TAR Sardegna Sez. I  n. 548 del 18 luglio 2023
Rifiuti.Assimilazione a discarica di un intervento di messa in sicurezza permanente

L’art. 3, comma 3, del d.l. 25 gennaio 2012, così come modificato dalla novella del 2021, nell’affermare, ai fini dell’interpretazione autentica dell’art. 185 del D.lgs. n. 152/2006, l’equiparazione al suolo (e la gestione attraverso i soli procedimenti di bonifica) si riferisce alle “…matrici materiali di riporto che non siano risultate conformi ai limiti del test di cessione…” non può trovare applicazione all’ipotesi, quale il caso di specie, in cui il materiale non sia, in grandissima parte, qualificabile come “riporto” ma come residuo di attività produttive, identificabile in modo separato e distinto (appunto come rifiuto). Invero l’art. 240, comma 1, lett. o), del D.Lgs. 152/2006 definisce la messa in sicurezza permanente come “… l’insieme degli interventi atti a isolare in modo definitivo le fonti inquinanti rispetto alle matrici ambientali circostanti e a garantire un elevato e definitivo livello di sicurezza per le persone e per l’ambiente …”, precisando che “… in tali casi devono essere previsti piani di monitoraggio e controllo e limitazioni d’uso rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici …”. L’art. 239, comma 2, del D. Lgs. n. 152/2006 specifica, poi, che quanto disposto al Titolo V non si applica “ … all’abbandono dei rifiuti disciplinato dalla parte quarta del presente decreto …”, precisando che in tale ipotesi “… qualora, a seguito della rimozione, avvio a recupero, smaltimento dei rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato, si accerti il superamento dei valori di attenzione, si dovrà procedere alla caratterizzazione dell’area ai fini degli eventuali interventi di bonifica e ripristino ambientale da effettuare ai sensi del presente titolo …”. Dunque, nell’ipotesi in cui le fonti inquinanti siano costituite da rifiuti stoccati, la volontà del legislatore è quella di voler assoggettare in tale evenienza la messa in sicurezza al regime autorizzatorio di cui al Titolo IV previsto per le discariche di rifiuti.

Pubblicato il 18/07/2023

N. 00548/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00801/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 801 del 2020, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Enel Produzione S.p.A., rappresentata e difesa dagli avvocati Matteo Benozzo, Francesco Bruno e Lorenzo Minotti, con domicilio eletto presso lo studio Susanna Pizzorno in Cagliari, via Pessina n. 36;

contro

Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, domiciliato in Cagliari presso gli uffici della medesima, via Dante n. 23;

nei confronti

Regione Autonoma della Sardegna, rappresentata e difesa dagli avvocati Giovanni Parisi e Massimo Cambule, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ufficio Commissario Delegato per l’Emergenza Ambientale Relativamente alle Aree Sulcis-Iglesiente e del Guspinese,
Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Cagliari e per le Province di Oristano, Provincia del Sud Sardegna,
ISS – Istituto Superiore di Sanità,
Assl – Azienda Sanitaria Locale di Sanluri, di Carbonia e di Cagliari,
Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sardegna,
non costituiti in giudizio;
Ispra,
Arpas,
rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, domiciliati in Cagliari presso gli uffici della medesima, via Dante n. 23;
I.N.A.I.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Roberto Di Tucci e Paolo Spiga, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Comune di Portoscuso, rappresentato e difeso dall’avvocato Silvio Pinna, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Cagliari presso lo studio del medesimo legale, via San Lucifero n. 65;

per l’annullamento

Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- della nota del MATTM, Direzione Generale per il risanamento ambientale del 2 ottobre 2020, prot. n. 77423, nonché di ogni altro atto che abbia concorso a determinare tale provvedimento, tra cui la nota della Regione Autonoma della Sardegna, Servizio Tutele dell'Atmosfera e del Territorio del 3.8.2020, prot. n. 15474, il parere dell'ISPRA del 3.8.2020, prot. n. 34418, il parere dell'ARPAS del 4.8.2020, prot. 25413 e l'atto di indirizzo del Comune di Portoscuso

Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da Enel Produzione S.p.A. il 17 novembre 2021:

del provvedimento del 3 agosto 2021, prot. n. 85408 del Ministero dell’Ambiente, del Territorio e della Tutela del Mare (oggi MiTE).


