Corte di giustizia (Quarta Sezione) 9 marzo 2023

«Impugnazione – Definizione di un elenco di sostanze soggette ad autorizzazione – Regolamento (CE) n. 1907/2006 – Allegato XIV – Elenco delle sostanze identificate per l’eventuale inclusione nell’allegato XIV – Aggiornamento dell’inclusione della sostanza bisfenolo A come “sostanza estremamente preoccupante”»

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

9 marzo 2023 (*)

«Impugnazione – Definizione di un elenco di sostanze soggette ad autorizzazione – Regolamento (CE) n. 1907/2006 – Allegato XIV – Elenco delle sostanze identificate per l’eventuale inclusione nell’allegato XIV – Aggiornamento dell’inclusione della sostanza bisfenolo A come “sostanza estremamente preoccupante”»

Nella causa C‑119/21 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 25 febbraio 2021,

PlasticsEurope AISBL, con sede in Bruxelles (Belgio), rappresentata da R. Cana e E. Mullier, avocates,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA), rappresentata da W. Broere e A. Hautamäki, in qualità di agenti, assistiti da S. Raes, advocaat,

convenuta in primo grado,

Repubblica federale di Germania, rappresentata inizialmente da J. Möller e D. Klebs, in qualità di agenti, successivamente da M. Möller, in qualità di agente,

Repubblica francese, rappresentata da G. Bain e T. Stéhelin, in qualità di agenti,

ClientEarth, con sede in Londra (Regno Unito), rappresentata da P. Kirch, avocat,

intervenienti in primo grado,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da C. Lycourgos, presidente di sezione, L.S. Rossi, J.-C. Bonichot, S. Rodin (relatore), e O. Spineanu-Matei, giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’8 settembre 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la sua impugnazione, PlasticsEurope AISBL, un’associazione che rappresenta gli interessi dei produttori europei di materie plastiche, chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea, del 16 dicembre 2020, PlasticsEurope/ECHA (T‑207/18; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2020:623), con cui quest’ultimo ha respinto il suo ricorso diretto all’annullamento della decisione ED/01/2018 del direttore esecutivo dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA), del 3 gennaio 2018 (in prosieguo: la «decisione controversa»), con la quale la voce esistente, relativa al bisfenolo A, nell’elenco delle sostanze candidate ai fini dell’eventuale inclusione nell’allegato XIV del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un’Agenzia europea per le sostanze chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1488/94 della Commissione, nonché la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive della Commissione 91/155/CEE, 93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE (GU 2006, L 396, pag. 1, rettifica in GU 2007, L 136, pag. 3), come modificato dal regolamento (UE) n. 253/2011 della Commissione, del 15 marzo 2011 (GU 2011, L 69, pag. 7) (in prosieguo: il «regolamento REACH»), è stata integrata nel senso che il bisfenolo A è stato identificato anche come una delle sostanze rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 57, lettera f), del regolamento REACH, ossia quelle che possono avere effetti gravi per l’ambiente, per le proprietà che perturbano il sistema endocrino, e che danno adito ad un livello di preoccupazione equivalente a quella suscitata dalle altre sostanze di cui all’articolo 57, lettere da a) a e), del medesimo regolamento.

 Contesto normativo

2        L’articolo 2 del regolamento REACH, intitolato «Applicazione», dispone, al paragrafo 8, lettera b), che le sostanze intermedie isolate in sito e le sostanze intermedie isolate trasportate sono esentate dalle disposizioni del titolo VII di tale regolamento il quale assoggetta ad un regime d’autorizzazione le sostanze estremamente preoccupanti ai sensi di tale regolamento.

3        L’articolo 3 di tale regolamento, rubricato «Definizioni», così prevede al punto 15:

«sostanza intermedia: una sostanza fabbricata, consumata o utilizzata per essere trasformata, mediante un processo chimico, in un’altra sostanza (in seguito denominata “sintesi”):

a)      sostanza intermedia non isolata, una sostanza intermedia che durante la sintesi non è intenzionalmente rimossa (tranne che per il prelievo di campioni) dalle apparecchiature in cui la sintesi ha luogo. Tali apparecchiature comprendono il recipiente di reazione con i suoi accessori e le apparecchiature attraverso cui la o le sostanze passano durante un processo a flusso continuo o a lotti, nonché le tubazioni mediante cui la o le sostanze sono trasferite da un recipiente ad un altro in cui si produce la fase successiva della reazione; non comprendono invece il serbatoio o altri recipienti in cui la o le sostanze sono conservate dopo essere state fabbricate;

b)      sostanza intermedia isolata in sito, una sostanza intermedia che non presenta le caratteristiche che definiscono una sostanza intermedia non isolata e nel caso in cui la fabbricazione della sostanza intermedia e la sintesi di una o più altre sostanze derivate da essa avvengono nello stesso sito, gestito da una o più persone giuridiche;

c)      sostanza intermedia isolata trasportata, una sostanza intermedia che non presenta le caratteristiche che definiscono una sostanza intermedia non isolata e che è trasportata tra altri siti o fornita ad altri siti».

4        L’articolo 7 del suddetto regolamento, intitolato «Registrazione e notifica delle sostanze contenute in articoli», al suo paragrafo 2 prevede quanto segue:

«Ogni produttore o importatore di articoli notifica all’[ECHA], a norma del paragrafo 4 del presente articolo, se una sostanza soddisfa i criteri di cui all’articolo 57 ed è identificata a norma dell’articolo 59, paragrafo 1, se sono soddisfatte le due seguenti condizioni:

a)      la sostanza è contenuta in tali articoli in quantitativi superiori ad 1 tonnellata all’anno per produttore o importatore;

b)      la sostanza è contenuta in tali articoli in concentrazione superiore allo 0,1% in peso/peso».

5        L’articolo 17 del regolamento REACH, intitolato «Registrazione di sostanze intermedie isolate in sito», al paragrafo 3 così dispone:

«Il paragrafo 2 si applica unicamente alle sostanze intermedie isolate in sito se il fabbricante conferma che la sostanza è fabbricata e usata solo in condizioni rigidamente controllate, in quanto rigorosamente confinata mediante dispositivi tecnici durante tutto il suo ciclo di vita. Si applicano tecniche procedurali e di controllo per ridurre al minimo le emissioni e l’esposizione che ne risulta.

Se tali condizioni non sono soddisfatte, la registrazione comprende le informazioni di cui all’articolo 10».

6        L’articolo 18 di detto regolamento, rubricato «Registrazione di sostanze intermedie isolate trasportate», al paragrafo 4 prevede quanto segue:

«I paragrafi 2 e 3 si applicano soltanto alle sostanze intermedie isolate trasportate se il fabbricante o l’importatore conferma direttamente o dichiara di aver ricevuto conferma da parte dell’utilizzatore che la sintesi di una o più altre sostanze derivate da tale sostanza intermedia viene effettuata in altri siti, nelle seguenti condizioni rigorosamente controllate: (...)».

7        Ai sensi dell’articolo 33 di tale regolamento, intitolato «Obbligo di comunicare informazioni sulle sostanze presenti negli articoli»:

«1.      Il fornitore di un articolo contenente una sostanza che risponde ai criteri di cui all’articolo 57 ed è stata identificata a norma dell’articolo 59, paragrafo 1, in concentrazioni superiori allo 0,1% in peso/peso fornisce al destinatario dell’articolo informazioni, in possesso del fornitore, sufficienti a consentire la sicurezza d’uso dell’articolo e comprendenti, quanto meno, il nome della sostanza.

2.      Su richiesta di un consumatore, il fornitore di un articolo contenente una sostanza che risponde ai criteri di cui all’articolo 57 ed è stata identificata a norma dell’articolo 59, paragrafo 1, in concentrazioni superiori allo 0,1% in peso/peso fornisce al consumatore informazioni, in possesso del fornitore, sufficienti a consentire la sicurezza d’uso dell’articolo e comprendenti, quanto meno, il nome della sostanza.

Le informazioni in questione sono comunicate gratuitamente entro 45 giorni dal ricevimento della richiesta».

8        L’articolo 57 del medesimo regolamento, intitolato «Sostanze da includere nell’allegato XIV», è così formulato:

«Le sostanze seguenti possono essere incluse nell’allegato XIV secondo la procedura di cui all’articolo 58:

a)      le sostanze che rispondono ai criteri di classificazione nella classe di pericolo cancerogenicità, categoria 1A o 1B, di cui al punto 3.6 dell’allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008;

b)      le sostanze che rispondono ai criteri di classificazione nella classe di pericolo mutagenicità sulle cellule germinali, categoria 1A o 1B, di cui al punto 3.5 dell’allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008;

c)      le sostanze che rispondono ai criteri di classificazione nella classe di pericolo tossicità per la riproduzione, categoria 1A o 1B, effetti nocivi sulla funzione sessuale e la fertilità o sullo sviluppo di cui al punto 3.7 dell’allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008;

d)      le sostanze che sono persistenti, bioaccumulabili e tossiche, secondo i criteri di cui all’allegato XIII del presente regolamento;

e)      le sostanze che sono molto persistenti e molto bioaccumulabili, secondo i criteri di cui all’allegato XIII del presente regolamento;

f)      le sostanze come quelle aventi proprietà che perturbano il sistema endocrino o quelle aventi proprietà persistenti, bioaccumulabili e tossiche o molto persistenti e molto bioaccumulabili, che non rispondono ai criteri di cui alle lettere d) o e), per le quali è scientificamente comprovata la probabilità di effetti gravi per la salute umana o per l’ambiente che danno adito ad un livello di preoccupazione equivalente a quella suscitata dalle altre sostanze di cui alle lettere da a) a e), e che sono identificate in base ad una valutazione caso per caso secondo la procedura di cui all’articolo 59».

