Consiglio di Stato Sez. IV n. 1115 del 2 febbraio 2024
Acque. Servizio idrico integrato e nozione di gestione esistente

E' chiara la volontà del legislatore di disciplinare il fenomeno della gestione del servizio idrico quale species peculiare della nozione del “servizio pubblico”. Si evidenzia, altresì, la sussistenza di un principio di ordine generale, anche testualmente espresso (cfr. art. 149-bis, primo comma, d.lgs. n. 152/2006), di unicità della gestione in base al quale può affermarsi che la gestione unica ed accentrata costituisce la regola (arg., oltre che dal richiamato art. 149-bis, anche dall’art. 147, comma 1, d.lgs. n. 152/2006), mentre quella polverizzata e autonoma costituisce l’eccezione (arg. da 147, comma 2-bis, d.lgs. n. 152/2006). Circostanza quest’ultima confermata anche dall’art. 5 d. lgs. 201/2022. Muovendo da questi presupposti, si ritiene che nell’interpretazione della locuzione “gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti” (e in particolare del sintagma “gestione esistente”) debba prediligersi quell’esegesi che sia corrispondente alla “tendenza-principio” manifestata nell’ordinamento ad una gestione accentrata e, pertanto, che sia conforme al rapporto regola-eccezione innanzi tratteggiato. Per “gestioni esistenti” dovranno pertanto intendersi soltanto quelle modalità di conduzione del servizio idrico che possano ricondursi ad una legittima assunzione ed erogazione del servizio, consacrata in atti regolatori e provvedimenti amministrativi, mentre non potranno assumere rilievo le gestioni nelle quali la conduzione del servizio risulta avvenire semplicemente in via “di fatto”. Sussistendo il dubbio ermeneutico circa la “corretta lettura” da fornire al lemma “esistente” o alla locuzione “gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti”, quella che deve essere prescelta è l’interpretazione che dà attuazione al “principio” assunto a “regola” della fattispecie e, per converso, restringe l’ambito applicativo dell’eccezione.


Pubblicato il 02/02/2024

N. 01115/2024REG.PROV.COLL.

N. 07518/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7518 del 2022, proposto dal Comune di Berceto, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco Saverio Marini, con domicilio digitale come da pec da registri di giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via di Villa Sacchetti 9;

contro

l’Agenzia territoriale dell'Emilia-Romagna per i servizi idrici e rifiuti - Atersir, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Donatella Cerqueni, con domicilio digitale come da pec da registri di giustizia;

nei confronti

del Ministero della transizione ecologica, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, (Sezione Seconda), del 19 agosto 2022 n. 650, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Agenzia territoriale dell’Emilia-Romagna per i servizi idrici e rifiuti - Atersir e del Ministero della transizione ecologica;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2023 il consigliere Michele Conforti e uditi per le parti gli avvocati come da verbale.


FATTO e DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Consiglio di Stato l’appello proposto dal Comune di Berceto avverso la sentenza del T.a.r. per l’Emilia Romagna n. 650 del 19 agosto 2022.

2. La vicenda controversa ha ad oggetto l’impugnazione da parte del comune del provvedimento con il quale l’Atersir ha negato il riconoscimento della gestione autonoma del servizio idrico, richiesta ai sensi dell’art. 147, co. 2, lett. b).

3. Si riassumono i fatti rilevanti per il giudizio.

3.1. Con l’istanza del 1° febbraio 2016, il Comune ha richiesto al Consiglio d'Ambito Territoriale dell'Emilia-Romagna per i servizi idrici e rifiuti (di seguito ATERSIR) il riconoscimento dei requisiti di cui all'art. 147, comma 2 bis, lett. b), d.lgs. n. 152/2006, così da poter continuare a gestire il servizio idrico integrato in forma autonoma ed in economia (pacifico tra le parti: vedi pag. 3 memoria Aterisir; pag. 2 memoria Ministero).

3.2. Con la delibera del prot. CAMB/2017/85 del 31 ottobre 2017, pubblicata il successivo 30 novembre 2017, il Consiglio d’ambito dell'Agenzia Territoriale dell'Emilia-Romagna per i Servizi Idrici e Rifiuti (ATERSIR), ha rigettato l'istanza.

