La tutela del territorio dall’ abusivismo edilizio attraverso il riconoscimento del diritto all’accesso alle informazioni ambientali con i nuovi orientamenti della giustizia amministrativa.

di Cristian ROVITO

Il diritto di accesso alle informazioni ed alla giustizia ambientale si inserisce in quel quadro di democrazia ambientale realizzato a livello internazionale con l’adozione della Convenzione di Aarhus del 1998. Questo strumento normativo è stato recepito sia a livello comunitario, con la Direttiva 2003/4/CE, sia a livello nazionale con la Legge 108/2001 e con il D. lgs 195/’05 e ss. mm. e ii..

In tale quadro normativo si individuerebbe quella che il prof. Goldsmith dell’ Harvard Law School definisce “democrazia partecipativa”. Tale forma politica consente una maggiore legittimità delle decisioni; la possibilità di ripristinare un clima di fiducia e di dialogo con le istituzioni laddove questo legame risulti essersi incrinato rivitalizzando un senso democratico; lo sviluppo di una coscienza civica, poiché l’esperienza della partecipazione a decisioni collettive rende i cittadini più responsabili proprio come gli studi sociologici continuano a dimostrare attraverso le ricerche della nuova sociologia dell’ambiente.

Di recente la Direzione Generale dell’Ambiente della Commissione europea ha predisposto una “Guida del cittadino per l’accesso alla giustizia in materia ambientale”[1]. Attraverso il sistema delle “domande frequenti”, l’Unione Europea ha inteso fornire ai cittadini una sintesi delle determinazioni adottate dalla Corte di Giustizia cui gli organi giurisdizionali degli Stati membri devono far riferimento nella trattazione dei ricorsi intentati da membri del pubblico contro decisioni, atti od omissioni delle autorità nazionali che riguardano l’ambiente.

La convenzione sviluppa ed attua l’idea che un maggiore coinvolgimento, unito ad una inscindibile e determinata sensibilizzazione dei cittadini verso i problemi di tipo ambientale sia in grado di favorire un miglioramento della protezione dell’ambiente. Si rafforzerebbero in tal modo il riconoscimento e soprattutto il reale esercizio del diritto di ogni individuo e delle generazioni, attuali e future, di vivere in un ambiente sano e sicuro.

Sul piano politologico, il vasto concetto di “democrazia ambientale” che in tale lavoro s’intende approfondire, va esegeticamente sviluppato in sinergia con i tre macro paradigmi che di seguito si elencano per poi rinviare uno studio più strettamente giuridico ad un momento successivo, non trascurando di discettare sugli effetti dei più recenti orientamenti della giustizia amministrativa.

  • Assicurare l’ accesso del pubblico alle informazioni sull’ambiente detenute dalle autorità pubbliche;
  • Favorire la partecipazione dei cittadini nei processi decisionali che influiscono sull’ambiente;
  • Estendere le condizioni per l’accesso alla giustizia in materia ambientale.

In ragione dell’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea, dacché: «Le istituzioni comunitarie rispondono alla definizione di autorità pubblica della convenzione, allo stesso titolo delle autorità nazionali o locali»; non possono essere escluse da taluni obblighi, oltre agli Organi nazionali, si pensi, su tutti, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche e soprattutto le regioni, le provincie e soprattutto i comuni, ovvero quelle istituzioni che meglio esprimono l’applicazione costituzionale del principio di sussidiarietà.

Per ciò che concerne il primo paradigma per l’accesso del pubblico alle informazioni in materia ambientale, lo strumento convenzionale prevede dei precisi e specifici diritti ed obblighi, i quali concernono sostanzialmente ai tempi di trasmissione ed alle motivazioni [2] che le autorità pubbliche possono addurre qualora neghino l’accesso ad un’informazione ambientale. Aspetto che peraltro si affronterà prendendo a riferimento una interessante e recente sentenza del giudice amministrativo. Come cardine di azione amministrativa si palesa indispensabile che una decisione di rifiuto di accesso debba supportarsi con ragioni di diniego e soprattutto con l’indicazione al richiedente delle forme di ricorso a cui ha il diritto di accedere. Contestualmente, le autorità pubbliche devono mantenere aggiornate le informazioni in loro possesso, organizzando a tal fine liste, registri e documenti accessibili al pubblico. Inoltre, in ragione degli impegni formali di “digitalizzazione”, devono garantire un uso progressivamente maggiore di database elettronici contenenti la documentazione sullo stato dell’ambiente, la legislazione, i piani e le politiche a livello nazionale e le convenzioni internazionali.

