Cass. Sez. III n. 50304 del 18 dicembre 2023
Pres. Aceto Rel. Scarcella Ric. PM in proc. Monni
Rifiuti.Trasporto illecito e terzo estraneo proprietario del mezzo da confiscare

In tema di illecita gestione dei rifiuti, al fine di evitare la confisca obbligatoria del mezzo di trasporto utilizzato per commettere il reato, incombe sul terzo estraneo al reato, individuabile in colui che non ha partecipato alla commissione dell'illecito ovvero ai profitti che ne sono derivati, l'onere di provare la sua buona fede ovvero che l'uso illecito del mezzo gli era ignoto e non collegabile ad un suo comportamento negligente


RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 20 marzo 2023, il tribunale di Rimini dichiarava MONNI PASQUALE colpevole della contravvenzione di cui all’art. 256, co. 1, lett. a), d. lgs. n. 152 del 2006, contestata come commessa secondo le modalità esecutive e spazio – temporali meglio descritte nel capo di imputazione, condannandolo alla pena di 2.600 euro di ammenda, assolvendo GUIDI MASSIMILIANO dalla medesima imputazione per non aver commesso il fatto, con confisca dell’automezzo utilizzato per il trasporto abusivo, già sottoposto a sequestro preventivo in data 14.05.2018.

2. Avverso la sentenza impugnata nel presente procedimento, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Rimini propone ricorso per cassazione, deducendo un unico motivo, di seguito sommariamente indicato.

2.1. Deduce, con tale unico motivo, il vizio di violazione di legge in relazione agli artt. 256, TUA, 40 e 41, cod. pen.
In sintesi, si duole il PM per avere il giudice assolto per non aver commesso il fatto l’imputato Guidi, ossia il legale rappresentante della società proprietaria del mezzo che lo aveva affidato al Monni, titolare di impresa individuale che aveva ottenuto la disponibilità del mezzo, più volte utilizzandolo per trasportare illecitamente rifiuti speciali provenienti da demolizioni. Il tribunale, secondo il PM, avrebbe omesso di considerare che se la società, proprietaria del mezzo di cui il Guidi è legale rappresentante, non avesse affidato il mezzo al Monni, il reato non avrebbe potuto essere commesso, non essendovi quindi dubbio che il Guidi abbia contribuito causalmente in maniera determinante alla commissione materiale del fatto, errando pertanto il tribunale laddove afferma che manchi l’indicazione di una posizione di garanzia del Guidi. Si aggiunge, inoltre, che il tribunale non avrebbe applicato correttamente i principi in materia di colpa, pur avendo correttamente affermato che il Guidi aveva omesso di vigilare sul corretto utilizzo del mezzo del quale come amministratore era responsabile. La colpa discenderebbe anche dal fatto, riconosciuto dal tribunale, laddove ricorda che Monni è socio accomandante della S.A.S. proprietaria del mezzo, che aveva due soli soci, il Monni ed il Guidi, che era subentrato a tale Bucci. In sostanza, l’accomandatario (Monni) aveva concesso in uso l’automezzo sequestrato all’impresa individuale del socio accomandante (Guidi) che svolgeva lo stesso lavoro della SAS. Era evidente quindi la sussistenza della colpa in capo al Monni, a conoscenza della mancata iscrizione del veicolo e della totale assenza di titolo abilitativo, ma anche del Guidi che, nell’affidarlo all’impresa del Monni, conoscendone l’uso e sapendo che il mezzo non era abilitato al trasporto dei rifiuti, risponde del trasporto poi effettivamente effettuato per averlo consumato. Quanto sopra avrebbe quindi imposto anche la condanna del Guidi il quale era in colpa per aver concesso l’uso del mezzo per un’attività a lui conosciuta, come da questi era conosciuto il socio, senza verificare che questi fosse dotato dei titoli abilitanti per il trasporto dei rifiuti. Richiama, a tal fine, giurisprudenza di questa Corte con riferimento alla figura del noleggiatore (Cass., n. 12473/2015) e con riferimento al detentore di rifiuti speciali che li affida ad un terzo non autorizzato (Cass., n. 21588/2004).

3. Avverso la sentenza impugnata nel presente procedimento è stato inoltre proposto separato ricorso per cassazione, a mezzo difensore, il primo, nell’interesse del MONNI PASQUALE in proprio e, il secondo, nell’interesse della soc. LEOPARDI di Monni Pasquale & c. SAS, quale proprietaria del mezzo di cui è stata disposta la confisca, con cui vengono dedotti complessivamente tre motivi.

