da valutarsi secondo i criteri generali dell’ordinamento giuridico, di ricorrere ad azioni meno cruente»; B) «nel caso in questione, il provvedimento impugnato in primo grado esorbita dal suddetto perimetro in quanto delibera l’abbattimento dell’animale senza avere adeguatamente valutato l’efficacia di misure intermedie idonee a salvaguardare l’incolumità pubblica senza sacrificare la vita dell’animale, bene giuridico oggi costituzionalmente protetto»; C) «il provvedimento impugnato, come correttamente osservato dal Presidente del Tar locale nei numerosi decreti monocratici resi nei giudizi di che trattasi, presenta un inaccettabile vizio logico. La mancanza di adeguate strutture per l’accoglimento e la gestione di animali “problematici” non può legittimare una misura che viola il principio di proporzionalità e che rischia di autorizzare un uso seriale, indiscriminato della decisione estrema e più cruenta che - come detto - deve costituire l’extrema ratio»; D) «l’allarme sociale destato dai drammatici episodi ultimamente occorsi, se legittima il rafforzamento delle misure preventive diverse dall’abbattimento, non può incidere sulle valutazioni dell’amministrazione che deve continuare ad ispirarsi rigorosamente ai già citati criteri di legge al fine di trovare il punto di equilibrio ispirato a proporzionalità»; E) «proprio in virtù delle lamentate carenze strutturali e nell’asserita situazione emergenziale, era compito dell’Amministrazione quello di valutare ogni misura intermedia tra la libertà e l’abbattimento dell’animale e, quindi, anche l’ipotesi del trasferimento in una struttura diversa da quelle di proprietà della Provincia, eventualmente anche fuori dal territorio nazionale, atteso che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa appellata e dal Collegio di primo grado, tale misura non presenta caratteristiche “extra ordinem”, trattandosi pur sempre di una forma di captivazione realizzata mediante esternalizzazione».

Per l’effetto il Consiglio di Stato ha ritenuto il decreto del Presidente della Provincia n. 10 del 2023, nella parte in cui dispone l’abbattimento dell’animale, «sproporzionato e non coerente con le normative sovrannazionali e nazionali che impongono l’adeguata valutazione di misure intermedie».

4. L’ambito della questione pregiudiziale.

4.1. Preliminarmente il Tribunale intende circoscrivere l’ambito della questione pregiudiziale da sottoporre alla Corte di Giustizia osservando che nel caso sottoposto al proprio esame non rileva il giudizio sulle modalità gestionali con le quali è assicurata, in via preventiva, la rigorosa tutela delle specie di animali oggetto di particolare protezione (ivi compreso l’orso) da parte dell’autorità competente nel territorio della Provincia di Trento. Tale tematica investe infatti l’osservanza degli obblighi di rigorosa tutela delle specie da parte di ciascuno Stato membro, ma non è pertinente al caso in esame, ove viene in considerazione un singolo provvedimento che dispone la rimozione di un animale pericoloso per la pubblica incolumità, indipendentemente dalle ragioni che hanno determinato tale circostanza.

Pertanto, la questione pregiudiziale che si prospetta con la presente ordinanza mira solo ad acclarare quale sia la corretta interpretazione del diritto eurounitario applicabile al provvedimento di autorizzazione alla deroga al divieto di abbattimento oggetto di impugnazione nel giudizio a quo. In particolare il Tribunale ritiene che, ai fini della valutazione sulla legittimità del decreto del Presidente della Provincia n. 10 del 2023, non occorra accertare se la Provincia abbia posto in essere, o meno, misure idonee a prevenire eventi come quello che ha determinato l’adozione del predetto decreto.

4.2. Sempre in via preliminare il Tribunale osserva che, secondo una costante giurisprudenza della Corte di giustizia, «ai fini dell’interpretazione di una disposizione del diritto dell’Unione, occorre tenere conto non soltanto del suo tenore letterale, ma anche del suo contesto e degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte» (sentenza 21 novembre 2019, C-678/18, Hoge Raad der Nederlanden, punto 31). Assume, quindi, decisivo rilievo la finalità perseguita dalla Direttiva Habitat, il cui articolo 2 recita come segue: “1. Scopo della presente direttiva è contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato. 2. Le misure adottate a norma della presente direttiva sono intese ad assicurare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di fauna e flora selvatiche di interesse comunitario. 3. Le misure adottate a norma della presente direttiva tengono conto delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e locali”. Si tratta pertanto della tutela della biodiversità mediante conservazione della fauna selvatica di interesse comunitario e dei suoi habitat naturali.