Per ciò che concerne il secondo paradigma relativo alla partecipazione del pubblico ai processi decisionali in materia ambientale, la convenzione ne tratta nella sua seconda parte, laddove il diritto viene garantito attraverso la procedura di autorizzazione per specifiche attività, ovvero quelle di natura principalmente industriale e che sono elencate nell’Allegato I. Se da un lato la decisione finale di autorizzare l’attività non può prescindere dal tenere adeguatamente conto dei risultati della partecipazione del pubblico, dall’altro si posiziona il diritto del pubblico ad essere informato negli stadi inziali del processo decisionale, senza tuttavia tralasciar i seguenti elementi:

  • l’oggetto in merito al quale la decisione deve essere presa;
  • la natura della decisione da adottare;
  • l’autorità competente;

· la procedura prevista, ivi compresi i dettagli pratici della procedura di consultazione;

· la procedura per una valutazione di impatto ambientale (se necessaria).

Per quanto concerne infine il terzo paradigma sull’accesso alla giustizia in materia ambientale , ciò che rileva è che tutti coloro che si ritenessero lesi nel loro diritto di accesso all’informazione ambientale o ritengano di essere stati pregiudicati, si pensi, a titolo esemplificativo al caso di una richiesta di informazioni ignorata, ingiustamente rifiutata oppure inadeguatamente soddisfatta, devono poter avere accesso, in circostanze appropriate, ad una procedura di riesame all’interno della legislazione nazionale.

In Italia, ciò avviene sia attraverso il D. lgs 195/’05, sia attraverso la Legge 241/90 che rinviano per gli aspetti procedurali alle norme del Codice sul processo amministrativo [3]. L’accesso alla giustizia è anche garantito nel caso in cui la procedura di partecipazione stipulata dalla convenzione venisse violata ed è altresì consentito per la composizione delle controversie relative ad atti di omissione da parte di privati o autorità pubbliche che avessero violato le disposizioni nazionali in materia ambientale. Nella guida sull’accesso alla giustizia cui si è supra fatto riferimento la Commissione europea ha chiarito come individui e associazioni possono contestare presso le corti nazionali decisioni, atti e omissioni da parte di autorità pubbliche relative a leggi ambientali dell’UE.

In una recente pronuncia del giudice amministrativo, specificatamente del TAR della Campania, integralmente riportata in calce, è stato riconosciuto ad un’Associazione di consumatori il diritto di accedere a tutta una serie di informazioni ambientali. Tutte attinenti al fenomeno dell’abusivismo edilizio.

La controversia sottoposto all’attenzione del giudice è nata a seguito di un’istanza di accesso alle informazioni ambientali avanzata alla Regione Campania. Per la ricorrente Associazione le vantate informazioni ambientali attenevano segnatamente a:

«1) atti aventi ad oggetto i dati e le spese contabili per il funzionamento del progetto Mistrals;

2) gli atti aventi ad oggetto l'elenco delle ordinanze di demolizione trasmesse dai Segretari Comunali e dai Responsabili dei Servizi comunali competenti in materia di vigilanza e repressione degli abusi edilizi;

3) gli atti aventi ad oggetto le diffide, ex Decreto del Presidente della Giunta Regionale della Campania - n. 634 del 22 settembre 2003, adottate, a far data dall'entrata in vigore del menzionato regolamento n. 634/2003, dall’Assessorato Regionale alla “Gestione del Territorio”, nei confronti delle competenti amministrazioni comunali per la conclusione dell’attività repressiva entro i termini di legge, ed in caso di inerzia attiva l’esercizio dei poteri di intervento sostitutivo;

4) Gli atti aventi ad oggetto l'esercizio del potere regionale sostitutivo in caso di inerzia degli enti comunali, quali ad es. la nomina, ai sensi del Decreto del Presidente della Giunta Regionale della Campania - n. 634 del 22 settembre 2003;

5) ogni atto avente ad oggetto l’esecuzione degli interventi di demolizione delle opere abusive, di ripristino dello stato dei luoghi, e di tutela della pubblica incolumità nonché gli atti relativi alla istanza al Genio Militare per la messa a disposizione di mezzi;

6) gli atti aventi ad oggetto richieste di intervento sostitutivo dell’Amministrazione Provinciale o della Comunità Montana, in caso di protratta inerzia delle amministrazioni comunali;

7) Il nominativo del responsabile dell’esecuzione di tale programma e dei procedimenti amministrativi connessi”. non solo i provvedimenti adottati dagli organi preposti per la demolizione degli immobili abusivi (ordinanze di demolizione), ma anche i provvedimenti adottati in via sostitutiva».