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, della Regione Sardegna, di Ispra, di Arpas, di I.N.A.I.L. e del Comune di Portoscuso;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 maggio 2023 il dott. Tito Aru e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Enel Produzione S.p.A. (d’ora in avanti anche “ENEL”) è proprietaria di un terreno di circa 14 ettari, denominato “Area 5”, in prossimità della sua centrale termoelettrica nel Sulcis (“Grazia Deledda”).

2. In ricorso espone quanto segue.

3. L’Area 5 fu di proprietà comunale fino al 1961, per poi essere ceduta alla SMCS – Società Mineraria Carbonifera Sarda perché fosse adibita- su autorizzazione dello stesso Comune - “...alla sistemazione dei rifiuti della propria Centrale Termoelettrica”.

4. Il sito presentava originariamente una morfologia irregolare e delle depressioni naturali ma venne progressivamente modificato fino ad un livellamento totale al piano campagna in conseguenza del posizionamento in esso – fino al 1965 - delle ceneri di carbone originate dalla centrale, frammiste a terriccio e altri materiali.

5. Al momento dell’acquisizione dell’impianto da parte di ENEL, a seguito della nazionalizzazione dell’energia elettrica, l’Area 5 si presentava nello stato in cui attualmente versa.

6. Dalla nazionalizzazione della centrale nel 1965 e fino al 1989, infatti, l’ENEL proseguì gli abbancamenti sopra il livello del suolo, in sovrapposizione ai materiali già in posto, ma detto deposito successivo di ulteriori ceneri in loco venne rimosso nella sua totalità dalla stessa Società a partire dal 1990 quando, con DPCM del 30 novembre 1990, il territorio del Sulcis-Iglesiente venne dichiarato nel suo insieme dal Governo nazionale (inclusa quindi l’Area 5) “Area ad elevato rischio di crisi ambientale”, e venne approvato uno specifico “Piano di Disinquinamento del Sulcis-Iglesiente”.

7. In particolare, nei successivi tre anni da tale dichiarazione, l’Enel rimuoveva e smaltiva oltre 600.000 tonnellate di materiale stoccato, riportando l’Area 5 alla condizione e allo stato ante nazionalizzazione (quindi al 1965, sostanzialmente nelle condizioni in cui le era stata consegnata dalla società mineraria).

8. In seguito, poi, ipotizzando di destinare l’Area 5 ad attività differenti, a metà degli anni ‘90 l’ENEL operava un livellamento di tutto il sito con materiali di riporto provenienti da una vicina cava, per consentire l’installazione provvisoria di un’area cantiere.

9. L’installazione però non avveniva e l’Area 5 veniva definitivamente dismessa da attività.

10. Su richiesta del Comune, tra il 1990 e il 2003, l’ENEL sviluppava un nuovo progetto di intervento ambientale, ipotizzando ulteriori rimozioni di materiali, recupero di quanto possibile dell’esistente ed invio off site del resto, il cui piano definitivo di “Sistemazione dei siti interessati dalla presenza di ceneri di carbone, terreni di riporto e materiali di scavo nell’area della Centrale Sulcis” veniva preso in esame dal Comune ai sensi del d.m. 25 ottobre 1999, n. 471.

11. Nel marzo 2003, la centrale e la stessa l’Area 5 venivano inserite nella perimetrazione del SIN “Sulcis-Iglesiente-Guspinese” e, quindi, sottoposte al programma nazionale di cui alla legge 9 dicembre 1998, n. 426, con competenza esclusiva per le bonifiche del MATTM e sospensione e revisione di tutti i progetti locali di intervento sino a quel momento sviluppati.

12. In tale nuovo contesto ENEL avviava - tra il 2005 e il 2006 - una nuova caratterizzazione dell’Area 5, approfondendo le indagini con ulteriori verifiche in campo tra il 2011 e il 2012.

13. Il risultato di tali approfondimenti consentiva di stimare in 245.000 mc il volume presente in sottosuolo (tra 1,7 e 5 mt dal piano campagna, inclusi 35.000 mc a livello di sottofalda) e lì allocato dal precedente proprietario (SMCS, su autorizzazione comunale), composto da ceneri di carbone frammiste a terriccio e sterili di miniera.