9        L’articolo 59 del regolamento REACH, intitolato «Identificazione delle sostanze di cui all’articolo 57», ai paragrafi 3, 4, 7 e 8 enuncia quanto segue:

«3.      Ogni Stato membro può predisporre un fascicolo a norma dell’allegato XV per le sostanze che, a suo giudizio, rispondono ai criteri di cui all’articolo 57 e trasmetterlo all’[ECHA]. Il fascicolo può essere limitato, se del caso, a un riferimento a una voce dell’allegato VI, parte 3, del regolamento (CE) n. 1272/2008. L’[ECHA] mette il fascicolo a disposizione degli altri Stati membri entro trenta giorni dalla ricezione.

4.      L’[ECHA] pubblica sul suo sito web un avviso dell’avvenuta predisposizione a norma dell’allegato XV di un fascicolo per una sostanza. L’[ECHA] invita tutte le parti interessate a trasmetterle osservazioni entro un termine stabilito.

(...)

7.      Qualora vengano formulate o ricevute osservazioni, l’[ECHA] rinvia il fascicolo al comitato degli Stati membri entro quindici giorni dallo scadere del periodo di sessanta giorni di cui al paragrafo 5.

8.      Se, entro trenta giorni da tale rinvio, il comitato degli Stati membri giunge ad un accordo unanime sull’identificazione, l’[ECHA] include la sostanza nell’elenco di cui al paragrafo 1. Essa può includere tale sostanza nelle raccomandazioni che formula a norma dell’articolo 58, paragrafo 3».

10      Il regolamento REACH contiene un allegato XI, intitolato «Norme generali per l’adattamento del regime di sperimentazione standard di cui agli allegati da VII a X», il cui punto 1.2., intitolato «Peso dell’evidenza», così recita:

«L’ipotesi/conclusione che una sostanza presenta o non presenta una particolare proprietà pericolosa può essere basata su una sufficiente evidenza desunta da varie fonti d’informazione indipendenti, mentre le informazioni provenienti da ciascuna fonte considerata singolarmente sono giudicate insufficienti a sostegno di tale assunto.

Il ricorso a nuovi metodi di prova non ancora inclusi nei metodi di prova di cui all’articolo 13, paragrafo 3, o a un metodo di prova internazionale riconosciuto dalla Commissione [europea] o dall’[ECHA] come equivalente, può fornire un peso dell’evidenza sufficiente per giungere alla conclusione che una sostanza presenta o non presenta una particolare proprietà pericolosa.

Quando il peso dell’evidenza è sufficiente per stabilire la presenza o assenza di una particolare proprietà pericolosa:

–        non è effettuata la sperimentazione supplementare su animali vertebrati per quanto riguarda tale proprietà,

–        può essere omessa la sperimentazione supplementare che non utilizza animali vertebrati.

In tutti i casi deve essere fornita una documentazione adeguata e attendibile».

 Fatti

11      Il bisfenolo A [2,2-bis(4-idrossifenil)propano o 4,4’-isopropilidendifenolo, n. CE 201-245-8, n. CAS 0000080-05-7] è una sostanza utilizzata principalmente in quanto sostanza intermedia, come monomero nella fabbricazione di polimeri come il policarbonato e le resine epossidiche. Inoltre, il bisfenolo A può essere utilizzato a fini non intermedi, in particolare nella fabbricazione della carta termica.

12      Il 4 gennaio 2017, l’ECHA ha adottato la decisione ED/01/2017 con la quale è stato considerato che il bisfenolo A dovesse essere incluso nell’elenco delle sostanze candidate da includere nell’allegato XIV del regolamento REACH (in prosieguo: l’«elenco delle sostanze candidate»), in base al rilievo che tale sostanza era stata identificata come «nella classe di pericolo tossicità per la riproduzione» ai sensi dell’articolo 57, lettera c), del medesimo regolamento.

13      Il 6 luglio 2017 l’ECHA ha adottato la decisione ED/30/2017, con la quale è stata integrata la voce esistente relativa alla sostanza bisfenolo A nell’elenco delle sostanze candidate. Tale sostanza è stata, infatti, identificata anche come una delle sostanze rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 57, lettera f), ossia quelle aventi proprietà che perturbano il sistema endocrino e possono avere effetti gravi sulla salute umana che danno adito ad un livello di preoccupazione equivalente a quella suscitata dalle altre sostanze di cui all’articolo 57, lettere da a) a e), del medesimo regolamento.

14      Il 29 agosto 2017 l’Umweltbundesamt (Ufficio federale per l’ambiente, Germania) ha presentato, ai sensi dell’articolo 59, paragrafo 3, del regolamento REACH, un fascicolo conformemente a quanto disposto dall’allegato XV di tale regolamento (in prosieguo: il «fascicolo elaborato conformemente all’allegato XV»), proponendo che il bisfenolo A fosse identificato anche come sostanza che perturba il sistema endocrino per la quale è scientificamente comprovata la probabilità di effetti gravi per l’ambiente, ai sensi dell’articolo 57, lettera f), del regolamento in parola.

15      Il 5 settembre 2017 l’ECHA ha pubblicato il fascicolo elaborato conformemente all’allegato XV.

16      Lo stesso giorno, conformemente all’articolo 59, paragrafo 4, del regolamento REACH, l’ECHA ha invitato tutte le parti interessate a presentare le loro osservazioni sul suddetto fascicolo.

17      Il 20 ottobre 2017 la ricorrente, in nome dei suoi membri, ha presentato osservazioni su detto fascicolo.

18      In seguito, l’Ufficio federale per l’ambiente ha preparato un documento, datato 14 dicembre 2017, che conteneva le sue risposte a tutti i commenti riguardanti l’identificazione del bisfenolo A ricevuti dall’ECHA durante la consultazione pubblica.

19      L’ECHA ha trasmesso il fascicolo contenente i commenti relativi all’identificazione del bisfenolo A al comitato degli Stati membri (in prosieguo: il «CSM»), conformemente all’articolo 59, paragrafo 7, del regolamento REACH. Il CSM ha ricevuto il fascicolo elaborato conformemente all’allegato XV, un progetto di accordo del CSM e un documento di lavoro contenente la valutazione delle proprietà intrinseche del bisfenolo A ai fini della sua identificazione ai sensi dell’articolo 57, lettera f), di detto regolamento (in prosieguo: il «documento di supporto»).

20      Nella sua 57a riunione, tenutasi dall’11 al 15 dicembre 2017, il CSM ha raggiunto un accordo unanime sull’identificazione del bisfenolo A come sostanza che soddisfa tali criteri. Quattro Stati membri si sono astenuti dal voto. I motivi dell’identificazione del bisfenolo A sono stati esposti in una versione modificata del documento di supporto, quale adottata il 14 dicembre 2017.

21      Anzitutto, il documento di supporto, nella sua versione finale, conclude, sulla base di un’analisi di una moltitudine di studi, che il bisfenolo A soddisfa la definizione di interferente endocrino quale stabilita a livello dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e interpretata dal gruppo consultivo di esperti in materia di interferenti endocrini della Commissione. Più in particolare, il suddetto documento conclude che i dati in vitro e in vivo analizzati indicano che il bisfenolo A agisce come agonista dell’estrogeno in alcune specie di pesci e come antagonista tiroideo in alcune specie di anfibi.

22      Tale documento constata inoltre che le analisi di diversi taxa di invertebrati dimostrano che è possibile che gravi effetti del bisfenolo A derivino dalla modalità d’azione endocrina.

23      Infine, in esso è indicato che gli effetti del bisfenolo A sui pesci e sugli anfibi sono considerati tali da suscitare un livello di preoccupazione equivalente a quella suscitata dalle altre sostanze elencate all’articolo 57, lettere da a) a e), del regolamento REACH, ossia le sostanze cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione, o ancora le sostanze che sono persistenti, bioaccumulabili e tossiche (in prosieguo: le «sostanze PBT») e quelle molto persistenti e molto bioaccumulabili (in prosieguo: le «sostanze vPvB»). A tali fini, nella sua versione finale il documento di supporto menziona, segnatamente, la gravità e l’irreversibilità degli effetti sugli organismi e sulle popolazioni nonché le difficoltà riscontrate nel determinare un livello sicuro di esposizione al bisfenolo A.

24      Il 3 gennaio 2018, a seguito dell’accordo unanime all’interno del CSM e conformemente all’articolo 59, paragrafo 8, del regolamento REACH, l’ECHA ha adottato la decisione controversa, con la quale è stata integrata la voce esistente relativa alla sostanza bisfenolo A nell’elenco delle sostanze candidate nel senso che tale sostanza rientra altresì, per le ragioni esposte nel documento di supporto, tra le sostanze di cui all’articolo 57, lettera f), ossia quelle aventi proprietà che perturbano il sistema endocrino e che possono avere effetti gravi per l’ambiente che danno adito ad un livello di preoccupazione equivalente a quella suscitata dalle altre sostanze di cui all’articolo 57, lettere da a) a e), di detto regolamento.

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

25      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 23 marzo 2018, la ricorrente ha proposto un ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa.

26      A sostegno del ricorso, la ricorrente ha dedotto quattro motivi. Il primo motivo verteva sull’esistenza di vari errori manifesti di valutazione nell’identificazione del bisfenolo A come sostanza estremamente problematica ai sensi dell’articolo 57, lettera f), del regolamento REACH. Con il secondo motivo, la ricorrente ha dedotto la violazione dell’articolo 59 del suddetto regolamento, in combinato disposto con l’articolo 57, lettera f), dello stesso regolamento. Il terzo motivo verteva su una violazione dell’articolo 2, paragrafo 8, lettera b), di detto regolamento. Con il suo quarto motivo, la ricorrente aveva dedotto una violazione del principio di proporzionalità.

27      Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto detto ricorso.

 Conclusioni delle parti dinanzi alla Corte

28      La ricorrente chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata;

–        annullare la decisione controversa;

–        in subordine, rinviare la causa al Tribunale affinché si pronunci sul suo ricorso di annullamento, e

–        condannare l’ECHA alle spese, comprese quelle del procedimento dinanzi al Tribunale, incluse quelle delle parti intervenienti.

29      L’ECHA chiede che la Corte voglia:

–        respingere l’impugnazione e

–        condannare la ricorrente alle spese.

30      La Repubblica federale di Germania chiede che la Corte voglia:

–        respingere l’impugnazione e

–        condannare la ricorrente alle spese.