Dinanzi al silenzio-diniego, (primo paradigma della Convenzione Aarhus), tra l’altro non contemplato dal D. lgs 195/’05 che all’art. 2, comma 2 [4] in quanto «l’autorità pubblica mette a disposizione del richiedente l'informazione ambientale quanto prima possibile e, comunque, entro 30 giorni dalla data del ricevimento della richiesta», nell’esercizio di quel diritto all’accesso alla giustizia (secondo paradigma!) l’Associazione ha adito il TAR territorialmente competente ritenendo ingiustamente rifiutate le proprie aspettative: «L’amministrazione intimata è rimasta inerte, così la ricorrente ha intrapreso il presente giudizio, affidato alla censura di violazione delle disposizioni dettate in materia di accesso alle informazioni ambientali».

All’interno della sentenza vi sono molti spunti di riflessione che occorre cogliere per delineare al meglio il vasto campo applicativo della lex specialis ora presa in esame.

Il diritto di accesso alle informazioni ambientali è finalizzato a garantire la più ampia diffusione delle informazioni ambientali detenute dalle autorità pubbliche; peraltro, il Consiglio di Stato (sez. IV, 20.5.2014, n. 2557) ha sancito che tale disciplina « prevede un regime di pubblicità tendenzialmente integrale dell'informativa ambientale, sia per ciò che concerne la legittimazione attiva, ampliando notevolmente il novero dei soggetti legittimati all'accesso in materia ambientale, sia per quello che riguarda il profilo oggettivo, prevedendosi un'area di accessibilità alle informazioni ambientali svincolata dai più restrittivi presupposti di cui agli artt. 22 e segg., l. 7 agosto 1990 n. 241» .

Sul piano soggettivo l’art. 3 del D. lgs 195/05, contrariamente a quanto prescritto dalla legge 241/90, non prescrive alcuna specificazione di interesse nell’esercizio del diritto di accesso. Tale aspetto, peraltro già ampiamente riconosciuto da copiosa giurisprudenza, è stato ulteriormente confermato nella pronuncia in trattazione, allorquando «nell’ottica di consentire il più ampio accesso alle informazioni in questione, il richiedente non è tenuto a specificare il proprio interesse (art. 3, comma 1, del cit. decreto legislativo) e, sul versante oggettivo, sono escluse solo richieste manifestamente irragionevoli e formulate in termini eccessivamente generici (art. 5, comma 1, il quale a mente del successivo comma 3, prescrive un interpretazione restrittiva dei predetti casi di esclusione dal diritto di accesso). Peraltro, a tale ultimo proposito in un’ottica di massima cooperazione, l’autorità che detiene l’informazione ambientale di fronte a una domanda formulata in maniera eccessivamente generica “può chiedere al richiedente, al più presto e, comunque, entro 30 giorni dalla data del ricevimento della richiesta stessa, di specificare i dati da mettere a disposizione, prestandogli a tale scopo la propria collaborazione” (art. 3, comma 3 del decreto)».

Inoltre, nel caso de qua, il giudice ha riconosciuto al ricorrente anche la legittimità ad agire, trattandosi di Associazione senza finalità di lucro che per statuto difende i consumatori e che tra i suoi compiti vi è anche quello della tutela del patrimonio ambientale. Se la norma prescrive altresì che l’istanza e l’eventuale successiva azione giudiziaria debbano essere mosse da finalità ben precise, strettamente connesse all’integrità della matrice ambientale, con esclusione quindi di forme di controllo di tipo economico – patrimoniale, od anche politico – ispettivo, è altrettanto pacifico in tal caso lo strumento a disposizione non potrebbe essere più quello della Convenzione di Aarhus e quindi del D. lgs 195/’05 sconfinando in tal guisa che nelle norme sul procedimento amministrativo.