4.3. La sentenza della Corte di giustizia 11 giugno 2020, C-88/19 (citata dal Consiglio di Stato nella propria ordinanza cautelare n. 2915 del 2023) contribuisce a precisare la finalità della Direttiva Habitat. In particolare la Corte ha chiarito che i termini “area di ripartizione naturale” e “ambiente naturale”, che figurano all’articolo 12, paragrafo 1, si estendono a coprire zone situate al di fuori dei siti specificamente protetti - es. Siti Natura - e comprendono anche zone popolate dell’uomo; in sentenza la Corte ha chiarito altresì che «la rigorosa tutela delle specie animali protette, mediante divieti previsti all’articolo 12, paragrafo 1, di tale direttiva, si applica non solo in luoghi specifici, bensì copre tutti gli esemplari delle specie animali protette che vivono nell’ambiente naturale o in stato selvatico e che svolgono, quindi, una funzione negli ecosistemi naturali, senza per forza applicarsi agli esemplari che formano oggetto di una forma legale di cattività» (punto 44), e che «L’interpretazione secondo cui l’”area di ripartizione naturale” di tali specie, menzionata all’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva “habitat”, comprende anche zone situate al di fuori dei siti protetti, e la protezione che ne deriva non è quindi limitata a tali siti, è invece idonea a realizzare l’obiettivo consistente nel vietare l’uccisione o la cattura di esemplari di specie animali protette. Infatti, si tratta di proteggere tali specie non solo in taluni luoghi, definiti in modo restrittivo, ma anche gli esemplari di queste ultime che vivono nell’ambiente naturale o in stato selvatico e che adempiono così una funzione negli ecosistemi naturali» (punto 49). Dunque si può ragionevolmente concludere - coerentemente con la finalità di tutela delle specie protette perseguita dalla Direttiva Habitat - che la disposizione dell’art. 12 della Direttiva stessa (che impone espressamente “il divieto di ... qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata di esemplari di tali specie nell’ambiente naturale”) è finalizzata a «proteggere tali specie non solo in taluni luoghi, definiti in modo restrittivo, ma anche gli esemplari di queste ultime che vivono nell’ambiente naturale o in stato selvatico e che adempiono così una funzione negli ecosistemi naturali», e non già a tutelare tout court la vita del singolo esemplare appartenente ad una specie protetta, a prescindere da ogni circostanza.

4.4. Più specificamente, con riferimento all’art. 16 della Direttiva Habitat, la Corte di Giustizia ha così statuito: A) «gli articoli 12, 13 e 16 della stessa formano un complesso coerente di norme volte alla tutela delle popolazioni delle specie interessate, di modo che ogni deroga incompatibile con tale direttiva costituirebbe una violazione sia dei divieti posti dagli articoli 12 o 13 di essa, sia della norma secondo cui le deroghe possono essere consentite in conformità all’articolo 16 della stessa direttiva» (sentenza 2 marzo 2023, C-432/21, Commissione/Repubblica di Polonia); B) le fattispecie di deroga previste dall’art. 16 devono essere oggetto di un’interpretazione restrittiva e l’onere della prova dell’esistenza delle condizioni richieste per ciascuna deroga grava sull’autorità che adotta la relativa decisione (giurisprudenza costante: sentenza 20 ottobre 2005, C-6/04, Commissione/Regno Unito, punto 111; sentenza 10 maggio 2007, C-508/04, Commissione/Austria, punti 110 e 128; sentenza 10 ottobre 2019, causa C-674/17, punto 59; sentenza 11 giugno 2020, causa C-88/19, punto 25); C) le autorità nazionali competenti devono accertare la sussistenza di tutte e tre le condizioni previste dall’art. 16 (sentenza 14 giugno 2007, causa 342/05, Commissione/Finlandia, punto 45; sentenza 10 ottobre 2019, causa C-674/17, punto 59), che sono le seguenti: i) dimostrazione di una o più motivazioni tra quelle elencate dall’articolo 16, paragrafo 1, lettere da a) a d) o per consentire, in condizioni rigorosamente controllate, su base selettiva ed in misura limitata, la cattura o la detenzione di un numero limitato di taluni esemplari delle specie di cui all’allegato IV, specificato dalle autorità nazionali competenti [lettera e)]; ii) assenza di un’altra soluzione valida; iii) garanzia del fatto che una deroga non pregiudichi il mantenimento delle popolazioni in uno stato di conservazione soddisfacente; D) gli Stati membri devono inoltre garantire che gli effetti cumulativi delle deroghe non producano impatti contrari agli obiettivi dell’articolo 12 e della direttiva nel suo insieme (sentenza 10 ottobre 2019, causa C-674/17, punti 38 e 58 e ss.) ed adottare il principio di precauzione sancito nell’articolo 191, paragrafo 2, TFUE “se l’esame dei migliori dati scientifici disponibili lascia sussistere un’incertezza quanto al fatto che una siffatta deroga pregiudichi o meno il mantenimento o il ripristino delle popolazioni di una specie minacciata di estinzione in uno stato di conservazione soddisfacente” (sentenza 10 ottobre 2019, causa C-674/17, punto 66); E) la sussistenza delle predette condizioni dev’essere puntualmente motivata con riferimento a situazioni specifiche e concrete (sentenza 10 ottobre 2019, causa C-674/17, punto 41, e giurisprudenza ivi citata).

