TAR Campania (NA), Sez. II, n. 2749, del 24 maggio 2013
Urbanistica.Annullamento giurisdizionale di concessione edilizia

Secondo costante orientamento giurisprudenziale in materia urbanistica, nelle ipotesi di annullamento giurisdizionale di un diniego di concessione edilizia, la nuova valutazione della domanda di concessione deve essere effettuata con riferimento alla disciplina urbanistica vigente al momento in cui viene notificata al Comune interessato la sentenza di annullamento del diniego, venendo così in rilievo anche la nuova disciplina intervenuta nelle more del giudizio. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).

N. 02749/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01252/2009 REG.RIC.

N. 06193/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1252 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla Servillo Costruzioni S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Federico Bergamo ed elettivamente domiciliata presso lo studio del medesimo in Napoli, Vico S. Nicola Alla Dogana, 99;

contro

il Comune di Casalnuovo di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Aniello Mele, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo in Napoli, Corso Umberto I, n.75;




sul ricorso numero di registro generale 6193 del 2011, proposto dalla Servillo Costruzioni S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Federico Bergamo ed elettivamente domiciliata presso lo studio del medesimo in Napoli, Vico S. Nicola Alla Dogana, 9;

contro

il Comune di Casalnuovo di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Aniello Mele, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo in Napoli, Corso Umberto I, n.75;

quanto al ricorso n. 1253 del 2009:

per l’esecuzione della sentenza n.1585/2005 del 4 marzo 2005 emessa dal T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI , sez. II ;

nonché, con il ricorso per motivi aggiunti depositato in data 22 novembre 2011:

per la declaratoria di nullità per elusione del giudicato del provvedimento prot. n. 38105 del 12 settembre 2011, di rigetto della domanda di concessione edilizia e per il risarcimento del danno subito in conseguenza dell’adozione del suddetto provvedimento;

quanto al ricorso n. 6193 del 2011:

per l’annullamento del provvedimento prot. n. 38105 del 12 settembre 2011, di rigetto della domanda di concessione edilizia presentata in data 19 ottobre 1996 e della deliberazione della Giunta Comunale n. 23 del 18 febbraio 2010, nonché per il risarcimento dei danni patiti e patiendi.



Visti i ricorsi con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Casalnuovo di Napoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 aprile 2013 la dott.ssa Brunella Bruno e uditi per le parti i difensori come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

A. La società Servillo Costruzioni s.r.l. è proprietaria di un terreno sito nel Comune di Casalnuovo, distinto in catasto al foglio 10 p.lle 321 – 442 – 443, avente una superficie di circa 955,00 mq. complessivi.

B. Con istanza presentata il 18 ottobre 1996, la suddetta società ha chiesto il rilascio della concessione edilizia per la costruzione, sul terreno in proprietà, di un fabbricato per civile abitazione; tale istanza è stata disattesa dal Comune di Casalnuovo con provvedimento prot. n. 51351 del 21 novembre 1996, in ragione del rilevato contrasto del progetto da realizzare sia con il P.R.G. adottato sia con il P.d.F. vigente, in base al quale, ai fini del rilascio della concessione edilizia nella zona in cui ricade il lotto de quo, qualificata come zona C di ampliamento, è necessaria la previa approvazione del piano di lottizzazione.

C. Avverso il suddetto provvedimento reiettivo, la Servillo Costruzioni s.r.l. ha proposto ricorso innanzi a questo Tribunale, iscritto al numero R.G. 729 del 1997, definito con la sentenza di accoglimento n. 1585 del 4 marzo 2005, con la quale, dunque, è stato disposto l’annullamento del prefato provvedimento.

D. Ed, invero, la Sezione, nell’accertare la sopravvenuta inefficacia, alla data di adozione del provvedimento reiettivo, delle misure di salvaguardia (in considerazione della decorrenza del termine triennale applicabile alla fattispecie esaminata), ha anche ritenuto che “quando l’area risulta già urbanizzata l’Amministrazione non può .. trincerarsi dietro il formale dato dell’assenza del piano attuativo, ma deve effettuare una concreta valutazione dell’impatto della nuova opera con le altre norme disciplinanti l’edificazione e con le opere di urbanizzazione già presenti sul territorio”.