14. ENEL presentava quindi un progetto e un’analisi di rischio che, in sede di Conferenza di Servizi decisoria del 27 novembre 2013, il MATTM respingeva sostenendo che il Volume fosse “una fonte attiva di contaminazione”, per cui la Società avrebbe dovuto presentare “un progetto complessivo di Messa in Sicurezza Permanente dell’intera area, la cui realizzazione potrà essere attuata per lotti funzionali privilegiando quegli ambiti territoriali che, sulla base delle informazioni già acquisite, presentano la maggiore criticità ambientale”.

15. ENEL presentava allora un secondo progetto di Messa in Sicurezza che prevedeva la realizzazione di un modulo di confinamento permanente (un c.d. Confined Disposal Facility – CDF) finalizzato all’isolamento totale e definitivo del Volume.

16. In sostanza, dal momento che il Volume interessava solo metà dell’Area 5, il progetto – condiviso e affinato nel suo contenuto in ottemperanza alle varie richieste e prescrizioni e ai confronti con gli Enti interessati – prevedeva:

1) un primo scavo di tutto il Volume (compresi i circa 35.000 mc sotto falda), per collocarlo temporaneamente sulla metà dell’Area 5 non interessata da escavazioni;

2) il riempimento dello scavo con terreno certificato fino a raggiungere il piano di posa di uno strato insaturo (a circa +3.5 mt s.l.m.);

3) la posa in opera di tale strato insaturo (una barriera di argilla di circa 2 mt di spessore) e sulla sommità, nonché sulle pareti laterali dello scavo, lo stendimento di uno strato di materiale isolante in HDPE;

4) la ricollocazione del Volume all’interno dello scavo da coprire in superficie con un ulteriore strato impermeabilizzante in HDPE (il c.d. capping) e con materiale e terreni di copertura certificati da piantumare.

17. L’opera si sarebbe dovuta concludere con la realizzazione di un canale in calcestruzzo armato destinata all’inalveamento del tratto terminale del Riu Perdaias, così da eliminare ogni possibile rischio idraulico gravante sull’area; e per la riqualificazione post-operam, ENEL proponeva la realizzazione sulla sommità della copertura di un parco fotovoltaico da 4.2 MWp e l’organizzazione di una attività di monitoraggio con stima preliminare per un quinquennio.

18. Con nota n. 12091/STA del 17 giugno 2019 veniva indetta dalla Direzione Generale per la Salvaguardia del Territorio e delle Acque del MATTM la conferenza dei servizi istruttoria per la valutazione del progetto in questione.

19. Con nota prot. 0015884 dell’1.8.2019 il MATTM comunicava a ENEL, all’esito della conferenza e tenuto conto dei pareri resi dagli enti interessati, i motivi ostativi ex art. 10-bis L. n. 241/1990 alla conclusione positiva del procedimento, invitando la proponente a presentare le proprie osservazioni.

19.1 Con nota del 30 settembre 2019 ENEL trasmetteva al MATTM le proprie osservazioni ed integrazioni progettuali chiedendo, in ragione della complessità della materia, la convocazione di un tavolo tecnico al fine di superare le rilevate criticità.

20. Con nota prot. n. 20370 del 7 ottobre 2019 il Ministero convocava detta riunione tecnica per il 7 novembre 2019 all’esito della quale gli Enti competenti così sinteticamente concludevano:

- i materiali presenti nel sito sono da considerarsi rifiuti ed il MATTM si riservava di approfondire l’aspetto autorizzativo della Confined Disposal Facility (CDF), anticipando che, in ogni caso, sarebbe stata richiesta l'assoggettabilità alla procedura di VIA;

- la documentazione trasmessa non era esaustiva e, pertanto, ai fini di una adeguata valutazione del progetto da parte degli Enti, era necessario che Enel provvedesse a trasmettere un’analisi comparativa tra le soluzioni on site (realizzazione della CDF) e off site (smaltimento dei materiali nella Regione Sardegna o fuori dalla stessa) relativamente ai costi, ai benefici e ai tempi di esecuzione al fine di avere un quadro complessivo più dettagliato e di conseguenza maggiori elementi per una valutazione

congrua e definitiva;

- gli Enti chiedevano di dettagliare i costi da sostenere per il monitoraggio trentennale per la gestione della discarica, non limitato, dunque, a 5 anni, come proposto nel progetto di ENEL.