31      La Repubblica francese chiede alla Corte di respingere l’impugnazione.

32      La ClientEarth chiede che la Corte voglia:

–        respingere l’impugnazione e

–        condannare la ricorrente a sopportare le proprie spese, le spese dell’ECHA, della Repubblica francese e le sue spese, comprese quelle sostenute in primo grado.

 Sull’impugnazione

33      A sostegno della propria impugnazione la ricorrente deduce cinque motivi.

34      Il primo motivo verte su vari errori di diritto in cui sarebbe incorso il Tribunale nell’ambito del controllo che esso è tenuto ad esercitare sulla valutazione, da parte dell’ECHA, degli elementi di prova scientifici ai fini dell’applicazione dell’articolo 57, lettera f), del regolamento REACH. Tale motivo comprende quattro parti vertenti sul controllo esercitato dal Tribunale per quanto riguarda, anzitutto, la mancata presa in considerazione, da parte dell’ECHA, di studi attendibili e pertinenti che contraddicono la sua decisione finale, inoltre, la presa in considerazione, da parte dell’ECHA, di studi aventi uno scarso grado di attendibilità che suffragano la sua decisione finale, altresì, la concessione, da parte dell’ECHA, di un peso maggiore agli studi che suffragano la sua decisione finale e, infine, la mancata presa in considerazione, da parte dell’ECHA, degli studi relativi al bisfenolo A realizzati da altre agenzie e istituzioni dell’Unione.

35      Il secondo motivo verte sull’erronea interpretazione dell’articolo 57, lettera f), del regolamento REACH, sullo snaturamento delle memorie della ricorrente e sulla violazione del diritto di essere ascoltati.

36      Il terzo motivo verte su errori di diritto in cui sarebbe incorso il Tribunale nella valutazione degli elementi di prova relativi all’attendibilità di studi scientifici nonché su un asserito snaturamento degli elementi di prova.

37      Il quarto motivo verte sull’erronea interpretazione del principio di precauzione.

38      Il quinto motivo verte sull’erronea interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 8, lettera b), del regolamento REACH e sulla violazione dell’obbligo di motivazione.

 Sul primo motivo, vertente su vari errori di diritto del Tribunale in sede del controllo che il Tribunale è tenuto ad esercitare sulla valutazione, da parte dell’ECHA, degli elementi di prova scientifici ai fini dell’applicazione dell’articolo 57, lettera f), del regolamento REACH

 Sulla prima parte del primo motivo, relativa al controllo esercitato dal Tribunale per quanto riguarda la mancata presa in considerazione, da parte dell’ECHA, di studi attendibili e pertinenti che contraddicono la sua decisione finale

–       Argomenti delle parti

39      Con la prima parte del primo motivo, la ricorrente fa valere che il Tribunale, al punto 64 della sentenza impugnata, ha proceduto ad un’interpretazione e un’applicazione erronee del principio dell’eccellenza scientifica, della nozione di «valore probatorio degli elementi di prova» e dell’obbligo incombente all’ECHA di tener conto di tutte le informazioni pertinenti.

40      Avendo considerato, in tale punto 64, che «un errore manifesto di valutazione può essere riscontrato solo se l’ECHA avesse completamente ed erroneamente ignorato uno studio attendibile la cui inclusione avrebbe alterato la valutazione complessiva degli elementi di prova in modo tale che la decisione [controversa] sarebbe stata priva di plausibilità», il Tribunale avrebbe consentito all’ECHA di non tener conto di studi scientifici attendibili purché non lo avesse fatto «completamente ed erroneamente». Così facendo, il Tribunale avrebbe travisato la portata del suo controllo giurisdizionale delle decisioni dell’ECHA pur se tale controllo è limitato all’esistenza di errori manifesti di valutazione. Qualora uno studio sia attendibile e pertinente, i risultati di detto studio dovrebbero essere presi in considerazione nell’ambito della valutazione dell’efficacia probatoria degli elementi di prova, tenuto conto dell’obbligo dell’ECHA di prendere in considerazione tutte le informazioni pertinenti.

41      La sentenza impugnata fisserebbe, inoltre, un livello di prova inaccettabile e irrealizzabile in materia di contestazione dell’efficacia probatoria degli elementi di prova presi in considerazione dall’ECHA, nell’ambito della sua valutazione a norma dell’articolo 57, lettera f), del regolamento REACH, facendo così gravare sulla ricorrente l’onere della prova di dimostrare, da un lato, che l’ECHA ha completamente e erroneamente ignorato uno studio, e, dall’altro, che la presa in considerazione di tale studio avrebbe modificato la valutazione globale degli elementi di prova in modo tale che la decisione finale dell’ECHA sarebbe stata privata di plausibilità.

42      Un requisito siffatto sarebbe altresì contrario alla ratio legis e alla nozione di «valore probatorio», quale definita al punto 1.2 dell’allegato XI di tale regolamento. Una valutazione dell’efficacia probatoria degli elementi di prova si applicherebbe, infatti, per definizione, quando vi è più di uno studio che giustifica una conclusione e quindi un solo studio non è mai sufficiente per inficiare la conclusione alla quale perviene l’ECHA. Secondo la ricorrente, qualsiasi mancata considerazione dei risultati di uno studio scientifico attendibile relativo al bisfenolo A, che sono rilevanti per la proprietà che viene esaminata nell’ambito di una valutazione dell’efficacia probatoria degli elementi di prova, costituisce un errore manifesto di valutazione, un inadempimento dell’obbligo incombente all’ECHA di tener conto di tutte le informazioni pertinenti e una violazione del principio dell’eccellenza scientifica.

43      L’ECHA, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica francese e la ClientEarth contestano l’argomentazione della ricorrente e fanno valere che la prima parte del primo motivo è infondata.

–       Giudizio della Corte

44      Si deve constatare che l’argomento sviluppato dalla ricorrente nell’ambito della prima parte del suo primo motivo deriva da una lettura erronea dei pertinenti punti della motivazione della sentenza impugnata.

45      Al punto 62 della sentenza impugnata, il Tribunale ha giustamente ritenuto che all’ECHA debba essere riconosciuto un ampio potere discrezionale ai fini dell’individuazione delle sostanze estremamente preoccupanti ai sensi dell’articolo 57, lettera f), del regolamento REACH, in considerazione delle valutazioni scientifiche e tecniche estremamente complesse che detta agenzia deve effettuare in tale contesto (v., per analogia, sentenze del 22 novembre 2017, Commissione/Bilbaína de Alquitranes e a., C‑691/15 P, EU:C:2017:882, punto 34, e del 15 ottobre 2020, Deza/Commissione, C‑813/18 P, non pubblicata, EU:C:2020:832, punto 40).

46      A tal proposito occorre ricordare che, poiché le autorità dell’Unione dispongono di un ampio potere discrezionale, segnatamente per quanto riguarda la valutazione degli elementi di fatto di ordine scientifico e tecnico altamente complessi per determinare la natura e la portata delle misure che esse adottano in tale ambito, il sindacato del giudice dell’Unione deve limitarsi a esaminare che l’esercizio di siffatto potere non sia viziato da un errore manifesto o da uno sviamento di potere o ancora che dette autorità non abbiano manifestamente oltrepassato i limiti del loro potere discrezionale. In un contesto siffatto, il giudice dell’Unione non può, infatti, sostituire la sua valutazione degli elementi di fatto di ordine scientifico e tecnico a quella delle istituzioni cui il Trattato ha assegnato in via esclusiva tale compito (sentenze del 21 luglio 2011, Nickel Institute, C‑14/10, EU:C:2011:503, punto 60, e del 15 ottobre 2020, Deza/Commissione, C‑813/18 P, non pubblicata, EU:C:2020:832, punto 41).

47      L’ampio potere discrezionale delle autorità dell’Unione, che implica un sindacato giurisdizionale limitato del suo esercizio, non riguarda esclusivamente la natura e la portata delle disposizioni da adottare, ma anche, in una certa misura, l’accertamento dei dati di base. Tuttavia, siffatto controllo giurisdizionale, anche se ha portata limitata, richiede che le autorità dell’Unione, da cui promana l’atto di cui trattasi, siano in grado di dimostrare dinanzi al giudice dell’Unione che l’atto è stato adottato attraverso un effettivo esercizio del loro potere discrezionale, il quale presuppone la presa in considerazione di tutti gli elementi e di tutte le circostanze rilevanti della situazione che tale atto è inteso a disciplinare (ordinanza del 4 settembre 2014, Cindu Chemicals e a./ECHA, C‑289/13 P, non pubblicata, EU:T:2014:2175, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

48      Al punto 63 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che «[n]el caso di specie, l’identificazione della sostanza di cui trattasi come estremamente preoccupante è stata effettuata facendo ricorso all’approccio dell’efficacia probatoria degli elementi di prova. Secondo il punto 1.2 dell’allegato XI del regolamento [REACH], questo approccio è caratterizzato dal fatto che l’ipotesi che una sostanza abbia o meno una particolare proprietà pericolosa può essere validamente confermata da prove provenienti da diverse fonti di informazione indipendenti, anche se le informazioni provenienti da ciascuna di queste fonti, considerate isolatamente, possono essere insufficienti per consentire di formulare tale ipotesi o tale conclusione».

49      Il Tribunale ha poi sottolineato, a tale punto, che «l’identificazione di una sostanza secondo l’approccio dell’efficacia probatoria degli elementi di prova deve essere effettuata sulla base di dati completi che consentano all’autorità competente di esercitare il potere discrezionale di cui dispone ai sensi degli articoli 57 e 59 [di tale regolamento], tenendo conto di tutti gli elementi di prova disponibili al momento in cui l’autorità adotta la sua decisione».