E. Il richiamato decisum ha, dunque, precisato che, ove la zona di riferimento risulti effettivamente urbanizzata, è onere dell’Amministrazione, indipendentemente dal profilo formale della mancanza del piano attuativo (nella specie, prescritto dal vigente P.d.F.), “…procedere ad una rigorosa valutazione del nuovo insediamento progettuale in rapporto alla situazione generale dell’area, evidenziando, se sussistenti, le concrete ulteriori esigenze indotte dalla progettata costruzione”.

F. La suddetta pronuncia ha anche chiarito che il suddetto adempimento non resta condizionato dalla successiva (eventuale) approvazione del (nuovo) P.R.G. (all’epoca già adottato): è stato rilevato, infatti, che, se da un lato non può essere revocata in dubbio la piena operatività del piano sopravvenuto e, dunque, l’astratta attitudine dello stesso ad interferire, fino ad eliderle, con le aspettative edificatorie affidate all’originaria domanda di concessione edilizia, dall’altro, l’Amministrazione resta, comunque, tenuta ad un riesame della compatibilità del progetto edilizio rispetto a quelle variazioni di piano che, pur non potendosi giudicare in sé immotivate o illegittime, non siano tuttavia sorrette da rigorose ed inderogabili necessità pubbliche. In altri termini, “l'Amministrazione ha il dovere di rivedere il piano sopravvenuto e, se non sussistono specifiche e ben determinate esigenze pubbliche, deve disporre una deroga o una modifica che recuperino, in tutto o in parte, le previsioni urbanistiche sulle quali si fondava l' originaria domanda di concessione ( cfr. CdS AP n°1 dell’8.1.1986)”.

G. La suddetta sentenza è stata notificata all’amministrazione comunale in data 24 marzo 2005.

H. A fronte dell’inottemperanza dell’amministrazione comunale, la Servillo Costruzioni ha agito in giudizio, con ricorso iscritto al numero R.G. 1252 del 2009, per l’esecuzione della prefata sentenza; tale giudizio è stato definito con la pronuncia di questo Tribunale n. 4957 del 4 settembre 2009, con la quale è stato accertato l’obbligo all’amministrazione convenuta di rideterminarsi alla stregua delle coordinate indicate nella sentenza di accoglimento del ricorso proposto avverso il provvedimento di rigetto della domanda di concessione edilizia, nonché nominato un Commissario ad acta, per l’ipotesi di perdurante inadempimento dell’amministrazione comunale, incaricato di provvedere agli adempimenti ordinati in via principale, previa richiesta della ricorrente.

I. Successivamente alla pubblicazione della prefata sentenza, l’amministrazione comunale si è rideterminata sulla domanda di concessione edilizia presentata dalla ricorrente, adottando, in data 12 settembre 2011, un nuovo provvedimento reiettivo, che pone a proprio fondamento, in primo luogo, le sopravvenienze costituite dall’approvazione – con decreto del Presidente della Provincia di Napoli del 5 agosto 1997, pubblicato sul B.U.R.C. n. 2 del 12 gennaio 1998 – del vigente P.R.G., con il quale l’area de qua è stata destinata in pare a strada di progetto, in parte a parcheggio e, per la restante parte, è stata inclusa nella Z.T.O. “B3” di completamento, nella quale pure, in base alle modifiche medio tempore intervenute, non è ammessa alcuna edificazione, essendo consentiti solo gli interventi di manutenzione ordinaria, di manutenzione straordinaria e di restauro e risanamento conservativo; il nuovo provvedimento di rigetto della domanda diretta ad ottenere il titolo edilizio, inoltre, è stato adottato in considerazione della deliberazione della Giunta Comunale n. 23 del 18 febbraio 2010 – avente ad oggetto “Adempimenti relativi all’ottemperanza delle sentenze TAR di annullamento parziale P.R.G. e dinieghi di concessione edilizia emessi precedentemente all’adozione del P.R.G.” – con la quale, sulla base di puntuali argomentazioni, è stata esclusa la possibilità, anche in relazione alle aree de quibus, di apportare modifiche o varianti, con conseguente sostanziale conferma delle determinazioni in precedenza assunte, in specie a motivo della mancanza di un’idonea dotazione degli standard urbanistici, dettagliatamente illustrati nel medesimo provvedimento.