3.1. Deduce la difesa della soc. LEOPARDI di Monni Pasquale & c. SAS, con ambedue i motivi proposti, che possono essere congiuntamente illustrati, attesa l’intima connessione dei profili di doglianza ad essi sottesi, il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 259, co. 2, d. lgs. n. 152 del 2006, laddove il giudice di merito ha disposto la confisca dell’autocarro di proprietà della soc. Leopardi è stata disposta nonostante il legale rappresentante della società proprietaria del mezzo, Guidi Massimiliano, è stato invece mandato assolto con formula piena per non aver commesso il fatto e correlato vizio di manifesta illogicità della motivazione sul punto.
In sintesi, la società proprietaria del mezzo, quale terza proprietaria del mezzo non parte del processo ed avente diritto alla restituzione, sostiene che erroneamente il giudice ha disposto la confisca obbligatoria del mezzo in quanto riguardante un bene appartenente ad un terzo incolpevole, che al più avrebbe potuto essere disposta in via facoltativa alle condizioni previste dall’art. 240, cod. pen., le ragioni poste a fondamento della disposta confisca, peraltro, sarebbero illogiche laddove il giudice di merito ha ritenuto che la soc. Leopardi SAS non potesse considerarsi persone estranea al reato, ciò in base alla qualità di socio accomandante della società medesima del Monni sia per l’omessa vigilanza sul corretto utilizzo del veicolo da parte dell’allora legale rappresentante della società medesima, il Guidi. Avendo tuttavia assolto quest’ultimo, individuare il collegamento con il reato per cui era condannato il Monni nel difetto di vigilanza da parte del legale rappresentante della società, il Guidi, sul corretto utilizzo del mezzo costituirebbe una contraddizione logica.

3.2. Deduce la difesa del Monni Pasquale in proprio, con l’unico motivo proposto, il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 522, cod. proc. pen. per difetto di contestazione, ed inosservanza dell’art. 521, co. 2, cod. proc. pen., laddove il giudice, accertato un fatto diverso da quello enunciato nel decreto di citazione a giudizio, anziché disporre con ordinanza la trasmissione degli atti al PM, ha pronunciato condanna nei confronti del MONNI per il diverso fatto accertato.
In sintesi, si duole la difesa per essere stato condannato il Monni per un fatto diverso da quello contestato in quanto, a fronte della contestazione di gestione illecita di rifiuti nell’interesse o vantaggio della soc. Leopardi SAS, lo stesso sarebbe stato condannato per la gestione illecita posta in essere quale titolare dell’omonima impresa individuale edile. In sostanza, il giudice di merito avrebbe individuato nel Monni il soggetto responsabile del reato in quanto aveva valorizzato alcune emergenze processuali che lo indicavano quale titolare dell’impresa che aveva svolto i lavori di ristrutturazione a valle dei quali non poteva non esservi stato il trasporto dei rifiuti prodotti ed il rispettivo smaltimento. Ciò, però, avrebbe presupposto la contestazione da parte del PM del fatto diverso, mediante modifica dell’imputazione, con conseguente nullità della sentenza per difetto di contestazione.

4. In data 24.10.2023, è stata depositata telematicamente la requisitoria scritta da parte del Procuratore generale, con cui si chiede dichiararsi inammissibile il ricorso del PM e rigettarsi i ricorsi proposti da MONNI PASQUALE e dalla SOC. LEOPARDI di Monni Pasquale & C.
In sintesi, secondo il PG, il ricorso del PM è inammissibile, in quanto sollecita una rilettura degli elementi di fatto, senza concretamente confrontarsi con la sentenza impugnata, che ha assolto Guidi Massimiliano, ritenendo non provato il contributo concorsuale alla condotta del coimputato Monni, tale non potendo ritenersi il mero impiego del veicolo intestato alla Leopardi s.a.s., società della quale Guidi era socio accomandatario, e Monni socio accomandante.
Il ricorso di Monni Pasquale, con cui si denuncia la violazione dell’art. 521 cod. proc. pen., è manifestamente infondato, in quanto l’imputazione concerne l’attività di gestione abusiva di materiale da demolizione, senza alcun richiamo al preteso interesse della Leopardi s.a.s. sicché non ricorre alcun fatto diverso tra imputazione e condanna.
Il ricorso della Leopardi s.a.s., con cui si contesta la confisca del veicolo impiegato per il trasporto illecito, in quanto intestato alla società Leopardi, amministrata dal Guidi, assolto per non aver commesso il fatto, è infondato. Premesso che, in tema di illecita gestione dei rifiuti, al fine di evitare la confisca obbligatoria del mezzo di trasporto utilizzato per commettere il reato, incombe sul terzo estraneo al reato, individuabile in colui che non ha partecipato alla commissione dell'illecito ovvero ai profitti che ne sono derivati, l'onere di provare la sua buona fede ovvero che l'uso illecito del mezzo gli era ignoto e non collegabile ad un suo comportamento negligente (Sez. 3, n. 23818 del 29/03/2019, Rv. 275978), nella fattispecie non risulta assolto l’onere di provare che l’uso illecito del veicolo fosse ignoto o non collegabile ad un suo comportamento negligente, tenuto conto del legame societario con il Monni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi, trattati cartolarmente ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020 e successive modifiche e integrazioni, sono, fondati, quanto a quello del Pubblico Ministero, ed inammissibili quanto a quelli propositi dal Monni in proprio e dalla società.

