Cass. Sez. III n. 37675 del 19 novembre 2025 (UP 6 giu 2025)
Pres. Ramacci Est. Vergine Ric. Melis
Caccia e animali.Reato di cui all'art. 727 cod. pen.
Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 727 cod. pen., la detenzione di animali in condizioni produttive di gravi sofferenze consiste non solo in quella che può determinare un vero e proprio processo patologico nell'animale, ma anche in quella che produce meri patimenti, come tenere un portamento innaturale, tale da impedire o rendere difficoltosa la deambulazione o il mantenimento della posizione eretta e stabile
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 14 ottobre 2024 il Tribunale di Siena, in composizione monocratica, ha ritenuto Melis Albino, imputato del reato di cui agli artt. 81, 727, comma 2, cod.pen., accertato il 6 dicembre 2021 ed il 4 maggio 2022, con permanenza, colpevole delle 180 contravvenzioni a lui ascritte, commesse il 6 dicembre 2021, avvinte dal vincolo della continuazione, e lo ha condannato alla pena di euro 6.370 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali.
2. Melis ha proposto, a mezzo del difensore di fiducia, tempestivo ricorso per l'annullamento della sentenza, affidato a tre motivi.
2.1. Denuncia, col primo motivo, ex art. 606, comma 1, lett.b) ed e), cod.proc.pen., erronea applicazione di legge -art 727 comma 2, cod.pen.- e correlato vizio di motivazione risulta ampiamente e congruamente argomentata in punto di affermazione di responsabilità in ordine al reato contestato di cui all'art. 727, comma 2 cod. pen. risultando e, asseritamente contraddittoria.
Il Tribunale ha ritenuto integrato il reato contestato, ritenuto eventualmente permanente, nei limiti temporali indicati, per avere l'imputato provocato gravi sofferenze ai propri ovini detenendoli in aree prive di copertura, al freddo e in un terreno dove gli animali affondavano le proprie zampe nel fango e nelle loro deiezioni.
Osserva che l'imputato fu costretto a lasciare temporaneamente gli animali nel recinto nella località Serracona di Sopra solo a seguito di demolizione della copertura del fabbricato nel Comune di Radicondoli (in virtù di prescrizione imposta dall'amministrazione comunale) in cui ordinariamente venivano ricoverati gli ovini, che l'organizzazione dell'azienda Melis prevedeva spostamenti continui degli ovini tra i luoghi di ricovero in ragione dei previsti e descritti cicli produttivi, che la situazione censita in sede di sopralluogo era dunque temporanea;
rammenta che il reato contestato ha natura permanente e che, dunque, nella specie non può ritenersi integrato l'essenziale elemento della permanenza ai fini della configurabilità della fattispecie di cui all'art. 727, comma 2, cod.pen., che nella sua attuale formulazione prevede, altresì, che la detenzione penalmente rilevante sia quella attuata in condizioni incompatibili con la natura degli animali e produttiva di grandi sofferenze quale conseguenza delle modalità della detenzione dell'animale.
Gravità della sofferenza -non identificabile nella semplice detenzione degli animali in condizioni incompatibili con la loro natura- che, secondo prospettazione difensiva non sarebbe ravvisabile, come risultante dalla testimonianza del veterinario intervenuto in sede di sopralluogo, (il teste Librizzi avrebbe attestato che gli ovini erano ben nutriti, che non aveva accertato nessun elemento di malattia), sarebbe contraddetta dalla possibilità degli animali di pascolare all'aperto, e dalla mancata emersione in istruttoria del lasso di tempo in cui le pecore abbiano soggiornato in quel terreno, essendo stato appurato soltanto che il terreno era privo di una struttura sotto cui ripararsi e che era presente del fango.
2.2. Col secondo motivo denuncia, ex art. 606, comma 1, lett. e) cod.proc.pen.
vizio di motivazione, asseritamente assente, in ordine alla esclusione della particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis cod.pen. -della quale risulterebbero i presupposti per non aver mai il Melis sottoposto gli animali a sevizie e per l'assenza di problematiche sanitarie riconosciute in capo agli stessi, e disconosciuta dal Tribunale solo sulla base dell'elevato numero di ovini peraltro non esattamente emergente dall'istruttoria svolta- e riguardo alla mancata applicazione della scriminante di cui all'art. 51 cod.pen. -avendo il Melis dovuto ottemperare alla rimozione dell'ovile impostagli da provvedimento dell'amministrazione comunale costituente adempimento di un dovere-.