4. Con il ricorso notificato in data 26 gennaio 2018 e depositato in data 9 febbraio 2018 il Comune di Fanano ha impugnato la delibera, formulando quattro motivi di ricorso.

4.1. Si è costituita in giudizio l’Atersir, che ha resistito all’impugnazione.

5. Con la sentenza n. 650/2022, il T.a.r.:

a) ha respinto l’eccezione di difetto di giurisdizione in favore del Tribunale delle acque pubbliche;

b) ha accolto l’eccezione di improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse del ricorso proposta da Atersir, affermando che, in ragione della sopravvenienza normativa costituita dall’art. 147, comma 2-ter, lett. b), d.lgs. n. 152/2006, inserito dall’art. 22, comma 1-quinquies, d.l. 6 novembre 2021 n. 152, conv. in legge 29 dicembre 2021 n. 233, non sarebbe più possibile procedere al riconoscimento della gestione autonoma;

c) ha dichiarato comunque inammissibile il ricorso (in quanto “a voler ritenere che il comma 3 bis dell’art.147 non si applichi nella presente fattispecie, parte ricorrente avrebbe comunque dovuto allegare e provare nel presente ricorso di essere in possesso degli ulteriori requisiti richiesti dal comma 2 bis dell’art.147 per poter ottenere, a suo tempo, il riconoscimento”);

d) ha compensato le spese di lite per novità della questione.

6. Il Comune ha proposto appello avverso la sentenza di primo grado, formulando quattro motivi di appello.

6.1. Si è costituito il Ministero della transizione ecologica che ha eccepito, in rito, l’inammissibilità dell’impugnazione del parere, in quanto atto non lesivo, e, nel merito, l’infondatezza dell’appello.

6.2. Si è costituita altresì l’Atersir, la quale ha riproposto l’eccezione di inammissibilità del ricorso per la mancata impugnazione dell’affidamento disposto nei confronti di Hera e della relativa convenzione.

6.3. Le parti hanno depositato ulteriori scritti difensivi (memoria del 23 gennaio 2023 del Comune e dell’Atersir; replica del 2 febbraio 2023 dell’Atersir).

6.4. All’udienza del 23 febbraio 2023, la causa è stata presa in decisione.

6.5. Con l’ordinanza n. 4435 del 2 maggio 2023, questo Consiglio ha disposto alcuni incombenti istruttori a carico dell’Agenzia territoriale dell’Emilia Romagna, ordinando il deposito di documentazione e di chiarimenti ai sensi dell’art. 63, comma 1, c.p.a..

6.6. Il 27 luglio 2023, l’Atersir ha prodotto la documentazione e i chiarimenti richiesti dal Collegio.

6.7. Il 15 settembre 2023, il Comune di Berceto ha effettuato il deposito di documentazione.

6.8. Il 24 settembre 2023, l’Atersir ha depositato una memoria con la quale si è limitata a richiamare le conclusioni già esposte.

6.9. Il 25 settembre 2023, il Comune ha depositato un’articolata memoria difensiva nella quale tra l’altro ha domandato la rimessione della causa all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato indicando la sussistenza di un contrasto fra le decisioni di alcune sezioni di questo Consiglio (V sez., n. 622 del 20 gennaio 2021 e V sez., n. 5237 del 26 agosto 2020) e, comunque, ha esternato la dichiarazione di interesse alla decisione ai sensi dell’art. 34, comma 3, c.p.a..

6.10. Il 5 ottobre 2023, l’Atersir ha depositato una memoria di replica

7. All’udienza del 26 ottobre 2023, la causa è stata nuovamente trattenuta in decisione.

7.1. In via pregiudiziale, va esaminata l’eccezione di inammissibilità formulata dal Ministero quanto all’impugnazione della circolare prot. n. 0007069 del 18 aprite 2016, avente ad oggetto l'interpretazione dell'art. 147, comma 2 bis.

7.1.1. L’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione limitatamente alla suddetta circolare interpretativa è fondata.

7.1.2. La circolare impugnata presenta, infatti, una mera funzione esplicativa ed esegetica, e, pertanto, in quanto tale non è idonea a produrre effetti diretti e lesivi nella sfera giuridica del Comune appellante.