Sovente si verifica che in sede di giudizio le Autorità pubbliche adducano a propria difesa l’esistenza in capo ai ricorrenti l’esistenza di una volontà di esercitare un controllo ispettivo, se non addirittura politico, del tutto legittimo, oltreché doveroso, ma non realizzabile con l’istituto del diritto di accesso alle informazioni ed alla giustizia ambientale, sugli organi pubblici detentori delle informazioni. Ciò perché, così come evidenziano i consiglieri amministrativi campani, « la finalità dell’accesso alle informazioni ambientali (come pure dell’accesso civico generalizzato disciplinato dal d.lgs. n. 33/2013 [5]) è, infatti, proprio quella di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali nella materia in questione in un’ottica di massima trasparenza di quanto realizzato dall’autorità pubblica a difesa dell’ambiente».

Le attività poste in essere per contrastare il fenomeno dell’abusivismo edilizio rientrano appieno secondo il TAR nel concetto molto ampio di informazione ambientale accessibile, non potendosi dubitare sia sull’evidente e diretta incidenza sul “territorio” e sul “suolo” (si pensi solo al dissesto idrogeologico), sia in generale, sull’idoneità a compromettere l’ambiente. Sussumono i giudici campani la fattispecie sottoposta alla loro attenzione nella previsione di cui alla lett. a), n. 3 dell’art. 2, comma 1 del D. lgs 195/05. L’informazione ambientale, disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica od in qualunque altra forma materiale, è anche comprensiva di:

3) le misure, anche amministrative, quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e ogni altro atto, anche di natura amministrativa, nonché' le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori dell'ambiente di cui ai numeri 1) e 2), e le misure o le attività finalizzate a proteggere i suddetti elementi;

Peraltro, sentenziando l’esclusione della genericità dell’istanza, al ricorrente viene di contro riconosciuta la rispondenza dello scopo ai canoni legislativi di cui si è detto in precedenza, essendo che tale si cristallizza nella necessità di conoscere, quindi di informarsi , « dell’attività posta in essere dalla Regione in qualità di autorità cui competono poteri di intervento sostitutivo in materia edilizia» .

Nella pronuncia del TAR viene alla luce un ulteriore elemento. L’art. 5, comma 1 del citato D. Lgs 195/’05 prescrive che qualora l’informazione richiesta non sia detenuta dall’autorità pubblica alla quale è rivolta l’istanza di accesso, questa ha l’obbligo, se conosce l’autorità che detiene l’informazione, di trasmetterla rapidamente a quest'ultima informandone il richiedente ovvero comunicando quale sia l'autorità pubblica dalla quale è possibile ottenere l'informazione richiesta. Un tassello normativo a disposizione degli istanti di non poco conto allorché si tengano presente consuetudini di disorganizzazione amministrativa degli enti pubblici, di non adeguata preparazione tecnico – giuridica di molti dirigenti e funzionari e soprattutto di tendenza al fenomeno della polverizzazione della pubblica amministrazione.

Ogni Amministrazione ha l’obbligo di cooperare con il richiedente l’accesso al fine di soddisfare la finalità volute dalla legge, indubbiamente di interesse e di portata generale, di massima trasparenza delle informazioni ambientali.

Dinanzi ad un eventuale istanza formulata in maniera “eccessivamente generica”, spesso ritenuta dagli Enti pubblici “idonea a costituire un aggravio per l’attività dell’amministrazione”, l’Ufficio ricevente può comunque avvalersi della “deroga” di cui al comma 3 dell’art. 3, potendo specificatamente chiedere all’istante, al più presto e, comunque, entro 30 giorni dalla data del ricevimento della richiesta stessa, di specificare i dati da mettere a disposizione, prestandogli a tale scopo la propria collaborazione. Nel caso in esame, il TAR si è espresso in tale direzione, il che non è di poco conto per chi è preposto all’istruttoria delle istanze di accesso alle informazione ambientali di un ente pubblico. In altre parole, sentenzia il Giudice campano, «la Regione a fronte della domanda di accesso come sopra formulata avrebbe dovuto interloquire con la richiedente al fine di meglio perimetrarla anche temporalmente. In questi termini il diniego tacito deve ritenersi illegittimo e va annullato».

Infondato è stato infine ritenuto il motivo di una violazione delle norme sulla riservatezza dei dati personali in quanto i dati recati nelle ordinanze di demolizione, a parte il rilievo della possibilità per la Regione di oscurarli, ai sensi del comma 7, dell’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001 “Il segretario comunale redige e pubblica mensilmente, mediante affissione nell'albo comunale, i dati relativi agli immobili e alle opere realizzati abusivamente, oggetto dei rapporti degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria e delle relative ordinanze di sospensione e trasmette i dati anzidetti all'autorità giudiziaria competente, al presidente della giunta regionale e, tramite l'ufficio territoriale del governo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti”.