5. Il principio di proporzionalità.

5.1. Questo Tribunale non ignora quanto evidenziato dal Consiglio di Stato nelle ordinanze cautelari n. 2915, n. 2918 e n. 2920 del 2023 in merito alla portata del principio di proporzionalità e, in particolare, l’assunto secondo il quale la proporzionalità in senso stretto richiede che «la scelta amministrativa ovvero legislativa non rappresenti un sacrificio eccessivo nella sfera giuridica del privato. Nella giurisprudenza della Corte di giustizia la proporzionalità rimane un concetto duttile che si concretizza volta per volta in base agli scopi perseguiti dai Trattati. Per dirsi proporzionata, quindi, non basta che la misura sia idonea a perseguire il fine ma deve essere l’unica possibile tale da non rappresentare un sacrificio eccessivo per il bene ritenuto recessivo all’esito del bilanciamento tra contrapposti interessi».

Del resto il principio in esame (talvolta compendiato nella formula del ‘minimo mezzo’) era stato già enucleato nell’ambito del dibattito dottrinale interno allo Stato italiano oltre un secolo e mezzo prima che esso fosse valorizzato dalla Corte di Giustizia. In particolare già nel 1814 un’autorevole dottrina affermava che «la seconda regola pratica direttrice dell’amministrazione pubblica è far prevalere la cosa pubblica alla privata entro i limiti della vera necessità [ossia] col minimo possibile sacrificio della proprietà privata e libertà. Qui la prevalenza della cosa pubblica alla privata non colpisce il fine o l’effetto ma il semplice mezzo».

Non può tuttavia sottacersi che il Consiglio di Stato nelle suddette ordinanze non ha preso posizione sulle puntuali motivazioni espresse al riguardo da questo Tribunale nelle proprie pronunce, ove è stato più volte ribadito il principio secondo il quale «le misure del prelievo, della cattura e dell’uccisione sono ... misure c.d. “energiche” tra loro equipollenti, nel senso che producono tutte il medesimo effetto di incidere sulla conservazione degli habitat naturali popolati dalla specie ursina, escludendo l’esemplare pericoloso dal proprio habitat naturale» (così, ad esempio, la già citata ordinanza cautelare n. 51 del 2023).

6. La questione pregiudiziale.

6.1. In definitiva il Tribunale ritiene che l’art. 16 della Direttiva Habitat - che consente all’autorità competente di autorizzare la deroga al divieto di “qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata di esemplari di tali specie nell’ambiente naturale” al ricorrere di fattispecie tassativamente fissate, tra le quali si annovera la necessità di tutela della sicurezza pubblica oggi in considerazione, stante l’art. 16, comma 1, lett. c), della medesima Direttiva (“Nell’interesse della sanità e della sicurezza pubblica o per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, e motivi tali da comportare conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente”) - non sancisca la priorità della captivazione permanente (ossia la cattura per la traduzione in cattività permanente) rispetto all’abbattimento dell’animale pericoloso, misure la cui scelta si pone logicamente segue l’accertamento della necessità di prelievo dell’animale dal suo habitat naturale.

