Corte Costituzionale n.85 del 12 aprile 2012
Oggetto: Energia - Norme della Regione Veneto - Disposizioni in materia di impianti fotovoltaici a terra e di impianti alimentati da biomassa, biogas e bioliquidi - Divieto transitorio al Consiglio regionale di rilasciare autorizzazioni alla realizzazione ed all'esercizio di impianti di potenza superiore ad un certo limite - Lamentato ostacolo alla produzione di energia da fonti rinnovabili, in contrasto con la normativa nazionale e gli impegni internazionali e comunitari assunti dallo Stato; Calamità pubbliche e protezione civile - Norme della Regione Veneto - Modifiche al sistema regionale di protezione civile - Attribuzione al Presidente della provincia del ruolo di autorità di protezione civile, responsabile dell'organizzazione generale dei soccorsi a livello provinciale, e al Presidente della Giunta regionale del ruolo di autorità di protezione civile, responsabile del coordinamento degli interventi organizzati dalle province interessate e degli interventi diretti richiesti in via sussidiaria dai Presidenti delle province - Attribuzione ai Sindaci della competenza a fornire elementi di conoscenza dell'evento calamitoso alle sale operative delle province - Lamentato contrasto con il principio della legge quadro sulla protezione civile che attribuisce al Prefetto la direzione unitaria dei servizi di emergenza a livello provinciale, a tutela delle specifiche esigenze di unitarietà sussistenti nel settore della protezione civile.
Dispositivo: illegittimità costituzionale - illegittimità costituzionale parziale
 SENTENZA N. 85 ANNO 2012 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori:  Presidente: Franco GALLO; Giudici : Luigi                  MAZZELLA,  Gaetano                SILVESTRI, Sabino                 CASSESE,  Giuseppe               TESAURO, Paolo Maria            NAPOLITANO,  Giuseppe               FRIGO, Alessandro             CRISCUOLO, Paolo                   GROSSI, Giorgio                LATTANZI, Aldo                    CAROSI, Marta                  CARTABIA, Mario Rosario          MORELLI, ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimità costituzionale degli  articoli 4, comma 1, e 15, commi 1 e 2, della legge della Regione Veneto  18 marzo 2011, n. 7 (Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2011),  promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso spedito  per la notifica il 23 maggio 2011, depositato in cancelleria il 31  maggio 2011 ed iscritto al n. 53 del registro ricorsi 2011. Visto l’atto di costituzione della Regione Veneto; udito nell’udienza pubblica del 6 marzo 2012 il Giudice relatore Luigi Mazzella; uditi l’avvocato dello Stato Luca Ventrella per il  Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Andrea Manzi e  Daniela Palumbo per la Regione Veneto. Ritenuto in fatto 1.– Con ricorso notificato il 23 maggio 2011, depositato  in cancelleria il 31 maggio 2011 ed iscritto al n. 53 del registro  ricorsi dell’anno 2011, il Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso  questioni di legittimità costituzionale degli articoli 4, comma 1, e  15, commi 1 e 2, della legge della Regione Veneto 18 marzo 2011, n. 7  (Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2011), in riferimento agli  artt. 41 e 117 della Costituzione. 1.1.– Il ricorrente deduce che l’art. 4, comma 1, della  legge reg. Veneto n. 7 del 2011 dispone che,  nelle more dell’emanazione  del decreto del Ministero dello sviluppo economico di cui all’articolo  8-bis del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208 (Misure straordinarie  in materia di risorse idriche e di protezione dell’ambiente), convertito  in legge dall’art. 1, comma 1, della legge 27 febbraio 2009, n. 13, e  dell’approvazione di uno specifico stralcio del Piano energetico  regionale di cui all’art. 2 della legge della Regione Veneto 27 dicembre  2000, n. 25 (Norme per la pianificazione energetica regionale,  l’incentivazione del risparmio energetico e lo sviluppo delle fonti  rinnovabili di energia), relativo alla produzione di energia da fonti  rinnovabili, da parte del Consiglio regionale, e comunque non oltre il  31 dicembre 2011, non possono essere rilasciate autorizzazioni alla  realizzazione ed all’esercizio di impianti fotovoltaici a terra in area  agricola di potenza di picco superiore a 200kWp, di impianti di  produzione di energia alimentati da biomassa di potenza elettrica  superiore a 500kWe, nonché di quelli alimentati a biogas e bioliquidi di  potenza elettrica superiore a 1000kWe. Ad avviso della difesa dello Stato, tale norma vìola  l’art. 117, primo comma, Cost., perché prevede un limite alla produzione  di energia da fonti rinnovabili sul territorio regionale, in contrasto  con le norme internazionali contenute nel Protocollo di Kyoto e con la  normativa comunitaria – in particolare con l’art. 3 della direttiva 27  settembre 2001 n. 2001/77/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del  Consiglio sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti  energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità) e con la  direttiva 23 aprile 2009 n. 2009/28/CE (Direttiva del Parlamento Europeo  e del Consiglio sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti  rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive  2001/77/CE e 2003/30/CE) – i quali incentivano, invece, lo sviluppo  delle suddette fonti di energia, individuando soglie minime di  produzione che ogni Stato si impegna a raggiungere entro un determinato  periodo di tempo. Il Presidente del Consiglio dei ministri aggiunge che  l’art. 4, comma 1, della legge reg. Veneto n. 7 del 2011 lede anche  l’art. 117, terzo comma, Cost., che attribuisce allo Stato la competenza  legislativa concorrente in materia di produzione, trasporto e  distribuzione nazionale dell’energia. In particolare, la norma  contrasterebbe con il principio fondamentale posto dall’art. 12, comma  10, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della  direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica  prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno  dell’elettricità), il quale stabilisce che le Regioni possono procedere  alla individuazione di aree non idonee alla realizzazione di impianti da  fonti rinnovabili, in attuazione e nel rispetto delle Linee Guida  nazionali e dall’art. 17 (in combinato disposto con l’allegato 3) delle  Linee Guida adottate con decreto del Ministro dello sviluppo economico  10 settembre 2010 (Linee guida per l’autorizzazione degli impianti  alimentati da fonti rinnovabili). Detto art. 17 dispone che le aree non  idonee possono essere individuate solo a determinate condizioni,  tassativamente elencate, nessuna delle quali ricorre nella norma  censurata (in particolare, ai sensi delle citate linee guida  ministeriali, le aree non idonee possono essere individuate in relazione  non a categorie generalizzate di aree, ma esclusivamente a specifici  siti, con riguardo all’installazione solo di determinate tipologie e/o  dimensioni di impianti, previo espletamento di una istruttoria  approfondita, che individui le specifiche aree particolarmente sensibili  o vulnerabili all’interno delle tipologie di aree elencate all’allegato  3). L’Avvocatura dello Stato afferma che ulteriori princìpi  fondamentali sono stati fissati dalla legge 23 agosto 2004, n. 239  (Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il  riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia). Infine, il ricorrente denuncia la violazione dell’art.  41 Cost. e del principio di liberalizzazione delle attività di  produzione, importazione, esportazione, acquisto e vendita di energia  elettrica di cui all’art. 1, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo  1999, n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni  per il mercato interno dell’energia elettrica), poiché il divieto di  rilasciare le autorizzazioni alla costruzione ed all’esercizio degli  impianti sopra richiamati si traduce nell’impossibilità, da parte degli  operatori del settore, di presentare nuove istanze per il rilascio  dell’autorizzazione in parola. 1.2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna altresì i commi 1 e 2 dell’art. 15 della legge reg. Veneto n. 7 del 2011. Il primo dispone che il comma 1 dell’art. 16 della legge  della Regione Veneto 27 novembre 1984, n. 58 (Disciplina degli  interventi regionali in materia di protezione civile) è così sostituito:  «1. Ferme restando le competenze del Sindaco, nei casi di emergenza di  protezione civile, per gli eventi di cui all’art. 2, lettera b) della  legge 24 febbraio 1992, n. 225 “Istituzione del servizio nazionale della  protezione civile” e successive modificazioni, il presidente della  provincia è autorità di protezione civile, responsabile  dell’organizzazione generale dei soccorsi a livello provinciale ed il  Presidente della Giunta regionale è autorità di protezione civile,  responsabile del coordinamento degli interventi organizzati dalle  province interessate e degli eventuali interventi diretti richiesti in  via sussidiaria dai presidenti delle province». Il secondo aggiunge, dopo il comma 1 dell’articolo 16  della menzionata legge reg. Veneto n. 58 del 1984, il seguente comma:  «1-bis. Per consentire il coordinamento e l’adozione degli interventi di  cui all’articolo 2, lettera b) della legge n. 225/92 e al verificarsi  di situazioni di pericolo o di danno nei territori di rispettiva  competenza, i sindaci e i presidenti delle comunità montane forniscono  alle sale operative delle province e le province forniscono alla sala  operativa regionale tutti gli elementi utili per la conoscenza  dell’evento e per l’assunzione delle iniziative necessarie». Il ricorrente sostiene che tali disposizioni  violerebbero l’art. 117, terzo comma, Cost., che attribuisce allo Stato  competenza legislativa concorrente in materia di protezione civile,  perché, attribuendo al Presidente della Provincia la generale competenza  dell’organizzazione dei soccorsi a livello provinciale, si porrebbero  in contrasto, anzitutto, con l’art. 14 della legge 24 febbraio 1992, n.  225 (Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile), che  assegna al Prefetto la direzione unitaria dei servizi di emergenza da  attivare a livello provinciale. Ad avviso della difesa dello Stato, non  può essere contestata la natura di principio