J. Avverso il suddetto provvedimento, la ricorrente ha agito sia per ottemperanza, mediante rituale notificazione del ricorso per motivi aggiunti nel giudizio introdotto con ricorso iscritto al numero R.G. 1252 del 2009, avanzando anche domanda per il risarcimento dei danni subiti, sia proponendo autonomo ricorso ordinario, iscritto al numero R.G. 6193 del 2011.

K. Con il ricorso per l’ottemperanza, è stata dedotta la nullità del provvedimento impugnato per violazione ed elusione del giudicato formatosi sulla sentenza di questo Tribunale n. 1585 del 4 marzo 2005; nello specifico, la ricorrente ha lamentato che l’amministrazione comunale avrebbe, nella sostanza, disatteso le statuizioni del giudice amministrativo, avendo operato la nuova valutazione senza considerare – come imposto dalla suddetta sentenza – la possibilità di conciliare eventuali esigenze pubbliche, specifiche e ben determinate, con la pretesa avanzata dalla società.

L. Con il giudizio di cognizione, introdotto con il ricorso iscritto al n. 6193 del 2011, la difesa della ricorrente ha impugnato sia il nuovo provvedimento reiettivo adottato il 12 settembre 2011 sia la deliberazione della Giunta Comunale n. 23 del 18 febbraio 2010, articolando le seguenti censure:

- violazione dell’art. 42, comma 2, lett. b) del D. Lgs. n. 267 del 2000 ed incompetenza, giacché la programmazione e pianificazione in materia urbanistica è rimessa all’esclusiva competenza del Consiglio Comunale, con conseguente illegittimità della deliberazione della Giunta municipale posta a fondamento del provvedimento adottato;

- carenza di potere, in quanto, successivamente alla decorrenza dei termini stabiliti con la sentenza di questo Tribunale n. 4957 del 2009, l’amministrazione comunale ha perso il potere di provvedere, il quale deve ritenersi automaticamente trasferito al Commissario ad acta nominato proprio per l’ipotesi di perdurante inadempimento dell’amministrazione;

- violazione degli artt. 7 ss. della l. n. 241 del 1990, avendo l’amministrazione omesso di comunicare l’avvio del procedimento, con conseguente preclusione della possibilità per la ricorrente di fornire un utile apporto partecipativo, anche tenuto conto della circostanza che il provvedimento non esplicita le ragioni per le quali l’amministrazione ha ritenuto di disattendere le osservazioni presentate dalla Servillo Costruzioni;

- violazione dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990, dell’art. 97 Cost. ed eccesso di potere per carenza di istruttoria, in quanto l’amministrazione avrebbe dovuto rivedere il piano sopravvenuto, al fine di verificare la possibilità di soddisfare la pretesa dell’interessata, compatibilmente con esigenze pubbliche specifiche e ben determinate.

M. Unitamente all’azione di annullamento, la difesa della ricorrente ha anche proposto domanda per il risarcimento del danno subito in conseguenza dell’adozione del provvedimento reiettivo gravato.

N. Il Comune di Casalnuovo di Napoli si è costituito in entrambi i giudizi per resistere ai gravami.

O. Nello specifico, in relazione al ricorso per motivi aggiunti proposto nell’ambito del giudizio di ottemperanza, la difesa dell’ente resistente ha preliminarmente sollevato l’eccezione di inammissibilità, in considerazione dell’autonoma lesività del nuovo provvedimento reiettivo, il quale reca a proprio fondamento giustificativi diversi rispetto a quelli posti a fondamento del precedente provvedimento di diniego della concessione edilizia annullato in sede giurisdizionale, coprendo, dunque, spazi lasciati liberi dal tracciato delineato dal giudicato. Su tali basi, dunque, viene esclusa l’ammissibilità del rimedio azionato, restando, comunque, salvo il ricorso all’impugnazione in sede di giudizio di cognizione ordinaria. Nel merito, l’amministrazione comunale ha concluso per il rigetto del ricorso in quanto infondato.