6.2. In particolare il Tribunale ritiene che - accertata la sussistenza della condizione relativa alla necessità di tutela dell’interesse della sicurezza pubblica e dell’ulteriore condizione che “il prelievo non pregiudichi il mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente della popolazione della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale” (condizioni la cui sussistenza spetta a questo Tribunale verificare) - la condizione che residua, ossia che “non esista un’altra soluzione valida”, vada interpretata alla luce degli obiettivi generali della Direttiva Habitat, ossia coerentemente con la finalità della medesima Direttiva (come chiarita dalla Corte di Giustizia nelle pronunce citate ai precedenti punti 4.2 e 4.3. della presente ordinanza), consistente nella conservazione della biodiversità, che comporta l’obbligo di «proteggere tali specie non solo in taluni luoghi, definiti in modo restrittivo, ma anche gli esemplari di queste ultime che vivono nell’ambiente naturale o in stato selvatico e che adempiono così una funzione negli ecosistemi naturali».

Anche per questa condizione la Corte di Giustizia prescrive la necessità di «una motivazione precisa ed adeguata quanto all’assenza di un’altra soluzione valida che consenta di conseguire gli obiettivi invocati per giustificare la deroga di cui trattasi» (sentenza 14 giugno 2007, C-342/05, Commissione/Finlandia, punto 31, richiamata nella sentenza 10 ottobre 2019, causa C-674/17, punto 49), ma la Corte non impone una specifica motivazione in merito alla graduazione tra cattura e abbattimento. In particolare la Corte di giustizia chiarisce (al punto 51 della predetta sentenza 10 ottobre 2019, causa C-674/17) che «spetta alle autorità nazionali competenti, nell’ambito dell’autorizzazione di deroghe come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, dimostrare che, tenuto conto in particolare delle migliori conoscenze scientifiche e tecniche pertinenti, nonché alla luce delle circostanze relative alla situazione specifica in esame, non esiste nessun’altra soluzione valida che consenta di raggiungere l’obiettivo perseguito nel rispetto dei divieti sanciti nella direttiva habitat».

6.3. Ne consegue, ad avviso del Tribunale, che l’inesistenza di un’altra soluzione valida dev’essere in concreto acclarata con riferimento all’inesistenza di una soluzione alternativa che consenta di mantenere l’animale nel suo ambiente naturale, e dunque nello stato di vita selvatica, evitando la sua rimozione da tale ambiente. Ma se questa è la finalità della direttiva, allora la cattura e l’abbattimento sono misure del tutto equivalenti tra loro, perché entrambe producono il medesimo effetto, che consiste nella sottrazione dell’animale dal suo ambiente naturale e dallo stato di vita selvatica. Pertanto - se è vero che la scelta gestionale che si prospetta all’autorità competente in sede di autorizzazione della deroga al divieto in questione deve costituire l’extrema ratio, ossia l’estremo rimedio - è parimenti vero la valutazione dell’autorità competente non attiene alla scelta tra abbattere l’animale o catturarlo e tradurlo in cattività in luoghi di captivazione permanente, ma concerne piuttosto l’alternativa tra la rimozione, o meno, dell’animale dal suo ambiente naturale e dallo stato di vita selvatica, nell’ottica di tutela della specie protetta che costituisce la finalità della Direttiva.

6.4. Merita da ultimo evidenziare che, tenuto conto degli obblighi di motivazione espressi dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia circa l’impatto delle deroghe individualmente rilasciate sul mantenimento della popolazione, l’autorità competente deve operare una puntuale verifica in relazione al cumulo delle deroghe in precedenza autorizzate, e ciò esclude la temuta prospettiva di un uso complessivamente sviato del potere di deroga (anche in ragione del fatto che la popolazione della specie considerata si trova quasi esclusivamente nella zona alpina del Trentino-Alto Adige, ed è in particolare addensata nelle aree occidentali della Provincia Autonoma di Trento).

6.5. L’assenza di graduazione tra la captivazione permanente e l’abbattimento trova conferma anche nella collocazione testuale del divieto di “qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata di esemplari di tali specie nell’ambiente naturale”, che si rinviene nell’art. 12, comma 1, lettera a), della Direttiva Habitat, e non nel successivo art. 16, che dispone in ordine alle condizioni per la deroga a tale divieto. Vale infatti ancora una volta sottolineare che il testo dell’art. 12, che enumera i divieti in ragione della particolare tutela riservata agli animali della specie considerata, in nessuna parte pone la cattura come prioritaria rispetto all’abbattimento. Al contrario, pur nella fattispecie di deroga prevista dall’art. 16, comma 1, lett. e) (“per consentire, in condizioni rigorosamente controllate, su base selettiva ed in misura limitata, la cattura o la detenzione di un numero limitato di taluni esemplari delle specie di cui all’allegato IV, specificato dalle autorità nazionali competenti”), dove sono contemplate solo la cattura o la detenzione, la stessa Corte di Giustizia ha indicato come equivalente l’abbattimento alla cattura ai fini di cui all’art. 16, evidenziando che «come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 40 delle sue conclusioni, la nozione di “cattura” ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva “habitat”, deve essere intesa nel senso che comprende sia la cattura che l’uccisione di esemplari delle specie interessate, cosicché tale disposizione, in linea di principio, può fungere da fondamento per l’adozione di deroghe dirette, segnatamente, a consentire l’uccisione di esemplari delle specie indicate nell’allegato IV, lettera a), della direttiva in parola, nel rispetto delle condizioni specifiche ivi previste» (sentenza del 10 ottobre 2019, causa C-674/17, punto 32). Dunque, ad avviso del Tribunale, risulta ulteriormente smentita la tesi che in forza del principio di proporzionalità postula una graduazione tra le due misure.

