Cass. Sez. III n. 33897 del 20 settembre 2010 (Ud. 21 apr. 2010)
Pres. Onorato Est. Amoresano Ric. Rafaschieri ed altro
Urbanistica. Lottizzazione abusiva e confisca

L'assoluzione per la ritenuta insussistenza dell’elemento psicologico nel reato di lottizzazione abusiva, preclude l’applicabilità della confisca, che va esclusa, con conseguente restituzione all’avente diritto di tutte le opere confiscate (fattispecie relativa a centro polifunzionale per anziani trasformato in uffici finanziari da destinare all'Agenzia del Demanio dello Stato)

 

UDIENZA del 21.4.2010

SENTENZA N. 761

REG. GENERALE N.032150/08


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale


Composta dagli Ill.mi Sigg.


Dott. Pier Luigi Onorato                             Presidente
Dott. Agostino Cordova                              Consigliere
Dott. Ciro Petti                                          Consigliere
Dott. Aldo Fiale                                         Consigliere
Dott. Silvio Amoresano                               Consigliere

ha pronunciato la seguente


SENTENZA


- sul ricorso proposto da:
1) Rafaschieri Nicola nato il xx.ad.xxxx
2) Colaianni Antonio nato il xx.ad.xxx
- avverso la sentenza del 4.2.2008 del Tribunale di Bari
- sentita la relazione fatta dal Consigliere Silvio Amoresano
- sentite le conclusioni del P. G., dr. Guglielmo Passacantando, che ha chiesto l'annullamento senza rinvio limitatamente alla disposta confisca, che va esclusa anche nei confronti del coimputato Ninni. Rigetto nel resto.
- sentiti i difensori, avv. Michele De Ruvo e Pasquale Medina per Rafaschieri e avv. Francesco Paolo Sisto per Colajanni,
- che hanno concluso per l'accoglimento dei ricorsi


OSSERVA


1) Con sentenza del 4 febbraio 2008 il Tribunale di Bari, in composizione monocratica, assolveva Rafaschieri Nicola, Ninni Nicola e Colaianni Antonio dal reato loro ascritto e di cui agli artt.110 c.p., 31 comma 1, 44 lett.b) DPR 380/01 per avere il primo, in qualità di amministratore unico della società I.E.A., proprietaria ed esecutrice dei lavori, realizzato un organismo edilizio, in via Fanelli n.285, composto dai corpi di fabbrica denominati con le lettere A-B e C, integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, plano volumetriche e di utilizzazione da quello oggetto della concessione originaria n.408/89 rilasciata per la realizzazione di un centro polifunzionale per anziani (e successive n.475/91, n.1868/96, n.545/2000), trasformando il suddetto centro per anziani in uffici finanziari da destinare all'Agenzia del Demanio dello Stato, con il concorso del secondo, quale tecnico dell'Ufficio della ripartizione e qualità edilizia del Comune di Bari, responsabile del procedimento, e del terzo, quale direttore del medesimo ufficio, che sottoscrivevano atti abnormi, apparentemente autorizzatori delle modificazioni sopra esposte ma radicalmente esorbitanti dal potere di provvedere ed in aperto contrasto con le previsioni urbanistiche, nonché del reato di cui agli artt.110 c.p. 30 e 44 DPR 380/01 (contestato dal P.M. all'udienza dell'1.2.2006) per avere lottizzato abusivamente i terreni del complesso edilizio in questione a scopo edificatorio realizzando abusivamente opere che hanno comportato trasformazione urbanistica dei terreni senza la prescritta autorizzazione ed in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, privando detti suoli della funzione di servizio per la collettività ed attribuendo i connotati di una zona terziaria direzionale.

Dopo aver ripercorso la giurisprudenza di questa Corte in tema di lottizzazione, riteneva il Tribunale che l'intervento eseguito non avrebbe potuto essere realizzato in nessun caso, ponendosi in contrasto con le previsioni di zonizzazione (erano previsti centri per la residenza e non un centro con valenza extracomunale). Siffatto intervento determinava infatti uno stravolgimento dello strumento urbanistico vigente. Gli imputati, quindi, con lo strumento concessorio non avrebbero potuto effettuare una modifica della destinazione d'uso (che nel caso di specie aveva determinato anche un mutamento di destinazione di zona).