2.3. Col terzo motivo denuncia, ex art. 606, comma 1, lett. e) cod.proc.pen., vizio di motivazione, asseritamente contraddittoria, in relazione al trattamento sanzionatorio applicato, partendo dal minimo edittale, aumentato di euro 30 per ogni ulteriore capo di bestiame.
Contesta la difesa la mancanza di certezza in ordine al numero degli ovini presenti; assume che il Giudice avrebbe dovuto applicare un'unica sanzione riguardo al gregge, non essendo stati accertati patimenti per ogni singola unità che lo componeva.
La decisione sarebbe, inoltre, contraddittoria, laddove l'aumento per ogni capo, nella misura indicata, è stata ritenuto modesto e proporzionato alla gravità della vicenda laddove, in altro luogo motivazionale (pag. 5) è stata ritenuta corretta la contestazione dell'ipotesi colposa non intravvedendosi nella condotta dell'imputato «la volontà di sottoporre una simile sofferenza agli animali ben potendo capitare che durante un pascolo le pecore siano colte dalle intemperie».
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1. I motivi di ricorso si risolvono in una critica generalizzata al merito della decisione, offrendo una diversa e non plausibile ricostruzione dei fatti, smentita con argomenti congrui e non manifestamente illogici dal Tribunale.
Il ricorrente, pur rubricando dunque le proprie doglianze come violazioni dì legge, sollecita a questa Corte una rivalutazione del compendio probatorio, evidentemente preclusa in 'sede di legittimità, e propone in ogni caso censure motivazionali che parimenti non possono trovare ingresso in questa sede. In tema di ,ricorso per cassazione, il sindacato di legittimità sulla valutazione operata dal giudice della cognizione in merito ai fatti presupposto dell'applicazione di una norma processuale è limitato alla verifica della sussistenza e della logicità della motivazione adottata sul punto.
2. La sentenza impugnata ha attestato che risulta accertato in sede di istruttoria dibattimentale, alla luce di quanto riferito dal dottor Librizzi, dirigente veterinario della Usl Val D'Elsa, che aveva partecipato al sopralluogo come ausiliario dei carabinieri forestali, che gli ovini erano detenuti in condizioni incompatibili con la loro natura e tali da produrre in loro gravi sofferenze (pagg. 2-3 sent.).
Il Tribunale ha dato atto della circostanza -succedanea alle vicende relative al manufatto annesso agricolo abusivo, utilizzato dal Melis quale ovile, oggetto di interesse di un sopralluogo del 2019 dei Vigili del Fuoco territorialmente competenti con segnalazione della presenza di una lamiera pericolosa sporgente dall'annesso in parola, culminato con ordine di demolizione del manufatto ed acquisizione dell'area di sedime da parte del Comune di Radicondoli in data 21 luglio 2021 a seguito del mancato ottemperamento all'ordinanza n. 1 del 24 febbraio 2020- per cui i Carabinieri avevano effettuato, il 2 dicembre 2021, un primo sopralluogo in occasione del quale constatavano che all'interno del manufatto agricolo, privo di copertura, erano presenti 32 ovini i quali stabulavano nella lettiera permanente tra il fango, il fieno e le loro deiezioni, al freddo e sotto la pioggia battente; e il successivo 6 dicembre 2021 avevano effettuato un secondo sopralluogo, con la presenza, quale ausiliario, del dott. Librizzi, dirigente veterinario della unità Funzionale Sanità Pubblica Veterinaria della Zona Alt Val d'Elsa dell'Azienda Usl Sud est Toscana (cfr. relazione a firma dell'ausiliario del 10 dicembre 2021), da cui l'accertamento della presenza di 180 capi, detenuti in due recinti privi di idonea struttura che permettesse il riparo dalle intemperie, che stazionavano nel fango misto alle loro deiezioni affondando fino alle ginocchia, in condizioni incompatibili con la loro natura e tali da produrre in capo agli stessi gravi sofferenze (cfr. verbale dell'udienza del 27 novembre 2023).