P. Puntuali controdeduzioni sono state sviluppate dalla difesa dell’ente resistente anche in relazione alle censure dedotte con il ricorso proposto per l’annullamento del provvedimento di rigetto della domanda di concessione edilizia e della deliberazione della Giunta Comunale sopra indicata.

Q. All’udienza del 18 aprile 2013 i difensori comparsi hanno precisato le rispettive conclusioni, dopo di che i ricorsi sono stati introitati per la decisione.

DIRITTO

1.Preliminarmente il Collegio dispone la riunione dei giudizi per deciderli con un’unica sentenza, in considerazione dell’esigenza di simultaneus processus che connota il tipo di doglianze prospettate dalla società ricorrente ed in applicazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale.

1.1. In ordine alla riunione di due giudizi, uno di ottemperanza e l’altro di cognizione, il Collegio non può che conformarsi – condividendone, peraltro, integralmente le argomentazioni – alle statuizioni contenute nella sentenza dell’A.P. n. 2 del 2013, con le quali, in considerazione della «polisemicità del “giudizio” e dell’ “azione di ottemperanza” », come ritraibile dalla disciplina codicistica (essendo state raccolte sotto tale unica definizione diverse azioni “il cui comune denominatore è rappresentato dall’esistenza, quale presupposto, di una sentenza passata in giudicato, e la cui comune giustificazione è rappresentata dal dare concretezza al diritto alla tutela giurisdizionale”) è stata sostenuta la possibilità di una trattazione unitaria dei due differenti giudizi, giacché “ciò che viene richiesto al giudice (…) è innanzi tutto la concreta e precisa configurazione della patologia dell’atto adottato”, sicché “il giudice stesso non può che essere chiamato ad un esame complessivo della vicenda”.

1.2. Su tali basi, è stato evidenziato che l’instaurazione “di due distinti giudizi – che è conseguenza di una incertezza derivante dallo stesso ordinamento processuale – non elimina la sostanziale unicità della domanda che presuppone implicitamente la richiesta al giudice, insieme all’esame della natura della patologia dell’atto, la corretta qualificazione della tipologia dell’azione”; ciò può avvenire sono attraverso “un esame congiunto e comparativo delle due domande, ancorché le stesse introducano due giudizi tipo logicamente distinti, l’uno di cognizione l’altro di ottemperanza” (ibidem).

2. Sempre in via preliminare, il Collegio deve procedere all’esame dell’eccezione di inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti – proposto dalla ricorrente nell’ambito del giudizio di ottemperanza, per l’accertamento della nullità del nuovo provvedimento reiettivo in quanto asseritamente violativo ovvero elusivo del giudicato – sollevata dalla difesa dell’amministrazione resistente, in considerazione dei giustificativi alla base della nuova determinazione adottata, diversi (in quanto essenzialmente correlati a sopravvenienze intervenute in relazione alla disciplina urbanistica ed edilizia delle aree de quibus) rispetto a quelli posti a fondamento del precedente provvedimento di diniego della concessione edilizia annullato in sede giurisdizionale, e, pertanto, esorbitanti rispetto all’ambito predefinito del giudicato.

2.1. L’eccezione non merita accoglimento.

2.2. E’ noto, infatti, che la contestazione degli ulteriori atti adottati riesercitando il potere lasciato libero dal giudicato in sede di ottemperanza è ammesso esclusivamente nel caso in cui, dall’analisi complessiva della fattispecie, risulti la volontà dell’amministrazione di eludere la regola giudiziale cristallizzata nella sentenza passata in giudicato.

2.3. In tale prospettiva, se è vero che, di regola, ulteriori provvedimenti negativi per il privato possono non ritenersi elusivi, con conseguente impugnazione in sede di giudizio di cognizione ordinaria, quando risultino sopravvenienze di fatto o di diritto ovvero elementi che non sono stati esaminati per motivi indipendenti dalla volontà dell’amministrazione (cfr., Cons. St., A.P. n. 2 del 2013), è, comunque, imprescindibile un’attenta e puntuale interpretazione delle statuizioni contenute nel giudicato asseritamente violato o eluso, giacché l’ampiezza dell’accertamento sostanziale contenuto nella sentenza passata in giudicato condiziona gli spazi di applicabilità anche della normativa sopravvenuta (Cons. St., sez. VI, 19 giugno 2012, n. 3569).