50      È alla luce di tali principi, esposti dal Tribunale ai punti 62 e 63 della sentenza impugnata – e che la ricorrente non rimette in discussione nella sua impugnazione – che occorre esaminare la portata del punto 64 di tale sentenza. Il Tribunale ha giustamente considerato al suddetto punto 64 che, nell’ambito della valutazione dell’efficacia probatoria degli elementi di prova, l’ECHA può «escludere gli studi che non considera pertinenti per motivi plausibili legati alla coerenza interna della valutazione effettuata». È parimenti senza incorrere in errore che il Tribunale ha dichiarato che l’obbligo incombente all’ECHA di tener conto di tutte le prove pertinenti non implica che debbano necessariamente essere inclusi nella sua valutazione, tutti gli studi effettuati, indipendentemente dalla loro attendibilità o pertinenza, alla luce in particolare della circostanza che il bisfenolo A è una delle sostanze più studiate al mondo.

51      Nell’ultima frase del punto 64 della sentenza impugnata, il Tribunale dichiara che «un errore manifesto di valutazione può essere riscontrato solo se l’ECHA avesse completamente ed erroneamente ignorato uno studio attendibile la cui inclusione avrebbe alterato la valutazione complessiva degli elementi di prova in modo tale che la decisione finale sarebbe stata priva di plausibilità».

52      Contrariamente alle affermazioni della ricorrente, tale frase non può essere interpretata nel senso che il Tribunale ha considerato che, tenuto conto dell’ampio potere discrezionale di cui essa dispone, l’ECHA potesse ignorare gli elementi pertinenti di uno studio attendibile la cui presa in considerazione avrebbe modificato la valutazione globale degli elementi di prova in modo tale che la decisione finale non sarebbe stata plausibile. In particolare, i termini «completamente e erroneamente», interpretati alla luce del contesto in cui essi si inseriscono, riguardano proprio il caso in cui, nell’ambito della sua valutazione, l’ECHA fosse venuta meno al suo obbligo di tenere conto di tali elementi pertinenti, attendibili e decisivi. Per contro, non può costituire un errore manifesto di valutazione il fatto che l’ECHA abbia ignorato gli elementi non pertinenti di uno studio attendibile o elementi che non sarebbero stati in ogni caso idonei a modificare la valutazione globale in modo tale che la decisione finale non sarebbe stata plausibile.

53      Sulla base di tali considerazioni, il Tribunale di primo grado ha esaminato, ai punti da 66 a 70 della sentenza impugnata, se, alla luce dei diversi studi prodotti dalla ricorrente, l’ECHA avesse ignorato elementi rilevanti di uno studio attendibile la cui inclusione presa in considerazione avrebbe alterato la valutazione complessiva degli elementi di prova.

54      Come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 90 delle sue conclusioni, il Tribunale ha rilevato, ai punti 67 e 69 della sentenza impugnata, che l’ECHA aveva preso in considerazione, anche indirettamente, gli elementi pertinenti di due dei quattro studi addotti dalla ricorrente. Per quanto riguarda gli elementi degli studi addotti dalla ricorrente che non sono stati presi in considerazione dall’ECHA, il Tribunale ha effettivamente verificato, ai punti da 66 a 68 della sentenza impugnata, la valutazione dell’ECHA quanto all’irrilevanza di tali elementi. Così facendo, il Tribunale non ha travisato la portata del controllo giurisdizionale ad esso incombente in forza della giurisprudenza ricordata ai punti da 45 a 47 della presente sentenza.

55      Per quanto riguarda l’asserito errore di diritto in cui sarebbe incorso il Tribunale relativamente all’onere della prova gravante sulla ricorrente, è sufficiente rilevare che tale argomento deriva dalla medesima lettura erronea dei punti pertinenti della motivazione della sentenza impugnata, individuata al punto 52 della presente sentenza.

56      Pertanto, la prima parte del primo motivo deve essere respinta in quanto infondata.

 Sulla seconda parte del primo motivo, relativa al controllo esercitato dal Tribunale per quanto riguarda la presa in considerazione, da parte dell’ECHA, di studi aventi uno scarso grado di attendibilità che suffragavano la sua decisione finale

–       Argomenti delle parti

57      Con la seconda parte del primo motivo, la ricorrente contesta al Tribunale di aver considerato, al punto 82 della sentenza impugnata, che l’ECHA poteva invocare studi aventi uno scarso grado di attendibilità per identificare il bisfenolo A come sostanza estremamente preoccupante. Orbene, lo scarso grado di attendibilità di uno studio osterebbe in maniera assoluta e generale a che esso sia preso in considerazione.

58      Pur se la ricorrente non contesta il fatto che studi non standard possono essere presi in considerazione come elementi di prova, essa sostiene, per contro, che il Tribunale è incorso in un errore di diritto nel considerare che l’ECHA potesse tener conto, come elementi di prova, di studi scarsamente attendibili, se non addirittura non attendibili, per fondare la decisione controversa.

59      Concedendo all’ECHA un margine di manovra di questo tipo, la sentenza impugnata consentirebbe a tale agenzia di procedere ad una selezione arbitraria di dati scientifici e di scegliere tra di essi quelli che corroborano la sua ipotesi. Secondo la ricorrente, l’ECHA non può in nessun caso fondarsi sui risultati di studi non attendibili o con uno scarso grado di attendibilità, per convalidare la sua conclusione, potendo essere utilizzati a tal fine solo gli studi chiave. Orbene, il Tribunale avrebbe a torto ritenuto, ai punti 168, 169, 174 e 184 della sentenza impugnata, che l’ECHA potesse prendere in considerazione siffatti studi non attendibili o aventi uno scarso grado di attendibilità, non solo come studi «a sostegno», ma anche come studi chiave.

60      Secondo la ricorrente, gli studi che hanno uno scarso grado di attendibilità o non attendibili sono studi che non soddisfano i requisiti generali di qualità scientifica stabiliti dagli organismi scientifici affinché i loro risultati siano presi in considerazione come elementi di prova scientifici. Gli studi non standard non dovrebbero essere automaticamente esclusi, ma potrebbero essere non attendibili e non pertinenti, ad esempio, nel caso in cui la loro metodologia non sia adeguatamente documentata né giustificata o in cui essi sono stati realizzati sulla base di un’errata concezione di studio. Per contro, dati scientifici di pessima qualità non potrebbero essere invocati quali elementi scientifici di prova per giustificare decisioni dell’ECHA.

61      L’ECHA, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica francese e la ClientEarth contestano l’argomentazione della ricorrente e sostengono che la seconda parte del primo motivo è infondata.

–       Giudizio della Corte

62      Ai punti da 71 a 90 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato la censura con la quale la ricorrente ha criticato la presa in considerazione, da parte dell’ECHA, di studi «non standard» o «esplorativi», ossia studi che non sarebbero stati effettuati secondo i metodi convalidati a livello nazionale o internazionale.

63      Al punto 76 di tale sentenza, il Tribunale ha ricordato che «l’ECHA [era] giunta all’identificazione del bisfenolo A come sostanza estremamente problematica ai sensi dell’articolo 57, lettera f), del regolamento [REACH, seguendo l’approccio dell’efficacia probatoria degli elementi di prova», il quale impone che l’autorità competente prenda in considerazione «tutti gli elementi di prova pertinenti».

64      Al termine di un’analisi delle disposizioni pertinenti del suddetto regolamento il Tribunale ha dichiarato, al punto 82 di tale sentenza, «che i dati non standard o non convalidati possono supportare conclusioni sulle proprietà intrinseche di una determinata sostanza atteso che l’ECHA segua l’approccio dell’efficacia probatoria degli elementi di prova nell’identificazione di una sostanza come estremamente problematica». Il Tribunale ha poi precisato, allo stesso punto, che è «inerente a tale approccio che il loro carattere non standard e, eventualmente, la loro scarsa attendibilità debbano essere presi in considerazione al momento della ponderazione degli elementi di prova al fine di accertare le proprietà intrinseche di una sostanza, senza che la scarsa attendibilità di un determinato studio osti in modo assoluto e generale alla sua presa in considerazione nell’identificazione di una sostanza ai sensi dell’articolo 57, lettera f), del regolamento [REACH]».

65      Detto punto deve essere letto congiuntamente al punto 106 della sentenza impugnata, dal quale risulta che il documento di supporto, nella sua versione finale, ha identificato gli studi chiave in funzione della loro attendibilità e della loro pertinenza. Studi attendibili che offrono maggiori informazioni sulla modalità d’azione endocrina e i suoi effetti sono qualificati nel documento di supporto come «studi chiave», mentre gli studi aventi un’attendibilità meno elevata e che presentano meno informazioni sulla modalità d’azione endocrina sono solo a sostegno delle conclusioni tratte principalmente dagli studi chiave e contribuiscono quindi all’efficacia probatoria degli elementi di prova.

66      Da quanto precede risulta che il Tribunale ha ritenuto che l’ECHA potesse tener conto, nella valutazione dell’efficacia probatoria degli elementi di prova di cui essa dispone, di studi aventi gradi variabili di attendibilità, all’espressa condizione che il loro grado di attendibilità fosse preso in considerazione al momento della ponderazione degli elementi di prova, in modo da attribuire un’importanza preponderante agli studi più attendibili. Così facendo, il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente.

67      Sulla base di tali considerazioni, è ancora una volta senza incorrere in errori di diritto che il Tribunale ha dichiarato, ai punti 168, 169, 174, 175 e 184 della sentenza impugnata, che l’ECHA potesse prendere in considerazione taluni studi aventi uno scarso grado di attendibilità, segnatamente, quando tali studi fungevano da sostegno di conclusioni tratte da studi dotati di un valore probatorio più elevato e costituenti studi chiave.

68      Pertanto, la seconda parte del primo motivo deve essere respinta in quanto infondata.

  Sulla terza parte del primo motivo, relativa all’errore di diritto e allo snaturamento degli elementi di prova, in cui sarebbe incorso il Tribunale allorché ha dichiarato che l’ECHA potesse privilegiare gli studi scientifici che sono a sostegno della sua decisione finale

–       Argomenti delle parti

69      Con la terza parte del primo motivo, la ricorrente sostiene che, ai punti 106, da 116 a 118, 152 e 208 della sentenza impugnata, il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto nel convalidare l’approccio dell’ECHA consistente nell’attribuire maggiore peso a studi scientifici che sono a sostegno dell’ipotesi accolta da tale agenzia. Così facendo, il Tribunale avrebbe anche snaturato gli elementi di prova prodotti dinanzi ad esso, violato il principio di eccellenza scientifica, i principi relativi all’applicabilità della nozione di «efficacia probatoria degli elementi di prova», quale definita al punto 1.2 dell’allegato XI del regolamento REACH, e l’obbligo di tener conto di tutte le informazioni pertinenti.