I reati contestati sussistevano entrambi, configurandosi una tipica ipotesi di concorso formale. Pur sussistendo l'elemento oggettivo di detti reati, riteneva il Tribunale che dagli atti emergesse il ragionevole dubbio che gli imputati fossero incorsi in errore scusabile nella interpretazione delle norme violate.

A norma dell'art.44 comma 2 DPR 380/01 disponeva la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e dell'intero complesso di edifici ivi costruito e delle relative aree comuni e pertinenze e per l'effetto dichiarava acquisito al patrimonio del Comune di Bari il predetto compendio immobiliare.

2) Propone ricorso per cassazione Rafaschieri Nicola
Dopo una premessa in fatto, denuncia con il primo motivo la inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità in relazione agli artt.179, comma 1, 517, 423, 441 bis, 521, 522 c.p.p.

La unicità della condotta e la configurabilità della stessa sia sotto il profilo del mero illecito edilizio che della lottizzazione abusiva (come riconosce Io stesso giudice nella motivazione della sentenza) escludevano certamente la possibilità della contestazione suppletiva, essendo gli elementi su cui si fondava tale ulteriore contestazione già noti al momento della contestazione dell'originario reato. Difettando il presupposto della emersione del nuovo reato dall'istruzione dibattimentale era preclusa ex art.517 c.p.p. la nuova contestazione (come affermato costantemente dalla giurisprudenza della Suprema Corte). Inconferente è il richiamo all'art.441 bis c.p.p. che è applicabile al solo caso della emersione in dibattimento del reato concorrente. Una diversa interpretazione della norma determinerebbe lo stravolgimento del costituzionalmente garantito diritto di difesa.

Con il secondo motivo denuncia la inosservanza o erronea applicazione della legge penale e di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale, nonché la contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione all'art.44 DPR 380/01, non essendo ravvisabile alcuna ipotesi di abuso edilizio.

Con il terzo motivo denuncia la inosservanza o erronea applicazione della legge penale, nonché la contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione agli artt.30 e 44 lett.c) DPR 380/01.

Anche per tale reato la motivazione prescinde dal fatto-reato così come contestato e rivela una contraddittorietà di espressioni letterali che mette a nudo una confusione concettuale sulla fattispecie penale di lottizzazione.

L'elemento materiale del reato di lottizzazione (fatto derivare da una parziale modifica della destinazione d'uso ritenuta incompatibile con la destinazione dell'area) non trova alcun riscontro nella normativa vigente.

Con il quarto motivo denuncia la violazione di legge in relazione agli artt.30 e 44 DPR 380/01 e 240 c.p. L'applicazione della confisca, nonostante la sentenza di assoluzione dell'imputato, è stata giustificata con il fatto che essa sarebbe una sanzione amministrativa e non una pena accessoria, comminabile dal giudice penale in via sostitutiva. Tale assunto però non trova riscontro né nei lavori parlamentari né nella natura giuridica della sanzione prevista dall'art.19 L.47/85 ed è in contrasto sia con la Costituzione che con la Convenzione Europea dei diritti dell'uomo.

E' stato necessario l'intervento della Corte europea dei Diritti dell'Uomo (decisione n.30/08/2007) per affermare che una sanzione applicata dal giudice penale in un processo penale non può che essere qualificata come sanzione penale, come tale comminabile solo in caso di condanna e non anche di assoluzione (a prescindere dalla formula adoperata). La natura della confisca come sanzione penale trova conferma peraltro nell'art.44 DPR 380/01 che sotto la rubrica "Sanzioni penali" riporta proprio la confisca. Chiede, pertanto l'annullamento della sentenza impugnata.


2.1) Con memoria depositata in data 15.1.2010 i difensori del Rafaschieri ribadiscono i motivi di ricorso di cui ai nn.1, 2 e 3. Quanto al quarto motivo censurano ulteriormente la sentenza impugnata nella parte in cui ha disposto la confisca nonostante la pronuncia assolutoria e richiamano, in proposito, la sentenza della Corte europea del 30.8.2007, la sentenza della Corte Costituzionale 16-24 luglio 2009 e la sentenza di questa Corte n.42178/2009.