fondamentale di tale  disposizione, sia perché, a norma dell’art. 12, comma 4, della legge n.  225 del 1992, le disposizioni contenute nella predetta legge  costituiscono princìpi della legislazione statale in materia di attività  regionale di previsione, prevenzione e soccorso di protezione civile,  cui dovranno conformarsi le leggi regionali in materia, sia perché  quanto previsto dal predetto art. 14 è direttamente funzionale alla  tutela delle specifiche esigenze di unitarietà sussistenti nel settore  della protezione civile, delle quali è portatore lo Stato ed è  espressione il legislatore nazionale. Inoltre, la norma di cui al citato  art. 14 deve essere considerata espressione di un principio  insuscettibile di diversa regolamentazione nell’esercizio della potestà  legislativa regionale concorrente anche per ragioni di sussidiarietà  ascendente ed adeguatezza, essendo legata alla normativa di principio,  di competenza statale, da un rapporto di necessaria integrazione.  Infatti, la legislazione ordinaria di cui al citato art. 14 della legge  n. 225 del 1992 riconosce al Prefetto la direzione unitaria dei servizi  di emergenza da attivare a livello provinciale al verificarsi di uno  degli eventi calamitosi di cui all’art. 2, comma 1, lettera b), della  stessa legge n. 225 del 1992, mentre l’art. 108 del decreto legislativo  31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi  dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I  della legge 15 marzo 1997, n. 59), non riconosce analoghi compiti di  gestione dell’emergenza alla Provincia, cui è demandata la vigilanza  sulla predisposizione, da parte di strutture provinciali di protezione  civile, dei servizi urgenti, anche di natura tecnica, da attivare in  caso di eventi calamitosi. Ad avviso del ricorrente, i  commi 1 e 2 dell’art. 15  della legge reg. Veneto n. 7 del 2011 contrasterebbero anche con il  principio fondamentale in materia di protezione civile dettato dall’art.  5, comma 4, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343 (Disposizioni  urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture  preposte alle attività di protezione civile e per migliorare le  strutture logistiche nel settore della difesa civile), convertito in  legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 9 novembre 2001, n.  401, che conferma l’attribuzione al Prefetto delle funzioni relative  alle attività tecnico-operative volte ad assicurare i primi interventi  al verificarsi degli eventi calamitosi, da effettuarsi a cura degli  organi statali in concorso con le Regioni e ciò, sia con riferimento  alla direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello  provinciale attraverso l’adozione di tutti i provvedimenti ritenuti  necessari, sia vigilando sull’attuazione, da parte delle strutture  provinciali di protezione civile, dei servizi urgenti, anche di natura  tecnica. Infine, il Presidente del Consiglio dei ministri  denuncia la lesione l’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., che  attribuisce allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di  determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i  diritti civili e sociali, perché prevede la generalizzata attribuzione  al Presidente della Provincia della responsabilità dell’organizzazione  dei soccorsi a livello provinciale, senza circoscrivere il potere di  intervento ai compiti ed alle funzioni di sua spettanza (volontariato,  viabilità provinciale, ecc.). 2.– La Regione Veneto si è costituita nel giudizio di  costituzionalità ed ha eccepito preliminarmente l’inammissibilità del  ricorso in quanto tardivamente proposto. Al riguardo, la difesa regionale evidenzia che la legge  reg. n. 7 del 2011 è stata pubblicata sul Bollettino Ufficiale della  Regione Veneto del 22 marzo 2011, n. 23; conseguentemente, il termine a  disposizione dello Stato per proporre l’impugnazione scadeva il 21  maggio 2011; invece il ricorso è stato consegnato all’agente postale per  la notifica solamente il 23 maggio 2011. 2.1.– Nel merito, la Regione Veneto deduce che le questioni sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri sono infondate. 2.1.1.– Circa l’art. 4, comma 1, della legge reg. Veneto  n. 7 del 2011, la resistente eccepisce anzitutto la genericità del  riferimento al Protocollo di Kyoto. Quanto, invece, alla normativa comunitaria menzionata  dal ricorrente, la difesa regionale afferma che la limitatezza  dell’orizzonte temporale di validità della norma impugnata, destinata ad  esplicare i propri effetti non oltre la data del 31 dicembre 2011,  consente di attribuire ad essa una rilevanza minima rispetto alla  cronologia espressa invece dalla normativa comunitaria, la quale impone  una programmazione degli obiettivi su base decennale. L’art. 4, comma 1, della legge reg. Veneto n. 7 del 2011  non contrasterebbe, poi, neppure con l’art. 117, terzo comma, Cost.,  poiché esso non individua genericamente ed astrattamente zone inidonee  alla realizzazione e all’esercizio degli impianti diretti alla  produzione di energia da fonti rinnovabili, ma si limita a posticipare  logicamente e cronologicamente il rilascio delle autorizzazioni  all’emanazione degli