Corte Appello Cagliari Sez. II 30 giugno 2014
Pres. Pilato Est. Lavena Imp. Arca
Urbanistica. Intervento su opera di urbanizzazione primaria

La sentenza riguarda un intervento su un'opera di urbanizzazione primaria (impianto di raccolta delle acque piovane) in area sottoposta a vincolo speciale per il quale il Tribunale aveva ritenuto sussistente sia il reato urbanistico che il delitto paesaggistico. In appello invece si è ricondotto l'intervento alla manutenzione  straordinaria e lo si è ritenuto privo di incidenza sul paesaggio.

APPELLANTE

Contro la sentenza 22.10.2012 del Tribunale di Cagliari, con la quale è stato condannato alla pena di 8 mesi e 15 giorni di reclusione, con le attenuanti generiche, unificati i reati dal vincolo della continuazione.
Ordinata la demolizione delle opere abusive e la rimessione in pristino dello stato dei luoghi a spese del condannato.

PERCHÉ DICHIARATO COLPEVOLE

A. del reato di cui all’art. 44 lett. c), del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, per avere realizzato, in qualità di amministratore del condominio Torre delle Stelle committente, in assenza di concessione edilizia/permesso di costruire ed in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, le seguenti opere edilizie: realizzazione di un tratto di condotta mediante scavo e posizionamento di tubi in pvc, una cunetta in calcestruzzo e alcuni pozzetti per convogliare l’acqua piovana sotto un accesso pedonale e smaltire l’acqua verso la spiaggia.
B. del reato di cui all’art. 181 comma 1 bis, del D.L.vo 42/2004, per avere realizzato le opere al capo A), in assenza della preventiva autorizzazione paesaggistica in zona vincolata ai sensi del D.M. del 30.05.1967 (dichiarazione di notevole interesse pubblico).
Accertato in Sinnai (Ca), località Torre delle Stelle, Via Lattea, in data 10.07.2010. 
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Udita la relazione della causa fatta dal Consigliere dott. LAVENA;
sentite le conclusioni delle parti:
Pubblico Ministero: conferma della sentenza
Difensore: accoglimento dei motivi di appello

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LA SENTENZA IMPUGNATA

La sentenza espone che in data compresa tra il 25 febbraio 2010 e il 5 maggio 2010 Diego Arca, in qualità di amministratore del condominio di Torre delle Stelle, ha provveduto, in assenza di permesso di costruire, alla esecuzione di opere nella Via Lattea così come descritte nel capo d’imputazione.
Il 28 maggio 2010 l’imputato ha presentato al Comune di Sinnai richiesta di autorizzazione edilizia in accertamento di conformità relativa ai lavori eseguiti. Con provvedimento-determina n. 2 del 14 settembre 2010, il responsabile dell’Area Tecnica- Settore Urbanistico del medesimo Comune ha negato l’autorizzazione richiesta sul triplice rilievo che: 1) le opere di urbanizzazione primaria sono assoggettate a concessione edilizia e non a semplice autorizzazione; 2) le opere realizzate non sono conformi alle previsioni delle norme tecniche di attuazione del regolamento edilizio comunale perché, interessando solo un piccolo tratto della viabilità, modificano il regime delle acque reflue piovane convogliandole sulla spiaggia e compromettendone l’integrità e la conformazione; 3) le opere non risultano autorizzate dall’amministrazione provinciale e/o regionale e non sono conformi alla disciplina degli scarichi. Tale provvedimento di diniego è stato impugnato davanti al TAR Sardegna e il procedimento è tuttora pendente.
In data 27 settembre 2010, il responsabile dell’Area Tecnica ha ordinato al Condominio la demolizione delle opere eseguite, ribadendo le motivazioni del provvedimento di diniego e rilevando, altresì, che l’area interessata dai lavori ricade nella fascia costiera entro i 300 m. dalla linea di battigia nonché nell’ambito territoriale delimitato dal D.M. 30.5.1967 quale area dichiarata di notevole interesse pubblico. In data 11 ottobre 2010, la Polizia Municipale ha accertato la parziale ottemperanza all’ordinanza di demolizione, attuata attraverso l’occlusione con cemento del tubo di scarico installato nell’accesso pedonale. Gli stessi agenti operanti, nel corso di un successivo sopralluogo, accertarono che l’originario tappo di cemento era stato rimosso, e, quindi, nuovamente ripristinato, per poi, definitivamente accertare, in data 16 marzo 2011, la persistenza dello scarico a mare e il mancato ripristino dello stato dei luoghi.

