Cass. Sez. III n. 29077 del 9 luglio 2013 (Ud. 4 giu. 2013)
Pres. Teresi Est. Ramacci Ric. Ruggeri ed altro
Rifiuti. Illecita gestione reato comune

il reato di cui all'art. 256, comma primo d.lgs. 152\06, che è reato comune, che può essere commesso anche da chi esercita attività di gestione dei rifiuti in modo secondario o consequenziale all'esercizio di una attività primaria diversa, dovendosi pertanto escludere la natura di reato proprio la cui commissione sia possibile solo da soggetti esercenti professionalmente una attività di gestione di rifiuti

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. TERESI Alfredo - Presidente - del 04/06/2013
Dott. GRILLO Renato - Consigliere - SENTENZA
Dott. ORILIA Lorenzo - Consigliere - N. 1696
Dott. RAMACCI Luca - rel. Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GRAZIOSI Chiara - Consigliere - N. 47302/2012
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RUGGERI GIOVANNI N. IL 21/04/1955;
SAVIANO GENNARO N. IL 13/11/1977;
avverso la sentenza n. 388/2011 CORTE APPELLO di SALERNO, del 18/05/2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/06/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Volpe G., che ha concluso per l'annullamento senza rinvio per prescrizione. RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Salerno, con sentenza del 18.5.2012, ha riformato la decisione emessa il 21.6.2010 dal Tribunale di quella città ed appellata da Giovanni RUGGERI e SAVIANO Gennaro, imputati, entrambi, dei reati di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 259 il SAVIANO anche del reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256 e del delitto di cui all'art. 483 cod. pen. per condotte concretatesi nella illecita spedizione transfrontaliera di rifiuti attuata anche mediante false attestazioni e contestate in due distinti procedimenti penali poi riuniti.
Il Tribunale aveva condannato il RUGGERI alla pena dell'arresto e dell'ammenda ed il SAVIANO alla reclusione, entrambi gli imputati, inoltre, venivano condannati al risarcimento dei danni in favore della parte civile Associazione A.N.P.N.A..
La Corte di appello ha dichiarato non doversi procedere nei confronti degli imputati per i reati loro ascritti ai capi A) e B) del procedimento n. 383/08 (D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1 lett. a) e art. 259, comma 1 accertati in Salerno il 12 e 14 dicembre 2005) per essere gli stessi estinti per prescrizione ed ha assolto il SAVIANO dal reato di cui al capo C) del medesimo procedimento (art. 483 cod. pen., accertato in Salerno il 12 e 14 dicembre 2005) perché il fatto non costituisce reato e dal reato di cui al capo B) del procedimento n. 987/08 (D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 259, comma 1 accertato in Salerno il 26 giugno 2006) per non aver commesso il fatto e, risolto il vincolo della continuazione, rideterminava la pena nei confronti di entrambi, confermando nel resto la sentenza impugnata e le statuizioni civili. Avverso tale pronuncia entrambi gli imputati propongono distinti ricorsi per cassazione.
2. Il RUGGERI deduce, con un primo motivo di ricorso, la violazione di legge in relazione alla ritenuta competenza del Tribunale di Salerno, rilevando che il giudice competente avrebbe dovuto individuarsi nel Tribunale di Latina, luogo da dove era partita la spedizione dei rifiuti e che la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere operante la connessione ai sensi dell'art. 12 c.p.p., lett. b) in assenza dei presupposti previsti dalla citata norma. Con un secondo motivo di ricorso denuncia la violazione di legge in relazione alla ritenuta legittimazione alla costituzione di parte civile dell'Associazione A.N.P.N.A., in quanto fondata su una erronea considerazione della nozione di danno ambientale come definita dalla norma e per l'assenza in concreto di un danno effettivo all'ambiente nella condotta posta in essere. Rileva, inoltre, che i giudici del gravame non avrebbero neppure preso in considerazione la sussistenza di un effettivo collegamento tra i fatti per cui è processo e l'interesse alla costituzione di parte civile.
Con un terzo motivo di ricorso osserva che i reati oggetto di contestazione dovrebbero ritenersi comunque estinti per prescrizione, intervenuta nel corso del giudizio di secondo grado e non rilevata dalla Corte territoriale.
3. Il SAVIANO deduce, con un unico motivo di ricorso, la violazione di legge in relazione alla interpretazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256 in quanto la condotta contestatagli riguarderebbe un trasporto occasionale di rifiuti, mentre il riferimento della norma ad una "attività" presupporrebbe la sussistenza di una condotta non episodica e svolta in forma imprenditoriale.
Entrambi insistono, pertanto, per l'accoglimento dei rispettivi ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso del RUGGERI è in parte fondato, mentre quello del SAVIANO è infondato e dovrebbe essere rigettato.
