Cass. Sez. III n. 11832 del 21 marzo 2024 (CC 8 feb 2024)
Pres. Aceto Est. Galanti Ric. PM in proc. Esposito
Urbanistica.Demolizione 

Nell'ipotesi in cui la contravvenzione urbanistica concerne un'opera in totale difformità dalla concessione e riguarda una parte di un organismo con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile ovvero attiene ad un organismo edilizio costituito da un piano, integralmente diverso per caratteristiche di utilizzazione da quello assentito, in modo da determinare un maggiore volume oppure consiste in variazioni essenziali di parametri urbanistici edilizi - qual è la volumetria - il giudice deve ordinare la demolizione e, attesa la funzione di reintegrazione dell'interesse urbanistico leso ad un regolare assetto del territorio, deve riferirsi a tutti gli interventi, che hanno comportato detta difforme utilizzazione ovvero l'alterazione sostanziale e rilevante della cubatura. Nel caso di difformità per diversa utilizzazione (nella specie raddoppio della superficie di un futuro esercizio commerciale attraverso lavori di modificazione al piano interrato), la demolizione deve essere limitata ai soli interventi, che hanno determinato tale conseguenza e non all'intera struttura. 

RITENUTO IN FATTO 
 
1. Con ordinanza del 01/09/2023 il GIP presso il Tribunale di Napoli Nord annullava l’ordine di sgombero dell’immobile sito in Casavatore, Viale Marconi 86, emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nord in esecuzione del decreto penale di condanna emesso 22/01/2018, irr. 22/03/2019, in quanto lo stesso aveva ad oggetto non solo le opere abusive di cui al suddetto decreto penale (ampliamento della superfice residenziale netta per 41,90 mq e 121,51 mc, trasformazione in tettoia di un frangisole e mutamento di destinazione d’uso di un locale sito al piano terra), bensì l’intero immobile, ritenuto inscindibile dal pubblico ministero sulla base di una consulenza tecnica, in cui si evidenziava, peraltro, che l’intero immobile fosse abusivo, in quanto la proroga al titolo edilizio era stata rilasciata quando esso era già spirato.
Ritiene il giudice che l’ordine di sgombero non potrebbe che concernere le sole opere relative all’accertamento irrevocabile e non altre, relative a reati precedenti peraltro prescritti.
Quanto alla prospettata impossibilità di eliminare gli abuso senza demolire l’intero immobile, in primo luogo la tematica andrebbe approfondita con accertamenti tecnici approfonditi.
In ogni caso, sarebbe possibile procedersi alla c.d. «fiscalizzazione» dell’abuso trattandosi di difformità parziale e non totale rispetto al titolo edilizio.

2. Avverso tale sentenza propone ricorso Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nord.
2.1. Con il primo motivo lamenta violazione di legge con riferimento all’articolo 31 d.P.R. 380/2001 e all’articolo 7 l. 47/1985.
Evidenzia come sia erroneo evocare la c.d. «fiscalizzazione» dell’abuso, che può concernere solo l’ipotesi di difformità parziale rispetto a quanto assentito e non anche il caso di difformità totale, quale quello in esame, come chiarito dalla relazione di c.t..
Inoltre, non può invocarsi l’impossibilità tecnica di dar luogo alla demolizione nel caso in cui essa dipenda da causa imputabile al condannato.
Ancora, l’immobile è privo di abitabilità, non essendo stati effettuati i collaudi statici sui volumi effettivamente realizzati, e quindi non doveva essere annullato l’ordine di sgombero, e in ogni caso è impossibile demolire una sola parte dell’immobile in quanto è funzionalmente e strutturalmente legato all’edificio principale.
Infine, l’immobile era stato acquisito al patrimonio immobiliare del comune e non era più di proprietà del ricorrente.

3. In data 20/01/2024, l’Avv. Letterio Donato, difensore di Esposito Giuseppe, depositava memoria con allegati, con la quale chiedeva che il ricorso venisse dichiarato inammissibile per omessa indicazione delle norme di legge che si asseriscono violate. 