atti di pianificazione prodromici alla tutela degli  altri interessi ambientali e paesaggistici. La norma impugnata, cioè,  non impedisce sine die l’installazione degli impianti in questione, ma  si limita a differire il rilascio delle autorizzazioni necessarie  affinché  esso avvenga in conformità con gli strumenti normativi statali  e pianificatori regionali. Essa, quindi, sarebbe il frutto del corretto  esercizio delle competenze costituzionalmente riconosciute alla  Regione, poiché è coerente con le previsioni della normativa statale in  materia. Infatti, il Piano energetico regionale è previsto dall’art. 2  della legge reg. Veneto n. 25 del 2000, in conformità con quanto  disposto dall’art. 31, comma 2, del d. lgs. n. 112 del 2008, che  attribuisce alla pianificazione regionale il compito di determinare le  linee di indirizzo e coordinamento per l’esercizio a livello provinciale  delle funzioni relative all’autorizzazione all’installazione e  all’esercizio di produzione di energia da fonti rinnovabili. L’art. 4,  comma 1, della legge reg. Veneto n. 7 del 2011, dunque, manifesta  esclusivamente l’esigenza di predisporre correttamente gli strumenti  disciplinatori regionali indispensabili ai fini dell’istruttoria delle  istanze di autorizzazione in questione. In questa prospettiva, esso  sarebbe legittimo anche perché diretto ad assicurare un maggior livello  di tutela ambientale, di carattere più rigoroso rispetto al mero  provvedimento di valutazione di impatto ambientale. In riferimento alla dedotta violazione dell’art. 41  Cost., la resistente richiama la sentenza di questa Corte n. 166 del  2009, la quale ha affermato che l’indicazione dei presupposti  legittimanti l’amministrazione al rilascio del provvedimento  autorizzativo, anche qualora si rinvii alla successiva pianificazione  regionale di settore, non è lesivo della predetta norma costituzionale,  ove non si determini un blocco senza termine e generalizzato al rilascio  delle autorizzazioni medesime (com’è appunto il caso dell’art. 4, comma  1, della legge veneta n. 7 del 2011). Del tutto generica sarebbe, poi, la censura formulata in  riferimento alla violazione del principio di liberalizzazione economica  connessa all’attività di produzione, importazione, acquisto e vendita  di energia elettrica. 2.1.2.– A proposito delle disposizioni dettate dall’art.  15, commi 1 e 2, della legge reg. Veneto n. 7 del 2011, la resistente  sostiene che esse trovano fondamento nella necessità di affiancare al  coordinamento istituzionale riconosciuto al Prefetto dalla legge n. 225  del 1992 un assetto organizzativo dei mezzi disponibili sul territorio e  dei rappresentanti locali che, in applicazione del principio di  sussidiarietà, garantisca un razionale impiego delle risorse. Pertanto non sussisterebbe alcuna violazione dell’art.  117, terzo comma, Cost., poiché l’attribuzione al Presidente della  Provincia del potere di coordinare i soccorsi per talune categorie di  eventi calamitosi non esclude, né limita le competenze prefettizie  stabilite dalla normativa statale. Al riguardo la difesa regionale  menziona la sentenza di questa Corte n. 327 del 2003, secondo la quale  la mancata indicazione, da parte della legge regionale, dei limiti alla  competenza regionale contenuti nelle norme interposte non implica  un’automatica espansione delle competenze regionali, restando tali  limiti vincolanti. Per le stesse ragioni non sussisterebbe, ad avviso della  Regione Veneto, neppure un contrasto con l’art. 117, secondo comma,  lettera m), Cost., appunto perché la tutela dei livelli essenziali delle  prestazioni è assicurata dal fatto che le attribuzioni prefettizie in  materia di protezione civile rimangono immutate, la legge regionale non  incidendo in alcun modo su di esse. Infine, la difesa regionale menziona norme di altre  Regioni che prevedono il riconoscimento in capo ai Presidenti delle  Province di poteri analoghi a quelli menzionati nell’art. 15, commi 1 e  2, della legge reg. Veneto n. 7 del 2011, e, precisamente, l’art. 11  della legge della Regione Piemonte 14 aprile 2003, n. 7 (Disposizioni in  materia di protezione civile) e l’art. 7 della legge della Regione  Lombardia 22 maggio 2004, n. 16 (Testo unico delle disposizioni  regionali in materia di protezione civile). 3.– In prossimità dell’udienza di discussione, il  Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato una memoria nella  quale ha insistito nelle conclusioni già rassegnate nel ricorso. 3.1.– Circa l’eccezione di tardività della notificazione  del ricorso, l’Avvocatura generale dello Stato deduce che il 21 maggio  2011 era sabato e che pertanto, in virtù del combinato disposto dei  commi quarto e quinto dell’art. 155 del codice di procedura civile, la  notificazione poteva essere eseguita il primo giorno seguente non  festivo. Tale disciplina codicistica deve, poi, ritenersi applicabile  –  secondo la difesa statale –anche ai giudizi davanti alla Corte  costituzionale, in conformità della consolidata giurisprudenza di questa  Corte. In via subordinata, la difesa dello Stato sostiene che,  ove la Corte dovesse esprimere un avviso diverso, l’errore compiuto in  sede di notificazione del ricorso dovrebbe essere ritenuto scusabile  perché determinato dal legittimo affidamento che essa difesa ha riposto  nell’applicabilità, anche ai giudizi di legittimità costituzionale,  della regola generale della posticipazione al primo giorno seguente non  festivo del termine che scade di sabato, affidamento ingenerato dal  fatto che questa Corte, in casi del tutto simili a quello presente, ma  nei quali la parte resistente non aveva eccepito la tardività della  notificazione del ricorso, non ha ritenuto di rilevare d’ufficio la  pretesa tardività dei ricorsi (il ricorrente cita, al riguardo, i  giudizi decisi dalle sentenze n. 323 del 2011 e n. 357 del 2010). 