L’accesso alle informazioni ambientali, il primo paradigma della democrazia ambientale, unitamente agli altri due è senza dubbio un istituto giuridico di assoluta importanza a disposizione non solo di un Comitato civico, di un’Associazione che si occupi statutariamente di “tutela e protezione dell’ambiente”, ma, è bene evidenziarlo, anche e soprattutto del singolo cittadino. Costui può (rectius: deve) esercitarlo seguendo una procedura piuttosto semplice, alla quale l’autorità pubblica deve rispondere attraverso un’organizzazione pubblica adeguata, coerente e soprattutto competente.

Nell’era della globalizzazione tecnologica è un dovere assoluto, a cui occorre adempiere con volontà, coscienza istituzionale ed impegno per un ambiente per tutti.

Cristian ROVITO

N. 02882/2018 REG.PROV.COLL.

N. 04393/2017 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4393 del 2017, proposto da:
Codacons Campania Onlus, in persona del rappresentante legale p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Pierluigi Morena e Raffaella D’Angelo con i quali domicilia ai sensi dell’art. 25 c.p.a. in Napoli presso la segreteria del T.A.R.;

contro

Regione Campania, in persona del Presidente della Giunta Regionale p.t., rappresentata e difesa, dall’avvocato Maria Vittoria de Gennaro, con il quale elettivamente domicilia in Napoli alla via S. Lucia n. 81;

per l'annullamento

del silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di accesso alle informazioni ambientali inoltrata in data 2 settembre 2017 alla Regione Campania;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Campania;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2018 la dott.ssa Paola Palmarini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con istanza inoltrata in data 2 settembre 2017 l’Associazione Codacons Campania Onlus ha chiesto alla Regione Campania di accedere ai sensi della legge n. 241/1990, nonché, ai sensi del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195 (di attuazione della direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale) alla seguente documentazione:

“1) atti aventi ad oggetto i dati e le spese contabili per il funzionamento del progetto Mistrals;

2) gli atti aventi ad oggetto l'elenco delle ordinanze di demolizione trasmesse dai Segretari Comunali e dai Responsabili dei Servizi comunali competenti in materia di vigilanza e repressione degli abusi edilizi;

3) gli atti aventi ad oggetto le diffide, ex Decreto del Presidente della Giunta Regionale della Campania - n. 634 del 22 settembre 2003, adottate, a far data dall'entrata in vigore del menzionato regolamento n. 634/2003, dall’Assessorato Regionale alla “Gestione del Territorio”, nei confronti delle competenti amministrazioni comunali per la conclusione dell’attività repressiva entro i termini di legge, ed in caso di inerzia attiva l’esercizio dei poteri di intervento sostitutivo.

4) Gli atti aventi ad oggetto l'esercizio del potere regionale sostitutivo in caso di inerzia degli enti comunali, quali ad es. la nomina, ai sensi del Decreto del Presidente della Giunta Regionale della Campania - n. 634 del 22 settembre 2003;

5) ogni atto avente ad oggetto l’esecuzione degli interventi di demolizione delle opere abusive, di ripristino dello stato dei luoghi, e di tutela della pubblica incolumità nonché gli atti relativi alla istanza al Genio Militare per la messa a disposizione di mezzi;

6) gli atti aventi ad oggetto richieste di intervento sostitutivo dell’Amministrazione Provinciale o della Comunità Montana, in caso di protratta inerzia delle amministrazioni comunali.

7) Il nominativo del responsabile dell’esecuzione di tale programma e dei procedimenti amministrativi connessi”.

L’amministrazione intimata è rimasta inerte, così la ricorrente ha intrapreso il presente giudizio, affidato alla censura di violazione delle disposizioni dettate in materia di accesso alle informazioni ambientali.

Si è costituita per resistere al ricorso la Regione Campania.

Con memoria depositata in data 12 aprile 2018 la ricorrente ha insistito per l’accoglimento del gravame.

Alla camera di consiglio del 18 aprile 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

Il ricorso è fondato nei sensi di cui si dirà.

Giova ricostruire brevemente il quadro normativo di riferimento.

