Cass. Sez. III n. 27260 del 10 luglio 2012 (Ud 11 gen. 2012)
Pres. Mannino Est. Rosi Ric. Pastore ed altro
Urbanistica.  Omessa denuncia delle opere in conglomerato cementizio armato

La contravvenzione di omessa denuncia delle opere in conglomerato cementizio armato (artt. 65 e 72, 95 d.P.R. 380 del 2001) costituisce un reato omissivo proprio del costruttore. Tuttavia, la natura di reato proprio non esclude la possibilità che un soggetto diverso da quello individuato dall'art. 65 del D.P.R. n. 380 del 2001 possa concorrere alla realizzazione del fatto, sia pure in qualità di extraneus  apportando un contributo consapevole, sia pure solo morale.

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. MANNINO Saverio F. - Presidente - del 11/01/2012
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - SENTENZA
Dott. MARINI Luigi - Consigliere - N. 34
Dott. ROSI Elisabetta - rel. Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ANDRONIO Alessandro - Consigliere - N. 50807/2010
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) PASTORE VINCENZO N. IL 13/03/1947;
2) SARNESE IMMACOLATA N. IL 25/01/1956;
avverso la sentenza n. 567/2009 TRIBUNALE di AVELLINO del 22/09/2010;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/01/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ELISABETTA ROSI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dr. Delehaye Enrico, che ha concluso per l'inammissibilità;
udito il difensore avv. Villano Alberico che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 22 ottobre 2010, il Tribunale di Avellino, dichiarata l'improcedibilità per il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), per intervenuta sanatoria dell'abuso edilizio, condannava Sarnese Immacolata e Pastore Vincenzo, alla pena dell'ammenda, rispettivamente di Euro 4000,00 ed Euro 4500,00, oltre al pagamento delle spese processuali, riconosciuti gli stessi responsabili per il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 65, 72, 93 e 95, per aver realizzato un capannone industriale seminterrato in zona agricola abusivamente, senza la preventiva denuncia ed il preventivo deposito degli atti progettuali presso il competente ufficio del genio civile, nonché, il solo Pastore, per il reato previsto dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 269 e art. 279, comma 1, perché, in qualità di titolare dell'opificio adibito alla lavorazione delle pelli, aveva esercitato in assenza di autorizzazione un impianto provocando emissioni in atmosfera, fatto accertato in Montoro Superiore, il 17 settembre del 2007. 2. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso gli imputati, tramite il proprio difensore, chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi:
1) Violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 75 e 81, D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 279, art. 192 c.p.p. in relazione all'art. 606 c.p.p.. Erronea applicazione della legge penale e conseguente illogicità della motivazione. Con un unico motivo, i ricorrenti hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui ha attribuito la responsabilità per la realizzazione del manufatto abusivo anche alla Sarnese, la quale, essendo detentrice del manufatto si sarebbe occupata esclusivamente della attività produttiva, rimanendo estranea alla realizzazione dello stesso manufatto nonché alla presentazione della sanatoria. Inoltre, il Pastore non dovrebbe essere ritenuto responsabile per la violazione degli adempimenti collegati alla disciplina degli scarichi in atmosfera, poiché sarebbe stata esclusivamente la Sarnese ad occuparsi dell'attività produttiva, con le eventuali conseguenze in termini di responsabilità penale di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, artt. 269 e 279.