3) Propone, a sua volta, ricorso per cassazione Colaianni Antonio, a mezzo del difensore, denunciando con il primo motivo la erronea applicazione della legge penale sostanziale in relazione all'art.44 lett.b) e c) DPR 380/01.

Per eseguire l'intervento edilizio non era necessario un piano di lottizzazione, dal momento che vi era stato solo il cambiamento, sotto il profilo teleologico-funzionale, della vocazione originaria relativa ad una parte di edificio già esistente. Dagli interventi edilizi assentiti non derivava alcun aggravio del carico urbanistico, esistendo già tutte le opere di urbanizzazione primaria, come chiarito dal consulente di parte prof. Fuzio. Non vi era alcuna incompatibilità tra destinazione ad uffici finanziari ed originaria destinazione a residenza per anziani, essendo tale cambiamento di destinazione d'uso conforme alla vocazione di zona. Dalle norme tecniche di attuazione del PRG (artt.40 e 43) risulta che nelle zone destinate a servizi per le residenze possono trovare collocazione anche attrezzature di interesse comune per pubblici servizi (e tali sono quelli destinati ad uffici finanziari).

Il mutamento della destinazione d'uso, peraltro nell'ambito della stessa categoria, era pertanto pienamente consentito senza necessità di ricorrere alla procedura di deroga.


Con il secondo motivo denuncia la inosservanza delle disposizioni ex art.192 comma 2 c.p.p. in tema di valutazione della prova. Dagli atti emergeva la palese insussistenza dell'elemento oggettivo del reato. Il Tribunale ha disatteso senza congrua e ragionevole motivazione le stesse conclusioni del perito, prof. Gerundo il quale escludeva la ipotizzabilità di una lottizzazione abusiva.

Chiede pertanto l'annullamento della sentenza impugnata.


4) Va preliminarmente esaminata l'eccezione di nullità sollevata con il primo motivo di ricorso del Rafaschieri.

Contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente la giurisprudenza di questa Corte è ormai consolidata (a partire dalla sentenza delle Sezioni Unite n.4 del 28.10.1998) nel ritenere che "In tema di nuove contestazioni, la modifica dell'imputazione di cui all'art.516 c.p.p. e la contestazione di un reato concorrente o di una circostanza aggravante di cui all'art.517 c.p.p. possono essere effettuate dopo l'avvenuta apertura del dibattimento e prima dell'espletamento dell'istruzione dibattimentale, e dunque anche sulla sola base degli atti già acquisiti dal p.m. nel corso delle indagini preliminari ". Anche la giurisprudenza più recente ha ribadito che "la contestazione suppletiva di un reato concorrente promossa dal pubblico ministero all'inizio del dibattimento, prima dello svolgimento dell'istruttoria dibattimentale, non dà luogo a nullità" (Cass. sez.2 n.10524 del 7.3.2006) e che quindi "E' legittima la contestazione suppletiva di un reato concorrente ancorchè lo stesso non sia emerso per la prima volta dall'istruzione dibattimentale, ma risulti dagli atti fin dall'udienza preliminare" (Cass. sez.6 n.44501 del 29.10.2009).
5) I ricorsi sono infondati anche in relazione alla ritenuta sussistenza (da parte della sentenza impugnata) dell'elemento oggettivo dei reati contestati.

5.1) La sentenza del Tribunale si muove, dichiaratamente, lungo la linea tracciata dalla giurisprudenza di questa Corte anche meno recente.