Il diritto di accesso alle informazioni ambientali è regolato dal d.lg. n. 195 del 2005 (adottato in recepimento della direttiva 2003/4/CE) ed è finalizzato a garantire la più ampia diffusione delle informazioni ambientali detenute dalle autorità pubbliche. Come evidenziato dal Consiglio di Stato (sez. IV, 20.5.2014, n. 2557) la disciplina dell'accesso ai documenti amministrativi in materia ambientale specificamente contenuta nel d.lg. 19 agosto 2005, n. 195, “prevede un regime di pubblicità tendenzialmente integrale dell'informativa ambientale, sia per ciò che concerne la legittimazione attiva, ampliando notevolmente il novero dei soggetti legittimati all'accesso in materia ambientale, sia per quello che riguarda il profilo oggettivo, prevedendosi un'area di accessibilità alle informazioni ambientali svincolata dai più restrittivi presupposti di cui agli artt. 22 e segg., l. 7 agosto 1990 n. 241”.

In particolare, nell’ottica di consentire il più ampio accesso alle informazioni in questione, sotto il profilo soggettivo, il richiedente non è tenuto a specificare il proprio interesse (art. 3, comma 1, del cit. decreto legislativo) e, sul versante oggettivo, sono escluse solo richieste manifestamente irragionevoli e formulate in termini eccessivamente generici (art. 5, comma 1, il quale a mente del successivo comma 3, prescrive un interpretazione restrittiva dei predetti casi di esclusione dal diritto di accesso). Peraltro, a tale ultimo proposito in un’ottica di massima cooperazione, l’autorità che detiene l’informazione ambientale di fronte a una domanda formulata in maniera eccessivamente generica “può chiedere al richiedente, al più presto e, comunque, entro 30 giorni dalla data del ricevimento della richiesta stessa, di specificare i dati da mettere a disposizione, prestandogli a tale scopo la propria collaborazione” (art. 3, comma 3 del decreto).

Vale, inoltre, osservare che il novero delle notizie accessibili in materia di "informazioni ambientali" implica anche un'attività elaborativa da parte dell'Amministrazione debitrice delle comunicazioni richieste e assicura al richiedente una tutela più ampia di quella garantita dall'art. 22 l. n. 241 del 1990, oggettivamente circoscritta ai soli documenti amministrativi già formati e nella disponibilità dell'Amministrazione (cfr. T.A.R. Lazio, Roma n. 3206/2017).

Alla luce del quadro normativo sopra delineato deve ritenersi sussistente in capo alla ricorrente la legittimazione all’azione de qua (del resto non contestata dall’amministrazione resistente). Si tratta, infatti, di un’Associazione, senza finalità di lucro che per statuto difende i consumatori e che ha tra i suoi compiti la tutela del patrimonio ambientale.

Non vi sono elementi per dubitare che alla base della domanda di accesso vi sia un genuino interesse ambientale (cfr. al riguardo la giurisprudenza che ha evidenziato come non si possa utilizzare lo speciale strumento di accesso offerto dal d.lg. n. 195/2005 per finalità diverse, ad es. di tipo economico – patrimoniale – rispetto a quelle all’integrità della matrice ambientale – tra le tante T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 8.3.2011, n. 2083).

L’obiezione della difesa regionale circa il fatto che vi sarebbe all’origine della richiesta una volontà di esercitare un controllo ispettivo (o addirittura politico) sull’autorità pubblica non coglie nel segno. La finalità dell’accesso alle informazioni ambientali (come pure dell’accesso civico generalizzato disciplinato dal d.lg. n. 33/2013) è, infatti, proprio quella di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali nella materia in questione in un’ottica di massima trasparenza di quanto realizzato dall’autorità pubblica a difesa dell’ambiente.

Circa la nozione di ambiente o meglio di informazione ambientale accessibile il d.lg. n. 195/2005 specifica che per questa deve intendersi “qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica od in qualunque altra forma materiale concernente: 1) lo stato degli elementi dell'ambiente, quali l'aria, l'atmosfera, l'acqua, il suolo, il territorio, i siti naturali, compresi gli igrotopi, le zone costiere e marine, la diversità biologica ed i suoi elementi costitutivi, compresi gli organismi geneticamente modificati, e, inoltre, le interazioni tra questi elementi;…;3) le misure, anche amministrative, quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e ogni altro atto, anche di natura amministrativa, nonché le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori dell'ambiente di cui ai numeri 1) e 2), e le misure o le attività finalizzate a proteggere i suddetti elementi”.