70      Per quanto riguarda i punti 106 e 208 della sentenza impugnata, la ricorrente sostiene che il Tribunale ha constatato che la selezione di studi essenziali non è strettamente fondata sull’attendibilità di tali studi, ma riposa altresì sulla questione se essi siano a sostegno dell’ipotesi accolta dall’ECHA.

71      Ai punti da 116 a 118 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe affermato che l’ECHA dovrebbe basarsi, allorché valuta l’efficacia probatoria degli elementi di prova di cui dispone, sui dati risultanti da studi in vitro nonostante il loro carattere eventualmente meno attendibile e di per sé poco conclusivo, in quanto, da un lato, tali dati sono a sostegno degli effetti osservati in studi in vivo sui pesci e sugli anfibi e, d’altro lato, essi corrispondono alle conclusioni tratte dagli effetti in vivo osservati. Il Tribunale avrebbe così limitato la possibilità per le parti interessate di contestare efficacemente, dinanzi ai giudici dell’Unione, il comportamento dell’ECHA.

72      Al punto 152 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe inoltre dichiarato che le carenze dello studio Chen e a. (2015) dovevano essere valutate alla luce della capacità di tale studio di quantomeno essere a sostegno della conclusione che esso era chiamato a corroborare.

73      Il Tribunale avrebbe altresì a torto giudicato che l’ECHA potesse decidere di tener conto o meno di studi aventi uno scarso grado di attendibilità a seconda se i loro risultati convalidassero o confutassero l’ipotesi dell’agenzia.

74      L’ECHA, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica francese e la ClientEarth contestano l’argomentazione della ricorrente e fanno valere che la terza parte del primo motivo è infondata.

–       Giudizio della Corte

75      Con la terza parte del primo motivo la ricorrente ritiene il Tribunale abbia convalidato l’approccio seguito dall’ECHA in base al quale l’efficacia probatoria degli studi deve dipendere dalla capacità di questi ultimi di confermare o confutare l’ipotesi sostenuta dall’ECHA. Orbene tale parte si basa su una lettura erronea dei punti 106, da 116 a 118, 152 e 208 della sentenza impugnata.

76      Infatti, come rilevato ai punti 65 e 66 della presente sentenza, il punto 106 della sentenza impugnata descrive la distinzione stabilita nel documento di supporto, nella sua versione definitiva, tra, da un lato, gli studi attendibili che offrono maggiori informazioni sulla modalità d’azione endocrina e i suoi effetti, i quali sono qualificati come «studi chiave», e, dall’altro, gli studi che hanno un’attendibilità meno elevata e che presentano meno informazioni sulla modalità d’azione endocrina, i quali sono solo a sostegno delle conclusioni tratte principalmente dagli studi chiave. In altri termini, l’approccio descritto al citato punto 106 stabilisce una distinzione non tra studi che confermano o inficiano l’ipotesi adottata dall’ECHA, bensì tra studi attendibili e studi meno attendibili.

77      Tale constatazione è altresì applicabile ai punti da 116 a 118, 152 e 208 della sentenza impugnata.

78      Di conseguenza, il Tribunale non ha «convalidato», ai punti 106, 116-118, 152 e 208 della sentenza impugnata, un presunto approccio dell’ECHA che consisterebbe nel privilegiare gli studi scientifici che sono a sostegno dell’ipotesi adottata da tale agenzia.

79      Pertanto, la terza parte del primo motivo deve essere respinta in quanto infondata.

  Sulla quarta parte del primo motivo, relativa al controllo esercitato dal Tribunale per quanto riguarda la mancata presa in considerazione, da parte dell’ECHA, degli studi relativi al bisfenolo A realizzati da altre agenzie e istituzioni dell’Unione

–       Argomenti delle parti

80      Con la quarta parte del primo motivo, la ricorrente considera che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto, avendo dichiarato, ai punti 109 e 176 della sentenza impugnata, che l’ECHA aveva potuto prescindere, nella valutazione che ha portato all’adozione della decisione controversa, dalle conclusioni relative ai dati sul bisfenolo A emesse da altre agenzie e istituzioni dell’Unione, in particolare la relazione dell’Unione sulla valutazione dei rischi del bisfenolo A, redatta dal Regno Unito nel febbraio 2010 in conformità del regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio, del 23 marzo 1993, relativo alla valutazione e al controllo dei rischi presentati dalle sostanze esistenti (GU 1993, L 84, pag. 1), e del protocollo sulla valutazione dei pericoli presentati dal bisfenolo A, quale elaborato dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA).

81      La ricorrente sostiene che conclusioni scientifiche e/o approcci relativi alla valutazione dei dati, che sono pertinenti a livello dell’Unione per quanto riguarda la stessa sostanza, non possono essere disattesi per il semplice fatto che sono stati adottati perseguendo un diverso obiettivo. Ignorarli potrebbe favorire divergenze normative e contraddizioni e sarebbe incompatibile con il principio d’eccellenza scientifica. Ciò condurrebbe al risultato assurdo secondo il quale nessun dato o migliore pratica derivante da altri quadri normativi sarebbe mai pertinente ai fini dell’identificazione di una sostanza come sostanza estremamente preoccupante ai sensi del regolamento REACH.

82      Inoltre, il Tribunale avrebbe dichiarato che i diversi obiettivi perseguiti da varie fonti di informazione potevano condurre a conclusioni diverse per quanto riguardava l’attendibilità dei dati scientifici. Orbene, l’attendibilità di uno studio scientifico sarebbe intrinseca, essa dipenderebbe dal rispetto di requisiti scientifici minimi e non potrebbe variare a seconda del contesto nel quale è stato realizzato tale studio.

83      L’ECHA, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica francese e la ClientEarth contestano l’argomento dedotto dalla ricorrente e fanno valere che la quarta parte del primo motivo è infondata.

–       Giudizio della Corte

84      Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 256, paragrafo 1, TFUE e dell’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, l’impugnazione è limitata ai motivi di diritto. Il Tribunale è competente in via esclusiva ad accertare i fatti pertinenti e a valutare gli elementi di prova. Ne consegue che, nell’ambito di un’impugnazione, la Corte non è competente ad accertare i fatti né, in linea di principio, ad esaminare le prove sulle quali il Tribunale ha basato il proprio accertamento di tali fatti (v., in tal senso, sentenza del 28 ottobre 2021, Vialto Consulting/Commissione, C‑650/19 P, EU:C:2021:879, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

85      Il potere di controllo della Corte sugli accertamenti di fatto effettuati dal Tribunale si estende quindi, in particolare, a quello dell’inesattezza materiale di tali accertamenti risultante dai documenti del fascicolo, alla qualificazione giuridica di questi ultimi, allo snaturamento degli elementi di prova e alla questione se siano state rispettate le disposizioni in materia di onere e di produzione della prova (sentenze del 25 gennaio 2007, Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione, C‑403/04 P e C‑405/04 P, EU:C:2007:52, punto 39, e dell’11 maggio 2017, Dyson/Commissione, C‑44/16 P, EU:C:2017:357, punto 31).

86      È sufficiente rilevare, a tal riguardo, che, con la sua argomentazione presentata nell’ambito della quarta parte del primo motivo, la ricorrente cerca, in realtà, di ottenere un riesame delle valutazioni di fatto effettuate dal Tribunale, per il quale la Corte non è competente nell’ambito di un’impugnazione, come risulta dalla giurisprudenza ricordata ai punti 84 e 85 della presente sentenza (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2021, PlasticsEurope/ECHA, C‑876/19 P, non pubblicata, EU:C:2021:1047, punto 80).

87      Pertanto, la quarta parte del primo motivo dev’essere respinta in quanto irricevibile.

88      Ne consegue che il primo motivo deve essere respinto in quanto in parte infondato e in parte irricevibile.

 Sul secondo motivo, vertente su uno snaturamento delle memorie della ricorrente, sull’erronea interpretazione dell’articolo 57, lettera f), del regolamento REACH e su una violazione del diritto di essere ascoltati

 Argomenti delle parti

89      Con il suo secondo motivo, la ricorrente sostiene che, ai punti da 220 a 226 della sentenza impugnata, relativi al criterio del livello di preoccupazione equivalente a quello suscitato dall’uso di altre sostanze elencate all’articolo 57, lettere da a) ad e), del regolamento REACH, previsto alla lettera f) di tale articolo, il Tribunale ha snaturato le memorie della ricorrente, interpretato in modo errato quest’ultima disposizione e violato il diritto della ricorrente ad essere ascoltata.

90      Al punto 224 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe confuso l’equivalenza del livello di preoccupazione con l’equivalenza delle proprietà. Pertanto, il Tribunale avrebbe snaturato gli argomenti dedotti dalla ricorrente in quanto ha considerato che quest’ultima affermasse che una sostanza doveva presentare proprietà PBT e/o vPvB per poter rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 57, lettera f), del regolamento REACH.

91      Orbene, la ricorrente fa valere di aver sostenuto dinanzi al Tribunale che una sostanza poteva rientrare nell’ambito di applicazione di tale disposizione solo se il livello di preoccupazione suscitato da tale sostanza per l’ambiente fosse equivalente al livello di preoccupazione suscitata dalle sostanze PBT e/o vPvB di cui all’articolo 57, lettere d) ed e), di tale regolamento, senza che le proprietà di tale sostanza dovessero necessariamente essere equivalenti a quelle delle sostanze PBT e/o vPvB.