2) Violazione dell'art. 157 c.p. in relazione all'art. 606 c.p.p. perché l'opera sarebbe stata ultimata nel luglio 2004 per cui il momento consumativo del reato non potrebbe essere fatto coincidere con la data di ultimazione dell'impianto elettrico risalente al 2007, o comunque con quello del sequestro del manufatto disposto nel 2008, con la conseguenza che il reato contestato dovrebbe ritenersi estinto per intervenuta prescrizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Deve essere rigettata la prima censura sostenuta con riferimento alla responsabilità della Sarnese per i reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 65, 72 e 95, perché infondata. La
contravvenzione di omessa denuncia delle opere in conglomerato cementizio armato (D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 65, 72 e 95) costituisce un reato omissivo proprio del costruttore. Tuttavia, la natura di reato proprio non esclude la possibilità che un soggetto diverso da quello individuato dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 65 possa concorrere alla realizzazione del fatto, sia pure in qualità di extraneus (in tal senso, Sez. 3, Sentenza n. 21775 del 23/03/2011, Ronga ed altri, Rv. 250377), apportando un contributo consapevole, sia pure solo morale. Alla luce di tali considerazioni, questa Corte ritiene che il giudice di merito abbia correttamente affermato la responsabilità della Sarnese. Infatti, la sentenza impugnata, con motivazione congrua che si sottrae a censure di legittimità, attribuisce rilevanza non tanto al rapporto di coniugio, quanto all'interesse produttivo che la Sarnese, in qualità di titolare esclusiva della "Rm" di Sarnese Immacolata (impresa di lavorazione delle pelli che operava nell'opificio abusivo), ha perseguito con la realizzazione del manufatto abusivo, ritenendo tale circostanza elemento positivo valido a fondare la partecipazione morale dell'imputata alla commissione dei reati contestati, pur risultando mera detentrice del manufatto.
2. Quanto alla eccepita estinzione del reato per intervenuta prescrizione, questa Corte ha chiarito (cfr. nella parte motiva, sez. 3, Sentenza n. 35912 del 25/06/2008, Cancro, Rv. 241093) che in tema di contravvenzioni antisismiche, "a seguito dell'entrata in vigore del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (che ha abrogati, sostituendole, le precedenti fattispecie contemplate dalla L. 2 febbraio 1974, n. 64, artt. 17, 18 e 20), i reati previsti dagli artt. 93 e 94 del citato decreto, sanzionati dall'art. 95, hanno natura di reati permanenti, in quanto il primo (art. 93) permane sino a quando chi intraprese l'intervento edilizio in zona sismica non presenta la relativa denuncia con l'allegato progetto, ovvero non termina l'intervento e il secondo (art. 94), permane sino a quando chi intraprende l'intervento edilizio in zona sismica lo termina ovvero ottiene la relativa autorizzazione". Il reato contestato agli imputati ha, dunque, natura di reato permanente, in quanto la condotta posta in essere non esaurisce in sè l'offesa al bene tutelato, ma la protrae nel tempo. Pertanto, il reato contestato agli imputati deve ritenersi commesso, quanto meno fino alla data del sequestro del manufatto abusivo. Di conseguenza, alla data della presente decisione, lo stesso non è ancora estinto per prescrizione pur considerando il termine lungo di prescrizione, di cinque anni.
3. Di contro, deve essere accolta la censura relativa all'erronea affermazione della responsabilità del Pastore in ordine al reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 269, art. 279, comma 1. Orbene, il giudice del merito, nella parte motiva della sentenza, ha ritenuto che la responsabilità penale dell'imputato sussistesse comunque, attribuendo particolare rilievo al rapporto di coniugio con la Sarnese, titolare dell'impresa, ed alla titolarità del fondo e dell'opificio in capo al Pastore stesso. La motivazione sul punto è, tuttavia, carente. Occorre infatti considerare che in caso di mancata richiesta di autorizzazione alle emissioni in atmosfera, il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 279 prevede la sanzione dell'arresto da due mesi a due anni o dell'ammenda da Euro 258 a Euro 1032, nei confronti di chi installa un impianto o chi esercita un'attività in assenza della prescritta autorizzazione, ovvero continua l'esercizio dell'impianto o dell'attività con l'autorizzazione scaduta, decaduta, sospesa, revocata. Poiché tale reato è riferibile al "gestore dell'attività" da cui provengono le emissioni, quale soggetto obbligato a richiedere l'autorizzazione (D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 269), era necessario accertare se, in concreto, il Pastore si fosse occupato dell'attività produttiva svolta nell'opificio e, consapevolmente, abbia contribuito alla mancata richiesta dell'autorizzazione all'emissione prevista dalla legge, dovendo, in caso contrario, essere esclusa la relativa responsabilità penale.
Tale vizio motivazionale impone, pertanto, l'annullamento della decisione impugnata limitatamente al reato di cui al capo C), con rinvio al Tribunale di Avellino per un nuovo giudizio, necessario allo svolgimento di tale verifica.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo C) e rinvia al Tribunale di Avellino per un nuovo giudizio. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2012.
Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2012