21. In particolare, il Servizio VIA dell’Assessorato Regionale della Difesa dell’Ambiente, con nota prot. n. 23020 del 6 novembre 2019, fermi restando i dubbi interpretativi sull’effettivo inquadramento normativo dei materiali oggetto di intervento, riteneva che l’intervento in esame, quanto alla Confined Disposal Facility, doveva essere ricondotto alla categoria di cui all’Allegato A1 punto 13 della D.G.R. n.45/24 del 2017 (“impianti di smaltimento di rifiuti non pericolosi mediante operazioni di deposito preliminare, con capacità superiore a 150.000 mc oppure con capacità superiore a 200 t/ giorno”), da sottoporre, dunque, alla procedura di valutazione di impatto ambientale, di competenza regionale, da attivarsi su istanza di Enel secondo le modalità di cui al richiamato Allegato A della DGR n. 45/24 del 2017 ed alla DGR n. 53/14 del 2017.

22. Dando esecuzione a quanto sopra, il 21 febbraio 2020 l’ENEL trasmetteva un documento in cui, oltre all’aggiornamento dei costi di monitoraggio su base trentennale, svolgeva l’analisi comparativa della soluzione proposta nel progetto (la MISP con Volume confinato: “Scenario 0”) con due scenari di scavo ed asportazione off site del materiale presente nel Volume e sostituzione con terreno certificato:

a) un primo scenario che ipotizzava lo smaltimento in discariche esistenti o da costruire solo sul territorio regionale (Scenario 1);

b) un secondo scenario che prevedeva l’utilizzo in parte di discariche interne alla Regione (30% dei volumi pari a 73.500 mc), ricorrendo per il resto (70% dei volumi pari a 171.500 mc) a discariche fuori Regione (Scenario 2).

23. Le diverse ipotesi prospettate evidenziavano diversi valori sia in ordine ai costi da sostenere sia in ordine ai tempi di realizzazione dell’intervento.

22. Secondo l’ENEL, sia dal punto di vista ambientale che sociale, lo “Scenario 0” (la MISP con Volume confinato) sarebbe quello più sostenibile e, addirittura, sarebbe quella maggiormente in linea con la disciplina della Regione che nell’ultimo Piano Regionale Bonifica delle Aree Inquinate di febbraio 2019 (“PRB”), espressamente prevede che per volumetrie superiori a 100.000 mc, le soluzioni da preferire sarebbero dovute essere quelle interne agli stessi siti in bonifica, per evitare di gravare sulle complessive capacità di smaltimento del sistema regionale delle discariche.

23. Con il provvedimento di cui alla nota prot. 77423 del 2 ottobre 2020, impugnato da ENEL con il ricorso principale, il Ministero resistente rispondeva a dette osservazioni, richiamando gli allegati pareri resi sulle osservazioni medesime dal Servizio Tutela Atmosfera e Territorio della Regione

Sardegna, da ISPRA e da ARPAS e così precisava:

“relativamente all’inquadramento tecnico/normativo della soluzione progettuale proposta si ritiene che la realizzazione di un’area per il confinamento permanente dei rifiuti ivi presenti, unitamente a rifiuti provenienti da altre porzioni del sito, ricade nell’ambito di applicazione della normativa di cui alla Parte Quarta, Titolo Primo del d.lgs. n. 152/2006 (“Gestione dei rifiuti”) e ai sensi di tale disciplina vada autorizzata», per cui, «dovranno essere avviate presso l’Autorità competente le procedure autorizzative» relative e non quelle di cui al Titolo V sulle bonifiche”.

24. In ragione di quanto sopra il MATTM concludeva:

“si chiede a Codesta Azienda, al fine di proseguire con l’iter istruttorio, di trasmettere un documento che contenga la scelta progettuale selezionata dal proponente aggiornata con le indicazioni contenute nei pareri allegati e, come previsto dall’allegato 3 al Titolo V della Parte Quarta del 152/06, le analisi comparativa delle diverse tecnologie di intervento applicabili al sito in esame, già sviluppate nel documento in oggetto.