CONSIDERATO IN DIRITTO 

    1. Il ricorso è fondato.

2. In punto di fatto, si evidenzia come il Comune di Casavatore, con ordinanza di demolizione n. 3 del 14 febbraio 2018 (ex art. 33 d.P.R. 380/2001), ordinava all’Esposito, quale avente causa della responsabile dell’abuso, la demolizione dei seguenti manufatti abusivi:
a) un incremento di superficie residenziale di mq 41,90 al primo piano dell'appartamento, rispetto a quanto assentito con il PDC;
b) una tettoia adiacente l'appartamento di mt. 5,70 x 2,63 per 15 mq. circa;
c) un collegamento tra il locale negozio e l'appartamento, ottenuto con l'eliminazione di una rampa di scale che consentiva l'accesso autonomo allo stesso, in quanto avrebbe determinato un cambio di destinazione d'uso;
d) una tettoia con struttura in ferro e copertura in lamiera sul lato posteriore del fabbricato. 
Tali opere erano relative al decreto penale di condanna di cui alle premesse in fatto, che ne aveva disposto la demolizione.
Con ordinanza n. 3 del 09/05/2023, il Comune di Casavatore, constatata l’inottemperanza, e rilevato che, alla luce della relazione della C.T. del P.M., l’intero immobile doveva ritenersi abusivo, dichiarava l’acquisizione dell’intero immobile al patrimonio immobiliare del Comune.
Come evidenziato nella memoria depositata dalla Difesa dell’Esposito, il T.A.R. Campania, con sentenza n. 5439/2023 emessa in data 6 ottobre 2023 ha annullato sia l’ordinanza di acquisizione dell’immobile al patrimonio dell’ente che l’ordinanza sindacale di sgombero, per la parte in cui eccedono gli abusi oggetto di condanna.