7.1.3. La declaratoria di inammissibilità in parte qua dell’impugnazione proposta dal Comune non incide tuttavia sulla procedibilità della domanda di annullamento del provvedimento che ha respinto l’istanza di salvaguardia del Comune proposta ai sensi dell’art. 147, comma 2-ter, lett. b), d.lgs. n. 152/2006.

7.2. Va altresì esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per la mancata impugnazione dell’affidamento disposto nei confronti di Hera e della relativa convenzione.

7.2.1. L’eccezione è infondata.

7.2.2. Al riguardo, il Collegio ritiene di condividere la difesa del Comune, laddove evidenzia che “la mancata “impugnazione” di tale convenzione non può avere alcun riflesso sull’ammissibilità del ricorso di primo grado, giacché esso ha per oggetto un provvedimento reso da Atersir all’esito di un autonomo procedimento, fondato su una nuova e autonoma fonte normativa, appunto l’art. 147, comma 2- bis, lett. b) del TUA, rispetto al cui esercizio la Convenzione in esame (che comunque non è un provvedimento amministrativo) non assume natura di atto presupposto, e tantomeno vincolante”.

8. Esaminate le eccezioni pregiudiziali, può procedersi all’esame dei motivi di appello.

9. Con il primo motivo, l’appellante impugna il capo della sentenza che ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso introduttivo del giudizio. L’ente deduce che il T.a.r. avrebbe erroneamente applicato l’art. 147, comma 2-ter, d.lgs. n. 152/2006, in quanto questa norma andrebbe applicata soltanto con riferimento ai procedimenti pendenti o a quelle gestioni per le quali non vi è stato un pronunciamento negativo da parte dell’autorità competente. Nel caso di specie, invece, tale pronunciamento vi sarebbe stato ancorché negativo.

9.1. Il primo motivo di appello è fondato.

9.2. L’art. 147, comma 2-ter, d.lgs. n. 152/2006, inserito nel menzionato T.U. ad opera dell’art. 22 comma 1-quinquies d.l. 6 novembre 2021 n. 152, convertito con modificazioni dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233, prevede che “Entro il 1° luglio 2022, le gestioni del servizio idrico in forma autonoma per le quali l’ente di governo dell’ambito non si sia ancora espresso sulla ricorrenza dei requisiti per la salvaguardia di cui al comma 2-bis, lettera b), confluiscono nella gestione unica individuata dal medesimo ente. Entro il 30 settembre 2022, l’ente di governo dell'ambito provvede ad affidare al gestore unico tutte le gestioni non fatte salve ai sensi del citato comma 2-bis.”.

9.3. Dal suo tenore letterale, risulta evidente che la norma applicata dal T.a.r. per dichiarare l’improcedibilità del ricorso non si applica, in quanto il suo presupposto di applicazione, costituito dalla circostanza che “l’ente di governo dell’ambito non si sia ancora espresso sulla ricorrenza dei requisiti per la salvaguardia di cui al comma 2-bis, lettera b)”, non sussiste nel caso in esame.

L’ente d’ambito ha infatti adottato il provvedimento negativo, ritualmente impugnato dal Comune nel presente processo e, diversamente da quanto affermato dal Giudice di primo grado, in caso di accoglimento della domanda di annullamento, l’Atersir sarebbe tenuto a riesaminare l’istanza di parte.

La diversa interpretazione del dato normativo enunciata dal T.a.r. porrebbe, del resto, come evidenziato dal Comune, delicate questioni di possibile contrasto con gli articoli 3, 24, 111 e 117, comma 1 (in relazione all’art. 6 Cedu e 47 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea), Cost. (cfr., in proposito, Corte Cost., n. 209 del 2010; n. 127 del 2015; Corte EDU 11 dicembre 2012, “De Rosa contro Italia”; 14 febbraio 2012, “Arras contro Italia”; 7 giugno 2011, “Agrati contro Italia”; 31 maggio 2011, “Maggio contro Italia”; 10 giugno 2008, “Bortesi contro Italia”; Grande Camera, 29 marzo 2006, “Scordino contro Italia”).

