TAR Sicilia (CT) Sez. II n. 840 del 24 aprile 2018
Urbanistica.Ceritificato di destinazione urbanistica

Il certificato di destinazione urbanistica è un documento volto a far conoscere la destinazione urbanistica dei terreni e, quindi a certificare in via generale, l'edificabilità o l'inedificabilità dei suoli, con una chiara valenza dichiarativa circa l'inserimento di un'area o di un immobile in una zona urbanistica anziché in un'altra del territorio comunale, inidoneo, pertanto a fondare un ragionevole affidamento sulla concreta realizzazione di ulteriore edificazione del terreno che, come sopra detto, dipende non solo dalla diretta applicazione delle norma urbanistiche ed edilizie ma anche dallo stato di fatto del terreno e dall’esistenza di precedente edificazione ed utilizzazione della densità del fondo agricolo.


Pubblicato il 24/04/2018

N. 00840/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00165/2014 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 165 del 2014, proposto da:
Sg Costruzioni Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Currao, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Catania, via Giuseppe Verdi, 127;

contro

Comune di Acicatena, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Santa Elisabetta Caruso, domiciliato ex art. 25 cpa presso la Segreteria del TAR Catania;

per l'annullamento

del provvedimento prot. gen. 34467 del 24.10.2013, con cui il Commissario ad acta per il Comune di Acicatena ha denegato la concessione edilizia richiesta in data 31.3.2006;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Acicatena;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 marzo 2018 la dott.ssa Agnese Anna Barone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

In data 31 marzo 2006 il sig. Guarrera Salvatore, nella qualità di amministratore della Gicabit s.r.l. (dante causa dell’odierna ricorrente) presentava domanda di concessione edilizia per la realizzazione di tre edifici per civile abitazione in Via Lecco, su un'area di complessivi mq 27.275,00 in catasto al foglio 9, partt. 593- 594- 595-596-597-598 tutte originate dalla ex particella 113 (sulla quale v. infra) ricompresa in zona E – verde agricolo.

Con atto pubblico 25 giugno 2009 la GICABIT s.r.l. trasferiva la proprietà del suindicato terreno alla S.G. Costruzioni s.r.l. che subentrava nella titolarità dell'istanza di concessione edilizia (prat. n. 41/2006), presentata dalla dante causa; tale istanza – sebbene positivamente esitata dalla CEC non veniva definita.

Con nota n. 10904 del 06/04/2012, la SG Costruzioni diffidava il Comune di Acicatena a rilasciare la chiesta concessione edilizia e nella permanente inerzia dell’ente proponeva adiva questo TAR Catania che con sentenza n. 2064 del 27 giugno 2013 dichiarava la illegittimità del silenzio serbato dall'Amministrazione comunale, con conseguente obbligo di pronunciarsi espressamente sull’istanza entro il termine di giorni trenta, nominando commissario ad acta il Dirigente dell’Ufficio tecnico del Comune di Catania.

Con nota prot.n. 24974 dell’1 agosto 2013 il Comune di Acicatena comunicava il preavviso di rigetto, rappresentando quanto segue: “l’istanza di rilascio di concessione edilizia non può essere accolta poiché per il medesimo terreno era stata già rilasciata in data 13/02/1993 alla medesima ditta Guarrera Salvatore la concessione edilizia n. 61/91 prot. 11832 per la demolizione dei fabbricati esistenti di complessivi mc1622,00 e s realizzazione di un edificio bifamiliare per civile abitazione di pari volumetria, comunque superiore a quanto consentito in zona agricola e fuori dal perimetro urbano, ove ricade - e al tempo ricadeva - detto terreno. Il rilascio di una ulteriore concessione edilizia determinerebbe, dunque, per lo stesso lotto di terreno una volumetria complessiva di mc. 2436,95 nettamente superiore a quella che si può realizzare con l’indice agricolo di mc/mq 0,03 su una superficie di mq 27.275 ovvero pari a 814,95.

Al riguardo, con parere dell’Assessorato territorio ed Ambiente, Dipartimento Urbanistica prot. n. 5059 del 25/08/2000 e prot. n. 43501 del 18/07/2001 è stato chiarito che i fabbricati realizzati in verde agricolo, al di fuori della perimetrazione del centro abitato, prime dell’entrata in vigore della legge n. 765/67, non possono ritenersi giuridicamente inesistenti ai fini dell’ulteriore edificazione.

Il successivo frazionamento della particella 113, dalla quale sono state originate le particelle 593, 594, 595, 596, 597, 598 oggetto dell’intervento proposto non fa venire meno l’asservimento dell’area di che trattasi all’intervento autorizzato con la concessione edilizia n. 61/91.

Si precisa che la CEC ha reso in data 09/11/2006 parere favorevole all’intervento in questione in quanto non era a conoscenza dell’esistenza della concessione edilizia n. 61/91(…)”.

La ditta presentava le proprie osservazioni con nota n. 25977 del 12/08/2013.