3.2.– A proposito della questione concernente l’art. 4,  comma 1, della legge reg. Veneto n. 7 del 2011, il Presidente del  Consiglio dei ministri afferma che la limitata validità temporale della  norma impugnata (destinata ad esaurire i propri effetti il 31 dicembre  2011) non la rende per ciò solo tollerabile da parte dell’ordinamento  giuridico. L’Avvocatura generale dello Stato ribadisce, poi, che la  norma regionale censurata contrasta sia con il primo comma, sia con il  terzo comma dell’art. 117 della Costituzione. Quanto al primo, essa rischia di compromettere il  raggiungimento, da parte dello Stato italiano, degli obiettivi imposti  dall’ordinamento comunitario in materia di energia prodotta da fonti  rinnovabili, anche perché, non risultando ancora ultimata la  pianificazione prevista dalla legge reg. Veneto n. 59 del 2000, la  Regione potrebbe, in base all’asserita temporaneità insita nella legge  finanziaria, reiterare la dilazione prevista dall’art. 4, comma 1, della  legge reg. Veneto n. 7 del 2011, con successive leggi dello stesso  tipo. Quanto all’art. 117, terzo comma, Cost., il ricorrente  ribadisce che la norma censurata, vietando in maniera assoluta e  indiscriminata il rilascio delle autorizzazioni alle installazioni degli  impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, contrasta con  la normativa statale di principio che consente alle Regioni di negare  tali autorizzazioni solamente quando i siti individuati siano  considerati non idonei in base ai requisiti puntualmente indicati nelle  linee guida di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 10  settembre 2010. Il Presidente del Consiglio dei ministri sostiene, poi,  che il differimento operato dall’art. 4, comma 1, della legge reg.  Veneto n. 7 del 2011 si pone in contrasto anche con l’art. 41 Cost.,  limitando la libertà di iniziativa economica nel settore energetico. 3.3.– Circa la questione di legittimità costituzionale  dell’art. 15, commi 1 e 2, della legge veneta n. 7 del 2011, il  ricorrente afferma che l’argomento difensivo della Regione, secondo cui  le disposizioni impugnate, prevedendo forme di coordinamento in materia  di protezione civile che si esaurirebbero a livello locale, non  comporterebbero un’invasione delle competenze demandate dalla  legislazione statale al Prefetto, è smentito dal tenore letterale della  norma censurata che fa esplicita menzione di una «competenza generale»  del Presidente della Provincia. L’Avvocatura generale dello Stato sottolinea che le  particolarità proprie della materia della protezione civile comportano  il necessario rispetto delle indicazioni poste a livello nazionale, sia  al fine di evitare sovrapposizioni di competenze particolarmente  intollerabili in frangenti che esigono invece un’azione rapida e  tempestiva da parte dell’amministrazione, sia perché solamente la  conformità alle indicazioni statali può garantire l’uniformità dei  livelli essenziali dei servizi, in ossequio a quanto stabilito dall’art.  117, secondo comma, lettera m), della Costituzione. Considerato in diritto 1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso  questioni di legittimità costituzionale degli articoli 4, comma 1, e  15, commi 1 e 2, della legge della Regione Veneto 18 marzo 2011, n. 7  (Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2011), in riferimento agli  artt. 41 e 117 della Costituzione. 1.1.– Ad avviso del ricorrente, l’art. 4, comma 1, della  citata legge regionale, disponendo che, nelle more dell’emanazione del  decreto del Ministero dello sviluppo economico di cui all’articolo 8-bis  del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208 (Misure straordinarie in  materia di risorse idriche e di protezione dell’ambiente), convertito in  legge dall’art. 1, comma 1, della legge 27 febbraio 2009, n. 13, e  dell’approvazione di uno specifico stralcio del Piano energetico  regionale di cui all’art. 2 della legge della Regione Veneto 27 dicembre  2000, n. 25 (Norme per la pianificazione energetica regionale,  l’incentivazione del risparmio energetico e lo sviluppo delle fonti  rinnovabili di energia), relativo alla produzione di energia da fonti  rinnovabili, da parte del Consiglio regionale, e comunque non oltre il  31 dicembre 2011, non possono essere rilasciate autorizzazioni alla  realizzazione ed all’esercizio di impianti fotovoltaici a terra in area  agricola di potenza di picco superiore a 200kWp, di impianti di  produzione di energia alimentati da biomassa di potenza elettrica  superiore