10. Con il secondo motivo di appello, si impugna la statuizione di inammissibilità, con argomentazioni che, in parte, sono analoghe a quelle del primo motivo di impugnazione e, in parte, deducono l’errore in cui sarebbe incorso il T.a.r. nell’affermare che il Comune avrebbe dovuto allegare e dimostrare nel giudizio il possesso dei requisiti previsti dall’art. 147, comma 2-bis, d.lgs. n. 152/2006, per ottenere la salvaguardia della gestione autonoma.

10.1. Il secondo motivo di appello è fondato.

10.2. La sentenza di primo grado afferma che anche “a voler ritenere che il comma 3 bis dell’art.147 non si applichi nella presente fattispecie, parte ricorrente avrebbe comunque dovuto allegare e provare nel presente ricorso di essere in possesso degli ulteriori requisiti richiesti dal comma 2 bis dell’art.147 per poter ottenere, a suo tempo, il riconoscimento”.

10.3. Come rilevato dall’appellante, in realtà, il Comune non aveva alcun onere di dimostrare in giudizio la sussistenza dei presupposti di spettanza previsti dall’art. 147, comma 2-bis, lett. b), d.lgs. n. 152/2006, per l’applicazione della misura di salvaguardia, dal momento che il diniego dell’Agenzia non si è basato sulla carenza di tali requisiti, che non sono stati affatto scrutinati nel corso del procedimento amministrativo, ma sulla circostanza che la gestione del servizio idrico da parte del Comune non poteva dirsi “esistente”, come richiesto dalla norma.

10.4. Qualora il T.a.r. si fosse pronunciato, sollecitato del ricorrente, sulla sussistenza dei requisiti eventualmente allegati dal Comune avrebbe violato l’art. 34, comma 2, c.p.a. che dispone che: “In nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati”.

10.5. La statuizione impugnata risulta pertanto errata in quanto la “prova” dei requisiti, che il T.a.r. ritiene dovesse essere fornita nel processo, dovrebbe essere fornita, in realtà, nell’ambito del rinnovato procedimento, in caso di accoglimento della domanda di annullamento.

11. Dall’accoglimento del primo e del secondo motivo di appello, discende l’improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse del terzo motivo di appello, articolato in subordine rispetto alle precedenti censure e con il quale si prospetta la questione di costituzionalità dell’art. 147, comma 2-ter, d.lgs. n. 152/2006, con diffuse argomentazioni.

12. In ragione dell’accoglimento dei motivi di censura della sentenza di primo grado e della conseguente riforma della sentenza del T.a.r., si procede all’esame del quarto motivo di appello, con il quale il Comune ripropone i motivi non esaminati in primo grado, che si procede a sintetizzare come segue.

12.1. Con il primo motivo di ricorso, il Comune ha, dapprima, individuato la ragione ostativa opposta dall’Atersir nella circostanza che, secondo questo ente, non si potrebbero considerare “gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti” quelle instauratesi in via di fatto e, dunque, non potrebbe considerarsi “esistente” la gestione del Comune di Fanano, in quanto vi sarebbe stato, da parte dell’ente d’ambito, l’affidamento del servizio in questione alla ditta Hera s.p.a., e, successivamente, ha proceduto a censurare questa motivazioni partendo dall’interpretazione letterale e sistematica dell’art. 147, comma 2-bis, d.lgs. n. 152/2006.

12.1.1. Con il secondo motivo di ricorso, il Comune ha censurato, “per scrupolo”, la motivazione del provvedimento, nella parte in cui riporta quella possibile ragione di rigetto dell’istanza, prospettata nel preavviso di rigetto e conforme al parere del Ministero dell’Ambiente, ma, secondo il ricorrente, non riportata nel provvedimento finale, consistente nella circostanza che, per i comuni con più di 1.000 abitanti non sarebbe ammessa la “gestione in economia” del servizio idrico integrato, affidandosi, nuovamente, ad argomenti interpretativi di carattere letterale, sistematico e logico della disposizione.

12.1.2. Con il terzo motivo di ricorso, il Comune ha censurato il provvedimento per difetto d’istruttoria, in quanto l’Agenzia avrebbe omesso di compiere l’unico accertamento effettivamente demandatole dalla norma, ossia quello sulla sussistenza dei requisiti enumerati dall’art. 147, comma 2-bis, lett. b), d.lgs. n. 152/2006.