Dalla definizione che precede risulta un concetto molto ampio di informazione ambientale accessibile che sicuramente ricomprende (contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa regionale la quale eccepisce la mancanza nell’istanza di accesso di un riferimento alle matrici ambientali) le attività poste in essere dalla Regione per contrastare il fenomeno dell’abusivismo edilizio. Non può dubitarsi del fatto che quest’ultimo abbia un’incidenza diretta sul “territorio” e sul “suolo” (si pensi solo al dissesto idrogeologico) e, in generale, sia idoneo a compromettere l’ambiente.

La richiesta di accesso ha ad oggetto nella fattispecie la seguente documentazione:

“1) atti aventi ad oggetto i dati e le spese contabili per il funzionamento del progetto Mistrals;

2) gli atti aventi ad oggetto l'elenco delle ordinanze di demolizione trasmesse dai Segretari Comunali e dai Responsabili dei Servizi comunali competenti in materia di vigilanza e repressione degli abusi edilizi;

3) gli atti aventi ad oggetto le diffide, ex Decreto del Presidente della Giunta Regionale della Campania - n. 634 del 22 settembre 2003, adottate, a far data dall'entrata in vigore del menzionato regolamento n. 634/2003, dall’Assessorato Regionale alla “Gestione del Territorio”, nei confronti delle competenti amministrazioni comunali per la conclusione dell’attività repressiva entro i termini di legge, ed in caso di inerzia attiva l’esercizio dei poteri di intervento sostitutivo.

4) Gli atti aventi ad oggetto l'esercizio del potere regionale sostitutivo in caso di inerzia degli enti comunali, quali ad es. la nomina, ai sensi del Decreto del Presidente della Giunta Regionale della Campania - n. 634 del 22 settembre 2003;

5) ogni atto avente ad oggetto l’esecuzione degli interventi di demolizione delle opere abusive, di ripristino dello stato dei luoghi, e di tutela della pubblica incolumità nonché gli atti relativi alla istanza al Genio Militare per la messa a disposizione di mezzi;

6) gli atti aventi ad oggetto richieste di intervento sostitutivo dell’Amministrazione Provinciale o della Comunità Montana, in caso di protratta inerzia delle amministrazioni comunali.

7) Il nominativo del responsabile dell’esecuzione di tale programma e dei procedimenti amministrativi connessi”.

E’ evidente lo scopo della ricorrente di conoscere l’attività posta in essere dalla Regione in qualità di autorità cui competono poteri di intervento sostitutivo in materia edilizia.

In questo senso la domanda non può ritenersi generica in quanto puntualmente rivolta ad accedere alle attività e ai programmi realizzati dalla Regione per contrastare il fenomeno dell’abusivismo edilizio.

Il fatto (dedotto dalla difesa regionale) che il regolamento regionale n. 643/2003 (cui fa riferimento la domanda di accesso) il quale ha analiticamente disciplinato le modalità e le procedure di intervento sostitutivo della Regione nei confronti delle amministrazioni comunali sia stato abrogato dalla legge regionale n. 6/2006 non può avere rilievo in quanto il potere di intervento sostitutivo della Regione nel settore è disciplinato direttamente dalla legge nazionale (in particolare, dall’art. 31, comma 8 del D.P.R. n. 380/2001) e non può dirsi venuto meno per effetto dell’abrogazione del citato regolamento regionale.

Quanto alla questione (posta sempre dalla difesa regionale) del coinvolgimento di altre autorità nella materia de qua e, dunque, dell’esistenza di altri organi sovracomunali deputati ad intervenire in via sostitutiva (quali la Soprintendenza e l’Ente Parco) e, quindi, tenuti a soddisfare la pretesa di accesso qui azionata deve osservarsi quanto segue.

In primo luogo, la Regione è chiamata a dare riscontro alla domanda di accesso nei limiti degli atti e delle informazioni da essa detenuti.

In secondo luogo, ai sensi dell’art. 5, comma 1 del citato d.lg. n. 195/2005, nel caso in cui l'informazione richiesta non è detenuta dall'autorità pubblica alla quale è rivolta la richiesta di accesso questa ha l’obbligo, qualora conosca l’autorità che detiene l'informazione, di trasmetterla rapidamente a quest'ultima informandone il richiedente ovvero comunicando quale sia l'autorità pubblica dalla quale è possibile ottenere l'informazione richiesta.

Dal sistema delineato dal decreto in parola emerge il dovere dell’amministrazione di cooperare con il richiedente l’accesso al fine di soddisfare la finalità volute dalla legge, indubbiamente di interesse e di portata generale, di massima trasparenza delle informazioni ambientali.

In questi termini deve essere affrontata e risolta la controversia.