a 500kWe, nonché di quelli alimentati a biogas e bioliquidi di  potenza elettrica superiore a 1000kWe, vìola: a) l’art. 117, primo  comma, Cost., perché prevede un limite alla produzione di energia da  fonti rinnovabili sul territorio regionale, in contrasto con le norme  internazionali contenute nel Protocollo di Kyoto e con la normativa  comunitaria che incentivano, invece, lo sviluppo delle suddette fonti di  energia, individuando soglie minime di produzione che ogni Stato si  impegna a raggiungere entro un determinato periodo di tempo; b) l’art.  117, terzo comma, Cost., che attribuisce allo Stato competenza  legislativa concorrente in materia di produzione, trasporto e  distribuzione nazionale dell’energia, perché contrasta con il principio  fondamentale posto dall’art. 12, comma 10, del decreto legislativo 29  dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa  alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche  rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità), il quale stabilisce  che le Regioni possono procedere alla individuazione di aree non idonee  alla realizzazione di impianti da fonti rinnovabili, in attuazione e nel  rispetto delle Linee Guida nazionali e dell’art. 17 (in combinato  disposto con l’allegato 3) delle Linee Guida adottate con decreto del  Ministro dello sviluppo economico 10 settembre 2010; detto decreto  dispone che le aree non idonee possono essere individuate solo a  determinate condizioni, tassativamente elencate, nessuna delle quali  ricorre nelle disposizioni censurate; c) l’art. 41 Cost. e il principio  di liberalizzazione delle attività di produzione, importazione,  esportazione, acquisto e vendita di energia elettrica di cui all’art. 1,  comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della  direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno  dell’energia elettrica), poiché il divieto di rilasciare le  autorizzazioni alla costruzione ed all’esercizio degli impianti sopra  richiamati si traduce in pratica nell’impossibilità, da parte degli  operatori del settore, di presentare nuove istanze per il rilascio  dell’autorizzazione in parola. 1.2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna anche l’art. 15, commi 1 e 2, della legge reg. Veneto n. 7 del 2011. Tali norme dispongono, rispettivamente, che il comma 1  dell’art. 16 della legge della Regione Veneto 27 novembre 1984, n. 58  (Disciplina degli interventi regionali in materia di protezione civile),  è così sostituito: «1. Ferme restando le competenze del Sindaco, nei  casi di emergenza di protezione civile, per gli eventi di cui all’art.  2, lettera b) della legge 24 febbraio 1992, n. 225 “Istituzione del  servizio nazionale della protezione civile” e successive modificazioni,  il presidente della provincia è autorità di protezione civile,  responsabile dell’organizzazione generale dei soccorsi a livello  provinciale ed il Presidente della Giunta regionale è autorità di  protezione civile, responsabile del coordinamento degli interventi  organizzati dalle province interessate e degli eventuali interventi  diretti richiesti in via sussidiaria dai presidenti delle province»  (comma 1) e che dopo il comma 1 dell’articolo 16 della legge reg. Veneto  n. 58 del 1984 è aggiunto il seguente comma: «1-bis. Per consentire il  coordinamento e l’adozione degli interventi di cui all’articolo 2,  lettera b) della legge n. 225/92 e al verificarsi di situazioni di  pericolo o di danno nei territori di rispettiva competenza, i sindaci e i  presidenti delle comunità montane forniscono alle sale operative delle  province e le province forniscono alla sala operativa regionale tutti  gli elementi utili per la conoscenza dell’evento e per l’assunzione  delle iniziative necessarie». Il ricorrente sostiene che le norme regionali in oggetto  vìolano l’art. 117, terzo comma, Cost., che attribuisce allo Stato la  competenza legislativa concorrente in materia di protezione civile,  perché, assegnando al Presidente della Provincia la generale competenza  dell’organizzazione dei soccorsi a livello provinciale, si pongono in  contrasto con i princìpi fondamentali previsti dall’art. 14 della legge  24 febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del Servizio nazionale della  protezione civile), che assegna al Prefetto la direzione unitaria dei  servizi di emergenza da attivare a livello provinciale e dall’art. 5,  comma 4, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343 (Disposizioni  urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture  preposte alle attività di protezione civile e per migliorare le  strutture logistiche nel settore della difesa civile), convertito in  legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 9 novembre 2001, n.  401, che conferma l’attribuzione al Prefetto delle funzioni relative  alle attività tecnico-operative volte ad assicurare i primi interventi  al verificarsi degli eventi calamitosi, da effettuarsi a cura degli  organi statali in concorso con le Regioni. Ciò, sia con riferimento alla  direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello  provinciale attraverso l’adozione di tutti i provvedimenti ritenuti  necessari, sia vigilando sull’attuazione, da parte delle strutture  provinciali di protezione civile, dei servizi urgenti, anche di natura  tecnica. Ad avviso della difesa dello Stato, i commi 1 e 2  dell’art. 15 della legge reg. Veneto n. 7 del 2011 vìolano anche l’art.  117, secondo comma, lettera m), Cost., che attribuisce allo Stato la  competenza legislativa esclusiva in materia dei determinazione dei  livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e  sociali, perché prevede la generalizzata attribuzione al Presidente  della Provincia della responsabilità dell’organizzazione dei soccorsi a  livello provinciale, senza circoscrivere il potere di intervento ai  compiti ed alle funzioni di sua spettanza. 