2. Procedendo, anzitutto, ad esaminare quello del Pubblico Ministero, rileva il Collegio che lo stesso è fondato.
Ed invero, quanto argomentato a pag. 4 dell’impugnata sentenza, infatti, evidenzia chiari errori di diritto del giudice di merito.

2.1. Non rileva la circostanza dell’assenza sul luogo del fatto dell’imputato Guidi. La circostanza che i lavori di ristrutturazione fossero gestiti dal Monni e che il Guidi non fosse stato presente sul luogo dei fatti assume valenza neutra, laddove si consideri che il Guidi aveva omesso di vigilare sul corretto utilizzo del mezzo del quale come amministratore era responsabile. Monni risulta socio accomandante della SAS proprietaria del mezzo, che aveva due soli soci, il Monni ed il Guidi, che era subentrato a tale Bucci. In sostanza, come bene rileva il PM, l’accomandatario (Monni) aveva concesso in uso l’automezzo sequestrato all’impresa individuale del socio accomandante (Guidi) che svolgeva lo stesso lavoro della SAS. Era evidente quindi la sussistenza della colpa in capo al Monni, a conoscenza della mancata iscrizione del veicolo e della totale assenza di titolo abilitativo, ma anche del Guidi che nell’affidarlo all’impresa del Monni, conoscendone l’uso e sapendo che il mezzo non era abilitato al trasporto dei rifiuti, risponde del reato di trasporto abusivo, poi effettivamente effettuato, per averlo consumato. Quanto sopra avrebbe quindi imposto anche la condanna del Guidi il quale era in colpa per aver concesso l’uso del mezzo per un’attività a lui conosciuta, come da questi era conosciuto il socio, senza verificare che questi fosse dotato dei titoli abilitanti per il trasporto dei rifiuti. E’, infatti, evidente che il soggetto, legale rappresentante della società proprietaria di un automezzo adibito al trasporto di rifiuti, laddove lo affidi ad un terzo, può adeguatamente fondare una sua condizione di buona fede solo ove abbia preventivamente verificato l'esistenza del titolo abilitativo per l'esercizio di tale attività specificamente riferito al veicolo in questione (v., per un’applicazione di tale principio con riferimento al noleggiatore, Sez. 3, n. 12473 del 02/12/2015, dep.  2016, Rv. 266482). Ciò vale, del resto, anche al fine di ottenerne la restituzione, essendo già stato affermato da questa Corte che il terzo che invochi la restituzione delle cose sequestrate qualificandosi come proprietario o titolare di altro diritto reale è tenuto a provare i fatti costitutivi della sua pretesa e, in particolare, oltre alla titolarità del diritto vantato, anche l'estraneità al reato e la buona fede, intesa come assenza di condizioni in grado di configurare a suo carico un qualsivoglia addebito di negligenza da cui sia derivata la possibilità dell'uso illecito del bene (tra le tante: Sez. 3, n. 9579 del 17/01/2013, Rv. 254749 – 01). Negligenza, nella specie, ravvisabile.