6.6. L’interpretazione proposta da questo Tribunale risulta poi coerente con l’altra condizione imposta nel testo del medesimo art. 16 per l’autorizzazione alla deroga (“la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale”), rispetto alla quale non può disconoscersi che la cattura e l’uccisione si configurano come misure del tutto equivalenti tra loro, in quanto entrambe sottraggono l’esemplare dall’area di ripartizione naturale. Difatti il mero mantenimento in vita dell’esemplare, ma all’interno di una struttura, non vale a giustificare l’assenza del pregiudizio alla specie, che dev’essere valutato con riferimento alle popolazioni che vivono in libertà.

6.7. Invece l’interpretazione prescelta dal Consiglio di Stato si connota per un’intrinseca irragionevolezza in quanto esclude, a ben vedere, qualsivoglia possibilità da parte dell’autorità competente di motivare la scelta di abbattere l’animale pericoloso per la pubblica incolumità (anziché ridurlo in cattività). Infatti, nella prospettiva della priorità gerarchica della misura della captivazione permanente (rispetto all’abbattimento) s’impone all’autorità competente l’obbligo della previa dimostrazione della «impossibilità oggettiva, non solo temporanea e soggettiva ... estrema e di rara verificazione» (così il Consiglio di Stato) della captivazione permanente (non solo nell’ambito di strutture poste sotto la propria responsabilità, ma anche in altri Stati); ma ciò si traduce in una probatio diabolica, che elide in radice la rilevanza di altre giustificazioni concorrenti, che l’autorità nel singolo caso deve poter valutare, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, anche con il conforto del parere della massima autorità scientifica dello Stato italiano in tema di fauna selvatica (qual è l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale - ISPRA), in ordine allo stesso benessere dell’animale, che è abituato a vivere in uno stato selvatico, all’eventuale inesistenza, al momento della decisione, di luoghi in cui l’esemplare può essere ospitato nella disponibilità e responsabilità dell’autorità procedente, ai costi di tale scelta, alla sicurezza degli operatori ecc.

6.8. Per tutto quanto sopra esposto questo Tribunale - nel ribadire che la disciplina posta l’art. 1, comma 1, della legge provinciale n. 9 del 2018 è conforme a quella posta dall’art. 16 della Direttiva Habitat - ritiene necessario sospendere il giudizio e trasmettere gli atti all’eccellentissima Corte di Giustizia, in sede di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 T.F.U.E. (nella parte in cui dispone che la Corte è competente a pronunciarsi sulla “interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione”), per sottoporre la seguente questione:

«Dica la Corte di Giustizia UE:

a) se, sulla base del disposto dell’art. 16 della direttiva 92/43/CEE, una volta accertata la sussistenza della condizione relativa alla sussistenza di una delle fattispecie espressamente individuate dalla lett. a) alla lett. e) del comma 1 dell’art. 16, nonché della condizione relativa al fatto che “la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale”, ai fini del rilascio dell’autorizzazione alla deroga al divieto di “qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata di esemplari di tali specie nell’ambiente naturale”, di cui alla lett. a) dell’art. 12 della medesima direttiva, l’ulteriore condizione, relativa al fatto che “non esista un’altra soluzione valida”, debba essere interpretata nel senso che l’autorità competente deve dimostrare l’assenza di altra soluzione valida atta ad evitare la rimozione dell’animale dall’ambiente di ripartizione naturale, cui consegue la possibilità della scelta motivata della misura da adottare in concreto, che può consistere nella cattura per captivazione permanente oppure nell’abbattimento, misure che sono poste su di un piano di parità;