Il Tribunale ritiene che indubbiamente le opere realizzate dall’imputato abbiano natura di opere di urbanizzazione primaria, trattandosi della costruzione, da parte di un soggetto diverso dal Comune, di un tratto di conduttura lungo circa 15 metri, di alcuni pozzetti in cemento e di una cunetta in calcestruzzo, lavori che hanno determinato un apprezzabile modifica della rete di scarico delle acque reflue meteoriche finalizzata a convogliare le stesse verso una scalinata di accesso alla vicina spiaggia, con conseguente incremento del rischio di compromissione dell’integrità e della conformazione dell’arenile sabbioso. Per tali opere non è stato richiesto il necessario permesso di costruire ma l’imputato ha provveduto, soltanto ex post, ad inoltrare al Comune di competenza, una richiesta di autorizzazione con accertamento di conformità.
Inoltre, il Tribunale rileva che si tratta di opere che ricadono in un territorio soggetto a vincolo paesaggistico rinforzato, poiché incluso in un’area dichiarata di notevole interesse pubblico e non è stata richiesta la necessaria autorizzazione preventiva.
In definitiva, l’imputato Diego Arca è stato condannato, valutati i criteri di cui all’art. 133 c.p., alla pena di 8 mesi e 15 giorni di reclusione (p.b. per il capo b. = un anno di reclusione, ridotta di 1/3 per le attenuanti generiche ad otto mesi di reclusione, aumentata ex art. 81 c.p.), con le attenuanti generiche, unificati i reati dal vincolo della continuazione.
Si ordina, altresì, la demolizione delle opere abusive e la rimessione in pristino dello stato dei luoghi a spese del condannato.