Inoltre, dovranno essere avviate presso l’Autorità competente le procedure autorizzative ai sensi del precedente capoverso”.

25. Con il ricorso in esame l’ENEL ha impugnato tale determinazione per i seguenti motivi:

1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 208, 240, lett. o, 242 e 252 del codice dell’ambiente, del decreto discariche, dell’art. 3 del d.l. n. 2/2012, come novellato dall’art. 41 del d.l. n. 69/2013, delle “linee guida” redatte dal commissario delegato per l’emergenza ambientale delle aree minerarie del Sulcis iglesiente e del guspinese ai sensi del d.p.c.m. 21 dicembre 2007 e del o.p.c.m. 15 gennaio 2008, n. 3640 e dell’art. 97 Cost. - Eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche, tra cui l’errore e la falsità dei presupposti, il travisamento dei fatti e l’erronea loro valutazione, lo sviamento e la mancata valutazione degli scritti di parte: in quanto la nota impugnata avrebbe erroneamente ordinato, nel confinamento del Volume, l’avvio di una procedura autorizzatoria ex Titolo I della Parte Quarta del Codice dell’ambiente, e non già l’approvazione dell’intervento di MISP ai sensi del Titolo V.

2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 242 e 252 del codice dell’ambiente, nonché degli artt. 1, 3, 6 e 10 della legge n. 241/1990 - Eccesso di potere sotto ogni profilo e, in particolare, per difetto di motivazione: in quanto il MATTM pur sollecitato dai pareri della Regione, dell’ISPRA e di ARPAS sulla questione relativa all’inquadramento tecnico/normativo della soluzione progettuale proposta, in particolare se MISP ai sensi della normativa di settore o, viceversa, discarica, e come tale autorizzata, avrebbe adottato la soluzione contestata senza spendere nessuna argomentazione posta a fondamento della sua decisione;

3) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 242 e 252 del codice dell’ambiente, nonché degli artt. 1, 6, 10 e 14 della legge n. 241/1990 - Eccesso di potere sotto ogni profilo e figura sintomatica, con particolare riferimento all’errore e falsità dei presupposti, al travisamento dei fatti e all’erronea loro valutazione, all’incompletezza dell’istruttoria, allo sviamento e alla mancata valutazione degli scritti di parte: in quanto diversamente da quanto accennato nella nota ministeriale, nell’area non sarebbero presenti rifiuti diversi ed ulteriori se non il materiale di riporto in cui consiste il volume.

4) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 97 della Cost., nonché degli artt. 1, 3, 6 e 10 della legge n. 241/1990 - Violazione dei principii economicità, di uguaglianza, di imparzialità e proporzionalità - Eccesso di potere per disparità di trattamento e contraddittorietà nell’agire amministrativo: in quanto la nota impugnata comporterebbe l’azzeramento del lavoro e delle interlocuzioni portate avanti con gli enti in 7 anni di studio della situazione che hanno consentito l’elaborazione di un progetto completo e pronto per la sua esecuzione, e solo per cambiare contesto autorizzativo, imponendo l’avvio di un diverso procedimento di amministrativo per una discarica, in violazione del principio di proporzionalità per il quale la pubblica amministrazione deve adottare la soluzione più idonea ed adeguata al caso concreto al fine di arrecare il minor sacrificio possibile per gli interessi compresenti.

26. Concludeva quindi l’ENEL chiedendo, l’annullamento dei provvedimenti impugnati, con vittoria delle spese.

27. Per resistere al ricorso si sono costituite le amministrazioni intimate che, con difese scritte, ne hanno chiesto il rigetto, vinte le spese.

28. Con ricorso per motivi aggiunti depositato il 17 novembre 2021 l’ENEL ha impugnato il provvedimento del 3 agosto 2021, prot. n. 85408, con il quale lo stesso Ministero – malgrado la produzione di ulteriore documentazione da parte della ricorrente - ha comunicato la conclusione negativa del procedimento per non aver la Società chiesto “l’autorizzazione ai sensi della normativa rifiuti (Parte Quarta, Titolo Primo del d.lgs. n. 152/2006)”.