12.1.3. Con il quarto motivo di ricorso, il Comune ha impugnato il parere del Ministero dell’Ambiente, estendendo le doglianze precedentemente articolate anche a questo atto.

12.2. I motivi di censura, tra loro connessi, possono essere esaminati congiuntamente.

12.3. Preliminarmente, può dichiararsi l’inammissibilità del secondo motivo di ricorso, proposto, per espressa ammissione della parte, per mero scrupolo difensivo.

Come premesso dall’ente, il provvedimento non reca nelle sue motivazioni l’affermazione, invece contenuta nel preavviso di rigetto, secondo cui il servizio idrico non potrebbe essere legittimamente gestito “in economia”, sicché la censura si palesa inammissibile per difetto d’interesso, non recando l’atto impugnato i profili di lesività che il motivo di censura intende far valere.

Analogamente, va dichiarata l’inammissibilità del quarto motivo di ricorso, essendo stata accolta l’eccezione di inammissibilità contenuta nella memoria del Ministero.

12.4. Il primo e il terzo motivo richiedono la preliminare disamina della disciplina del servizio idrico integrato e della norma portata dall’art. 147 e, segnatamente, del comma 2-bis, del d.lgs. n. 152/2006.

12.5. Il servizio idrico integrato è un “servizio pubblico locale di rilevanza economica” (Corte Costituzionale n. 187 del 2011 e n. 325 del 2010), costituito “dall'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione delle acque reflue, e deve essere gestito secondo principi di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie” (art. 141, comma 2, d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152).

12.6. La sua disciplina di riferimento si intreccia con quella dei servizi pubblici in generale, secondo tappe che si possono cursoriamente riassumere come segue.

Con la legge n. 103 del 29 marzo 1903 (legge Giolitti), l’ordinamento ha disciplinato l’assunzione diretta dei servizi pubblici da parte dei Comuni.

Con la legge n. 142 del 8 giugno 1990, si è ribadita la titolarità dei comuni e della provincia nella erogazione delle prestazioni derivanti dai servizi pubblici, prevedendo quale forma di gestione tra l’altro quello dell’azienda speciale (articoli 22 e 23, comma 1).

La legge n. 36 del 5 gennaio 1994, legge Galli, ha disciplinato, in via generale, il servizio idrico integrato (SII), prospettando, per la prima volta, all’art. 8, comma 2, il passaggio da un sistema frazionato ad uno affidato ad operatori specializzati sul mercato (con creazione, da parte delle Regioni, degli ambiti territoriali ottimali).

Il d.lgs. n. 267 del 2000, all’art. 113, ha innovato la materia quanto alle forme di gestione dei servizi pubblici, lasciando agli Enti locali la libertà di scelta più confacente alla situazione di fatto e alle inclinazioni della stessa Amministrazione (in economia, in concessione a terzi, azienda speciale, istituzione, società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale costituite o partecipate dall'ente titolare del pubblico servizio, società per azioni senza il vincolo della proprietà pubblica maggioritaria).

Gli artt. 147 e ss. d.lgs. n. 152/2006 hanno disciplinato il servizio idrico integrato, ribadendo (come la precedente legge Galli) l’individuazione di Autorità d’ambito per la gestione sovracomunale del servizio, a cui i Comuni afferiscono, anche dando in concessione beni di proprietà comunale attinenti al servizio idrico.

In particolare, l’art. 150 ha affidato la scelta della forma di gestione all’autorità di ambito territoriale ottimale (ATO), fra quelle previste dall’art. 113, comma 5, d.lgs. n. 267 del 2000.

L’art. 23 bis del D.L. n. 112/2008, “al fine di favorire la più ampia diffusione dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi”, ha adottato, con riferimento ai servizi pubblici locali di rilevanza economica, norme improntate alla concorrenza contenenti limitazioni alla gestione diretta dei servizi pubblici (ivi compreso il SII).

Si è previsto che la gestione dei servizi pubblici locali potesse avvenire solo con gara o essere affidato a società miste con socio privato scelto con gara c.d. “a doppio oggetto”.

