Cass. Sez. III n. 9080 del 6 marzo 2020 (CC 30 gen 2019)
Pres. Ramacci Est. Corbetta Ric. Coscia
Ecodelitti.Pesca di corallo e delitto di inquinamento ambientale

Costituisce violazione dell’art. 452-bis cp e giustifica l’applicazione di una misura cautelare personale l’aver cagionato, unitamente ad altri correi, una compromissione e un deterioramento significativi e misurabili dell’ecosistema marino effettuando la pesca abusiva di corallo rosso mediterraneo, in assenza di titolo abilitativo e con modalità vietate, ossia mediante pesca subacquea con uso di bombole e un metodo di raccolta distruttivo, con rottura ed escissione del substrato roccioso.

RITENUTO IN FATTO


    1. 1. Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale della Libertà di Salerno rigettava l’istanza ex art. 309 cod. proc. pen. proposta nell’interesse di Vincenzo Coscia avverso l’ordinanza emessa dal g.i.p. del Tribunale di Salerno in data 03/09/2019 (depositata il giorno seguente), che aveva applicato, nei confronti del predetto, la misura dell’obbligo di dimora in relazione al delitto di cui agli artt. 110, 452-bis, comma 1, n. 2 cod. pen., come descritto nel capo 4) dell’incolpazione provvisoria. In particolare, al Coscia si contesta di aver cagionato, unitamente ad altri correi, una compromissione e un deterioramento significativi e misurabili dell’ecosistema marino della zona denominata “Fondali marini di Punta Campanella e Capri” effettuando la pesca abusiva di corallo rosso mediterraneo, in assenza di titolo abilitativo e con modalità vietate, ossia mediante pesca subacquea con uso di bombole e un metodo di raccolta distruttivo, con rottura ed escissione del substrato roccioso. Il g.i.p. peraltro escludeva la gravità indiziaria nei confronti di tutti gli indagati con riferimento al delitto associativo ex art. 416 cod. pen., per il quale il p.m. aveva pure avanzato la domanda cautelare.

2. Avverso l’indicata ordinanza, l’indagato, per il tramite del difensore di fiducia, propone ricorso per Cassazione affidato a tre motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 125, comma 3, e 309 cod. proc. pen. con riferimento agli artt. 299 e 273 cod. proc. pen. Ad avviso del ricorrente, la motivazione dell’ordinanza impugnata sarebbe apparente in ordine alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, non confrontandosi con le deduzioni difensive, tenuto conto che il corallo fu sequestrato in data 28/05/2018 a carico del Forchetta e che, comunque, egli non si adoperò per ottenere le licenze dalla capitaneria di porto, né continuò l’asserita attività illecita recandosi in Sardegna il 12/06/2018, tanto più che, in quell’occasione, il controllo diede esito negativo.  
2.2. Con il secondo motivo si censura la violazione dell’art. 15 cod. pen. e la falsa applicazione dell’art. 452-bis cod. pen. Ad avviso del ricorrente, nel caso in esame, troverebbero applicazione le disposizioni di cui al d.lgs. n. 4 del 2012, che, in quanto legge speciale, prevalgono sulla fattispecie di cui all’art. 452-bis cod. pen.
2.3. Con il terzo motivo si eccepisce la violazione la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari. Ad avviso del ricorrente, il Tribunale cautelare avrebbe erroneamente ravvisato le esigenze cautelari, senza considerare che il fatto risale al maggio 2018 e che il Coscia è incensurato e ha interrotto i rapporti con il Forchetta dopo il sequestro del corallo a carico di quest’ultimo.