30. In pari data l’Enel ha nominato difensore anche l’avv. Lorenzo Minotti con contestuale revoca e sostituzione dell’avv. Alessandra Biagiotti.

31. In vista dell’udienza di trattazione le parti hanno depositato memorie con le quali hanno insistito nelle rispettive conclusioni.

32. Alla pubblica udienza del 10 maggio 2023, dopo la discussione, la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

L’infondatezza nel merito del ricorso consente al Collegio di prescindere dall’esame delle eccezioni procedurali sollevate dalle parti resistenti.

1. La ricorrente contesta la decisione ministeriale di aver disposto, nell’ipotesi di scelta da parte di ENEL dello scenario 0 (confinamento del volume), l’avvio di una procedura autorizzatoria ex titolo I, della parte quarta del codice dell’ambiente, e non già l’approvazione dell’intervento di MISP ai sensi del titolo V del medesimo codice, sul ritenuto erroneo presupposto dell’assimilazione a discarica dell’intervento di MISP proposto da ENEL con la predetta ipotesi operativa denominata (Scenario 0) e con conseguente (parimenti asserita) falsa applicazione della disciplina sulle discariche.

2. E’ vero, dunque, come eccepisce il Comune di Portoscuso, che l’ENEL non ha ancora trasmesso all’amministrazione un documento che contenga la scelta progettuale definitivamente selezionata, il che qualificherebbe l’atto impugnato, sul piano processuale, come atto endoprocedimentale, ma, a fini di economia dei giudizi, il Collegio ritiene di esaminare nel merito le censure proposte dall’ENEL al fine di precisare l’inquadramento tecnico/normativo della soluzione di cui allo Scenario 0 che del resto, nella prospettazione dell’ENEL - sia per ragioni economiche che per ragioni temporali - sarebbe quella in concreto maggiormente sostenibile.

3. In sede istruttoria, infatti, si era posta la questione circa la corretta qualificazione dell’intervento progettuale proposto dalla ricorrente – in sostanza un progetto di confinamento permanente in sito (Confined disposal facility) di circa 245.000 mc di ceneri di carbone frammisti a terriccio e sterili di miniera nell’Area 5, terreno esterno alla centrale “ Grazia Deledda” in uso ad ENEL - ossia se lo stesso potesse considerarsi esclusivamente in termini di intervento di “messa in sicurezza permanente” o, piuttosto, come “gestione di rifiuti” nell’ambito di una “discarica”, con evidenti e conseguenti ricadute in termini di disciplina applicabile e di procedimento da attivare.

4. Come detto, con il provvedimento del M.A.T.T.M. del 2 ottobre 2020, oggetto di impugnazione con il ricorso principale, l’amministrazione ha ritenuto di qualificare l’intervento come implicante anche la “gestione di rifiuti” e di ritenere quindi applicabile la parte quarta del Titolo I del codice dell’Ambiente ed in particolare l’art. 208 del D.Lgs. n. 152/2006, con esigenza della ivi prescritta autorizzazione.

5. Orbene, al fine di supportare la propria tesi in ordine all’inapplicabilità della disciplina sul trattamento dei rifiuti di cui alla sopra richiamata Parte IV - Titolo I, del codice dell’Ambiente la ricorrente prende le mosse dall’argomento che le ceneri e il materiale di riporto presenti nell’Area 5

costituirebbero un tutt’uno con il suolo, risultando di fatto impossibile tecnicamente la rimozione selettiva, dovendosi, dunque, applicare la disciplina del “suolo” di cui all’art. 185 del T.U. n. 152/2006.

6. L’argomento non trova conferma in atti.

7. Risulta infatti evidenziato dal competente Servizio regionale in sede di conferenza asincrona con il proprio parere di cui alla nota prot. n. 16306 del 20 luglio 2019 che “I materiali presenti nell’Area 5 sono costituiti da una miscela eterogenea di ceneri di carbone e sterili di miniera, che compone un orizzonte stratigrafico specifico rispetto alle caratteristiche geologiche e stratigrafiche naturali del terreno nel sito”.