Conclusioni, attesta il Tribunale, incontestate e pacifiche «come risulta anche dalla lettura della memoria ex art. 121 cod.proc.pen. prodotta dalla difesa dell'imputato nel corso dell'ultima udienza»; e ritenute integrare gli elementi costitutivi del reato contestato, risultando «indubbio che Melis abbia provocato in data 6.12.2021 gravi sofferenze ai propri ovini detenendoli in aree prive di copertura, al freddo, in un terreno dove gli animali affondavano le proprie zampe nel fango e nelle loro deiezioni a nulla rilevando che le pecore non fossero malnutrite, non avessero zoppie, non fossero ferite o, più in generale, non fossero affette da patologie; gli animali erano stati collocati in ambienti inadatti alla loro naturale esistenza, inadeguati dal punto di vista della salubrità e della loro protezione»; in considerazione del fatto che la permanenza non vien meno «per il solo fatto che gli ovini sono stati tenuti sotto la pioggia, nel fango e nelle loro deiezioni solo un giorno o, ancor meno, una sola settimana e non per mesi o anni come improvvidamente contestato dal Pubblico Ministero: la condizione di sofferenza si è protratta per un tempo apprezzabile perché potesse configurare almeno l'ipotesi contravvenzionale».
2.1. La norma in esame è posta a tutela del senso di pietà per gli animali.
La condotta consiste nell'abbandonare un animale domestico di qualsiasi tipo, ovvero -il che rileva nel caso di specie- nel detenere l'animale in condizioni incompatibili con la sua natura.
Entrambe le condotte configurano ipotesi di reato proprio, in quanto può essere commesso solo dal proprietario dell'animale.
Va precisato che la detenzione dell'animale in condizioni contrarie alla sua natura si configura anche per mera negligenza, non essendo richiesto, come per tutte le fattispecie contravvenzionali, il dolo.
Ha condivisibilmente ritenuto questa Corte che ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 727 cod. pen., la detenzione di animali in condizioni produttive di gravi sofferenze consiste non solo in quella che può determinare un vero e proprio processo patologico nell'animale, ma anche in quella che produce meri patimenti, come tenere un portamento innaturale, tale da impedire o rendere difficoltosa la deambulazione o il mantenimento della posizione eretta e stabile (Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 14734 del 8 febbraio 2019) e, con altra pronuncia, che costituiscono maltrattamenti, idonei ad integrare il reato, non soltanto quei comportamenti che offendono il comune sentimento di pietà e mitezza verso gli animali per la loro manifesta crudeltà, ma anche quelle condotte che incidono sulla sensibilità psico-fisica dell'animale, procurandogli dolore e afflizione. (Fattispecie relativa ad animali domestici tenuti in luogo privo di un ricovero adeguato, denutriti, dissetati con acqua piovana e circondati dalle loro feci) Sez. 7, Ordinanza n. 46560 del 10/07/2015 Cc. (dep. 24/11/2015 ) Rv. 265267 — 01; o quei comportamenti che non solo offendono il comune sentimento di pietà e mitezza verso gli animali, destando ripugnanza per la loro aperta crudeltà, ma anche quelle condotte che incidono sulla sensibilità dell'animale, producendo un dolore (Sez. 3, n. 44287 del 07/11/2007, Belloni Pasquinelli, Rv. 238280; nello stesso senso anche Sez. 3, n. 49298 del 22/11/2012, Tomat, Rv. 253882, secondo la quale costituiscono maltrattamenti, idonei ad integrare il reato di abbandono di animali, non solo le sevizie, le torture o le crudeltà caratterizzate da dolo, ma anche quei comportamenti colposi di abbandono e incuria che offendono la sensibilità psico-fisica degli animali quali autonomi essere viventi, capaci di reagire agli stimoli del dolore come alle attenzioni amorevoli dell'uomo).
2.2. Non vi è dubbio che nel caso di specie la condotta tenuta dall'imputato (che non ne contesta la descrizione) si è spinta ben oltre la semplice violazione delle corrette modalità con cui devono essere, mantenuti, nutriti, ricoverati e custoditi gli animali (compresi quelli domestici); quel che appare evidente dal testo della sentenza impugnata è l'offesa alla sensibilità psico-fisica agli animali che il legislatore ha elevato a rango di bene meritevole di essere presidiato dalla sanzione penale (si veda sul punto Sez 3, n. 11056 del 10/07/2000, Concu, Rv.
