Cass. Sez. III n. 35622 del 27 settembre 2007 (Ud. 11 lug. 2007)
Pres. Papa Est. Ianniello Ric. PG in proc. Pili ed altro
Rifiuti. Deposito temporaneo (luogo di produzione)

In tema di deposito temporaneo la contiguità tra luogo di produzione del rifiuto e luogo che sia comunque nella disponibilità dell'impresa produttrice dello stesso, ancorché il primo e non il secondo sia recintato, consente di estendere al secondo, ove funzionalmente legato al primo, la qualificazione utile per la individuazione della nozione di deposito temporaneo.
La nozione di deposito temporaneo dei rifiuti presuppone la predisposizione di servizi atti ad assicurarne l'avviamento sistematico alle operazioni di recupero o smaltimento legittime.

Svolgimento del processo

Con sentenza del 5 aprile 2006, il Tribunale di Oristano ha assolto Ignazio Pili e Gianni Masala, perché il fatto non sussiste, dal reato di cui agli artt. 110 c.p., 14 e 51, 2° comma D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, per avere disposto o comunque consentito, il primo quale legale rappresentante della Sud Granulati s.r.l., il secondo quale responsabile tecnico dell’impianto di Marrubiu di tale società, il deposito incontrollato di rifiuti (inerti, polveri e acque di lavaggio di betoniere) provenienti dalla fabbricazione di composti di cemento e principalmente calcestruzzo, in Marrubiu dall’agosto 2001 al maggio 2003.

Il Tribunale ha ritenuto che il deposito di rifiuti in un terreno non recintato di proprietà o comunque nella disponibilità della Sud Granulati s.r.l., limitrofo alla strada statale e confinante con quello, non recintato, ove era situato l’impianto produttivo della società, fosse reale, ma poiché i rifiuti erano stati rimossi, non erano state effettuate in precedenza misurazioni e non era certo il tempo di permanenza del cumulo, i giudici hanno affermato che non era possibile stabilire, sulla base delle sole fotografie, se si trattasse di deposito incontrollato o di deposito temporaneo.

Conseguentemente, nel dubbio, il Tribunale ha assolto gli imputati.

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Cagliari, deducendo la violazione di legge, in quanto il deposito di rifiuti era avvenuto non nel luogo di produzione, ma in un terreno non recintato di proprietà della società adiacente a quello in cui era ubicato lo stabilimento della società e inoltre non era risultato che fosse finalizzato ad una successiva raccolta, smaltimento o recupero dei rifiuti.

Il ricorrente chiede pertanto l’annullamento della sentenza impugnata, con i provvedimenti conseguenti.

Il ricorso è fondato.

E’ stato accertato nel caso in esame che il materiale depositato nell’area indicata è qualificabile come rifiuto non pericoloso proveniente dalla lavorazione di prodotti di betonaggio, sul quale erano stati altresì riversati liquami di diversa intensità.

E’ inoltre risultato che tali rifiuti erano stati accumulati, fino al giorno dell’accertamento da parte dell’ispettore della Forestale Pinna, in un terreno non recintato nella disponibilità della Sud Granulati s.r.l. limitrofo alla strada statale e confinante con quello ove era situato l’impianto produttivo della società.

E’ infine incontestato che tali cumuli di rifiuti furono rimossi la sera stessa dell’ accertamento.

Sulla base di tali dati, il Tribunale ha ritenuto di non poter stabilire, sulla scorta delle sole fotografie dei cumuli scattate dall’ispettrice della Forestale e in difetto di ulteriori elementi, se si sia trattato di deposito incontrollato dei. rifiuti (per la distinzione tra deposito temporaneo irregolare, messa in riserva irregolare e deposito incontrollato o abbandono di rifiuti cfr., recentemente, Cass. 30 novembre 2006 n. 39544) oppure di deposito temporaneo, come tale esente dalla necessità di autorizzazione.

Quest’ultima tormentata nozione (la cui ultima versione è oggi contenuta, con variazioni che non interessano in questa sede - cfr., al riguardo, Cass. sez. 3^, ud. 14 marzo 2007, Storace -, nell’art. 183, lett. m) del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 emanato in forza della delega contenuta nella legge 15 dicembre 2004 n. 308) era definita dall’art. 6, lett. m), del D.Lgs. n. 22/97 come “raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti alle seguenti condizioni: …3) i rifiuti... devono essere raccolti e avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento con cadenza almeno trimestrale indipendentemente dalle quantità in deposito, ovvero, in alternativa, quando il quantitativo di rifiuti non pericolosi in deposito raggiunge i venti metri cubi; il termine di durata del deposito temporaneo è di un anno se il quantitativo dì rifiuti in deposito non supera i venti metri cubi nell’anno o se, indipendentemente dalle quantità, il deposito temporaneo è effettuato in stabilimenti localizzati nelle isole minori”.

La disposizione ha dato luogo ad interpretazioni divergenti nel tempo con riferimento al requisito quantitativo/temporale richiesto perché il raggruppamento dei rifiuti nel luogo in cui sono prodotti potesse essere definito deposito temporaneo, divergenza in via di superamento per effetto delle correzioni terminologiche apportate alla definizione nell’ultimo D.Lgs. citato (cfr., al riguardo, Cass. 30 novembre 2006 n. 39544).

In questa sede peraltro interessano unicamente i requisiti del “luogo di produzione” in cui i rifiuti devono essere depositati e quello della destinazione degli stessi ad operazioni di recupero o smaltimento, la cui ricorrenza nel caso in esame è stata contestata dal Procuratore ricorrente.

Al riguardo va rilevato in via di principio che la contiguità tra luogo di produzione del rifiuto e luogo che sia comunque nella disponibilità dell’impresa produttrice dello stesso, ancorché il primo e non il secondo sia recintato, consente di estendere al secondo, ove funzionalmente legato al primo, la qualificazione utile per la individuazione della nozione di deposito temporaneo.

Ciò posto, va rilevato che difetta nella sentenza l’accertamento relativo a questo legame funzionale tra luogo di produzione dei rifiuti e contiguo terreno di deposito degli stessi, desumibile dall’assenza di una autonoma utilizzazione di quest’ultimo, diversa da quella accertata o da altre circostanze.

Quanto alla seconda censura mossa con il ricorso, si rileva come la nozione di deposito temporaneo dei rifiuti presupponga la predisposizione di servizi atti ad assicurarne l’avviamento sistematico alle operazioni di recupero o smaltimento legittime, della presenza delle quali non esiste alcuna traccia nella motivazione della sentenza impugnata.

Ambedue le censure del ricorso appaiono pertanto fondate.

La sentenza impugnata va pertanto annullata, con rinvio al Tribunale di Oristano per un nuovo esame.