8. Detta posizione della Regione è stata poi ribadita in sede di tavolo tecnico il 7 novembre 2019, in cui il rappresentante dell’Assessorato della Difesa Ambiente evidenziava ancora una volta che, a fronte degli orizzonti omogenei di ceneri risultanti dalla caratterizzazione, non constava in alcun modo che le stesse fossero state utilizzate frammiste al terreno per creare rilevati, riempimenti e/o interri, per cui potessero avere, in base alla normativa vigente, i requisiti per essere classificati come “materiali di riporto” e non, invece, come rifiuti.

9. Della qualificazione in termini di rifiuti di gran parte del “volume”, come descritto in ricorso, si dà infatti atto nel verbale della sopra richiamata riunione tecnica, come pure si riporta nella nota del M.I.T.E. datata 3 agosto 2021, impugnata con i motivi aggiunti.

10. Del resto le ceneri di carbone, che per grandissima parte risultano per strati omogenei e costituiscono rifiuti da produzione, sono state abbancate nell’area 5 in quanto la vecchia proprietaria Società Mineraria Carbonifera Sarda era stata espressamente autorizzata da Comune al deposito di “rifiuti da produzione” della centrale termoelettrica “Grazia Deledda”.

11. Dunque può ritenersi sufficientemente acclarato che i materiali presenti nell’area siano da qualificare come rifiuti.

12. La medesima prospettazione in contestazione nel punto precedente, peraltro, è svolta dall’ENEL anche nel ricorso per motivi aggiunti laddove insiste nell’affermare che il “volume”, nella sua interezza, sarebbe ormai conglobato al suolo tanto da non poter essere qualificato come “rifiuto” e tale da essere ormai equiparato al suolo stesso, per cui andrebbe sottratto alla disciplina, anche procedimentale, prevista dal codice dell’Ambiente in tema di gestione dei rifiuti ed assoggettato alla sola disciplina sulle bonifiche, in piena coerenza, a dire della ricorrente, con quanto previsto dal dl. 77/2021 convertito nella legge n. 108/2021 (c.d. decreto semplificazioni bis).

13. Sennonché l’art. 3, comma 3, del d.l. 25 gennaio 2012, così come modificato dalla sopra richiamata novella del 2021, nell’affermare, ai fini dell’interpretazione autentica dell’art. 185 del D.lgs. n. 152/2006, l’equiparazione al suolo (e la gestione attraverso i soli procedimenti di bonifica) si riferisce alle “…matrici materiali di riporto che non siano risultate conformi ai limiti del test di cessione…” non può trovare applicazione all’ipotesi, quale il caso di specie, in cui il materiale non sia, in grandissima parte, qualificabile come “riporto” ma come residuo di attività produttive, identificabile in modo separato e distinto (appunto come rifiuto).

14. Invero l’art. 240, comma 1, lett. o), del D.Lgs. 152/2006 definisce la messa in sicurezza permanente come “… l’insieme degli interventi atti a isolare in modo definitivo le fonti inquinanti rispetto alle matrici ambientali circostanti e a garantire un elevato e definitivo livello di sicurezza per le persone e per l’ambiente …”, precisando che “… in tali casi devono essere previsti piani di monitoraggio e controllo e limitazioni d’uso rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici …”.

15. L’art. 239, comma 2, del D. Lgs. n. 152/2006 specifica, poi, che quanto disposto al Titolo V non si applica “ … all’abbandono dei rifiuti disciplinato dalla parte quarta del presente decreto …”, precisando che in tale ipotesi “… qualora, a seguito della rimozione, avvio a recupero, smaltimento dei rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato, si accerti il superamento dei valori di attenzione, si dovrà procedere alla caratterizzazione dell’area ai fini degli eventuali interventi di bonifica e ripristino ambientale da effettuare ai sensi del presente titolo …”.

16. Dunque, nell’ipotesi in cui le fonti inquinanti siano costituite da rifiuti stoccati, la volontà del legislatore è quella di voler assoggettare in tale evenienza la messa in sicurezza al regime autorizzatorio di cui al Titolo IV previsto per le discariche di rifiuti.