2.4. Nella fattispecie oggetto di giudizio, dall’esame della sentenza passata in giudicato, emerge l’obbligo dell’amministrazione di rideterminarsi non solo verificando, alla luce delle deduzioni della ricorrente, il reale stato di urbanizzazione dell’area, al fine di valutare l’ammissibilità dell’edificazione diretta, prescindendo, dunque, dalla previa approvazione di uno strumento urbanistico attuativo prescritta dalla disciplina comunale applicabile, ma anche considerando eventuali margini di contemperamento dei diversi interessi coinvolti.

2.5. Nello specifico, la sentenza de qua stabilisce quanto segue: « Né, peraltro, il suddetto adempimento resta condizionato dalla successiva approvazione del P.R.G. (che – giusta quanto si evince dalla decisione di questo Tribunale 13330/2003 allegata a corredo di una memoria di parte – sembrerebbe intervenuta in corso di causa ): invero, non può essere revocata in dubbio la piena operatività del piano sopravvenuto e, dunque, l’astratta attitudine dello stesso ad interferire, fino ad eliderle, con le aspettative edificatorie affidate all’originaria domanda di concessione edilizia. Pur tuttavia, in siffatte evenienze, la sfera giuridica dell’interessato non resta totalmente e definitivamente sacrificata: l’illegittima compressione dello ius aedificandi comporta l’emersione di un limite alla discrezionalità dell’Amministrazione, tenuta ad un riesame della compatibilità del progetto edilizio rispetto a quelle variazioni di piano che, pur non potendosi giudicare in sé immotivate o illegittime, non siano tuttavia sorrette da rigorose ed inderogabili necessità pubbliche In altri termini, l' Amministrazione ha il dovere di rivedere il piano sopravvenuto e, se non sussistono specifiche e ben determinate esigenze pubbliche, deve disporre una deroga o una modifica che recuperino, in tutto o in parte, le previsioni urbanistiche sulle quali si fondava l' originaria domanda di concessione ( cfr. CdS AP n°1 dell’8.1.1986) ».

2.6. A fronte della chiara statuizione contenuta nella suddetta pronuncia, alcun rilievo può essere attribuito alla circostanza che il vigente P.R.G. è stato approvato addirittura in epoca precedente alla pubblicazione della sentenza in argomento, né sono ammissibili contestazioni riferite alla corretta applicazione, da parte del giudice di prime cure, dei principi espressi dall’A.P. nella sentenza n. 1 del 1986, espressamente richiamata nella pronuncia in esame; quest’ultima, infatti, non ha costituito oggetto di impugnazione ed ha acquisito il carattere dell’incotrovertibilità.

2.7. Nella fattispecie, la ricorrente, con il ricorso per motivi aggiunti proposto nell’ambito del giudizio di ottemperanza, ha denunciato la violazione, elusione del giudicato formatosi, deducendo che la mancata soddisfazione della propria pretesa sia imputabile proprio ad una non corretta applicazione del decisum giurisdizionale.

2.8. In base a quanto sopra affermato, dunque, il ricorso per motivi aggiunti in sede di ottemperanza è ammissibile.

3. Nel merito, il ricorso è infondato.

3.1. L’amministrazione comunale, infatti, ha puntualmente esplicitato i giustificativi alla base della determinazione assunta, la quale è stata adottata in esito ad un’esaustiva istruttoria, rispettosa dei criteri stabiliti nella sentenza di questo Tribunale n.1585 del 4 marzo 2005, non emergendo alcun elemento idoneo ad evidenziare una finalità elusiva.