5. Occorre in primo luogo rilevare che il primo motivo del ricorso del RUGGERI, concernente la questione relativa alla competenza territoriale, risulta privo di fondamento.
La Corte di appello ha infatti preliminarmente rilevato, concordando con le deduzioni difensive, l'erronea applicazione, da parte del primo giudice, dell'art. 8 c.p.p., comma 4 non vertendosi, nella fattispecie, in ipotesi di delitto tentato, concretandosi la illecita spedizione transfrontaliera di rifiuti in un reato contravvenzionale. Ha poi ritenuto corretta l'individuazione del giudice competente in applicazione dell'art. 16 cod. proc. pen., osservando che i reati contravvenzionali risultavano comunque connessi, ai sensi dell'art. 12 c.p.p., lett. b), con il delitto di cui all'art. 483 cod. pen. pure contestato in uno dei due procedimenti riuniti e ciò in quanto l'indicazione, nei formulari, di circostanze non veritiere era finalizzata indubbiamente a rendere possibile la spedizione dei rifiuti.
Tale soluzione, ad avviso del Collegio, appare giuridicamente corretta in ragione della oggettiva connessione tra i reati fondata sulla ipotizzabilità di un identico disegno criminoso comune a tutti i compartecipi opportunamente giustificata dalla Corte territoriale. 6. Quanto al secondo motivo di ricorso, deve ricordarsi come si sia rilevato, anche recentemente (Sez. 3 n. 19439, 23 maggio 2012, cui si rinvia per la ricostruzione dell'evoluzione normativa in materia e gli ampi richiami ai precedenti), che il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 313, comma 7, stabilisce che "resta in ogni caso fermo il diritto dei soggetti danneggiati dal fatto produttivo di danno ambientale, nella loro salute o nei beni di loro proprietà, di agire in giudizio nei confronti dei responsabile a tutela dei diritti e degli interessi lesi" e che la disciplina del danno ambientale introdotta dal D.Lgs. n. 152 del 2006 si affianca alla disciplina generale del danno contemplata dal codice civile, con la conseguenza che le associazioni di tutela ambientale sono tuttora legittimate ad agire "iure proprio" nei processi penali concernenti violazioni ambientali anche dopo l'abrogazione delle previsioni di legge che le autorizzavano a proporre le azioni risarcitorie per danno ambientale in caso di inerzia degli enti territoriali (D.Lgs. n. 267 del 2000, n. 267, art. 9, comma 3 ora abrogato dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 318). L'azione risarcitoria, aggiunge la citata decisione, non riguarda il danno all'ambiente come interesse pubblico, bensì, come avviene per ogni persona singola od associata, i danni direttamente subiti (a tale proposito si richiamano Sez. 3 n. 34761, 26 settembre 2011; Sez. 3 n. 21016, 26 maggio 2011, non massimata; Sez. 3 n. 14828, 16 aprile 2010; Sez. 3 n. 36514, 3 novembre 2006) ed il danno risarcibile, si è precisato, discostandosi consapevolmente dalle non convergenti posizioni espresse da altre pronunce (Sez. 3 n.l4828/2010, cit. e Sez. 3 n. 41015, 22 novembre 2010), può configurarsi anche come pregiudizio "arrecato all'attività concretamente svolta dall'associazione ambientalista per la valorizzazione e la tutela del territorio sul quale incidono i beni oggetto del fatto lesivo. In tali ipotesi potrebbe identificarsi un nocumento suscettibile anche di valutazione economica in considerazione degli eventuali esborsi finanziari sostenuti dall'ente per l'espletamento dell'attività di tutela". In ogni caso, si è ulteriormente affermato, la possibilità di risarcimento in favore dell'associazione ambientalista "non deve ritenersi limitata all'ambito patrimoniale di cui all'art. 2043 cod. civ., poiché l'art. 185 cod. pen., comma 2, - che costituisce l'ipotesi più importante determinata dalla legge per la risarcibilità del danno non patrimoniale ex art. 2059 cod. civ. - dispone che ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale obbliga il colpevole al risarcimento nei confronti non solo del soggetto passivo del reato stesso, ma di chiunque possa ritenersi danneggiato per avere riportato un pregiudizio eziologicamente riferibile all'azione od omissione del soggetto attivo".