3. S’imporrebbe, pertanto, l’annullamento dell’impugnata sentenza, con rinvio, limitatamente alla posizione dell’imputato GUIDI MASSIMILIANO, per nuovo giudizio sul punto.
Deve, tuttavia, rilevarsi l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione, maturata in data 14.05.2023.
Quanto sopra, a giudizio del collegio, non determina l’inammissibilità del ricorso del PM per carenza di interesse. In effetti la giurisprudenza ha sul punto espresso orientamenti difformi in alcuni casi valorizzando la concretezza e attualità dell'interesse ad impugnare e in altri il ruolo del pubblico ministero di garante della osservanza della legge. In particolare ha affermato che è inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso per cassazione con il quale il pubblico ministero deduca profili di carenza nell'accertamento dei fatti in ordine a pronuncia assolutoria adottata dal giudice di secondo grado con la formula "perché il fatto non sussiste", quando la causa estintiva della prescrizione del reato era già intervenuta in epoca antecedente all'emissione della sentenza di primo grado, atteso che il mezzo di impugnazione deve perseguire un risultato non solo teoricamente corretto, ma anche praticamente favorevole; né la mera presenza delle parti civili, che non abbiano impugnato la sentenza d'appello, determina l'operatività dell'art. 578 cod. proc. pen., atteso il contenuto assolutorio delle sentenze di primo e secondo grado (Sez. 1, n. 2209 del 10/01/2018, Rv. 272367 - 01).
Nel caso in esame, l'estinzione del reato è intervenuta soltanto successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, la cui motivazione è stata contestualmente depositata unitamente al dispositivo in data 20.03.2023, dovendosi quindi privilegiare il contrapposto orientamento secondo cui nei casi suindicati il ricorso per cassazione non può essere considerato inammissibile per carenza di interesse, poiché il pubblico ministero è titolare di un interesse ad impugnare ogniqualvolta ravvisi una violazione di legge e possa ottenere tramite la sua impugnazione una decisione che produce effetti diversi. Ed infatti è stato affermato che è ammissibile il ricorso per cassazione del pubblico ministero avverso la sentenza di assoluzione pronunciata sulla base di un'errata applicazione della legge sostanziale, seppure all'accoglimento debba seguire la dichiarazione di una causa di estinzione del reato (nella specie, prescrizione) già maturata, atteso l'interesse attuale dell'organo della pubblica accusa all'affermazione della corretta applicazione della legge (Sez. 3, n. 32527 del 28/04/2010, Rv. 248219 - 01; Sez. 4, n. 40896 del 28/09/2012, Rv. 255004 - 01). Ed infatti per l'ordinamento processuale, la pronuncia di declaratoria di estinzione del reato (art. 531 c.p.p.) o di assoluzione (art. 530 c.p.p.) non è un fatto a valenza neutra: dal che consegue che l'interesse ad agire, per entrambe le parti processuali, deve ritenersi in re ipsa ove, con l'impugnazione, venga chiesta la riforma della sentenza assolutoria.

4. L’impugnata sentenza dev’essere, conclusivamente, per la posizione del GUIDI MASSIMILIANO, annullata senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione.

5. Può quindi procedersi all’esame del ricorso proposto dal Monni Pasquale in proprio, che deve essere dichiarato inammissibile.

5.1. Il motivo è infatti manifestamente infondato.
Dalla lettura della sentenza impugnata, risulta infatti che, al momento del controllo dell’automezzo venne colto tale Bustamante, operaio/muratore che si era casualmente trovato alla guida del mezzo e che lavorava a giornata per il Monni, titolare di una ditta edile che stava svolgendo lavori di ristrutturazione in un appartamento sito al quinto piano del palazzo sotto il quale il mezzo era stato parcheggiato e su cui erano caricati i rifiuti. Il Monni, accorso sul posto, non aveva fornito alcuno dei documenti richiesti, ossia l’autorizzazione al trasporto dei rifiuti e del FIR. Il PM ha contestato al Monni il reato di gestione non autorizzata di rifiuti, in concorso con il Guidi, legale rappresentante della società proprietaria del mezzo (nei cui confronti, si apprende, è stato contestato l’illecito amministrativo dipendente da reato di cui all’art. 25-undecies, d. lgs. n. 231 del 2001), per avere effettuato un’attività di raccolta, trasporto e recupero di rifiuti consistenti in materiali da demolizione e costruzione nonché rifiuti vari in materiale legnoso, utilizzando il mezzo in questione, in difetto di titolo abilitativo.
La censura difensiva, secondo cui il fatto per cui il Monni è stato condannato sarebbe diverso da quello contestato è del tutto priva di pregio, in quanto si fonda su un presupposto fallace ed escluso dalla stessa lettura dell’imputazione, ossia che l’addebito al Monni fosse stato mosso per la gestione illecita di rifiuti nell’interesse o vantaggio della soc. Leopardi SAS, laddove lo stesso sarebbe stato condannato per la gestione illecita posta in essere quale titolare dell’omonima impresa individuale edile. Nulla di tutto ciò emerge dalla piana lettura dell’imputazione contestata, rispetto alla quale, pertanto, l’individuazione del titolo di responsabilità concorsuale del Monni da parte del giudice di merito è stata oggetto di puntuale motivazione, essendo infatti emerso che egli era il titolare della ditta che eseguiva i lavori e aveva necessità di smaltire i rifiuti che derivavano da tale attività. E, poiché il mezzo utilizzato era di proprietà della società di cui il Guidi era legale rappresentante, correttamente il PM ha contestato ad entrambi, a titolo di concorso, il reato di cui all’art. 256, co. 1, lett. a), d. lgs. n. 152 del 2006.
Nessuna violazione è pertanto ravvisabile nel caso in esame.