17. Sotto questo profilo è irrilevante l’argomento sviluppato dalla ricorrente soprattutto in sede di motivi aggiunti che “le ceneri di carbone non erano nel 1961 rifiuti come potrebbero esserlo oggi, bensì residui di attività – come le ceneri di pirite, le ferriti di zinco, ecc. – che venivano prodotte in modo continuativo ed impiegate liberamente in operazioni di rinterri, livellamenti, riempimenti, rimpieghi o anche solo come sotto asfalto o allocazioni, in giro per l’Italia, e sempre – come nel nostro caso – previo assenso degli enti pubblici locali”, non potendo che assumere rilievo nelle determinazioni ministeriali oggi contestate esclusivamente le classificazioni e le categoria attualmente acquisite.

18. La presenza, dunque, in un sito contaminato di materiali qualificati come rifiuti (e tali sono - come detto - le ceneri presenti in gran quantità nell’Area 5 ex “Parco Ceneri” della Centrale Sulcis) comporta alcune particolarità in termini autorizzativi nell’ambito del progetto di bonifica.

19. In particolare, qualora nell’ambito di un procedimento di bonifica sia prevista la messa in sicurezza permanente mediante la realizzazione di un volume confinato qualificabile come rifiuto, tale intervento, pur se autorizzato nell’ambito di un procedimento di cui alla Parte Quarta, Titolo Quinto, del d.lgs. n. 152/2006, necessita di tutti i titoli necessari alla sua realizzazione restando conseguentemente la MISP assoggettata al regime autorizzatorio delle discariche di rifiuti di cui al Titolo IV.

20. Tali titoli vanno acquisiti nell’ambito del procedimento teso al rilascio del provvedimento di approvazione del progetto e sono ricompresi nel provvedimento di approvazione ministeriale, come

espressamente previsto dall’art. 252, comma 6 del Testo Unico Ambiente.

21. Il provvedimento di approvazione del relativo progetto ricomprende invero i titoli necessari alla realizzazione degli interventi, tra cui quelli necessari i sensi della normativa sulla gestione dei rifiuti.

22. Come precisa la difesa del Ministero intimato, dunque, la normativa oggi in vigore non impedisce la realizzazione di interventi di MISP che interessano rifiuti o matrici ambientali ma impone che il provvedimento di approvazione del relativo progetto ricomprenda i titoli necessari alla realizzazione degli interventi, tra cui quelli necessari i sensi della normativa sulla gestione dei rifiuti.

23. Sotto questo profilo è del tutto priva di un convincente fondamento normativo la tesi ampiamente esposta da Enel in ordine alla differenza tra MISP e discarica sotto il profilo della sussistenza, rispettivamente, di una vicenda statica e dinamica di gestione dei rifiuti.

24. Le anzidette argomentazioni rendono evidentemente prive di fondamento le argomentazioni di cui al secondo motivo di impugnazione, incentrato su un insussistente difetto di motivazione, risultando in contrario adeguatamente argomentata – anche per relationem - la posizione dell’amministrazione statale.

25. Resta parimenti infondata la lamentata lesione delle garanzie procedimentali, avendo l’ENEL compiutamente partecipato all’istruttoria svolta sui progetti presentati.

26. Né assume valore l’argomento sulla ritenuta violazione del principio di proporzionalità ed economicità dell’azione amministrativa, restando evidente che la delicatezza della natura degli interessi coinvolti giustifica l’adozione, da parte dell’amministrazione, della massima cautela e precauzione per la salvaguardia ambientale del sito.

27. Non è infine superfluo in proposito ricordare che ENEL ha presentato in data 31 marzo 2022 (prot. MiTE n. 4971 del 1.4.2022), successivamente alla proposizione dei motivi aggiunti, un nuovo studio di fattibilità del progetto di MISP dell’Area 5, con riferimento al quale il Ministero resistente ha indetto conferenza di servizi preliminare in modalità asincrona invitando gli enti competenti a far pervenire nei tempi e modi di legge i propri pareri, e che allo stato detto procedimento non risulta ancora definito.

28. In conclusione il ricorso si rivela infondato e va respinto.

29. La complessità della questione giustifica la compensazione delle spese tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 10 maggio 2023 con l’intervento dei magistrati:

Marco Buricelli, Presidente

Tito Aru, Consigliere, Estensore

Oscar Marongiu, Consigliere