MOTIVI DI IMPUGNAZIONE
Ha proposto appello tempestivo il difensore di Diego Arca con richiesta di assoluzione dell’imputato perché il fatto non costituisce reato o, in ogni caso, con la formula di giustizia.
L’appellante ritiene che l’intervento realizzato dall’imputato è consistito nella ristrutturazione della cunetta in calcestruzzo, già presente a bordo strada, nel posizionamento sotto terra di un tubo in pvc di piccole dimensioni per consentire il deflusso dell’acqua piovana e nella realizzazione di due pozzetti sotterranei per convogliare l’acqua e consentirne lo smaltimento.
La stessa Polizia Municipale ha escluso che si trattasse di un comportamento rilevante dal punto di vista edilizio in quanto l’intervento non ha comportato alcuna rilevante alterazione dello stato dei luoghi. Gli stessi Uffici del Comune di Sinnai hanno rilevato che le opere erano tali da non determinare alcun impatto sul territorio. Il Tribunale ha omesso di valutare positivamente tali considerazioni di organi tecnici.
Inoltre, lo scarico era posto in un gradino di una scalinata e non determinava alcun impatto immediato sul territorio circostante e non convogliava le acque direttamente sulla spiaggia, ma, attraverso la scalinata, le stesse digradavano verso un stradello, il quale a sua volta conduce al mare. In conseguenza, il deflusso delle acque non era idoneo a determinare qualsiasi ipotesi di danno alla spiaggia. Sostiene, ancor più, l’appellante che l’opera realizzata consentiva che ciò avvenisse senza arrecare pregiudizio alle strade del Condominio ed alle abitazioni dei condomini.
I testi Salvatore Loi e Gianfranco Orrù hanno riferito che la cunetta esisteva dapprima dell’intervento del 2010 e che tutte le altre opere erano state realizzate sotto terra. I lavori si sono, peraltro, resi necessari per le proteste della condomina Andreoni che si lamentò del fatto che, a causa delle piogge, l’acqua ed il fango penetravano nella sua proprietà, allagando l’intero giardino.     L’intervento si rese, quindi, necessario per prevenire tale inconveniente.
L’appellante ritiene che la costruzione delle opere in esame non necessitava di alcun permesso di costruire da parte del Comune di Sinnai, in quanto non si tratta di opere che incidono in modo consistente sul tessuto urbanistico del territorio (aumentando il c.d. carico urbanistico). Si conclude, in merito a tale profilo, che il comportamento tenuto dall’imputato è irrilevante dal punto di vista edilizio.
Per quanto concerne il capo B), le opere sono state realizzate sotto terra e, pertanto, rientrano nella previsione di cui all’art. 149, D.L.vo 42/2004, in quanto non determinano alcuna alterazione dello stato dei luoghi.
In merito al profilo dell’elemento psicologico, l’imputato non solo non era consapevole dell’abusività delle opere ma ha, invece, agito nella assoluta convinzione che le opere non necessitassero di alcuna autorizzazione, in quanto considerate opere rientranti nella mera manutenzione straordinaria. L’istanza di accertamento di conformità è stata presentata su indicazione degli addetti all’Ufficio tecnico comunale, convinti, come risulta agli atti, dell’irrilevanza delle opere. Si conclude per l’esclusione dell’elemento psicologico in capo all’imputato per i reati allo stesso ascritti.
In definitiva, si assolva Diego Arca perché il fatto non costituisce reato o, in ogni caso, con la formula di giustizia.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L'appello è fondato e l'imputato deve essere assolto dai reati ascrittigli perché il fatto non sussiste.
Dall'istruttoria dibattimentale è emerso pacificamente che le opere commissionate dall'imputato furono costituite, in buona sostanza, dalla modifica del sistema di convogliamento delle acque piovane in un brevissimo tratto della via Lattea della grande lottizzazione di Torre delle stelle (una sorta di frazione del comune di Sinnai che, soprattutto nel periodo estivo, ospita migliaia di persone). L'intervento fu determinato dalla necessità di impedire che le acque piovane e il fango che si incanalavano lungo la strada sterrata in pendenza verso il mare invadessero il giardino di una delle case della lottizzazione, situata proprio all'uscita di una curva al termine della discesa. A tal fine Arca fece rimodulare la cunetta a bordo strada e realizzare dei tombini supplementari che intercettassero acqua e fango, collegandoli con una nuova tubazione che in parte deviava l'acqua all'incirca verso la metà di una scalinata di accesso alla spiaggia. Con quel semplice espediente si intendeva ottenere il risultato di ridurre la portata dell'acqua e del fango che arrivavano alla casa della signora Andreoni.   