CONSIDERATO IN DIRITTO


1. Il ricorso è infondato.

2. Il primo motivo è manifestamente infondato.
2.1. Deve premettersi, con riguardo ai limiti entro i quali la Corte di cassazione può esercitare il sindacato di legittimità sulla motivazione delle ordinanze applicative di misure cautelari personali, che, secondo l'orientamento che il Collegio condivide e reputa attuale anche all'esito delle modifiche normative che hanno interessato l'art. 606 cod. proc. pen. (cui l'art. 311 cod. proc. pen. implicitamente rinvia), nei casi in cui sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta "il compito di verificare se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l'hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell'indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti, rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie, nella peculiare prospettiva dei procedimenti incidentali de libertate" (Cass., Sez. un., sentenza n. 11 del 22/3/2000, Rv. 215828; nel medesimo senso, dopo la novella dell'art. 606 cod. proc. pen., Sez. IV, sentenza n. 22500 del 3/5/2007, Rv. 237012). Considerato che la richiesta di cui all'art. 309 cod. proc. pen., quale mezzo di impugnazione sia pure atipico, ha la specifica funzione di sottoporre a controllo la validità dell'ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti formali enumerati nell'art. 292 cod. proc. pen. e ai presupposti ai quali subordinata la legittimità del provvedimento coercitivo (Cass., Sez. Un., sentenza n. 11 dell'8/7/1994, Rv. 198212), si è evidenziato che, dal punto di vista strutturale, la motivazione della decisione del Tribunale del riesame deve essere conformata al modello delineato dall'art. 292 cod. proc. pen., che ricalca il modulo configurato dall'art. 546 cod. proc. pen., con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, che non è fondata su prove ma su indizi e tende all'accertamento non di responsabilità ma di una qualificata probabilità di colpevolezza (Cass., Sez. Un., sentenza n. 11 del 21/4/1995, Rv. 202002).
2.2. Più recentemente, si è osservato, che, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la carenza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, rimanendo "all'interno" del provvedimento impugnato, ma non anche quando proponga censure che riguardino la ricostruzione dei fatti accolta nel provvedimento impugnato, risolvendosi in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Cass., Sez. 5^, sentenza n. 46124 dell'8/10/2008, Rv. 241997; Sez. 6^, sentenza n. 11194 dell'8/3/2012, Rv. 252178), sempre che detta ricostruzione non sia decisivamente inficiata da documentati travisamenti.
2.3. Ciò premesso, il ricorrente pretende una diversa lettura dei dati probatori, laddove il tribunale ha indicato nella conversazione telefonica n. 655 del 17/05/2018, ore 18.53 tra Coscia e Forchetta (riportata a p. 19 del provvedimento impugnato), l’elemento gravemente indiziario, emergendo da detta conversazione la consapevolezza, da parte del Coscia, non solo dell’assenza del titolo autorizzativo in capo al Forchetta, ma anche e soprattutto (essendo contestata al ricorrente la condotta di “mandante”) che il corallo prelevato in occasione della prossima battuta di pesca, organizzata per il 28/05/2018, sarebbe destinato a lui, prova ne è che effettivamente il 28/05/2018 i c.c. di Torre del Greco fermarono Forchetta e Coscia presso l’abitazione del fratello di quest’ultimo, mentre era in corso la trattativa per la vendita di circa 700 gr. di corallo, contenuto all’interno di una scatola.

3. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
Come recita l’art. 1 d.lgs. 09/01/2012 n. 4 (“Misure per il riassetto della normativa in materia di pesca e acquacoltura, a norma dell'articolo 28 della legge 4 giugno 2010, n. 96”), tale corpo normativo si propone la finalità di provvedere “riordino, al coordinamento ed all'integrazione della normativa nazionale in materia di pesca ed acquacoltura”; a tale scopo, il capo I disciplina l’“attività di pesca e di acquacoltura” in tutti gli ambiti in cui essa si declina (pesca professionale, acquacoltura, impresa ittica, pesca non professionale).
Il capo II è dedicato alle “Sanzioni”: l’art. 7 prevede una serie di divieti (al dichiarato fine di “tutelare le risorse biologiche il cui ambiente abituale o naturale di vita sono le acque marine, nonché di prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale”), la cui violazione è penalmente sanzionata, come mera contravvenzione, dal successivo art. 8, il quale è applicabile, “salvo che il fatto costituisca più grave reato”.
Orbene, diversamente da quanto opinato dal ricorrente, l’eventuale concorso di norme è risolto da tale clausola di sussidiarietà espressa, in forza della quale trova applicazione la più grave fattispecie delittuosa prevista dall’art. 452-bis cod. pen., che incrimina il cagionare abusivamente una “compromissione” o un “deterioramento”, che siano “significativi” e “misurabili”, di uno dei profili in cui si declina il bene “ambiente”, come descritti al n. 1 e al n. 2 del comma 1: un fatto che, peraltro, nemmeno è sussumibile nella violazione dei divieti elencati dall’art. 7.