2.– La Regione Veneto ha eccepito preliminarmente la tardività della notificazione del ricorso. In effetti, il termine di sessanta giorni stabilito per  la notificazione del ricorso scadeva il 21 maggio 2011, che era un  sabato, e l’Avvocatura generale dello Stato ha consegnato il ricorso  all’agente postale per la notifica il successivo lunedì 23 maggio 2011,  invocando il principio enunciato dall’art. 155, quinto comma, del codice  di procedura civile, secondo il quale, se un termine processuale scade  nella giornata di sabato, esso è prorogato al primo giorno seguente non  festivo. Tale principio deve ritenersi applicabile anche nei giudizi davanti a questa Corte. A norma dell’art. 22 della legge 11 marzo 1953, n. 87,  in tali procedimenti si osservano, in quanto applicabili, anche le norme  del regolamento per la procedura innanzi al Consiglio di Stato in sede  giurisdizionale. I procedimenti giurisdizionali davanti al Consiglio di  Stato sono disciplinati, ora, dal Codice del processo amministrativo,  approvato dall’art. 1 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104  (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante  delega al governo per il riordino del processo amministrativo), il  quale, all’art. 52, comma 5, detta una regola identica a quella espressa  dal citato art. 155, quinto comma, del codice di procedura civile. Pertanto tale regola si applica anche ai giudizi davanti  alla Corte costituzionale, sia – ai sensi dell’art. 22 della legge n.  87 del 1953 – perché enunciata nella vigente disciplina dei procedimenti  giurisdizionali innanzi al Consiglio di Stato, sia perché – essendo  espressa dal codice di procedura civile e dal codice del processo  amministrativo – costituisce ormai un principio generale  dell’ordinamento processuale. 3.– Nel merito, la questione di legittimità  costituzionale dell’art. 4, comma 1, della legge reg. Veneto n. 7 del  2011, promossa in riferimento all’art. 117, primo comma, Cost., è  fondata. Questa Corte ha già rilevato che la normativa  internazionale (Protocollo di Kyoto addizionale alla Convenzione-quadro  delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, adottato l’11 dicembre  1997, ratificato e reso esecutivo con legge 1° giugno 2002, n. 120) e  quella comunitaria (direttiva 27 settembre 2001, n. 2001/77/CE e  direttiva 23 aprile 2009, n. 2009/28/CE) manifestano un favor per le  fonti energetiche rinnovabili al fine di eliminare la dipendenza dai  carburanti fossili; ha, conseguentemente, dichiarato l’illegittimità,  per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., di una disposizione  regionale che prevedeva limiti massimi autorizzabili di potenza di  energia da fonti rinnovabili (sentenza n. 124 del 2010). Anche l’art. 4, comma 1, della legge reg. Veneto n. 7  del 2011, vietando il rilascio di autorizzazioni alla realizzazione e  all’esercizio di impianti da fonti rinnovabili di potenza superiore a  determinati limiti per un consistente lasso di tempo, contrasta con le  norme internazionali e comunitarie che incentivano il ricorso a tali  fonti di energia. Né rileva il fatto che il periodo di durata del divieto  di rilascio delle autorizzazioni stabilito dalla norma impugnata  (scadendo il 31 dicembre 2011) sia ormai esaurito, perché tale  circostanza non esclude che la norma abbia avuto comunque applicazione  (sentenza n. 124 del 2010). Deve dunque essere dichiarata l’illegittimità  costituzionale dell’art. 4, comma 1, della legge reg. Veneto n. 7 del  2011, per violazione dell’art. 117, primo comma, della Costituzione. Gli altri profili di illegittimità costituzionale sollevati dal ricorrente restano assorbiti. 4.– Anche la questione di legittimità costituzionale  dell’art. 15, commi 1 e 2, della legge reg. Veneto n. 7 del 2011,  promossa in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., è fondata. Il Presidente del Consiglio dei ministri lamenta che le  predette disposizioni regionali contrastano con il principio  fondamentale in materia di protezione civile espresso dall’art. 14 della  legge n. 225 del 1992, che assegna al Prefetto la direzione unitaria  dei servizi di emergenza da attivare a livello provinciale e dall’art.  5, comma 4, del decreto-legge n. 343 del 2001, che conferma  l’attribuzione al Prefetto delle funzioni relative alle attività  tecnico-operative volte ad assicurare i primi interventi al verificarsi  degli eventi calamitosi, da effettuarsi a cura degli organi statali in  concorso con le Regioni e