92      Inoltre, la ricorrente afferma di aver dimostrato i vizi che inficiano la valutazione del livello di preoccupazione equivalente effettuata dall’ECHA. A tal riguardo, la ricorrente sostiene che tale dimostrazione compare nella sua risposta ai quesiti posti dal Tribunale. In primo luogo, al punto 63 di tale risposta, la ricorrente avrebbe constatato che dall’allegato XIII del regolamento REACH e dai lavori preparatori di quest’ultimo risulta che il livello di preoccupazione estrema per l’ambiente al di là del quale una sostanza deve essere qualificata come PBT e/o vPvB è intrinsecamente connesso al carattere irreversibile degli effetti di tali sostanze dopo un accumulo nell’ambiente.

93      In secondo luogo, al punto 65 di detta risposta, l’argomento della ricorrente avrebbe riguardato la questione se l’ECHA avesse dimostrato un livello di preoccupazione per l’ambiente equivalente a quella suscitata dalle sostanze che presentano proprietà PBT e/o vPvB per il bisfenolo A, che è rapidamente degradabile e presenta un debole potenziale di bioaccumulo.

94      In terzo luogo, ai punti da 66 a 75 della medesima risposta, la ricorrente avrebbe sostenuto che l’ECHA aveva omesso di dimostrare l’esistenza di un siffatto livello di preoccupazione per proprietà diverse dalla persistenza o dalla bioaccumulazione, che sono specifiche delle sostanze PBT e vPvB, e che il riferimento da parte dell’ECHA alla gravità degli effetti, al carattere irreversibile e alle difficoltà incontrate per definire un livello sicuro non soddisfaceva tale criterio.

95      L’ECHA, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica francese e la ClientEarth contestano l’argomentazione della ricorrente e sostengono che il secondo motivo è infondato.

 Giudizio della Corte

96      Per quanto riguarda, in primo luogo, l’argomento vertente su un asserito snaturamento, da parte del Tribunale, delle memorie della ricorrente al punto 224 della sentenza impugnata, si deve rilevare che quest’ultima ha dedotto, nel ricorso di annullamento, nella replica e nella sua risposta ai quesiti del Tribunale, che, a motivo della biodegradabilità facile e immediata del bisfenolo A, l’ECHA aveva a torto concluso che detta sostanza presentasse un «livello di preoccupazione equivalente» a quella suscitata dalle altre sostanze, ai sensi dell’articolo 57, lettera f), del regolamento REACH.

97      A sostegno di tale asserzione, la ricorrente ha fatto più volte riferimento al fatto che il bisfenolo A non presentava le proprietà di persistenza e di bioaccumulazione che caratterizzavano le sostanze PBT e vPvB e che giustificano il livello di preoccupazione suscitato da queste ultime. A titolo illustrativo, al punto 83 della replica, la ricorrente ha esplicitamente sostenuto che, al fine di determinare che una sentenza presenti un «livello di preoccupazione equivalente» a quella suscitata dalle altre sostanze, ai sensi dell’articolo 57, lettera f), del regolamento REACH, occorreva «rinviare alle proprietà che sono rilevanti ai fini dell’identificazione delle sostanze PBT e vPvB, vale a dire la persistenza e la bioaccumulazione», fermo restando che, «[n]el caso di specie, il bisfenolo A non è né persistente nell’ambiente (dato che esso si degrada rapidamente) né bioaccumulabile (in quanto ha un basso potenziale di bioaccumulo)».

98      Al punto 224 della sentenza impugnata, lungi dallo snaturare le memorie della ricorrente, il Tribunale le ha riportate, conformemente al suo obbligo di motivazione, rilevando la loro contraddittorietà.

99      Per quanto riguarda, in secondo luogo, gli argomenti della ricorrente relativi alla valutazione effettuata dall’ECHA, secondo cui il bisfenolo A presentava «un livello di preoccupazione equivalente» ai sensi dell’articolo 57, lettera f), del regolamento REACH, occorre rilevare che la ricorrente si limita a riassumere le osservazioni da essa presentate a tal proposito al Tribunale, contestando a quest’ultimo di aver respinto l’interpretazione da essa proposta.

100    Occorre ricordare, come risulta dalla giurisprudenza citata al punto 46 della presente sentenza, che il sindacato del Tribunale deve limitarsi a controllare che la valutazione effettata dall’ECHA non sia viziata da errore manifesto o da sviamento di potere o, ancora, che l’ECHA non abbia manifestamente ecceduto i limiti del suo potere discrezionale.

101    Al punto 229 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato, al termine di un’analisi dettagliata degli argomenti dedotti dalla ricorrente, che quest’ultima non aveva dimostrato in che modo l’ECHA avesse commesso un errore manifesto di valutazione nella determinazione di un «livello di preoccupazione equivalente». Orbene, nessuno degli argomenti dedotti dalla ricorrente a sostegno della sua impugnazione è idoneo a condurre alla conclusione che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto nel concludere nel senso dell’assenza di errore manifesto di valutazione da parte dell’ECHA a tal riguardo.

102    Il secondo motivo deve essere pertanto respinto in quanto infondato.

 Sul terzo motivo, vertente su errori di diritto nella valutazione degli elementi di prova relativi all’attendibilità di studi scientifici nonché sullo snaturamento degli elementi di prova

 Argomenti delle parti

103    Con il suo terzo motivo, la ricorrente sostiene che il Tribunale è incorso in diversi errori di diritto nella valutazione degli elementi di prova relativi all’attendibilità di taluni studi scientifici e ha, inoltre, snaturato alcuni di tali elementi di prova.

104    In primo luogo, la ricorrente contesta al Tribunale di aver snaturato gli elementi di prova nel dichiarare, al punto 66 della sentenza impugnata, che l’ECHA non aveva commesso un errore manifesto di valutazione nel non aver considerato che lo studio Bjerregaard e a. (2008) costituisse un elemento di prova pertinente, in quanto gli autori di tale studio non avevano, a suo avviso, osservato importanti cambiamenti nello sviluppo delle gonadi dei pesci in seguito all’esposizione delle uova e degli avannotti al bisfenolo A. Il Tribunale sarebbe giunto a tale conclusione in base a osservazioni speculative fatte dagli autori dello studio, secondo i quali un periodo di esposizione più lungo avrebbe potuto avere effetti sulla differenziazione sessuale delle gonadi.

105    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che il Tribunale ha erroneamente dichiarato, al punto 69 della sentenza impugnata, che l’ECHA non aveva omesso di prendere in considerazione lo studio Rodi e a. (2008), quale pubblicato in Mihaich e a. (2012). Secondo la ricorrente, se l’ECHA avesse tenuto conto di tale studio, avrebbe dovuto concludere che non ne risultava alcun effetto nocivo pertinente del bisfenolo A per la popolazione del pesce Pimephales promelas.

106    In terzo luogo, la ricorrente contesta al Tribunale di aver snaturato gli elementi di prova di cui disponeva, nel ritenere che lo studio Sumpter e a. (2001) corroborasse le conclusioni dell’ECHA per il fatto che tale studio constata del pari un’induzione della vitellogenina a seguito dell’esposizione al bisfenolo A, mentre l’aumento della vitellogenina non costituirebbe, di per sé, un effetto nocivo.

107    In quarto luogo, la ricorrente contesta al Tribunale di aver interpretato in maniera erronea, ai punti da 140 a 144 della sentenza impugnata, l’esercizio, da parte dell’ECHA, del suo potere discrezionale e di aver snaturato gli elementi di prova nel considerare che tanto lo studio Heimeier e a. (2009) quanto lo studio Iwamuro e a. (2003), due studi in vivo sugli anfibi della specie xenopus laevis potevano vedersi attribuire un punteggio di attendibilità di 2, ossia di «attendibile con restrizioni» sulla scala di valutazione Klimisch e far dunque parte degli elementi di prova scientifici dell’ECHA in quanto studi chiave.

108    In quinto luogo, la ricorrente contesta al Tribunale di aver dichiarato, ai punti da 152 a 163 della sentenza impugnata, che l’ECHA non aveva commesso un errore manifesto di valutazione nel considerare lo studio Chen e a. (2015) come attendibile e rappresentante uno studio chiave, snaturando così gli elementi di prova e violando il principio di eccellenza scientifica.

109    In sesto luogo, la ricorrente sostiene che il Tribunale è incorso in un errore nel concludere che lo studio Chen e a. (2015) è attendibile con riferimento agli studi Segner e a. (2003a), Keiter e a. (2012) nonché Yokota e a. (2000), e ha omesso di rispondere al suo argomento secondo cui gli studi Segner e a. (2003a) e Keiter e a. (2012) non avevano osservato la proporzione dei sessi. Il Tribunale avrebbe constatato, infatti, al punto 158 della sentenza impugnata, che gli ultimi due studi menzionano altri indicatori che confermano l’esistenza o, quantomeno, la verosimiglianza di una modalità d’azione endocrina del bisfenolo A, ossia, in particolare, un’induzione della vitellogenina, mentre un’induzione della vitellogenina non sarebbe un indicatore di effetti negativi.

110    In settimo e ultimo luogo, il Tribunale avrebbe erroneamente affermato, al punto 159 della sentenza impugnata, e senza rispondere agli argomenti della ricorrente, che, considerati congiuntamente, lo studio Chen e a. (2015) e lo studio Yokota e a. (2000) contribuiscono all’efficacia probatoria degli elementi di prova per quanto riguarda gli effetti del bisfenolo A sulla proporzione dei sessi nelle popolazioni di pesci. Lo studio Yokota e a. (2000) sarebbe stato realizzato ad una concentrazione di quattro ordini di grandezza superiore rispetto allo studio Chen e a. (2015), come il Tribunale avrebbe rilevato nella sentenza impugnata, e l’unica concentrazione nello studio Yokota e a. (2000), nella quale era stata osservata una modifica della proporzione dei sessi, si sarebbe situata nella gamma della tossicità letale.

 Giudizio della Corte

111    Secondo costante giurisprudenza della Corte, un ricorrente, qualora alleghi uno snaturamento di elementi di prova da parte del Tribunale, a norma dell’articolo 256 TFUE, dell’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’articolo 168, paragrafo 1, lettera d), del regolamento di procedura di quest’ultima, deve indicare con precisione gli elementi che sarebbero stati snaturati e dimostrare gli errori di valutazione che, a suo avviso, avrebbero portato il Tribunale a tale snaturamento. Inoltre, uno snaturamento deve emergere in modo manifesto dagli atti di causa, senza che sia necessario procedere a una nuova valutazione dei fatti e delle prove (sentenza del 12 maggio 2022, Klein/Commissione, C‑430/20 P, EU:C:2022:377, punto 23 e giurisprudenza citata).