4. Il terzo motivo è infondato.
4.1. L'art. 274, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., nel testo introdotto dalla l. 16 aprile 2015, n. 47, richiede che il pericolo che l'imputato commetta altri delitti sia non solo concreto, ma anche attuale, sicché non è più sufficiente ritenere altamente probabile che l'imputato torni a delinquere qualora se ne presenti l'occasione, ma è anche necessario prevedere, in termini di alta probabilità, che all'imputato si presenti effettivamente un'occasione per compiere ulteriori delitti della stessa specie: la relativa prognosi comporta, in particolare, la valutazione, attraverso la disamina della fattispecie concreta in tutte le sue peculiarità, della permanenza della situazione di fatto che ha reso possibile o, comunque, agevolato la commissione del delitto per il quale si procede. Il requisito dell'attualità del pericolo di reiterazione del reato deve perciò essere inteso non come imminenza del pericolo di commissione di ulteriori reati, ma come prognosi di commissione di delitti analoghi, fondata su elementi concreti - e non congetturali - rivelatori di una continuità ed effettività del pericolo di reiterazione, attualizzata al momento della adozione della misura (Sez. 6, sentenza n. 9894 del 16/02/2016 Rv. 266421), pericolo che va apprezzato sulla base anche della presenza di elementi indicativi recenti, idonei a dar conto della effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare è chiamata a realizzare (Sez. 6, Sentenza n.3043 del 27/11/2015, Rv. 265618). Sul punto, si è precisato che la sussistenza di un pericolo "attuale" di reiterazione del reato va esclusa soltanto qualora la condotta criminosa posta in essere si riveli del tutto sporadica ed occasionale, dovendo invece essere affermata se - all'esito di una valutazione prognostica fondata sulle modalità del fatto, sulla personalità del soggetto e sul contesto socio-ambientale in cui egli verrà a trovarsi, ove non sottoposto a misure - appaia probabile, anche se non imminente, la commissione di ulteriori reati; ne deriva che il requisito dell'attualità del pericolo può sussistere anche quando l'indagato non disponga di effettive ed immediate opportunità di ricaduta (Sez. 2, Sentenza n. 44946 del 13/09/2016, Rv. 267965, Sez. 2, Sentenza n. 47891 del 07/09/2016, Rv. 268366).
In breve: il pericolo di recidivanza deve fondarsi su dati di fatto tangibili, e quindi concreti, esistenti al momento dell’adozione della misura, in questo l’attualità, tali da rendere altamente probabile il verificarsi di un’occasione vicina di reiterazione criminosa.
4.2. Nel caso di specie, il Tribunale cautelare ha correttamente ravvisato la sussistenza, attuale e concreta, del pericolo di recidivanza valorizzando il ruolo, sistematicamente svolto dal Coscia, di destinatario del corallo illecitamente tolto dal mare (tanto che il g.i.p. ha sollecitato il p.m. a procedere nei confronti del Coscia per ricettazione, individuando con precisione i singoli episodi: p. 18 del provvedimento genetico), e nonostante i numerosi controlli eseguiti nel corso delle indagini e alla consapevolezza, in capo al ricorrente, del sequestro operato nei confronti del Forchetta.
Il ricorrente, inoltre, non si confronta con la motivazione addotta dal Tribunale, laddove, nel confutare il rilievo difensivo – qui riproposto – secondo cui Coscia avrebbe cessato ogni rapporto con Forchetta dopo il sequestro del 28/05/2018, ha evidenziato come, dalle conversazioni tra i due intercettate subito dopo il fatto, emerge unicamente la preoccupazione del Coscia di essere stato deferito all’a.g. dopo il fermo del Forchetta, ciò che non è affatto indicativo della cessazione dell’attività illecita, prova ne è che il Coscia si attivò immediatamente per reperire in altre località il corallo pescato da destinare al cognato, Luigi Cataldo, titolare di una gioielleria in Civitavecchia, e, in particolare, in Puglia (dove effettivamente ritirò del corallo) e in Sardegna (dove incontrò dei “corallari” della zona), come documentato dalla telefonate intercettate nel mese di giugno (cfr. p. 26-27 dell’ordinanza).

Per i motivi indicati, il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 30/01/2020.