La Regione ha eccepito di non poter dare riscontro alla richiesta in quanto “generica temporalmente e massiva”, nonché sproporzionata e idonea a costituire un aggravio per l’attività dell’amministrazione.

Vero è che la richiedente non ha indicato un arco temporale definito e che ha fatto riferimento a degli adempimenti previsti da un regolamento regionale ormai abrogato; ciò nondimeno, a giudizio del Collegio la Regione avrebbe dovuto tenere conto delle disposizioni di cui all’art. 3, comma 3 del decreto legislativo le quali prevedono che l’autorità che detiene l’informazione ambientale di fronte a una domanda formulata in maniera eccessivamente generica “può chiedere al richiedente, al più presto e, comunque, entro 30 giorni dalla data del ricevimento della richiesta stessa, di specificare i dati da mettere a disposizione, prestandogli a tale scopo la propria collaborazione”.

In altre parole, la Regione a fronte della domanda di accesso come sopra formulata avrebbe dovuto interloquire con la richiedente al fine di meglio perimetrarla anche temporalmente. In questi termini il diniego tacito deve ritenersi illegittimo e va annullato.

La Regione nelle proprie difese non ha nemmeno dimostrato che il riscontro alla domanda di accesso di cui è causa, comporterebbe un intollerabile intralcio alla sua normale attività amministrativa (non ha infatti indicato in questa sede quanti interventi sostitutivi vengono effettuati ogni anno dall’amministrazione regionale e quanti dati vengono trasmessi nello stesso arco temporale dalle amministrazioni locali).

In ultimo, con riferimento alla riservatezza dei dati personali eventualmente contenuti negli atti richiesti, quali ad esempio quelli recati nelle ordinanze di demolizione, a parte il rilievo della possibilità per la Regione di oscurarli, vale rammentare che ai sensi del comma 7, dell’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001 “Il segretario comunale redige e pubblica mensilmente, mediante affissione nell'albo comunale, i dati relativi agli immobili e alle opere realizzati abusivamente, oggetto dei rapporti degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria e delle relative ordinanze di sospensione e trasmette i dati anzidetti all'autorità giudiziaria competente, al presidente della giunta regionale e, tramite l'ufficio territoriale del governo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti”.

In definitiva, alla luce di quanto fin qui argomentato, il diniego tacito dell’istanza di accesso è illegittimo nei sensi e nei limiti sopra specificati e come tale va annullato.

La particolarità della controversia giustifica la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla il provvedimento tacito di rigetto dell’istanza di accesso.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2018 con l'intervento dei magistrati:

Paolo Passoni, Presidente

Carlo Buonauro, Consigliere

Paola Palmarini, Consigliere, Estensore.



[2] L’accesso può venire rifiutato in 3 casi:

• se l’autorità pubblica non è in possesso dell’informazione richiesta;

• la richiesta è manifestamente irragionevole o formulata in modo troppo generico;

• la richiesta riguarda una materia in corso di completamento;

Le richieste possono anche venire rifiutate sulla base del carattere confidenziale di attività di autorità pubbliche, difesa nazionale e sicurezza pubblica, per garantire il corso della giustizia o per rispettare il carattere confidenziale di:

• informazioni commerciali e industriali;

• diritti di proprietà intellettuale;

• dati personali; e

• gli interessi dell’eventuale terza parte che ha rivelato le informazioni.

[4] « Fatto salvo quanto stabilito all'articolo 5 e tenuto conto del termine eventualmente specificato dal richiedente, l’autorità pubblica mette a disposizione del richiedente l'informazione ambientale quanto prima possibile e, comunque, entro 30 giorni dalla data del ricevimento della richiesta ovvero entro 60 giorni dalla stessa data nel caso in cui l’entità e la complessità della richiesta sono tali da non consentire di soddisfarla entro il predetto termine di 30 giorni. In tale ultimo caso l’autorità pubblica informa tempestivamente e, comunque, entro il predetto termine di 30 giorni il richiedente della proroga e dei motivi che la giustificano» .

[5] Accesso civico e accesso civico generalizzato. Istituto che specie con le innovazioni introdotte dal legislatore con il D. lgs 97/2016 recante Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell'articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche” , ha subito degli stravolgimenti a dir poco epocali mettendo a disposizione del cittadino strumenti importanti per l’esercizio di diritti costituzionalmente garantiti atti a conoscere e ad informarsi su come ad esempio vengono spese certe risorse economiche da parte di un Ente locale.