3.2. Il nuovo provvedimento reiettivo, infatti, pone a proprio fondamento, ai fini che in questa sede rilevano, la deliberazione della Giunta Comunale n. 23 del 18 febbraio 2010 – avente ad oggetto “Adempimenti relativi all’ottemperanza delle sentenze TAR di annullamento parziale P.R.G. e dinieghi di concessione edilizia emessi precedentemente all’adozione del P.R.G.” – con la quale, sulla base di puntuali argomentazioni, è stata esclusa la possibilità, anche in relazione alle aree in proprietà della ricorrente, di apportare modifiche o varianti, con conseguente sostanziale conferma delle determinazioni in precedenza assunte, in specie a motivo della mancanza di un’idonea dotazione degli standard urbanistici, dettagliatamente illustrati nel medesimo provvedimento.

3.3. Nello specifico, in esito all’istruttoria svolta, l’amministrazione ha concluso nel senso che “il maggior carico urbanistico per il territorio comunale derivante” dagli incrementi volumetrici correlati alle domande di concessione edilizia considerate, sarebbe “assolutamente insostenibile,considerata la cronica mancanza di aree destinate a standard e la situazione di sovraffollamento che vive il territorio comunale”; nella medesima deliberazione, inoltre, viene sottolineato che “attualmente risultano in esercizio, dai dati in possesso degli uffici dell’Amministrazione, solo 0,22 Kmq. (220.000 mq.), pari a poco meno di un decimo del fabbisogno da soddisfare per il perseguimento di un equilibrio insediativo nel rapporto popolazione-servizi” e che “stando alle dimensioni assegnate agli standard urbanistici dalla Regione Campania (20 mq. ad abitante) ed al consequenziale potenziamento delle reti infrastrutturali di servizio interno (10 mq. ad abitante), addizionando le attrezzature di interesse generale (per istruzione superiore all’obbligo, attrezzature sanitarie e parchi urbani e territoriali attrezzati la dotazione minima, inderogabile, di mq 17,5), sarebbe necessaria, per la popolazione residente, una superficie superiore a 2,00 Kmq”.

3.4. L’amministrazione comunale ha, quindi, puntualmente adempiuto all’obbligo derivante dal decisum giurisdizionale, escludendo la possibilità di apportare modifiche allo strumento urbanistico generale medio tempore approvato in relazione alla disciplina dettata per l’area in proprietà della ricorrente, in considerazione di specifici interessi pubblici di primario rilievo ai fini di un equilibrato ed ordinato sviluppo del territorio.

3.5. Da ciò è conseguito il nuovo provvedimento reiettivo, che ha correttamente applicato le previsioni dettate per le aree de quibus.

3.6. Secondo costante orientamento giurisprudenziale “in materia urbanistica, nelle ipotesi di annullamento giurisdizionale di un diniego di concessione edilizia, la nuova valutazione della domanda di concessione deve essere effettuata con riferimento alla disciplina urbanistica vigente al momento in cui viene notificata al Comune interessato la sentenza di annullamento del diniego, venendo così in rilievo anche la nuova disciplina intervenuta nelle more del giudizio” (Cons. St., sez. IV, 24 dicembre 2008 , n. 653; sezione V, 03 settembre 2009 , n. 5169; sezione IV, 10 luglio 2007, n. 3890).

3.7. Con l’adozione del provvedimento di rigetto in questa sede impugnato, l’amministrazione ha, quindi, puntualmente adempiuto alla pronuncia giurisdizionale, con riferimento alla quale non è ravvisabile alcuna elusione o violazione del relativo giudicato.

4. Il Collegio può a questo punto procedere all’esame del secondo dei ricorsi riuniti, con il quale la difesa della ricorrente ha agito per l’annullamento sia del nuovo provvedimento reiettivo adottato il 12 settembre 2011 sia la deliberazione della Giunta Comunale n. 23 del 18 febbraio 2010, nonché per il risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’adozione di tali determinazioni.

5. Il ricorso non merita accoglimento.

5.1. Quanto all’incompetenza della Giunta municipale all’adozione della deliberazione gravata, censurata con il primo motivo di ricorso, il Collegio rileva l’infondatezza della doglianza; tale deliberazione, infatti – come correttamente rilevato dalla difesa dell’amministrazione resistente – è stata adottata dalla Giunta nell’esercizio dei poteri e delle funzioni ad essa attribuiti dalla l.r. n. 16 del 2004 ed al precipuo fine di ottemperare alle statuizioni contenute nelle sentenze adottate da questo Tribunale.