Con la sentenza della sez.3 n. 9633 del 15.5.1991 era stato affermato il principio che "è configurabile il reato di lottizzazione abusiva quando la trasformazione urbanistica edilizia del terreno sia realizzata con difformità tipologiche, volumetriche, strutturali e di destinazione, tanto rilevanti e diffuse su tutta l'area rispetto al progetto approvato da far ritenere l'opera non più riferibile a quella pianificata e quindi senza autorizzazione". Tale enunciato veniva ribadito dalla sentenza della sez.3 n.2408 del 12.1.1996, secondo cui "Nella nozione di lottizzazione abusiva rientra anche quella che comporti una trasformazione urbanistica od edilizia del territorio, realizzata in concreto con modalità tali da non essere riferibile al piano inizialmente approvato con la convenzione all'uopo stipulata a causa degli stravolgimenti od integrali modifiche apportate". E' del tutto evidente, invero, che anche una lottizzazione approvata possa, attraverso, modifiche non previste, alterare e modificare le previsioni urbanistiche. In definitiva, a prescindere dall'esistenza o meno di autorizzazione, si tratta di accertare se l'intervento, completamente o parzialmente abusivo, possa qualificarsi come un semplice abuso edilizio o piuttosto una lottizzazione abusiva.
A norma dell'art.30 DPR 380/01 "Si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica ed edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento o la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio". Va quindi, alla luce della previsione normativa, qualificata come lottizzazione quell'insieme di opere o di atti giuridici che comportano una trasformazione urbanistica od edilizia di terreni a scopo edificatorio intesa quale conferimento all'area di un diverso assetto territoriale, attraverso impianti di interesse privato e di interesse collettivo, tali da creare una nuova maglia di tessuto urbano (così Cass.sez.3 n.17663 del 3.3.2005).
Secondo la giurisprudenza più recente di questa Corte, costituisce lottizzazione edilizia qualsiasi utilizzazione del suolo che, indipendentemente dall'entità del frazionamento fondiario e dal numero dei proprietari, preveda la realizzazione contemporanea o successiva di una pluralità di edifici a scopo residenziale, turistico o industriale, che postulino l'attuazione di opere di urbanizzazione primaria o secondaria occorrenti per le necessità dell'insediamento. II reato di lottizzazione può configurarsi : " - in presenza di un intervento sul territorio tale da comportare una nuova definizione dell'assetto preesistente in zona non urbanizzata o non sufficientemente urbanizzata , per cui esiste la necessità di attuare le previsioni dello strumento urbanistico generale attraverso la redazione di un piano esecutivo e la stipula di una convenzione lottizzatoria adeguata alle caratteristiche dell'intervento di nuova realizzazione ; - ma anche allorquando detto intervento non potrebbe in nessun caso essere realizzato poiché, per le sue connotazioni oggettive, si pone in contrasto con previsioni di zonizzazione e/o di localizzazione dello strumento generale di panificazione che non possono essere modificate da piani urbanistici attuativi" (cfr. Cass. sez.3 n.37.472 del 26.6.2008 - ric. Belloi ed altri; conf. Cass. sez.3 n.12426 del 7.2.2008 - Bardini).
Il reato di lottizzazione abusiva può essere integrato anche quando vengano realizzate opere per le quali sia stato rilasciato un provvedimento di autorizzazione, ove dette opere comportino una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio in violazione delle prescrizioni espresse dagli strumenti urbanistici e dalla legge, restando a tal proposito indifferente se la violazione dipenda dalla carenza del necessario piano di lottizzazione o se piuttosto l'intervento risulti precluso in radice per le sue connotazioni obiettive, tali da porlo in contrasto con lo strumento generale di pianificazione... (Cass. sez.   6, 8.2.2005 n.4424).

5.1.1)Tanto premesso, come dà atto lo stesso Tribunale, la zona in cui insiste il complesso immobiliare ricade pacificamente in una maglia destinata dalle NTA quasi esclusivamente ad "Aree per i servizi della residenza". La disciplina è dettata dall'art.40 comma 3 delle NTA del PRG di Bari, secondo cui "Fanno anche parte della zona residenziale i seguenti servizi le cui aree sono localizzate nelle tavole di piano, con esclusione di massima delle aree in cui gli interventi edilizi sono subordinati alla redazione di piani particolareggiati: asili nido, scuole materne, attrezzature di interesse comune, religiose, culturali, sociali, assistenziali, sanitarie, amministrative, per pubblici servizi quali uffici di poste e telegrafi, della protezione civile e simili, aree per spazi pubblici attrezzati a parchi, giochi, sports e parcheggi".

Non c'è dubbio quindi che non vi fosse alcuna incompatibilità, in linea di principio, con la destinazione dell'immobile ad uffici finanziari. Era necessario però che tali uffici fossero destinati al servizio della popolazione residente.

Non a caso l'art.43 NTA nell'elencare i servizi detta una specifica disciplina che individua la superficie da destinarsi alle categorie di servizi sopra indicate rapportandole al numero di abitanti.