112    Nel caso di specie, si deve necessariamente constatare che nessuno degli snaturamenti dedotti dalla ricorrente emerge manifestamente dagli atti di causa, ai sensi della giurisprudenza ricordata al punto 111 della presente sentenza.

113    Così facendo, con i suoi argomenti, la ricorrente tenta, in realtà, di ottenere un riesame, da parte della Corte, degli elementi di prova prodotti dinanzi al Tribunale, la cui valutazione rientra nella competenza esclusiva di quest’ultimo, conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 84 della presente sentenza.

114    Da quanto precede risulta che il terzo motivo deve essere integralmente respinto in quanto irricevibile.

 Sul quarto motivo, vertente sull’erronea interpretazione del principio di precauzione

 Argomenti delle parti

115    Con il suo quarto motivo, la ricorrente fa valere che il Tribunale ha interpretato erroneamente, ai punti 88 e 223 della sentenza impugnata, il principio di precauzione al fine di consentire all’ECHA di basarsi, nella sua valutazione degli elementi di prova, su studi scientifici non convalidati e non attendibili e su presunte incertezze relative alla determinazione di un livello sicuro di esposizione. Tale principio, che sarebbe sotteso al complesso delle disposizioni del regolamento REACH, non potrebbe essere invocato dall’ECHA al fine di esimersi dall’obbligo ad essa incombente in forza dell’articolo 57, lettera f), del regolamento REACH e di non rispettare il principio dell’eccellenza scientifica.

116    Secondo la ricorrente, dalla sentenza del 1º ottobre 2019, Blaise e a. (C‑616/17, EU:C:2019:800, punti 43 e 46), risulta che il principio di precauzione autorizza l’adozione di misure di protezione solo nel caso in cui sussistano incertezze sull’esistenza o sulla portata di rischi. Per contro, tale principio non significherebbe che le agenzie dell’Unione possano adottare misure sulla base di dati scientifici non attendibili.

117    La ricorrente invoca altresì il titolo 5.1 della Comunicazione della Commissione sul principio di precauzione, rubricato «I fattori che attivano il ricorso al principio di precauzione», da cui risulterebbe che l’ambito di applicazione del principio di precauzione si limita all’incertezza che circonda la questione se o in quale misura una sostanza presenti un rischio. Per contro, tale principio non potrebbe essere invocato per ovviare all’insufficienza di elementi, nella fattispecie inattendibili, che dimostrino che una sostanza presenta una proprietà intrinseca, ossia un pericolo, il che è una tappa che precede la valutazione della questione se la sostanza presenti effettivamente un rischio per la salute umana o per l’ambiente.

118    L’ECHA, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica francese e la ClientEarth contestano l’argomentazione della ricorrente e sostengono che il quarto motivo è infondato.

 Giudizio della Corte

119    Per quanto riguarda il punto 88 della sentenza impugnata, occorre rilevare che esso si inserisce in una serie di ragioni esposte dal Tribunale ai punti da 71 a 90 della sentenza impugnata per rispondere ad una censura con la quale la ricorrente ha criticato la presa in considerazione, da parte dell’ECHA, di studi «non standard» o «esplorativi», vale a dire studi che non sarebbero stati effettuati secondo i metodi convalidati a livello nazionale o internazionale.

120    Orbene, anche ammesso che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto al punto 88 della sentenza impugnata, in quanto avrebbe interpretato in maniera erronea il principio di precauzione, tale errore è privo di incidenza riguardo alla constatazione che non esiste un divieto di principio, per l’ECHA, di prendere in considerazione studi «non standard» o «esplorativi». A tal riguardo, occorre rilevare che il Tribunale ha respinto la censura della ricorrente basandosi su argomenti esposti ai punti 87 e 89 della sentenza impugnata, i quali non sono stati rimessi in discussione dalla ricorrente nell’ambito della sua impugnazione.

121    Pertanto, nei limiti in cui esso riguarda il punto 88 della sentenza impugnata, occorre respingere il quarto motivo in quanto inconferente.

122    Il punto 223 della sentenza impugnata si inserisce, dal canto suo, in un insieme di ragioni esposte dal Tribunale ai punti da 211 a 230 della sentenza impugnata per rispondere ad una censura con la quale la ricorrente ha dedotto l’esistenza di un errore manifesto di valutazione commesso dall’ECHA nell’individuazione di un «livello di preoccupazione equivalente» ai sensi dell’articolo 57, lettera f), del regolamento REACH.

123    Più specificamente, i punti da 221 a 223 della sentenza impugnata vertono sulla valutazione effettuata dall’ECHA, e la messa in discussione di tale valutazione da parte della ricorrente, quanto all’impossibilità di stabilire un livello sicuro di esposizione al bisfenolo A.

124    Al punto 222 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato che l’ECHA aveva preso in considerazione le incertezze nella determinazione di un livello sicuro di esposizione, risultanti, da un lato, dal fatto che taluni effetti possono essere osservati solo durante talune fasi di vita, taluni periodi o talune stagioni e, dall’altro, dal fatto che il bisfenolo A incide su una grande varietà di organismi attraverso modalità d’azione endocrine diverse.

125    È in tale contesto che il Tribunale ha rilevato, al punto 223 della sentenza impugnata che, alla luce di tali incertezze quantomeno plausibili, l’ECHA aveva avuto un approccio prudente riguardo alla questione della possibilità di determinare una soglia sicura di esposizione al bisfenolo A, prudenza che è «in particolare» giustificata alla luce del principio di precauzione sul quale si basano le disposizioni del regolamento REACH in forza del suo articolo 1, paragrafo 1. Il Tribunale ha da ciò dedotto che non poteva essere addebitato all’ECHA di aver giustificato il livello di preoccupazione cui danno adito gli effetti del bisfenolo A a causa della sua modalità d’azione endocrina, segnatamente, invocando le incertezze che essa aveva identificato ai fini della determinazione di una soglia sicura di esposizione al bisfenolo A.

126    Alla lettura dei punti pertinenti della motivazione della sentenza impugnata, contrariamente alle affermazioni della ricorrente, non risulta che il Tribunale abbia interpretato il principio di precauzione in modo tale che l’ECHA poteva fondare la decisione controversa sulla base di dati scientifici non attendibili. In effetti, al punto 223 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che l’ECHA, per l’esistenza di incertezze, ha avuto un approccio prudente riguardo alla questione della possibilità di determinare un livello sicuro di esposizione al bisfenolo A, essendo tale prudenza giustificata alla luce del suddetto principio.

127    Occorre, inoltre, ricordare che il principio di precauzione implica che, quando sussistono incertezze riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, possano essere adottate misure protettive senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di detti rischi. Qualora risulti impossibile determinare con certezza l’esistenza o la portata del rischio asserito, a causa della natura non concludente dei risultati degli studi condotti, ma persista la probabilità di un danno reale per la salute pubblica nell’ipotesi in cui il rischio si realizzasse, il principio di precauzione giustifica l’adozione di misure restrittive (sentenza del 16 giugno 2022, SGL Carbon e a./Commissione, C‑65/21 P e da C‑73/21 P a C‑75/21 P, EU:C:2022:470, punto 96 e giurisprudenza ivi citata).

128    In considerazione delle incertezze che circondano la determinazione di un livello sicuro di esposizione al bisfenolo A, il Tribunale ha correttamente ritenuto che fosse giustificata la prudenza dell’ECHA a tal riguardo, in particolare, alla luce del principio di precauzione, come interpretato dalla giurisprudenza richiamata al punto 127 della presente sentenza.

129    Ne consegue che il quarto motivo dev’essere respinto in quanto in parte inconferente e in parte infondato.

 Sul quinto motivo, vertente sull’erronea interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 8, lettera b), del regolamento REACH e sulla violazione dell’obbligo di motivazione

 Argomenti delle parti

130    Con la prima parte del suo quinto motivo, la ricorrente contesta al Tribunale di essere incorso in un errore di diritto ai punti da 243 a 271 della sentenza impugnata nel dichiarare che le sostanze intermedie quali il bisfenolo A non erano esenti dall’identificazione, ai sensi degli articoli 57 e 59 del regolamento REACH, in quanto tali disposizioni riguardano solo le proprietà intrinseche di una sostanza e non l’uso di quest’ultima, e che non era sproporzionato per l’ECHA iscrivere il bisfenolo A nell’elenco delle sostanze candidate.

131    A tal riguardo, la ricorrente fa valere anzitutto, citando la sentenza del 25 ottobre 2017, PPG e SNF/ECHA (C‑650/15 P, EU:C:2017:802, punto 59), che l’interpretazione del Tribunale è contraria all’interpretazione letterale dell’articolo 2, paragrafo 8, lettera b), del regolamento REACH, che esenta tutte le sostanze intermedie del titolo VII di tale regolamento, nei limiti in cui esse hanno un’esistenza temporanea e sono destinate, ai sensi dell’articolo 3, punto 15, del regolamento REACH, a essere trasformate in altre sostanze.

132    Inoltre, al punto 255 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe giustificato la sua interpretazione segnatamente con la necessità di garantire che le sostanze intermedie non sfuggano alla procedura di identificazione quali sostanze estremamente preoccupanti. Orbene, i requisiti di cui all’articolo 7, paragrafo 2, e all’articolo 33 del regolamento REACH non sarebbero stati concepiti per applicarsi alle sostanze intermedie. L’applicazione di tali disposizioni scatterebbe alla presenza, in oggetti fabbricati a partire da sostanze chimiche, di sostanze rispondenti ai criteri di cui all’articolo 57 di tale regolamento. Pertanto, non sarebbero destinate a rientrare nell’ambito di applicazione di dette disposizioni le sostanze intermedie, essendo queste ultime destinate, per definizione, ad essere trasformate in altre sostanze cosicché esse non sono più considerate «presenti».