Accertata in modo indiscutibile questa situazione di fatto, la Corte ritiene di assoluta evidenza che l'opera in contestazione non necessitasse del previo rilascio della concessione edilizia perché non si trattava di intervento di nuova costruzione bensì di un mero intervento di manutenzione straordinaria. Appare oltre modo semplicistica e affetta da sterile formalismo la tesi del comune di Sinnai secondo cui la concessione edilizia sarebbe stata imposta dalla tipologia dell'intervento, che riguardava un'opera di urbanizzazione primaria. E' vero che ai sensi dell'art. 3, comma 1 lett. e.3), D.P.R. 380/2001 sono annoverati fra gli interventi di nuova costruzione per i quali è richiesto il permesso di costruire (in Sardegna ancora concessione edilizia) “gli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria realizzati da soggetti diversi dal comune”. Ma pare ovvio che tale disposizione debba essere letta nel senso che si considerano assoggettati a permesso di costruire gli interventi che consistono nella realizzazione per intero di nuove opere di urbanizzazione o nella modifica strutturale e ampliamento di una parte importante di esse, cioè quegli interventi idonei ad alterare in misura significativa il carico urbanistico della zona interessata. Tale disposizione va necessariamente coordinata con quelle delle precedenti lettere a), b) e c) dello stesso art. 3, comma 1, che definiscono i tipici interventi minori (manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo) che invece non sono assoggettati a permesso di costruire proprio perché relativi a opere che non portano a una modifica dell'assetto della zona e soprattutto non alterano il carico urbanistico. Pare evidente che non sia necessaria la concessione edilizia per la semplice riparazione di una buca sulla sede stradale o per la sostituzione della grata in ferro di una caditoia per l'acqua piovana, cioè per banalissime opere di manutenzione ordinaria ancorché incidenti su opere di urbanizzazione primaria. Ma non diversa è la situazione per gli interventi di manutenzione straordinaria, cioè per “le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici”. Nel caso in esame vi è stata una semplice modifica integrativa del sistema di regolamentazione e smaltimento delle acque piovane in un brevissimo tratto dell'apparato fognario e di cunette stradali che interessa una lottizzazione vastissima, una modifica funzionale a garantire l'efficienza complessiva del sistema di smaltimento delle acque piovane senza intaccare l'impostazione complessiva dell'opera di urbanizzazione. Del resto, caratteristica distintiva della manutenzione straordinaria (e anche del restauro e risanamento conservativo) rispetto all'opera di nuova costruzione è proprio nel fatto che l'integrazione e la modifica lasciano inalterate l'impostazione e la funzionalità complessive di un'opera esistente, limitandosi a sanarne eventuali difetti o a migliorarne l'efficienza. Altro aspetto differenziale è spesso nella relativa urgenza dell'intervento manutentivo, necessario a salvaguardare la funzionalità dell'opera esistente, mentre la realizzazione di un'opera di urbanizzazione del tutto nuova presuppone, anche qualora essa debba far fronte a qualche urgenza, una previa valutazione tecnica da parte del comune perché destinata ad alterare in misura significativa il carico urbanistico.
E sono, questi ultimi, aspetti che connotano in modo saliente l'opera in contestazione. Infatti, la modifica disposta dall'imputato incideva in misura assai ridotta sulla situazione preesistente, limitandosi ad attenuare il flusso di acqua piovana e fango che si infrangeva sulla recinzione della casa della signora Andreoni e ne invadeva il giardino. Si correggeva, in tal modo, un difetto del sistema esistente, che certo non era stato progettato per convogliare le acque piovane nella casa della signora Andreoni. L'aggiunta del tubo che scaricava lungo la scalinata di accesso alla spiaggia concretava peraltro un incremento davvero minimo del flusso che percorreva la scala, perché tale tubo aveva una sezione di appena 16 cm e già in precedenza parte delle acque, necessariamente, prima di raggiungere la proprietà Andreoni, veniva deviata per la scalinata, che nella curva costituiva l'unico sfogo naturale a valle. Come ricorda correttamente la difesa, persino la Polizia municipale di Sinnai escluse che l'opera avesse determinato un aggravio del carico urbanistico. Dunque anche per la sua rilevanza modesta e semplicemente integrativa l'opera in contestazione non pare inquadrabile fra gli interventi di nuova costruzione che presuppongono il rilascio della concessione edilizia.
Né può obiettarsi che l'art. 3, comma 1 lett. a), b) e c), D.P.R. 380/2001, se considerato alla lettera, parrebbe circoscrivere il rilievo autonomo degli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e di restauro e risanamento conservativo ai soli “edifici”, perché altrimenti si giungerebbe all'assurdo di ritenere necessaria la concessione edilizia anche per la semplice riparazione della buca stradale di cui sopra o per la riverniciatura in un parcheggio della segnaletica orizzontale ormai sbiadita. Ad avviso della Corte, il riferimento agli edifici, nelle disposizioni citate, tiene conto della preponderante incidenza statistica degli interventi minori nei fabbricati rispetto a quelli eseguiti sulle opere di urbanizzazione primaria e sulle infrastrutture per uso pubblico, ma proprio gli esempi appena fatti dimostrano come non sia coerente con le esigenze di rapidità e snellezza e con l'assenza di impatto sul carico urbanistico delle opere di manutenzione, ordinaria o straordinaria, ancorché relative a opere di urbanizzazione, esigere anche per esse il previo rilascio della concessione edilizia.
Poiché allora per l'intervento in contestazione non era richiesta la concessione edilizia, l'imputato deve essere assolto dal reato ascrittogli al capo A perché il fatto non sussiste. Non rilevano in questa sede i profili concernenti l’omessa attivazione da parte di Arca del regolare procedimento amministrativo per legittimare l’esecuzione dell’opera sul piano urbanistico sulla base di provvedimenti abilitativi differenti, atteso che comunque si tratta di aspetti non di competenza del giudice penale.