Efficacemente il Tribunale sottolinea che la esemplificazione di cui all'art.40 NTA è significativa: l'ufficio postale ad es. soddisfa in via immediata le esigenze della popolazione riducendo la necessità di spostamento della stessa e costituisce una "tipologia di ufficio per sua natura caratterizzato dalla esistenza di una pluralità di sedi diffusamente presenti nel territorio in rapporto alla popolazione residente". Del resto I'art.32 NTA individua esplicitamente zone destinate a servizi a vocazione comunale o sovracomunale (regionale).

Sulla base di questi rilievi, ineccepibilmente, conclude il Tribunale che "...non avrebbe avuto senso prevedere una specifica ipotesi di questo genere se le stesse esigenze avessero potuto essere soddisfatte con il ricorso generalizzato alle zone servizi per la residenza". Sicché risulta assolutamente evidente che "non la natura del servizio in sé ma la sua portata e la sua vocazione territoriale costituiscono il criterio discretivo nella applicazione delle disposizioni in esame".

Con accertamento in fatto, argomentato ed immune da vizi logici, come tale non sindacabile in questa sede di legittimità, il Tribunale ha ritenuto che la destinazione dell'immobile ad uffici regionali dell'Agenzia delle Entrate travalicasse indiscutibilmente la soddisfazione delle esigenze della popolazione residente.
Ed in proposito richiama la inequivocabile nota del Direttore regionale dell'Agenzia delle Entrate dell'11.3.2004, in cui si affermava: "Questa Direzione Regionale delle Entrate della Puglia è in procinto di trasferire i propri uffici dalla sede di via Amendola 201/5 a via Fanelli n.285 - complesso immobiliare Agorà. Presso la nuova struttura opereranno circa 350 dipendenti ai quali si deve aggiungere un rilevante numero di cittadini che, per ricevere informazioni ed assistenza sugli adempimenti fiscali si recheranno quotidianamente presso l'Agorà all'interno del quale a piano terra, saranno allestite anche due aree di front-office aperte al pubblico". Il che induceva il Direttore Regionale a sollecitare l'adozione da parte del Sindaco di immediate misure in termini di parcheggi, di traffico e di trasporti.

Tale nota è la più evidente riprova che quella destinazione, oltre a non essere al servizio della popolazione residente, sconvolgeva le previsioni di piano.

L'urbanizzazione della zona risultava infatti funzionale alla destinazione a servizi per la residenza e le opere di urbanizzazione erano rapportate a quella destinazione.

Con la destinazione del complesso immobiliare ad Agenzia Regionale delle Entrate mutavano radicalmente i carichi insediativi, con la necessità quindi di rimodulazione delle opere di urbanizzazione.

Ne consegue, come sottolinea il Tribunale, che sarebbe stata necessaria una delibera di variante del PRG e l'adozione di un piano particolareggiato da parte del Comune, ovvero di un piano di lottizzazione.

Ampia e corretta è la motivazione anche in ordine alla sussistenza dell'abuso edilizio di cui al capo a), essendo state le concessioni edilizie rilasciate in aperto contrasto con la disciplina urbanistica.

Ed è assolutamente pacifico (a partire dalla sentenza delle sezioni unite di questa Corte del 21.12.1993, ric. Borgia) che il giudice penale, nel valutare la sussistenza o meno della liceità di un intervento edilizio, deve verificarne la conformità a tutti i parametri di legalità fissati dalla legge, dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dalla concessione edificatoria. Il giudice, quindi, non deve limitarsi a verificare l'esistenza ontologica del provvedimento amministrativo autorizzatorio, ma deve verificare l'integrazione o meno della fattispecie penale "in vista dell'interesse sostanziale che tale fattispecie assume a tutela" (nella specie tutela del territorio). "Il precetto infatti comprende , oltre alle parziali difformità delle opere eseguite, la violazione degli strumenti urbanistici e del regolamento edilizio, l'inosservanza delle prescrizioni della concessione edilizia e l'inosservanza delle modalità esecutive dell'opera risultanti dai suddetti strumenti e dalla concessione edilizia stessa, oltre che dalla legge"- Il giudice penale quindi è chiamato a verificare la conformità tra l'ipotesi di fatto, ossia l'opera eseguendo od eseguita e la fattispecie legale, quale risultante dagli elementi extrapenali sopra richiamati.
E' la stessa descrizione normativa del reato che impone al giudice un riscontro diretto di tutti gli elementi che concorrono a determinare la condotta criminosa, ivi compreso l'atto amministrativo (cfr. Cass. pen. sez.3 21.1.1997-Volpe ed altri). Non sarebbe infatti soggetto soltanto alla legge (art.101 Cost.) un  giudice penale che arrestasse il proprio esame all'aspetto esistenziale e formale di un atto sostanzialmente contrastante con i presupposti legali (Cass. pen. sez.3 2.5.1996 n.4421 - Oberto ed altri). Tutti tali condivisibili principi sono stati ribaditi da Cass. sez.3 n.11716 del 29.1.2001.