oppure

b) se, sulla base del disposto dell’art. 16 della direttiva 92/43/CEE, una volta accertata la sussistenza della condizione relative alla sussistenza di una delle fattispecie espressamente individuate dalla lett. a) alla lett. e) del comma 1 dell’art. 16, nonché della condizione relativa al fatto che “la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale”, ai fini del rilascio dell’autorizzazione alla deroga al divieto di “qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata di esemplari di tali specie nell’ambiente naturale”, di cui alla lett. a) dell’art. 12 della medesima direttiva, l’ulteriore condizione, relativa al fatto che “non esista un’altra soluzione valida”, debba essere interpretata nel senso che essa vincola prioritariamente l’autorità competente alla scelta della cattura per la riduzione in cattività (captivazione permanente) e solo in caso di impossibilità oggettiva e non temporanea di tale soluzione consente la rimozione mediante abbattimento, sussistendo una rigorosa gerarchia tra siffatte misure».

7. Proponibilità della questione pregiudiziale.

7.1. Questo Tribunale ritiene altresì che, secondo i parametri indicati dalla Corte di Giustizia, la suesposta questione pregiudiziale sia: A) di interpretazione del diritto eurounitario; B) non identica ad altre già decise dalla Corte di Giustizia; C) rilevante al fine della decisione del giudizio.

7.2. Quanto alla rilevanza della questione, questo Tribunale osserva innanzi tutto che, in ossequio al principio tempus regit actum, nessun rilievo assume nel giudizio a quo il menzionato art. 59 della legge provinciale n. 9 del 2023, con cui è stata modificata la legge provinciale n. 9 del 2018. Difatti tale sopravvenienza normativa ha efficacia ex nunc e, quindi, non incide retroattivamente sul quadro normativo in vigore al momento dell’adozione dell’impugnato decreto n. 10 del 2023.

7.3. Sempre con riferimento alla rilevanza della questione, la questione stessa assume decisivo rilievo nel giudizio a quo perché questo Tribunale nella propria ordinanza cautelare n. 36 del 2023 ha già illustrato le ragioni per le quali: A) risulta adeguatamente ricostruito il quadro fattuale dell’aggressione del giovane Andrea Papi da parte dell’orsa denominata JJ4; B) l’orsa denominata JJ4 è pericolosa per la sicurezza pubblica.

Del resto lo stesso Consiglio di Stato nelle ordinanze cautelari n. 2915, n. 2918 e n. 2920 del 2023 ha confermato le valutazioni svolte da questo stesso Tribunale con riferimento a tali profili e, quindi, allo stato resta solo da decidere, alla luce della normativa eurounitaria, in ordine alla legittimità, o meno, dell’ordine di abbattimento dell’animale.

7.4. Essendo la questione rilevante e prioritaria nell’ambito del presente giudizio, sussistono i presupposti per la rimessione della stessa alla Corte di Giustizia. Rimane ferma, nelle more, la decisione cautelare di cattura dell’esemplare a garanzia della sicurezza pubblica e per garantire l’effettività di tutela giurisdizionale.

8. Disposizioni per la segreteria e sospensione del giudizio.

8.1. Si dispone, quindi, la trasmissione alla cancelleria della Corte di Giustizia dell’Unione Europea di copia del fascicolo della causa, nonché di ogni ulteriore atto eventualmente richiesto in futuro dalla stessa Corte.

8.2. Ai sensi dell’art. 79, comma 1, cod. proc. amm., il presente giudizio viene sospeso fino alla pronuncia della Corte di Giustizia e ogni ulteriore decisione, anche in ordine alle spese, è riservata alla pronuncia definitiva.

P.Q.M.

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa della Regione autonoma Trentino - Alto Adige/Südtirol, sede di Trento, riservata ogni altra decisione in rito, nel merito e sulle spese, dispone:

- la rimessione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea della questione pregiudiziale indicata in motivazione;

- il mantenimento della decisione cautelare nella parte relativa alla cattura dell’esemplare di orso denominato JJ4;

- la sospensione del presente giudizio nelle more della pronuncia della Corte.

Manda alla Segreteria della Sezione tutti gli adempimenti di competenza per la trasmissione degli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea ai sensi delle “Raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale” (2019/C 380/01), in G.U.U.E. in data 8 novembre 2019).

Così deciso in Trento nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2023 con l’intervento dei magistrati:

Fulvio Rocco, Presidente

Carlo Polidori, Consigliere, Estensore

Antonia Tassinari, Consigliere