5.2. L’art. 24 della sopra indicata legge regionale, – vigente all’epoca dell’adozione della deliberazione gravata –, attribuiva, infatti, alla Giunta le competenze in materia di adozione della proposta del piano urbanistico e delle relative varianti ed il decisum giurisdizionale implicava, appunto, una valutazione in merito sia allo stato di urbanizzazione dell’area, sia alla possibilità di rivedere il piano sopravvenuto al fine di recuperare, in tutto o in parte, “le previsioni urbanistiche sulle quali si fondava l' originaria domanda di concessione”. Tale verifica, dunque, postulava l’accertamento in ordine alla sussistenza dei presupposti per avviare un procedimento di variante allo strumento urbanistico generale, presupposti che sono stati, nella fattispecie, motivatamente esclusi dall’organo competente a procedere a tale valutazione e, cioè, dalla Giunta Comunale.

6. Non merita accoglimento neanche il secondo motivo di ricorso, con il quale è stata dedotta la carenza di potere dell’amministrazione comunale, a motivo della decorrenza dei termini stabiliti con la sentenza di questo Tribunale n. 4957 del 2009, con conseguente automatico trasferimento delle competenze al Commissario ad acta nominato con la medesima pronuncia.

6.1. Per consolidata giurisprudenza, infatti – il che esime da citazioni specifiche – successivamente alla scadenza del termine fissato dal giudice, l’amministrazione rimane titolare del potere di provvedere in quanto soltanto all’atto di insediamento del commissario ad acta, ovvero con la redazione del verbale di immissione nelle relative funzioni, si verifica il trasferimento dei poteri, rimanendo precluso all’amministrazione ogni margine di ulteriore intervento.

6.2. Il Collegio evidenzia, per completezza di analisi, che con la sentenza di questo Tribunale n. 4957 del 4 settembre 2009, – con la quale è stato definito il ricorso introduttivo del giudizio di ottemperanza –, l’attivazione dell’intervento del Commissario ad acta è stata rimessa ad un’attività della ricorrente (cioè ad una specifica richiesta di quest’ultima), che non risulta essere stata azionata.

7. Nella fattispecie, inoltre, non emerge alcuna lesione dei diritti di partecipazione procedimentale, sia in quanto il procedimento è stato avviato a seguito della presentazione della domanda da parte dell’interessata, sia in quanto dalla documentazione versata in atti dalla stessa difesa di parte ricorrente risulta che l’amministrazione ha regolarmente comunicato i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, tant’è che la società odierna ricorrente ha fatto pervenire le proprie osservazioni in data 9 agosto 2008, puntualmente considerate dall’amministrazione, come si evince dallo stesso provvedimento reiettivo gravato.

8. Quest’ultimo provvedimento, infine, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa della ricorrente, presenta un adeguato substrato motivazionale, avendo l’amministrazione diffusamente esposto i giustificativi alla base della determinazione assunta, in esito ad un’accurata istruttoria, che non ha trascurato di considerare le caratteristiche del’intervento e dell’area dallo stesso interessata, procedendo, – successivamente all’adozione della deliberazione della Giunta Comunale sopra indicata, con la quale è stata esclusa la possibilità di apportare varianti, in ragione di specifiche e dettagliate ragioni di interesse pubblico –, all’applicazione della disciplina dettata dal vigente strumento urbanistico comunale.

9. In conclusione, per le ragioni sopra esposte, i ricorsi vanno respinti, in quanto infondati. Alla reiezione dei ricorsi consegue anche il rigetto delle domanda risarcitorie proposte dalla ricorrente

10. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono determinate nella misura di cui al dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe indicati, previa loro riunione, li rigetta.

Condanna la parte ricorrente a rifondere al Comune di Casalnuovo di Napoli le spese di lite, che liquida complessivamente in € 2.000,00 di cui € 200,00 per spese anticipate ed il residuo per diritti ed onorari, oltre i.v.a. e c.p.a..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:

Carlo D'Alessandro, Presidente

Leonardo Pasanisi, Consigliere

Brunella Bruno, Referendario, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 24/05/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)