Il giudice deve quindi accertare la conformità dell'intervento ai parametri di legalità. 5.2) Fondato è, invece, il quarto motivo del ricorso del Rafaschieri.

Non c'è dubbio che la confisca, in tema di lottizzazione, possa essere applicata anche al di fuori dei casi di condanna; è necessario però che sia stata accertata la esistenza della lottizzazione nei suoi elementi costitutivi (oggettivo e soggettivo). "La Corte di Straburgo ha ritenuto arbitraria la confisca (considerata sanzione penale secondo le previsioni della CEDU) applicata a soggetti che, a fronte di una base legale non accessibile e non prevedibile, non erano stati messi in grado di conoscere il senso e la portata della legge penale, a causa di un errore insormontabile che non può essere in alcun modo imputato a colui o colei che ne è vittima. I giudici penali di Stasburgo non hanno detto però che presupposto necessario per disporre la confisca in esame sia una pronuncia di condanna del soggetto al quale la res appartiene. Va affermato, pertanto, il principio di diritto (già enunciato da questa Sezione nelle sentenze: 29.4.2009, Quarta ed altri, 2.10.2008 n.37472, Belloi ed altri) secondo il quale "Per disporre la confisca prevista dall'art.44, 2° comma del T.U. n.380/2001 (e precedentemente dall'art.19 della legge n.47/1985), il soggetto proprietario della res non deve essere necessariamente condannato, in quanto detta sanzione ben può essere disposta allorquando sia stata comunque accertata la sussistenza del reato di lottizzazione abusiva in tutti i suoi elementi (soggettivo ed oggettivo) anche se per una causa diversa, quale è, ad esempio, l' intervenuto decorso della prescrizione, non si pervenga alla condanna del suo autore ed alla inflizione della pena" (cfr.Cass.pen.sez.3 n.21188 del 30.4.2009- Casasanta ed altri). In detta decisione si affermava ancora che "Ulteriore condizione, che si riconnette alle recenti decisioni della Corte di Strasburgo, investe l'elemento soggettivo del reato ed è quella del necessario riscontro quanto meno di profili di colpa (anche sotto gli aspetti dell'imprudenza, della negligenza e del difetto di vigilanza) nella condotta dei soggetti sul cui patrimonio la misura viene ad incidere, Va affermato, pertanto, l'ulteriore principio di diritto, secondo il quale, nell'ipotesi di declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, il giudice, per disporre legittimamente la confisca, deve svolgere tutti gli accertamenti necessari per la configurazione sia della oggettiva esistenza di una illecita vicenda lottizzatoria sia di una partecipazione, quanto meno colpevole, alla stessa dei soggetti nei confronti dei quali la sanzione venga adottata, e di ciò deve dare atto con motivazione adeguata".
L'assoluzione per la ritenuta insussistenza dell'elemento psicologico, preclude quindi l'applicabilità della confisca, che va esclusa, con conseguente restituzione all'avente diritto di tutte le opere confiscate.

Il Colajanni non ha proposto alcuna doglianza in ordine alla disposta confisca; né del resto aveva alcun interesse in proposito (non incidendo la confisca sul suo patrimonio); per cui il suo ricorso va rigettato.


P. Q. M.


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla disposta confisca, che elimina.

Rigetta nel resto il ricorso di N. Rafaschieri.
Rigetta il ricorso di A.Colaianni che condanna al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma il 21 aprile 2010

DEPOSITATA IN CANCELLERIA 20 sett. 2010