Identica formula assolutoria si impone con riferimento al capo B. Una volta appurato che l'intervento di cui si discute va qualificato come di manutenzione straordinaria, è necessario verificare se dovesse essere preceduto dall'autorizzazione paesaggistica. Infatti, l'art. 149, comma 1 lett. a), D.L.vo 42/2004 stabilisce che l'autorizzazione paesaggistica “non è comunque richiesta... per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici”. L'autorizzazione paesaggistica dunque può essere necessaria anche per una banalissima attività di manutenzione ordinaria che però alteri lo stato dei luoghi o l'aspetto esteriore di un edificio (ad esempio la tinteggiatura di un muro con un colore diverso da quello preesistente). Al riguardo, va ricordato che, secondo la giurisprudenza più aggiornata, “riguardo agli abusi paesaggistici il principio di offensività opera in relazione alla attitudine della condotta posta in essere ad arrecare pregiudizio al bene protetto, in quanto la natura di reato di pericolo della violazione non richiede la causazione di un danno e la incidenza della condotta medesima sull'assetto del territorio non viene meno neppure qualora venga attestata, dall'amministrazione competente, la compatibilità paesaggistica dell'intervento eseguito” (Cass., sez. 3, sent. 4.2.2014 n. 7343, Lai).
Tuttavia, nel caso in esame, gli interventi specifici (alcune caditoie, la modifica di un breve tratto di cunetta, l'inserimento di un tubo, con partenza dai tombini stradali, sotto i gradini della scalinata verso la spiaggia) ebbero sui luoghi un impatto pressoché nullo, trattandosi di lavori di minima entità del tutto inidonei a modificare, anche in parte, il paesaggio interessato da quel tratto di strada e dunque a causare danno al bene protetto. Deve perciò escludersi che quei lavori fossero idonei a determinare un'alterazione dello stato dei luoghi.
Né può essere preso in considerazione l'effetto indiretto invece valutato dal comune di Sinnai in ragione dell'asserito incremento dell'afflusso di acque piovane sulla spiaggia sottostante. Non vanno confusi, al riguardo, i profili concernenti il reato paesaggistico in contestazione e quelli, in ipotesi anche di rilievo penale,  concernenti la disciplina degli scarichi, che non sono stati contestati a Diego Arca ancorché evocati nei provvedimenti del comune di Sinnai. Che la presenza di quel tubo di minima sezione potesse effettivamente essere idonea a far riversare sulla spiaggia acqua sporca, fango e detriti in quantità tale da alterarla sul piano del paesaggio pare alla Corte una ipotesi piuttosto fantasiosa. Ciò per un duplice motivo: da un lato, come si è visto in precedenza, già prima dell'intervento necessariamente acqua e fango avevano una via di scarico verso la spiaggia attraverso la scalinata che si apre proprio al termine della discesa della via Lattea e la modifica si concretò nella sistemazione di un tubo di sezione assai modesta, che dunque non poteva comportare un incremento molto significativo dei materiali che di norma finivano sulla spiaggia; dall'altro lato, proprio la ridotta sezione del tubo fa ritenere assai probabile che questo potesse intasarsi con facilità e che dunque, di fatto, non fosse perfettamente idoneo allo scopo per cui era stato sistemato e alla fine non ci fosse un particolare incremento dello scarico sulla spiaggia.
In ragione di quanto si è detto, deve escludersi che per le opere di manutenzione straordinaria di cui si discute dovesse essere richiesta l'autorizzazione paesaggistica.
Avuto riguardo al contenzioso in atto fra il condominio di Torre delle stelle e il comune di Sinnai, pare opportuno disporre la trasmissione della sentenza al comune medesimo. 

P.Q.M.
Visto l'art. 605 c.p.p., in riforma della sentenza impugnata, assolve DIEGO ARCA dai reati ascrittigli perché il fatto non sussiste.
Dispone la trasmissione della sentenza al comune di Sinnai.
Cagliari, 30 giugno 2014

Il Consigliere est.                        Il Presidente
(G. Lavena)                              (F. Pilato)