217583).
2.3. La sentenza, con la motivazione sopra rammentata, risulta ampiamente e congruamente argomentata in punto di affermazione di responsabilità in ordine al reato contestato di cui all'art. 727, comma 2 cod. pen., sicchè il motivo, che introduce la necessità di una rivalutazione delle emergenze in fatto ed una rilettura della motivazione in diritto per proporne una rivisitazione in termini di favore per l'imputato è manifestamente infondato.
In tema di motivazione, posto che in tema di giudizio di legittimità, la cognizione della Corte di cassazione è funzionale a verificare la compatibilità della motivazione della decisione con il senso comune e con i limiti di un apprezzamento plausibile, non rientrando tra le sue competenze lo stabilire se il giudice di merito abbia p proposto la migliore ricostruzione dei fatti, né condividerne la giustificazione (ex multis Sez. 1, n. 45331 del 17/02/2023 Ud. (dep. 10/11/2023) Rv. 285504 — 01, e Sez. 3, Sentenza n. 49805 del 18/05/2018 Cc. (dep. 31/10/2018 ) Rv. 274192 — 02).
3. Manifestamente infondata appare la contestazione in punto di particolare tenuità dell'offesa avendo il Tribunale incentrato il diniego sull'elevato numero di animali tenuti in condizioni incompatibili con la loro natura, circostanza idonea ad escludere la particolare tenuità dell'offesa, così esplicitando il grado di offensività della condotta, che, peraltro, anche a prescindere dalla concreta delimitazione del tempus commissi delicti come da contestazione, la sentenza attesta essere stata reiteratamente censita.
Deve, comunque, ribadirsi che in tema di particolare tenuità del fatto, il disposto di cui all'art. 131-bis cod. pen. individua un limite negativo alla punibilità del fatto medesimo la prova della cui ricorrenza è demandata all'imputato, tenuto ad allegare la sussistenza dei relativi presupposti mediante l'indicazione di elementi specifici, nella specie non allegati (Sez. 3, n. 13657 del 16/02/2024 Ud. (dep. 04/04/2024) Rv. 286101 — 02).
6 4. Correttamente poi il Tribunale ha respinto la tesi difensiva dell'adempimento di un dovere argomentando che ben avrebbe potuto l'imputato ricoverare gli animali in altro luogo.
Quanto all'applicazione della richiamata causa di non punibilità risulta del tutto improprio il richiamo alla scriminante relativa all'adempimento di un dovere da ritenersi configurabile esclusivamente nel caso in cui la condotta dell'agente derivi di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità. Ed invero, ai fini dell'applicazione della causa di giustificazione di cui all'art. 51 cod. pen. è necessario che l'attività posta in essere costituisca una corretta estrinsecazione delle facoltà inerenti al diritto che viene in considerazione, nel senso che il fatto penalmente rilevante sotto il profilo formale sia stato effettivamente determinato dal legittimo esercizio di un diritto da parte dell'agente (Sez. 6, n. 14540 del 12/04/2011, Rv. 250025 - 01), diritto che, nella specie, all'evidenza non sussistendo in capo all'agente alcun dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica utilità di proseguire nella detenzione, ivi, degli ovini.
5. Manifestamente Infondata è, infine la doglianza in punto di trattamento sanzionatorio atteso che, a fronte della pluralità di animali offesi, il cui numero è stato con certezza attestato dal testimone dirigente del servizio di veterinaria nella misura complessiva di 180 capi, deve ritenersi correttamente applicata la disciplina del concorso formale di reati.
La sanzione è stata applicata partendo da pena base pari al minimo edittale e con aumento contenuto per ciascuno dei capi di bestiame vittima della condotta contestata, nel mentre la descrizione delle condizioni in cui gli animali versavano all'atto del sopralluogo, nell'attestare la loro indiscriminata sofferenza risulta in linea con l'applicazione della disciplina del concorso formale tra i reati.
6. Ne consegue la inammissibilità del ricorso con onere per il ricorrente, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto conto, infine, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 6 giugno 2025




