TAR Liguria Sez. I n. 5506 del 18 giugno 2010
Rifiuti. Abbandono ed obbligo di rimozione

L’obbligo di rimozione e smaltimento non può essere accollato in modo automatico al proprietario, a carico del quale non vi siano prove dell’avvenuta cooperazione nell’attività illecita.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

N. 05006/2010 REG.SEN.
N. 00014/2005 REG.RIC.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Prima)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 14 del 2005, proposto dalla srl BI.Ma corrente a Sarzana in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Mauro Manzi, Giovanni Gerbi e Francesco Massa, con domicilio eletto presso gli ultimi due a Genova in via Roma 11.1;


contro

Comune di Sarzana, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Fabio Cozzani, con domicilio eletto presso l’avvocato Vittorio Corte a Genova in via Mameli 1-2;

per l'annullamento

dell’ordinanza 28.10.2004, n. 237 del dirigente il comune di Sarzana.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione comunale;
vista la propria ordinanza 13.1.2005, n. 14;
viste le memorie depositate dalle parti;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 giugno 2010 il dott. Paolo Peruggia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO


La BIMA srl espone di essere proprietaria di un fondo ubicato in località Bozi di Saudino e si ritiene lesa dall’ordinanza 28.10.2004, n. 237 con cui il dirigente comunale ha ingiunto la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato nello stagno esistente nella località. Per ciò l’interessata ha notificato l’atto 22.12.2004, depositato il 5.1.2005, con cui denuncia:

violazione e falsa applicazione dell’art. 14 del d.lvo 5.2.1997, n. 22, eccesso di potere per sviamento, violazione dell’art. 7 della legge 7.8.1990, n. 241.

Violazione dell’art. 14 del d.lvo 5.2.1997, n. 22, con riferimento agli articoli 6 e 8 del medesimo decreto. Difetto del presupposto.

Con ordinanza 13.1.2005, n. 14 il tribunale ha accolto la domanda cautelare per la sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato.

L’amministrazione comunale si è costituita in giudizio con atto depositato il 20.1.2005, con cui ha chiesto respingersi la domanda.

Le parti hanno depositato documenti.

L’amministrazione civica ha depositato un atto con cui si è costituita in giudizio a ministero di un nuovo difensore.

Parte ricorrente ha depositato una memoria conclusionale.


L’impugnazione è relativa ad un provvedimento con cui l’amministrazione comunale di Sarzana ha ingiunto all’interessata la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti abbandonati nel fondo di proprietà, derivanti dalla pregressa lavorazione dell’argilla.

Il procedimento derivò da un’indagine condotta dalla procura della Repubblica di La Spezia, che aveva ipotizzato i reati di violazione delle norme sulla tutela ambientale in conseguenza dell’attività di riqualificazione del sedime che l’interessata aveva intrapreso: sulla scorta del carteggio intrattenuto con l’ufficio inquirente l’amministrazione comunale ritenne integrata la violazione dell’art. 14 del d.lvo 5.2.1997, n. 22, per cui adottò l’atto impugnato. Esso si basa tra l’altro sulle acquisizioni tecniche del consulente nominato dal pubblico ministero presso il tribunale di La Spezia, che ha aveva qualificato l’argilla movimentata dall’interessata come rifiuto non pericoloso.

Tanto premesso possono essere esaminati i motivi dedotti.


Con il primo di essi si denuncia la violazione delle regole procedimentali, in quanto l’ordinanza sarebbe derivata da un ordine emesso extra ordinem dal pm al comune, che per parte sua avrebbe acriticamente accolto le acquisizioni istruttorie emerse nel corso della indagini. In ciò si sostanzierebbe un’altra violazione, in quanto l’allegazione delle risultanze della consulenza licenziata dal pubblico ministero avrebbe dovuto consigliare all’amministrazione comunale di far precedere il provvedimento dalla comunicazione di avvio del procedimento.

Il collegio osserva che l’amministrazione ha probabilmente subito in qualche misura l’iniziativa dell’ufficio inquirente, ma che tuttavia dal punto di vista procedimentale non sembrano ravvisarsi le violazioni denunciate.

La comunicazione di avvio del procedimento di che si tratta era stata inviata all’interessata con il precedente provvedimento impugnato nel ricorso RG 923/2004 pendente tra le stesse parti: in quell’occasione il comune aveva esposto di procedere per una violazione connessa alla movimentazione dell’argilla presente sul suolo di che trattasi, sì che ogni successiva determinazione in tale senso poteva essere assunta dall’amministrazione, tenuto soprattutto conto che già l’atto citato aveva qualificato l’argilla di che si tratta come rifiuto non pericoloso.

Il motivo non può pertanto essere accolto.


Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell’art. 14 del cosiddetto decreto Ronchi, in quanto non sarebbe stata accuratamente esaminata la natura dei materiali presenti in loco, che non potevano costituire un presupposto della fattispecie che è stata invece considerata come integrata.

A conforto dei propri assunti l’interessata deduce l’intervenuta assoluzione in sede penale dei legali rappresentanti della società ricorrente (sentenza 26.2.2010, n. 375 del tribunale di La Spezia, sezione staccata di Sarzana): tuttavia il collegio rileva che la decisione del giudice ordinario non può allo stato spiegare gli effetti invocati dalla difesa ricorrente, posto che manca in atti la prova dell’intervenuto passaggio in giudicato della sentenza (art. 654 cpp).

Appare invece fondata e va accolta la censura con cui l’interessata denuncia la scarsa accuratezza delle conclusioni che l’atto impugnato ha tratto, muovendo dalle acquisizioni istruttorie in merito.

Era risultato infatti che sull’area di che si stratta erano stati accatastati dei rifiuti ad opera di soggetti terzi rispetto all’attuale proprietà, sì che l’obbligo di rimozione e smaltimento non può essere accollato in modo automatico al proprietario, a carico del quale non vi siano prove dell’avvenuta cooperazione nell’attività illecita.

Tale è la situazione in fatto, posto che la stessa sentenza del giudice penale ha rimarcato che il consulente nominato dal pubblico ministero aveva riconosciuto lo stato di abbandono del terreno in questione per il periodo anteriore all’acquisto fattone dalla ricorrente.

Ne risulta confermata la denuncia di carenza del presupposto per l’adozione dell’ordinanza impugnata, vista la confusa situazione probatoria che è emersa.

In conclusione il motivo è fondato e va accolto, derivandone l’annullamento dell’ordinanza in questione.

Le spese di lite vanno invece interamente compensate tra le parti, vista la reciproca parziale soccombenza, tenuto altresì conto che la situazione probatoria ha subito un’evoluzione soprattutto nel periodo successivo all’adozione dell’atto.


P.Q.M.


Accoglie in parte il ricorso e per l’effetto annulla l’atto impugnato.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2010 con l'intervento dei Signori:

Santo Balba, Presidente
Paolo Peruggia, Consigliere, Estensore
Luca Morbelli, Primo Referendario

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/06/2010