La gestione in house e le altre forme di gestione diretta sono pertanto divenute possibili solo in casi limitati e, per certi versi.

L’art. 2, comma 186 bis, legge n. 191/2009, come modificato dall'art. 1, comma 1 quinquies, d.l. n. 2/2010, ha soppresso le autorità d’ambito territoriale ottimale.

La consultazione effettuata mediante lo svolgimento del referendum del 12 e 13 giugno 2011 ha poi abrogato l’art. 23 bis d.l. n. 112/2008.

A tale riguardo, va puntualizzato che, con la sentenza n. 199/2014, la Corte costituzionale ha chiarito che, quale conseguenza del referendum che ha abrogato l’art. 23 bis d.l. n. 112/2008, deriva “l’applicazione immediata nell’ordinamento italiano della normativa comunitaria ([…] meno restrittiva rispetto a quella oggetto di referendum) relativa alle regole concorrenziali minime in tema di gara ad evidenza

pubblica per l’affidamento della gestione di servizi pubblici di rilevanza economica”.

Successivamente al referendum, l'art. 4 della legge 13 agosto 2011, n. 138 e, poi, l’art. 25 del d.l. n. 1 del 24 gennaio 2012 hanno disciplinato nuovamente la materia dei servizi pubblici locali e introdotto un sistema simile a quello previsto dall’art. 23 bis e, per certi versi, addirittura più restrittivo, escludendo, però, dalla sua applicazione soltanto il S.I.I..

La Corte cost. n. 20/2012 ha dichiarato incostituzionale l’art. 4 legge n. 138/2011.

Successivamente, l’art. 7, comma 1, lett. b), n.1), del d.l. n. 133 del 12 settembre 2014 ha introdotto un nuovo art. 147, comma 1 che ha disposto, per quel che qui interessa, che i “servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36. […] Gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale partecipano obbligatoriamente all'ente di governo dell'ambito, individuato dalla competente regione per ciascun ambito territoriale ottimale, al quale è trasferito l'esercizio delle competenze ad essi spettanti in materia di gestione delle risorse idriche, ivi compresa la programmazione delle infrastrutture idriche di cui all'articolo 143, comma”.

La norma ha inoltre previsto, nell’art. 147, la salvaguardia delle gestioni in autonomia dei comuni “montani” con meno di 1.000 abitanti, e un nuovo art. 149 bis, nel d.lgs. n. 152/2006.

A mente di quest’ultima disposizione, “L'ente di governo dell'ambito, nel rispetto del piano d'ambito di cui all'articolo 149 e del principio di unicità della gestione per ciascun ambito territoriale ottimale, delibera la forma di gestione fra quelle previste dall'ordinamento europeo provvedendo, conseguentemente, all'affidamento del servizio nel rispetto della normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica. Alla successiva scadenza della gestione di ambito, al fine di assicurare l'efficienza, l'efficacia e la continuità del servizio idrico integrato, l'ente di governo dell'ambito dispone l'affidamento al gestore unico di ambito entro i sei mesi antecedenti la data di scadenza dell'affidamento previgente.

Il soggetto affidatario gestisce il servizio idrico integrato su tutto il territorio degli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale.”.

Con l’art. 62, comma 4, della legge n. 221 del 28 dicembre 2015, si è ampliata la salvaguardia estendendola a gestioni “esistenti” nei comuni più popolosi e non necessariamente “montani”, qualora la gestione presenti le caratteristiche previste dalla norma (la lettera “b”).

Da ultimo, deve darsi conto del d.lgs. 23 dicembre 2022, n. 201, sui servizi pubblici, il quale, all’art. 33, comma 3, ha previsto che “Fermo restando quanto previsto dall'articolo 147, comma 2-ter, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, la gestione in economia o mediante aziende speciali, consentita nei casi di cui all'articolo 14, comma 1, lettera d), è altresì ammessa in relazione alle gestioni in forma autonoma del servizio idrico integrato di cui all'articolo 147, comma 2-bis, lettere a) e b), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, conformi alla normativa vigente”.

12.7. Così sintetizzata l’evoluzione del quadro normativo dei servizi pubblici di rilevanza locale e del servizio idrico integrato, può esaminarsi partitamente la disposizione di cui è controversa tra le parti l’interpretazione.