6. Da ultimo, l’esame verte sui motivi di ricorso, già congiuntamente illustrati, proposti dalla SOC. LEOPARDI di Monni Pasquale & C. (di cui era legale rappresentante, all’epoca dei fatti, il Guidi Massimaliano, cui è succeduto nella qualità il Monni, come emerge dagli atti allegati; cfr. atto notarile 23.03.2023 in cui, all’art. 1, si da atto della nuova denominazione sociale in “soc. LEOPARDI di Monni Pasquale & c. s.a.s.” e, all’art. 5, dell’assunzione in capo al Monni della qualità di socio accomandatario, subentrando quindi al Guidi che contestualmente cessava di far parte della compagine societaria).
I motivi sono inammissibili, per la semplice ragione, che emerge cartolarmente dalla sentenza impugnata, per la quale la SOC. LEOPARDI di Monni Pasquale & C. è rimasta estranea al processo, che ha visto come imputati il Monni ed il Guidi, oltre alla soc. Leopardi di Guidi Massimiliano s.a.s. la cui posizione risulta stralciata. Questa Corte ha già affermato che, in tema di confisca, il terzo estraneo al reato può far valere il diritto alla restituzione con la proposizione di incidente di esecuzione, nell'ambito del quale, escluso che possano essere rivalutate le ragioni della confisca, può dimostrare la sussistenza del diritto di proprietà e l'assenza di ogni addebito di negligenza (tra le tante: Sez. 1, n. 47312 del 11/11/2011, Rv. 251415 – 01).

7. Sul punto, peraltro, il giudice di merito, nel disporre la confisca del mezzo utilizzato per il trasporto illecito di rifiuti, conseguente alla condanna del Monni, ha già ritenuto irrilevante la circostanza che tale mezzo fosse intestato alla LEOPARDI s.a.s. – il cui legale rappresentante Guidi era stato mandato in tale sede assolto -, atteso che, secondo la ineccepibile argomentazione motivazionale, detta società, in base alla giurisprudenza di questa Corte, non poteva qualificarsi come estranea al reato. In particolare, il giudice di merito ha fatto applicazione di quella giurisprudenza secondo cui, in tema di illecita gestione dei rifiuti, al fine di evitare la confisca obbligatoria del mezzo di trasporto utilizzato per commettere il reato, incombe sul terzo estraneo al reato, individuabile in colui che non ha partecipato alla commissione dell'illecito ovvero ai profitti che ne sono derivati, l'onere di provare la sua buona fede ovvero che l'uso illecito del mezzo gli era ignoto e non collegabile ad un suo comportamento negligente (Sez. 3, n. 23818 del 29/03/2019, Rv. 275978 – 01). Aggiunge il tribunale che di tali circostanze, la cui allegazione grava sulla parte che intenda evitare il provvedimento ablativo, nulla era emerso nel corso dell’istruttoria, anzi al contrario essendo emerse circostanze da cui il giudice ha ritenuto essere verosimile la non estraneità al reato della Leopardi s.a.s., ossia il fatto che l’autore del reato Monni fosse socio accomandante della predetta società e che, ancora, il legale rappresentante Guidi aveva omesso di vigilare sul corretto utilizzo del mezzo, del quale come amministratore è responsabile anche, per esempio, in caso di violazione del codice stradale.
Quanto sopra, quindi, consente a questa Corte di confermare la disposta confisca conseguente alla condanna del Monni.

8. I ricorsi del Monni in proprio e della soc. LEOPARDI di Monni Pasquale & c. s.a.s. devono essere pertanto dichiarati inammissibili, con condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella proposizione dei ricorsi.  

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di GUIDI MASSIMILIANO perché il reato a lui ascritto è estinto per prescrizione. Dichiara inammissibili i ricorsi di MONNI PASQUALE e della società "LEOPARDI DI MONNI PASQUALE & C. S.A.S." e condanna i predetti ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Conferma la disposta confisca.
Così deciso, il 10 novembre 2023