133    Infine, la ricorrente sostiene, da un lato, che il Tribunale è incorso in un errore di diritto nel considerare, al punto 252 della sentenza impugnata, che la nozione di «sostanza intermedia» facesse riferimento agli usi di una sostanza e, dall’altro, che gli usi di una sostanza non sono pertinenti ai fini dell’identificazione come sostanza estremamente problematica. Sarebbe necessario distinguere tra l’«uso di una sostanza intermedia», nozione utilizzata correttamente nel ricorso, e la «sostanza intermedia quale uso», nozione presa in considerazione dall’ECHA e altresì interpretata dal Tribunale, nella sentenza impugnata e nelle sue sentenze precedenti, come consistente in un certo tipo di uso di una sostanza.

134    Con la seconda parte del quinto motivo, la ricorrente fa valere che il Tribunale ha violato il suo obbligo di motivazione non rispondendo a vari argomenti contenuti nel ricorso di annullamento, diversi dagli argomenti dedotti nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 25 ottobre 2017, PPG e SNF/ECHA (C‑650/15 P, EU:C:2017:802), menzionata dal Tribunale nella sentenza impugnata.

135    In primo luogo, la constatazione formulata dal Tribunale al punto 252 della sentenza impugnata, secondo cui «è un certo tipo di uso delle sostanze che rientra, in particolare, nell’ambito di applicazione dell’articolo 17, paragrafo 3, e dell’articolo 18, paragrafo 4, del regolamento [REACH]», non risponderebbe alle osservazioni della ricorrente, formulate al punto 144 del suo ricorso di annullamento, riguardo alle disposizioni specifiche di tale regolamento relative alle informazioni da comunicare per la registrazione delle sostanze intermedie.

136    In secondo luogo, il Tribunale avrebbe altresì omesso di rispondere agli argomenti sollevati al punto 149 del ricorso di annullamento, secondo i quali l’interpretazione giuridica della nozione di «sostanza intermedia» non dovrebbe essere influenzata dalla circostanza particolare che i requisiti relativi alle informazioni limitate, enunciati agli articoli 17 e 18 del regolamento REACH, non sono applicabili a un monomero, come nel caso della registrazione del bisfenolo A quale sostanza intermedia.

137    La ricorrente sottolinea che, nonostante tutti gli argomenti summenzionati, che corroborerebbero la conclusione secondo la quale le sostanze intermedie hanno uno status giuridico particolare all’interno del regolamento REACH e non dovrebbero essere considerate semplicemente come un «certo tipo di uso di una sostanza», il Tribunale ha semplicemente applicato l’interpretazione della Corte nella sentenza del 25 ottobre 2017, PPG e SNF/ECHA (C‑650/15 P, EU:C:2017:802).

138    Con la terza parte del quinto motivo, la ricorrente afferma che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto, al punto 258 della sentenza impugnata, nell’interpretare erroneamente le sue memorie nella parte in cui riguardavano l’articolo 49 del regolamento REACH.

139    La ricorrente avrebbe sottolineato, infatti, al punto 148 del ricorso di annullamento, che non solo le sostanze intermedie fabbricate e/o utilizzate in condizioni rigorosamente controllate potevano essere registrate mediante la trasmissione di informazioni limitate, ma che le sostanze intermedie isolate in sito utilizzate in condizioni rigorosamente controllate erano anch’esse specificamente esentate dalla valutazione della sostanza, ai sensi dell’articolo 49 del regolamento REACH.

140    Nella sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe erroneamente interpretato tale argomento affermando che l’articolo 49 del regolamento REACH avrebbe una «finalità completamente diversa» dall’identificazione ai sensi dell’articolo 57 di tale regolamento. Tale motivazione del Tribunale non terrebbe conto del fatto che l’articolo 49 di detto regolamento si applica specificamente quando l’autorità competente di uno Stato membro ritiene che un rischio sia equivalente al livello di preoccupazione suscitato dall’uso di sostanze che soddisfano i criteri di cui all’articolo 57 del medesimo regolamento. Dal fatto che sono ripresi i termini «livello di preoccupazione equivalente» e dal riferimento espresso all’articolo 57 del regolamento REACH risulterebbe, infatti, che il legislatore dell’Unione aveva chiaramente l’intenzione di utilizzare, per le sostanze intermedie isolate in sito, l’articolo 49 di tale regolamento come una procedura di gestione dei rischi diversa da quella prevista dal titolo «Autorizzazione» di detto regolamento.

141    L’ECHA, la Repubblica federale di Germania e la ClientEarth contestano l’argomento della ricorrente e, congiuntamente alla Repubblica francese, sostengono che il quinto motivo è infondato.

 Giudizio della Corte

142    Per quanto riguarda la prima parte del quinto motivo di impugnazione, è sufficiente rilevare che il Tribunale ha giustamente applicato, ai punti da 251 a 257 della sentenza impugnata, la sentenza del 25 ottobre 2017, PPG e SNF/ECHA (C‑650/15 P, EU:C:2017:802), per quanto riguarda la portata dell’esenzione prevista all’articolo 2, paragrafo 8, lettera b), del regolamento REACH. Al punto 63 di tale sentenza, la Corte ha dichiarato che tale esenzione non è applicabile alle disposizioni del titolo VII del regolamento REACH che disciplinano le sostanze in funzione delle loro proprietà intrinseche, precisando che l’articolo 2, paragrafo 8, lettera b), di tale regolamento non osta quindi a che una sostanza possa essere identificata come estremamente preoccupante sulla base dei criteri previsti all’articolo 57 di detto regolamento, e ciò anche nel caso in cui essa sia utilizzata come sostanza intermedia isolata in sito o come sostanza intermedia isolata trasportata.

143    La prima parte del quinto motivo deve essere quindi respinta in quanto infondata.

144    Per quanto riguarda la seconda parte dello stesso motivo, occorre rammentare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, l’obbligo di motivare le sentenze, che incombe al Tribunale ai sensi dell’articolo 36 e dell’articolo 53, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, non impone allo stesso di fornire una spiegazione che ripercorra esaustivamente e uno per uno tutti i ragionamenti svolti dalle parti nella controversia. La motivazione può quindi essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere i motivi sui quali si fonda il Tribunale e alla Corte di disporre di elementi sufficienti per esercitare il suo controllo in sede di impugnazione (sentenza del 9 dicembre 2020, Groupe Canal +/Commissione, C‑132/19 P, EU:C:2020:1007, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

145    Nel caso di specie, occorre constatare che la motivazione esposta dal Tribunale ai punti da 251 a 257 della sentenza impugnata soddisfa i requisiti ricordati al punto 144 della presente sentenza, in quanto consente agli interessati di conoscere i motivi sui quali si fonda il Tribunale e alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo nell’ambito dell’impugnazione.

146    Pertanto, la suddetta seconda parte deve essere respinta in quanto infondata.

147    Per quanto riguarda la terza parte del terzo motivo di impugnazione, vertente su un asserito errore di diritto in cui sarebbe incorso il Tribunale al punto 258 della sentenza impugnata, occorre rilevare che essa si fonda sulla premessa secondo cui le disposizioni dell’articolo 49 del regolamento REACH, applicabili alle sostanze intermedie isolate in sito, escluderebbero l’applicabilità dell’articolo 57 di tale regolamento a siffatte sostanze.

148    Orbene, come risulta dal punto 258 della sentenza impugnata, tale premessa è erronea. Il regime previsto all’articolo 49 del regolamento REACH contempla, infatti, l’ipotesi di un rischio causato dall’uso in condizioni rigorosamente controllate di sostanze come sostanze intermedie isolate in sito, senza che sia necessario, affinché tale articolo si applichi, che tali sostanze soddisfino i criteri di cui all’articolo 57 di tale regolamento. Detto articolo 49 ha quindi effettivamente, come indicato dal Tribunale, una finalità completamente diversa rispetto a detto articolo 57, e non esclude affatto l’applicabilità di quest’ultimo quando le proprietà intrinseche di una sostanza giustificano la sua eventuale inclusione nell’allegato XIV di detto regolamento.

149    Non conduce a una diversa conclusione il riferimento all’articolo 57 del regolamento REACH, contenuto nell’articolo 49 di tale regolamento. Tale riferimento mira, infatti, non già a introdurre un’eccezione a detto articolo 57, ma unicamente a determinare il livello di rischio richiesto affinché si applichi detto articolo 49, dovendo tale rischio per la salute umana o per l’ambiente essere «equivalente a quello che comporta l’uso di sostanze rispondenti ai criteri di cui all’articolo 57».

150    La terza parte del quinto motivo dev’essere pertanto respinta in quanto infondata.

151    In tali circostanze, occorre disattendere il quinto motivo in quanto infondato e, di conseguenza, respingere l’impugnazione nella sua interezza.

 Sulle spese

152    Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta la Corte statuisce sulle spese. L’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, applicabile al procedimento d’impugnazione in forza del successivo articolo 184, paragrafo 1, prevede che la parte soccombente sia condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda.

153    A norma dell’articolo 184, paragrafo 4, del regolamento di procedura, una parte interveniente in primo grado, che non abbia proposto essa stessa l’impugnazione, può essere condannata alle spese del procedimento di impugnazione solo se ha partecipato alla fase scritta od orale del procedimento dinanzi alla Corte. In tal caso, la Corte può decidere che le spese da essa sostenute restino a suo carico.

154    Poiché l’ECHA e la ClientEarth hanno chiesto la condanna della PlasticsEurope e quest’ultima è rimasta soccombente, essa deve essere condannata alle spese.

155    La Repubblica federale di Germania, interveniente in primo grado, sopporterà le proprie spese.

156    La Repubblica francese, parte interveniente in primo grado, avendo partecipato alla fase scritta dinanzi alla Corte, ma non avendo chiesto la condanna della PlasticsEurope, sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      La PlasticsEurope AISBL è condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dall’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) e da ClientEarth.

3)      La Repubblica federale di Germania e la Repubblica francese sopportano le proprie spese.