12.7.1. Si osserva, in proposito, che l’art. 147, comma 1, d.lgs. n. 152/2006, dispone che “I servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36. […]”.

12.7.2. Il medesimo articolo, al comma 2-bis, dispone, per la parte che interessa, che: “Sono fatte salve: … b) le gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti, nei comuni che presentano contestualmente le seguenti caratteristiche: approvvigionamento idrico da fonti qualitativamente pregiate; sorgenti ricadenti in parchi naturali o aree naturali protette ovvero in siti individuati come beni paesaggistici ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio2004, n. 42; utilizzo efficiente della risorsa e tutela del corpo idrico. Ai fini della salvaguardia delle gestioni in forma autonoma di cui alla lettera b), l’ente di governo d’ambito territorialmente competente provvede all’accertamento dell’esistenza dei predetti requisiti”.

13. Per enucleare la norma rilevante nel caso in esame, occorre muovere da alcune considerazioni di carattere generale, che si traggono dall’excursus poc’anzi articolato sull’evoluzione normativa ed ordinamentale del servizio idrico.

Si evince, in particolare, la chiara volontà del legislatore di disciplinare il fenomeno della gestione del servizio idrico quale species peculiare della nozione del “servizio pubblico”.

Si evidenzia, altresì, la sussistenza di un principio di ordine generale, anche testualmente espresso (cfr. art. 149-bis, primo comma, d.lgs. n. 152/2006), di unicità della gestione in base al quale può affermarsi che la gestione unica ed accentrata costituisce la regola (arg., oltre che dal richiamato art. 149-bis, anche dall’art. 147, comma 1, d.lgs. n. 152/2006), mentre quella polverizzata e autonoma costituisce l’eccezione (arg. da 147, comma 2-bis, d.lgs. n. 152/2006). Circostanza quest’ultima confermata anche dall’art. 5 d. lgs. 201/2022.

14. Muovendo da questi presupposti, il Collegio ritiene che nell’interpretazione della locuzione “gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti” (e in particolare del sintagma “gestione esistente”) debba prediligersi quell’esegesi che sia corrispondente alla “tendenza-principio” manifestata nell’ordinamento ad una gestione accentrata e, pertanto, che sia conforme al rapporto regola-eccezione innanzi tratteggiato.

Per “gestioni esistenti” dovranno pertanto intendersi soltanto quelle modalità di conduzione del servizio idrico che possano ricondursi ad una legittima assunzione ed erogazione del servizio, consacrata in atti regolatori e provvedimenti amministrativi, mentre non potranno assumere rilievo le gestioni nelle quali la conduzione del servizio risulta avvenire semplicemente in via “di fatto”.

14.1. Secondo il Collegio, sussistendo il dubbio ermeneutico circa la “corretta lettura” da fornire al lemma “esistente” o alla locuzione “gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti”, quella che deve essere prescelta è l’interpretazione che dà attuazione al “principio” assunto a “regola” della fattispecie e, per converso, restringe l’ambito applicativo dell’eccezione.

15. In considerazione delle premesse sopra articolate, l’appello proposto dal Comune di Berceto deve essere accolto.

Risulta infatti dalla documentazione prodotta in giudizio che il Comune di Berceto, dopo essere stato attratto alla gestione unitaria della società Montagna 2000 s.p.a., ha esercitato validamente il recesso dalla società che ne gestiva il servizio idrico integrato, provvedendo, contestualmente, a riassumerne direttamente la gestione in autonomia mediante la previsione del “passaggio di consegne” delle infrastrutture idriche dalla società in house Montagna 2000 s.p.a. e l’erogazione diretta del servizio nei confronti dell’utenza.

Come rilevato da parte appellante “il recesso è stato formalizzato: i) con delibera consiliare n. 4 del 4.3.2014 [rectius, delibera n. 4 del 4 marzo 2013], con cui l’ente decideva di gestire in proprio detto servizio, ritualmente pubblicata e non impugnata; ii) con successiva delibera di GC n. 29 del 7.4.2014, di recesso dalle azioni detenute nella soc. Montagna 2000 S.p.A (doc. 7), condivisa e ratificata dal Consiglio comunale con deliberazione n. 63 del 21.10.2014 (doc. 8), entrambe pubblicate e non impugnate; iii) con comunicazione formale trasmessa dal Sindaco a Montagna 2000 S.p.A. con atto prot. n. 1355 del 12.4.2014 (doc. 6), non impugnato”.