3. Scendendo all’analisi dei motivi di ricorso, il Procuratore ricorrente ritiene che la procedura della c.d. «fiscalizzazione» dell’abuso sarebbe doppiamente inapplicabile, sia in ragione della natura «totale» della difformità, sia perché sarebbe stato l’imputato a darvi causa.
Preliminarmente, il Collegio evidenzia che il profilo da ultimo evidenziato dal ricorrente, che sembrerebbe lamentare un difetto di legittimazione dell’Esposito per effetto dell’acquisizione al patrimonio immobiliare del Comune di Casavatore dell’immobile in parola, è infondato, avendo il TAR Campania (come da sentenza versata in atti dalla Difesa) annullato il provvedimento di acquisizione al patrimonio immobiliare del Comune.
3.1. Scendendo nel merito del ricorso, esso è fondato sotto entrambi i profili.
Occorre premettere che sia il giudice per le indagini preliminari che lo stesso ricorrente incorrono in un errore metodologico laddove riferiscono il concetto di difformità «totale» ovvero «parziale» agli ulteriori lavori di cui alla relazione di consulenza tecnica versata dall’organo inquirente, omettendo di confrontarsi con l’editto accusatorio, salvo il riferimento che il ricorrente fa, nella parte finale del ricorso, ad un avvenuto «stravolgimento dell’organismo originario oggetto di concessione» (circostanza che rende ammissibile l’impugnazione).
Ed infatti, il decreto penale di condanna è stato sì emesso per violazione (non meglio specificata) dell’articolo 44 d.P.R. 380/2001, ma, nella commisurazione della pena, desumibile dalla richiesta di emissione di decreto penale di condanna, appare evidente come la contestazione avesse ad oggetto l’articolo 44, lettera b), del suddetto decreto, che concerne la realizzazione di immobili in assenza o difformità totale dal permesso di costruire.
Nella richiesta, infatti, il pubblico ministero è partito dalla pena «congiunta» dell’arresto (giorni 30) e dell’ammenda (€ 6.000), per pervenire, previa conversione della pena detentiva, alla pena finale di 2.750 euro di ammenda.
Orbene, solo l’articolo 44 lettera b) consente l’applicazione congiunta dele due pene di specie diversa, laddove la lettera a), concernente, appunto, l’ipotesi di difformità parziale, commina la sola pena pecuniaria.
Da ciò discende che, avendo la condanna avuto per oggetto una difformità «totale» rispetto al permesso di costruire, non può certamente applicarsi l’istituto di cui all’articolo 34 d.P.R. 380/2001 (Sez. 3, n. 7789 del 09/02/2021, Severino, Rv. 281474 – 01, ha chiarito che il provvedimento adottato dall'autorità amministrativa a norma dell'art. 34, comma 2 citato trova applicazione solo per le difformità parziali). 
3.2. Relativamente all'ulteriore questione della dedotta impossibilità della demolizione, occorre richiamare la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale, con riferimento ad ipotesi di sospensione condizionale della pena subordinata alla demolizione del manufatto abusivo, l'impossibilità tecnica di provvedervi non rileva come motivo di revoca del beneficio solo se non dipenda da causa imputabile al condannato (Sez. 3, n. 19387 del 27/4/2016, Di Dio, Rv. 267108; Sez. 3, n. 35972 del 22/9/2010, Lembo, Rv. 248569; Sez. 3, n. 32706 del 27/4/2004, Giardina, Rv. 229388), ritenendo tale il caso in cui sia stato il medesimo a realizzare l'abuso sull'iniziale manufatto o, comunque, a tollerare la realizzazione delle opere. 
Il richiamato principio è stato successivamente ribadito, ritenendolo applicabile anche ad analoga situazione dedotta in corso di incidente di esecuzione concernente l'ordine di demolizione di un manufatto abusivo (Sez. 3, n. 28740 del 27/4/2018, Ferrante, non massimata; Sez. 3 n. 51056 del 9/10/2018, Chimirri, non massimata).
Si tratta di conclusioni che il Collegio condivide, dovendosi conseguentemente affermare che l'impossibilità tecnica di dare esecuzione all'ordine di demolizione non assume rilievo quando dipende da una causa imputabile allo stesso condannato o al suo dante causa. 
3.3. Né a diverse conclusioni può far pervenire la circostanza che il bene sia stato oggetto di vicende traslative. 
Come chiarito dalla giurisprudenza della Corte, infatti, l'ordine di demolizione, avendo carattere reale, si trasmette agli eredi del responsabile e ai suoi aventi causa che subentrino nella disponibilità del bene ed è comunque efficace nei confronti di chiunque vanti su di esso un diritto reale o personale di godimento (Sez. 3, n. 45848 del 01/10/2019, Rv. 277266 - 01; Sez. 3, n. 35309 del 10/05/2016, Rv. 267645 - 01; Sez. 3, n. 42699 del 07/07/2015, Rv. 265193 - 01; Sez. 3, n. 16035 del 26/02/2014, Rv. 259802 - 01; Sez. 3, n. 47281 del 21/10/2009, Rv. 245403 - 01; si vedano, altresì, Consiglio di Stato, Sez. 4, n.2266 del 12/04/2011; Consiglio di Stato, Sez. 4, n. 6554 del 24/12/2008), poiché l'ordine di demolizione del manufatto abusivo disposto con la sentenza di condanna ha natura di sanzione amministrativa che assolve ad una funzione ripristinatoria del bene leso, non ha finalità punitive ed ha carattere reale, con effetti sul soggetto che si trova in rapporto con il bene, anche se non è l'autore dell'abuso (Sez. 3, n. 3979 del 21/09/2018, dep. 2019, Rv. 275850 - 02; Sez. 3, n. 41475 del 03/05/2016, Rv. 267977 - 01; Sez. 3, n. 49331 del 10/11/2015, Rv. 265540 - 01; Sez. 3, n. 36387 del 07/07/2015, Rv.  264736 - 01; Sez. 3, n. 19742 del 14/04/2011, Rv. 250336 - 01), sicché è irrilevante che l'odierno ricorrente non sia la persona fisica che è stata condannata.
Analogamente, il Consiglio di Stato (A.P., n. 9 del 17/10/2017) ha osservato che «il carattere reale della misura ripristinatoria della demolizione e la sua precipua finalizzazione al ripristino di valori di primario rilievo non si pongono in modo peculiare nelle ipotesi in cui il proprietario non sia responsabile dell’abuso».
3.4. Questa Corte ha inoltre evidenziato (Sez. 3, Sentenza n. 6875 del 23/05/1997, Ciotti, Rv. 208433 – 01) che, nell'ipotesi in cui la contravvenzione urbanistica concerne un'opera in totale difformità dalla concessione e riguarda una parte di un organismo con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile ovvero attiene ad un organismo edilizio costituito da un piano, integralmente diverso per caratteristiche di utilizzazione da quello assentito, in modo da determinare un maggiore volume oppure consiste in variazioni essenziali di parametri urbanistici edilizi - qual è la volumetria - il giudice deve ordinare la demolizione e, attesa la funzione di reintegrazione dell'interesse urbanistico leso ad un regolare assetto del territorio, deve riferirsi a tutti gli interventi, che hanno comportato detta difforme utilizzazione ovvero l'alterazione sostanziale e rilevante della cubatura. Nel caso di difformità per diversa utilizzazione (nella specie raddoppio della superficie di un futuro esercizio commerciale attraverso lavori di modificazione al piano interrato), la demolizione deve essere limitata ai soli interventi, che hanno determinato tale conseguenza e non all'intera struttura. 
Tale provvedimento potrebbe essere adottato anche dalla Corte, che tuttavia, nel caso di specie, non è in possesso di sufficienti elementi di valutazione.

4. Si impone quindi l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli Nord per nuovo esame sui punti sopra indicati.

 P.Q.M. 

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Napoli Nord.
Così deciso il 08/02/2024.