ciò, sia con riferimento alla direzione  unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello provinciale  attraverso l’adozione di tutti i provvedimenti ritenuti necessari, sia  vigilando sull’attuazione, da parte delle strutture provinciali di  protezione civile, dei servizi urgenti, anche di natura tecnica. In effetti, l’art. 2, comma 1, della legge n. 225 del  1992 ripartisce gli eventi calamitosi, ai fini dell’attività di  protezione civile, in tre categorie: a) quelli che possono essere  fronteggiati mediante interventi attuabili dai singoli enti e  amministrazioni competenti in via ordinaria; b) quelli che per loro  natura ed estensione comportano l’intervento coordinato di più enti o  amministrazioni competenti in via ordinaria; c) quelli che, per  intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri  straordinari. Il successivo art. 14 della stessa legge n. 225  stabilisce le competenze del Prefetto, prevedendo che, al verificarsi di  un evento calamitoso di cui alle lettere b) e c) del comma 1 dell’art.  2, esso, tra l’altro, predispone il piano per fronteggiare l’emergenza  su tutto il territorio della Provincia, ne cura l’attuazione e assume la  direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello  provinciale, coordinandoli con gli interventi dei sindaci dei comuni  interessati e vigilando sulla loro l’attuazione. E’ successivamente intervenuto il decreto-legge n. 343  del 2001, il quale, all’art. 5, comma 1, dispone che il Presidente del  Consiglio dei Ministri determina le politiche di protezione civile,  detiene i poteri di ordinanza nella stessa materia, promuove e coordina  le attività delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato,  delle Regioni, delle Province, dei Comuni, degli enti pubblici nazionali  e territoriali e di ogni altra istituzione ed organizzazione pubblica e  privata presente sul territorio nazionale, finalizzate alla tutela  dell’integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell’ambiente  dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da  catastrofi e da altri grandi eventi, che determinino situazioni di grave  rischio. Il comma 4 dello stesso art. 5 stabilisce che il  Presidente del Consiglio dei Ministri si avvale del Dipartimento della  protezione civile che promuove, tra l’altro, «l’attività  tecnico-operativa, volta ad assicurare i primi interventi, effettuati in  concorso con le regioni e da queste in raccordo con i prefetti e con i  Comitati provinciali di protezione civile, fermo restando quanto  previsto dall’articolo 14 della legge 24 febbraio 1992, n. 225». Orbene, l’art. 15, commi 1 e 2, della legge reg. Veneto  n. 7 del 2011, prevedendo che, per gli eventi di cui all’art. 2, comma  1, lettera b), della legge n. 225 del 1992, «il presidente della  provincia è autorità di protezione civile, responsabile  dell’organizzazione generale dei soccorsi a livello provinciale» e che,  per consentire il coordinamento e l’adozione degli interventi in  questione, i sindaci e i presidenti delle comunità montane forniscono  alle sale operative delle Province gli elementi utili per la conoscenza  dell’evento e per l’assunzione delle iniziative necessarie, configura la  competenza del Presidente della Provincia in termini ampi e generali,  tale da comprendere anche le attribuzioni riservate al Prefetto dalla  normativa statale. Conseguentemente deve essere dichiarata l’illegittimità  dell’art. 15, commi 1 e 2, della legge reg. Veneto n. 7 del 2011, nella  parte in cui, nel sostituire l’art. 16, comma 1, della legge reg. Veneto  n. 58 del 1984 e nell’introdurre nel medesimo art. 16 il comma 1-bis,  prevede che il Presidente della Provincia sia autorità di protezione  civile, responsabile dell’organizzazione generale dei soccorsi a livello  provinciale, nei casi di emergenza di protezione civile per gli eventi  di cui all’art. 2, comma 1, lettera b), della legge n. 225 del 1992. Resta assorbito l’altro profilo di illegittimità prospettato dal ricorrente. per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo  4, comma 1, della legge della Regione Veneto 18 marzo 2011, n. 7 (Legge  finanziaria regionale per l’esercizio 2011); dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo  15, commi 1 e 2, della legge della Regione Veneto n. 7 del 2011, nella  parte in cui, nel sostituire l’articolo 16, comma 1, della legge della  Regione Veneto 27 novembre 1984, n. 58 (Disciplina degli interventi  regionali in materia di protezione civile), e nell’introdurre nel  medesimo articolo 16 il comma 1-bis, prevede che il Presidente della  Provincia sia autorità di protezione civile, responsabile  dell’organizzazione generale dei soccorsi a livello provinciale nei casi  di emergenza di protezione civile, per gli eventi di cui all’art. 2,  comma 1, lettera b), della legge 24 febbraio 1992, n. 225 (Istituzione  del servizio nazionale della protezione civile). Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 aprile 2012. F.to: Franco GALLO, Presidente Luigi MAZZELLA, Redattore Gabriella MELATTI, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 12 aprile 2012. Il Direttore della Cancelleria F.to: MELATTI
 
 
 
                    