Con provvedimento n. 34467 del 24 ottobre 2013 il commissario ad acta, nel frattempo insediatosi, adottava il provvedimento di diniego del richiesto titolo poiché “il rilascio di ulteriore concessione edilizia comporterebbe violazione della normativa urbanistica per il mancato rispetto dell’indice fondiario previsto per le aree agricole”.

Con il ricorso in esame, la SG Costruzioni ha chiesto l’annullamento del provvedimento di diniego per i seguenti motivi:

1)Violazione dell’art.12, 1° comma del D.P.R. 380/2001. Eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto, difetto di istruttoria, contraddittorietà e difetto di motivazione. Parte ricorrente sostiene che il fondo, sia nel previgente strumento urbanistico, sia nell’attuale PRG è sempre stato ricompreso in zona E e che con l'approvazione, nel 1993, del nuovo PRG avrebbe “riacquistato” il potenziale edificatorio proprio dei fondi ubicati nelle zone territoriali omogenee "E", cioè 0,03 mc /mq, così come, peraltro, attestato dalla stessa Amministrazione comunale nei certificati di destinazione urbanistica del 1997 e del 2012.

Il diniego si porrebbe quindi in contrasto non solo con le sopravvenute prescrizioni urbanistiche, ma anche con il comportamento dell’amministrazione che avrebbe continuato a rilasciare certificati di destinazione urbanistica attestanti l'edificabilità del terreno secondo l'indice fondiario proprio delle "zone agricole E e che avrebbe rilasciato concessioni edilizie “ad altri proprietari nelle medesime condizioni della società odierna ricorrente”;

2) Violazione dell’art. 11 bis della l.r., omessa comunicazione dei motivi ostativi da parte del commissario e incompetenza di quest’ultimo per scadenza del termine assegnato dal giudice.

Il Comune di Acicatena si è costituito in giudizio e ha puntualmente controdedotto alle censure articolate in ricorso.

Con ordinanza n. 118/2014 è stata respinta la domanda cautelare.

L’udienza dell’8 novembre 2017, già fissata per la trattazione del ricorso è stata rinviata su istanza dei difensori a causa dell’erroneo deposito di memorie difensive nell’ambito di altro ricorso pendente tra le medesime parti (RG 92/2014)

Le parti hanno scambiato ulteriori memorie e repliche e alla pubblica udienza del 21 marzo 2018, il ricorso è stato posto in decisione, come da verbale.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Nel primo motivo di ricorso parte ricorrente sostiene che la realizzazione dell’edificio sulla base della concessione edilizia del 1991 (con incontestata utilizzazione della quasi totalità della cubatura assentibile secondo l’indice fondiario della zona E), non sia ostativa al rilascio, sulla medesima particella, del titolo edilizio per la realizzazione di ulteriori fabbricati poiché la concessione edilizia del 1991 è stata rilasciata sulla base delle previsioni urbanistiche contenute nel D.A. n. 306/81 del 18 settembre 1981 che destinavano l’area a verde agricolo, mentre la conferma della destinazione a "verde agricolo — E" con l'indice fondiario proprio di tali Z.T.O., di cui al successivo PRG adottato con D.A. del 3.5.1993 avrebbe attribuito all’area in questione una nuova (ed ulteriore) potenzialità edificatoria con indice fondiario di edificabilità pari a 0,03 mc/mq rispetto a quella già realizzata nella vigenza del precedente strumento urbanistico.

Il motivo è infondato.

Occorre preliminarmente sgombrare il campo dall’equivoco di fondo che permea l’impugnativa e che tende a soprappore l’astratta e incontestata capacità edificatoria dell’area ubicata in zona agricola nel rispetto dei parametri edilizi, con la diversa questione - che é quella che rileva nel caso di specie - della possibilità di ulteriore edificazione rispetto a quella già realizzata (ed attualmente esistente) sulla medesima area destinata a zona agricola, per effetto di un precedente titolo edilizio; questione che va risolta tenendo separati il piano della norma urbanistica (che fissa in via generale ed astratta la tipologia di edificazione delle singole aree attraverso l’attribuzione di una determinata destinazione urbanistica), dal piano della concreta edificazione che non può non tenere conto – nell’applicazione delle norme urbanistiche ed edilizie – dello stato di fatto dell’area e della presenza di preesistenti fabbricati al fine di determinare l’eventuale esistenza di residua densità fondiaria utilizzabile.

Non può, quindi, trovare ingresso la suggestiva e singolare tesi difensiva di parte ricorrente secondo la quale l’approvazione del nuovo PRG nell’anno 1993, con conferma delle medesima destinazione precedente (verde agricolo), avrebbe determinato l’attribuzione, ex novo, di un ulteriore potenziale edificatorio di cioè 0,03 mc /mq poiché tale tesi - oltre ad essere priva di alcun supporto normativo - si scontra con il dato di fatto costituito dall’oggettiva esistenza sull’area in questione di un precedente fabbricato (che ha quasi del tutto esaurito la densità fondiaria realizzabile), non potendosi attribuire alla mera conferma della identica destinazione urbanistica (verde agricolo) da parte di due strumenti urbanistici succedutesi nel tempo alcun effetto novativo delle potenzialità edificatorie in grado di “azzerare” la densità fondiaria già realizzata.