All’attività amministrativa è seguita l’effettiva presa in carico del servizio, con la riconsegna formale delle infrastrutture idriche, da parte della società Montagna 2000 s.p.a. (verbale del 22 dicembre 2015).

L’Agenzia deduce che la delibera n. 4 del 3 aprile 2013 sarebbe stata impugnata dall’Agenzia nel giudizio innanzi al T.a.r. per l’Emilia Romagna, sezione staccata di Parma, con il ricorso n.r.g. 247/2013 e, nel corso del processo, annullata in autotutela dal Comune con la delibera del consiglio comunale n. 39 del 9 agosto 2013.

Questa circostanza, per quanto fondata, risulta, però, inconducente ai fini della decisione del presente giudizio, in quanto, adottando i successivi provvedimenti preordinati all’esercizio del recesso (delibere del consiglio comunale n. 29 del 7 aprile 2014 e n. 63 del 21 ottobre 2014) ed esercitando efficacemente quest’ultimo mediante la riconsegna delle infrastrutture idriche e la loro successiva gestione per mezzo di un’efficace e inoppugnata attività amministrativa, l’ente si è comunque riappropriato della gestione del servizio e, successivamente, con ulteriori provvedimenti amministrativi, ha proceduto ad organizzarlo (adottando con la delibera di giunta comunale n. 119 del 14 dicembre 2015 il protocollo di intesa “da sottoscriversi tra il Comune di Berceto (in persona del Sindaco pro tempore) e Montagna 2000s.p.a., destinato a disciplinare il formale passaggio di consegne della effettiva disponibilità delle infrastrutture idriche (peraltro di proprietà comunale) al Comune stesso, al fine di perfezionare il procedimento intrapreso di gestione del servizio idrico integrato in forma autonoma”; adibendo, con la delibera n. 123 del 21 dicembre 2015 (di cui si dà conto nell’istanza del Sindaco del Comune di Berceto prot. n. 452 dell’1° febbraio 2016, con la quale si è richiesto il riconoscimento della gestione autonoma del SII), alcuni impiegati alla sua gestione).

Si sono così venuti ad integrare univocamente i presupposti per ritenere perfezionato, quantomeno implicitamente, un provvedimento di riassunzione del servizio idrico integrato, considerato che sia gli atti adottati per rientrare in possesso delle infrastrutture idriche sia gli atti emanati per l’organizzazione del servizio presuppongono necessariamente e imprescindibilmente la presa in carico della sua gestione (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 20 gennaio 2020, n. 2: “In ambito amministrativo è ammessa la sussistenza di provvedimento implicito laddove l'amministrazione pubblica, pur non adottando formalmente un provvedimento, ne determini univocamente i contenuti sostanziali, o attraverso un comportamento conseguente oppure determinandosi in una direzione, anche con riferimento a fasi istruttorie coerentemente svolte, a cui non può essere ricondotto altro volere che quello equivalente al contenuto del provvedimento formale corrispondente.”).

16. In conclusione, assorbite le altre censure, l’appello va accolto e, in riforma della sentenza del TAR, vanno annullati gli atti impugnati in primo grado con conseguente obbligo dell’Atersir di pronunciarsi sull’istanza proposta dal Comune con la nota prot. 452 dell’1° febbraio 2016.

17. Nella novità delle questioni controverse, si ravvisano le eccezionali ragioni sancite dal combinato disposto degli artt. 26 comma 1 c.p.a. e 92 comma 2 c.p.c. per compensare integralmente le spese.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello n.r.g. 7518/2022, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma la sentenza di primo grado, annulla gli atti impugnati.

Spese del doppio grado del giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2023 con l'intervento dei magistrati:

Vincenzo Neri, Presidente

Giuseppe Rotondo, Consigliere

Michele Conforti, Consigliere, Estensore

Luigi Furno, Consigliere

Ofelia Fratamico, Consigliere