Va ulteriormente ricordato come, per la condanna generica al risarcimento dei danni in favore della parte civile, non sia necessario che il danneggiato dia la prova della effettiva sussistenza dei danni e del nesso di causalità tra questi e l'azione dell'autore dell'illecito, essendo sufficiente l'accertamento di un fatto potenzialmente produttivo di conseguenze dannose e ciò in quanto la pronuncia, in tal caso, costituisce una mera declaratoria iuris, da cui esula ogni accertamento relativo tanto alla misura quanto alla stessa esistenza del danno, il quale è rimesso al giudice della liquidazione, che può peraltro pervenire eventualmente anche alla esclusione dell'esistenza stessa di un danno eziologicamente connesso con il fatto illecito (così Sez. 3 n. 34761, 26 settembre 2011, la quale a sua volta richiama Sez. 4 n. 7708, 15 giugno 1994; Sez. 1 n. 3220, 18 marzo 1992 e Sez. 6 n. 9266, 26 agosto 1994. Si vedano anche Sez. 6 n. 14377, 1 aprile 2009; Sez. 3 n. 16575, 2 maggio 2007; Sez. 6 n. 12199, 29 marzo 2005; Sez. 4 n. 1045, 26 gennaio 1999 che pervengono ad analoghe conclusioni). Nella fattispecie, la Corte del merito ha correttamente applicato i principi appena richiamati, ritenendo ammissibile la costituzione di parte civile ed ha dato atto della circostanza che l'associazione costituita si occupa statutariamente della protezione dell'ambiente, affermando poi che i rifiuti oggetto di controllo erano contenuti in container con modalità tali da configurare "... quanto meno, una situazione di pericolo per l'ambiente".
7. Fondato risulta, invece il terzo motivo di ricorso concernente l'omesso rilievo, da parte della Corte territoriale, della prescrizione dei reati, che risulta effettivamente intervenuta prima della definizione del giudizio di appello.
Invero, la data di commissione dei residui reati è indicata, nel capo di imputazione, con riferimento alla data del 26.6.2006. Avuto riguardo al termine massimo di anni 5, così quantificato tenendo conto degli atti interruttivi ed aggiunti i periodi di sospensione in primo e secondo grado per complessivi gg. 262 (in primo grado: gg. 7, dal 27.1.2009 al 3.2.2009, per astensione dei difensori; gg. 35, dal 31.3.2009 al 5.5.2009, per astensione dei difensori; gg. 43, dal 5.5.2009 al 17.6.2009, per impedimento del difensore; gg. 57, dal 7.12.2009 al 2.2.2010, per impedimento del difensore; gg. 60, dal 9.2.2010 al 20.4.2010, per impedimento del difensore. In secondo grado: gg. 60, dal 14.10.2011 al 18.5.2012, per impedimento difensore) si perviene alla data del 14 marzo 2012, antecedente a quella della pronuncia della sentenza impugnata (18 maggio 2012). È appena il caso di ricordare, a tale proposito, che ai fini del calcolo di cui sopra, deve tenersi conto della disposizione di cui all'art. 159 c.p., comma 1, n. 3, la quale stabilisce che, in caso di sospensione del processo per impedimento dell'imputato o del suo difensore, l'udienza non può essere differita oltre il sessantesimo giorno successivo alla prevedibile cessazione dell'impedimento. 8. La prescrizione opera, ovviamente, anche con riferimento al reato addebitato al SAVIANO, che pure risulta commesso il 26.6.2006. Il ricorso proposto dallo stesso risulta, come si è già detto, infondato, atteso che la Corte territoriale, ha dato atto dell'assenza di specifiche contestazioni in merito a quanto rilevato dal primo giudice, le cui argomentazioni ha opportunamente richiamato per relationem, aggiungendo che le attività di gestione comportanti la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio dei rifiuti erano effettuate dall'imputato in assenza di autorizzazione. Tali attività, se effettuate in assenza di titolo abilitativo, configurano il reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1 che la giurisprudenza di questa Corte ha in più occasioni indicato come reato comune, che può essere commesso anche da chi esercita attività di gestione dei rifiuti in modo secondario o consequenziale all'esercizio di una attività primaria diversa, dovendosi pertanto escludere la natura di reato proprio la cui commissione sia possibile solo da soggetti esercenti professionalmente una attività di gestione di rifiuti (Sez. 3 n. 7462, 19 febbraio 2008; Sez. 3 n. 24731, 22 giugno 2007; Sez. 3 n. 16698, 8 aprile 2004; Sez. 3 n. 21925, 14 maggio 2002). 9. Date tali premesse, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per essere i reati estinti per intervenuta prescrizione. La infondatezza dei motivi di ricorso diversi da quello concernente la prescrizione del reato implica, ai sensi dell'art. 578 cod. proc. pen., la conferma delle statuizioni di carattere civilistico della decisione impugnata.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere i residui reati estinti per intervenuta prescrizione. Conferma le statuizioni civili. Così deciso in Roma, il 4 giugno 2013.
Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2013