Sono, inoltre, infondate le argomentazioni sulle quali parte ricorrente fonda la presunta contraddittorietà della determinazione negativa rispetto al contenuto del certificato di destinazione urbanistica attestante l’edificabilità del terreno secondo l’indice fondiario delle zone agricole, nonché la disparità di trattamento rispetto a concessioni edilizie rilasciate ad altri proprietari “nelle medesime condizioni della società odierna ricorrente”.

Quanto al certificato di destinazione urbanistica è sufficiente rilevare come si tratti di un documento volto a far conoscere la destinazione urbanistica dei terreni e, quindi a certificare in via generale, l'edificabilità o l'inedificabilità dei suoli, con una chiara valenza dichiarativa circa l'inserimento di un'area o di un immobile in una zona urbanistica anziché in un'altra del territorio comunale, inidoneo, pertanto a fondare un ragionevole affidamento sulla concreta realizzazione di ulteriore edificazione del terreno che, come sopra detto, dipende non solo dalla diretta applicazione delle norma urbanistiche ed edilizie ma anche dallo stato di fatto del terreno e dall’esistenza di precedente edificazione ed utilizzazione della densità del fondo agricolo.

Quanto alle allegate concessioni edilizie – che documentato esclusivamente il rilascio di tioli edilizi in zona agricola, ma dalle quali non emerge la sussistenza dell’identica situazione della ricorrente, id est la precedente edificazione con esaurimento della capacità edificatoria – le stesse sono irrilevanti, poiché il diniego di concessione edilizia non è stato motivato con riferimento all’astratta edificabilità della zona agricola, ma con riferimento al quasi integrale esaurimento della capacità edificatoria in ragione della precedente edificazione dei fabbricati di cui alla c.e. n. 61/91 e successiva variante n. 10/2000.

E’ manifestamente infondato il secondo motivo di ricorso con il quale la società ricorrente censura l’illegittimità del provvedimento adottato dal commissario quando “era già decorso il termine di sessanta giorni assegnato dal giudice per la definizione del procedimento” e lamenta l’illegittimità del provvedimento impugnato sotto il profilo procedimentale essendo stata adottata dall’Ufficio Urbanistica la comunicazione di preavviso di rigetto mentre il provvedimento finale dal Commissario ad acta.

La prima argomentazione sul presunto decorso del termine per la definizione del procedimento e l’altrettanto presunto tardivo insediamento del commissario ad acta è inammissibile per genericità poiché privo di alcun dato oggettivo (data della comunicazione o della notifica della sentenza) idoneo a comprovare la contestata tardività. Risulta, in ogni caso determinante l’osservazione in base alla quale il termine assegnato dal giudice dell'ottemperanza al commissario "ad acta" per l'espletamento del suo incarico, non ha natura decadenziale, per cui la nomina del commissario permane, anche oltre detto termine, fintantoché non venga revocata dal giudice stesso (giurisprudenza consolidata, ex multis, T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, 25-01-2016, n. 937).

Anche la seconda argomentazione è destituita di fondamento poiché il commissario ad acta ha confermato i motivi di diniego comunicati con il preavviso di rigetto, contestando le osservazioni della ditta e, rappresentando “che le ragioni che ostano il rilascio della concessione edilizia sono ben esplicitate nel preavviso di diniego del 01/08/2013 prot. gen. 24974. Nel predetto preavviso non si asserisce che l’area sia inedificabile bensì al contrario, viene evidenziato che la ragione che osta il rilascio della concessione edilizia riguarda il mancato rispetto del parametro relativo alla densità fondiaria di 0,03 mc/mq, previsto per le zone agricole (…) e che “nelle controdeduzioni presentate dalla ditta nulla viene detto in ordine al mancato rispetto del suddetto parametro edilizio (…)”.

Non è pertanto configurabile, l’invocata lesione delle garanzie partecipative poiché il Commissario ad acta ha confermato i motivi di diniego comunicati con il preavviso di rigetto, contestando le osservazioni della ditta e, dunque, facendo propri detti motivi

In conclusione, per tutte le argomentazioni che precedono, il ricorso è infondato e deve, pertanto, essere respinto.

Le spese processuali - ferma restando la condanna già disposta in sede cautelare - seguono la soccombenza, secondo la liquidazione operata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Seconda), respinge il ricorso indicato in epigrafe.

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi € 4000,00 (euro quattromila/00), oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2018 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Brugaletta, Presidente

Agnese Anna Barone, Consigliere, Estensore

Maurizio Antonio Pasquale Francola, Referendario

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Agnese Anna Barone        Francesco Brugaletta